Tra Realtà e Immaginazione, l’Arte come Esplorazione Interiore - Enza Cotugno
Tra Realtà e Immaginazione, l’Arte come Esplorazione Interiore
Enza Cotugno
di Giuseppina Irene Groccia |07|Marzo|2025|
L’arte come linguaggio silenzioso, come un ponte tra il reale e l’irreale, tra il visibile e l’indicibile. L’artista che oggi incontriamo ha fatto della pittura un mezzo di espressione sentito e liberatorio, capace di trasformare le ferite del passato e le sfumature dell’anima in immagini potenti, in cui luci e ombre dialogano con sensibilità e inquietudine.
Il suo percorso non è stato lineare, ma un viaggio tra luoghi e esperienze che hanno lasciato segni indelebili sulla sua visione artistica. Nata a Portogruaro, ha vissuto in diverse città prima di stabilirsi in Campania, portando con sé una sensibilità radicata nell’osservazione della natura e nella ricerca di un’identità fluida, non legata a confini geografici ma alla dimensione interiore dell’esistenza.
Autodidatta per vocazione, ha sperimentato sin da bambina diverse tecniche pittoriche, sviluppando nel tempo un linguaggio visivo in continua evoluzione. Il suo stile, inizialmente attento alla fedeltà dell’immagine, si è progressivamente spogliato di ogni rigidità per lasciare spazio all’istinto, all’ironia e alla libertà espressiva. La sua pittura è un viaggio tra emozioni sospese, tra materia e spirito, tra la ricerca dell’essenziale e la volontà di dare voce a ciò che spesso resta inascoltato.
Attraverso materiali poveri e superfici spesso grezze, l’artista costruisce mondi paralleli in cui il pubblico è chiamato a immergersi, a completare il senso dell’opera con la propria percezione e sensibilità. La sua arte non è mai esplicita, ma suggerisce, accenna, lascia spazio all’immaginazione e al dialogo interiore.
Il suo recente riconoscimento al premio internazionale Visioni ha rappresentato un momento significativo di visibilità per il suo lavoro, ma al centro della sua ricerca rimane un’urgenza autentica e personale: l’arte come strumento di trasformazione, come atto di resistenza alla superficialità, come modo per riscoprire la bellezza nell’inaspettato. Un percorso che continua a evolversi e a trovare nuovi spazi di espressione, come dimostra la prossima esperienza espositiva che la vedrà protagonista: a breve, infatti, le sue opere saranno in mostra in una prestigiosa galleria nel cuore del centro storico di Roma, in un evento dal titolo Everland Art - Percorsi di Ricerca, organizzato dall’Associazione Athenae Artis di Maria Di Stasio.
In questa intervista, esploriamo insieme il suo mondo creativo, il suo rapporto con la pittura e il significato intimo che attribuisce a ogni tratto e colore.
Puoi
raccontarci come hai iniziato il tuo percorso artistico? C’è stato un momento o
un evento particolare che ti ha spinto verso l’arte?
Sguardo diligente, ma introverso, riservatezza, profonda timidezza: un’infanzia e adolescenza, le mie, caratterizzate da tempo condiviso per la maggior parte in compagnia di me stessa, ma non per questo in solitudine.
Abbiamo traslocato spesso con l’intera
famiglia e forse, questo, mi ha resa figlia di nessun luogo in particolare, ma
appartenente alle montagne, al mare e al creato di ogni luogo, in tutta la sua
bellezza variegata. Una caduta su pezzi di vetro, seguita da un’operazione mal
riuscita, compromisero a soli due anni e mezzo e per sempre, la funzionalità
della mia mano destra. Testardaggine e curiosità profonda, non mi hanno mai
impedito di sperimentare, seppur da autodidatta, l’arte, nelle sue svariate
tecniche e sfaccettature.
Disegno e pittura hanno accompagnato la
mia vita, dall’età di tre anni e ad oggi continua a sostenermi, a trasportarmi
ovunque io voglia, a trasformarmi in ogni cosa possibile o improbabile, a
rendermi un fantasma capace di oltrepassare la sottile linea che separa il
reale dall’irreale, a rendermi “viva”.
Qual è il tema o il messaggio principale che cerchi di comunicare attraverso le tue opere?
La pittura, rappresenta per me, un modo
di “urlare silenziosamente” ciò che, il più delle volte, è indicibile,
sensazioni indecifrabili, emozioni profonde, nascoste, le quali talvolta, si
tenta di esplorare, senza mai rivelarne il contenuto in maniera del tutto
chiara.
E così, il messaggio comunicato, diventa
un foglio sul quale compaiono puntini sospensivi, dove chiunque possa
continuare un discorso mai scritto, ma solo accennato.
Attraverso le mie opere, ogni immagine diventa un mondo parallelo, salvifico, dove incontrarsi, senza regole, senza distinzioni, in cui tutto è possibile e tutti hanno la possibilità di riscattare la propria identità. Spesso prediligo materiale povero, di scarto. È fondamentale, per me, il principio del togliere ogni orpello e dar spazio all’Essenziale. Mi piace, inoltre, riscoprire la “bellezza” laddove si reputi inaspettata ed insospettabile. E così l’arte diventa Espiazione, Trasformazione, Anima.
In che modo l’uso del colore influisce sulla percezione della profondità e dell’atmosfera nelle tue opere? Hai delle tecniche particolari per bilanciare contrasti e sfumature?
Luci ed ombre rendono possibile la
descrizione di stati d’animo contrastanti: un ossimoro delle diverse
sfaccettature presenti in un unico individuo.
Le tecniche sono varie, dipendono dall’istinto
del momento; di solito l’accostamento dei colori è dettato dalla volontà di
creare combinazioni armoniche ed equilibrate, talvolta combinazioni vivaci e
fresche, quasi fanciullesche, sono ideali per evidenziare dettagli inaspettati,
altre volte ancora, tratti scarni di inchiostro delineano armonie spoglie ed
essenziali.
Come descriveresti il tuo stile artistico e come si è evoluto nel corso del tempo?
Essendo in un movimento perpetuo, lo
stile artistico si è evoluto con me e dentro di me.
Inizialmente sperimentavo, attraverso
copie d’autore, la capacità di somigliare il più possibile ad una immagine,
cercando di riprendere la realtà: da autodidatta, sentivo l’esigenza di
acquisire capacità di osservazione e di attenzione al dettaglio.
Durante un breve periodo, ho
approcciato, per pura curiosità, alla tecnica di decorazione di ceramica e
vetro, la quale mi ha dato la possibilità di approfondire i concetti di
“disciplina”, “pulizia estrema del tratto” e “alta precisione”, che
caratterizzano queste tecniche molto affascinanti, seppur lontane dal mio mondo
creativo.
Nel tempo, è iniziato un processo di
liberazione, sino ad arrivare ad oggi, in cui, talvolta non del tutto compresa,
accompagno la mia arte con ironia e spogliandola di razionalità a tutti i
costi, senza paura alcuna di giudizi o incomprensione.
Mi lascio libera di fluttuare in questo
mondo e nell’altrove.
Quali sono le principali fonti di ispirazione per il tuo lavoro? Ci sono artisti, movimenti o esperienze personali che hanno influenzato particolarmente la tua visione?
Fonti di ispirazione sono, per me, la
Natura, l’Essere Umano, la Vita, la Morte, la Rabbia: il mistero delle emozioni
che ci caratterizzano, rendendoci parte di un unico spazio condiviso.
Il vissuto di ciascuno non può essere
escluso dalla propria visione artistica, impossibile non esserne influenzati.
Sono attratta dalla perfezione e dalla
capacità assoluta e inimitabile di governare luci ed ombre di Caravaggio,
affascinata dal Surrealismo e dai mondi onirici di Dalì, dall’eleganza
dell’essenzialità dei volti di Modigliani, dalla staticità espressiva di De
Chirico, dall’armonia e la comunicazione attraverso i cinque sensi di Kandinskij,
dall’incomprensibile bellezza dell’Action painting di Pollock, dal mistero
irrisolto e il profondo messaggio di denuncia di Banksy.
Ammirazione e profonda passione per
questi e tanti altri artisti.
La voglia di scrutare in essi ogni
segreto, il continuo senso di inadeguatezza rispetto tanta genialità, la
volontà e necessità, nonostante tutto, di esprimere un “punto di vista”
personale.
Qual è il processo creativo che segui per realizzare le tue opere? Ci sono tecniche o rituali a cui sei particolarmente affezionato?
Il processo creativo prende forma
lentamente, durante l’assolvimento degli obblighi quotidiani, si liberano spazi
interiori, necessari per la sopportazione di un mondo troppo rumoroso e veloce
per me.
Il mio rituale è lasciare che l’idea
fluisca, prima di assumere la forma definitiva.
Si distorce, cambia contorni e
lineamenti, si allinea, si distrugge, poi rinasce, più consapevole.
Non temo di perderla, la rispetto e così
evito di appuntare o fare qualunque schizzo o disegno preparatorio.
Attendo e lascio che sia pronta per
esprimersi in tutta la sua potenza.
Quando arriva il momento, lo sento con
chiarezza, negli istanti precedenti alla realizzazione, diventa una ossessione
da assecondare. I tratti iniziano a delinearsi.
Come scegli la tua palette di colori per creare il gioco di luci e ombre nelle tue opere? Segui un criterio specifico o lasci spazio all’istinto e all’emozione del momento?
I colori rappresentano e risuonano la stessa melodia dei pensieri, per cui emozioni ed istinto caratterizzano le visioni man mano che prendono forma.
Di solito non utilizzo la matita, ma
direttamente il colore, il quale delinea, incorpora e si muove per il
raggiungimento di forme, immagini e suggestioni, espressione di un’intimità
quasi inafferrabile.
Preferisci lavorare su tela in solitudine o trovi ispirazione anche da contesti collettivi, come workshop o eventi d’arte?
Mio scopo principale è stato quello di crearmi uno spazio in cui mi sentissi totalmente a mio agio e libera di esprimermi.
In un luogo tranquillo, al di sotto di
una montagna e di fronte ad un uliveto, sorge la mia casa, dove ho effettuato
io stessa, sempre da autodidatta, diversi lavori di restauro di mobili e
arredamento, che la rendesse il più possibile simile al mio ideale, forse
imperfetto ma personalizzato e caloroso.
La mia ispirazione nasce dal silenzio e
lontananza dal rumore della vita, per cui durante la realizzazione delle mie
opere, mi accompagnano la musica e i suoni della Natura.
Nonostante la mia preferenza resti
quest’ultima, essendomi negli anni formata in Trucco Artistico, Teatrale,
Fotografico, Moda, Face e Body painting ed insegnando queste discipline, in diverse
scuole professionali campane, spesso ho partecipato ad eventi collettivi con
performances in cui il corpo umano diventava la mia tela.
Come vivi il rapporto tra l’arte e il pubblico? In che modo il feedback o le reazioni delle persone influenzano il tuo lavoro?
Per molti anni, spettatrici delle mie opere, sono state le mura di casa, quasi un tempio di cassetti segreti da custodire, senza dare la possibilità a nessuno di entrarvi. Non era per paura di un giudizio negativo o positivo di ciò che rappresentassi o in che modo lo facessi, forse solo paura di essere “leggibile” a tutti, rendendomi vulnerabile e fragile.
Nel tempo, ho scoperto l’importanza del
confronto con altre realtà e storie, accorciando le distanze e rendendomi più
consapevole delle molteplici similitudini che ci accomunano agli altri.
Per quanto apprezzamenti e
riconoscimenti siano fondamentali per ammortizzare insicurezze e continue
domande su sé stessi, sulle proprie capacità e sul proprio operato, le reazioni
e il feedback delle persone non potrebbero influenzare il mio lavoro in quanto
se dipingessi ciò che aggrada gli altri, senza tener conto dei movimenti della
mia anima, non sarei più sincera e autentica, per cui diventerebbe nullo il mio
operato.
Trovo invece, molto interessante il
confronto costruttivo.
C’è un’opera, tra quelle che hai realizzato, che consideri particolarmente significativa per te? Puoi raccontarci la sua storia?
Tra le mie opere, una di quelle più significative per me, è stata realizzata nell’ottobre del 2020 su di un supporto 70x40 di materiale povero, un misto di pezzi di legno pressati, materiale tra l’altro che utilizzo spesso nelle mie realizzazioni.
Il titolo dell’opera è “Il giorno in
più”, realizzato con acrilico, inchiostro e penna.
“Con dita scarne, intrise di nulla,
oltrepasso il varco,
ti sfioro appena
con petali di inchiostro e nero di
seppia.
Ci è concesso il giorno in più, prima
dell’ultimo congedo”
–
L’Arte: un vascello per raggiungere chi
ha oltrepassato la vita –
Così descrivo la mia opera, realizzato
di getto, in seguito alla scomparsa di un amico, l’illusione, mai abbandonata,
che potesse fare da tramite tra questo mondo e l’altrove.
Come vedi il ruolo dell’arte nella società contemporanea? Pensi che il tuo lavoro contribuisca in qualche modo a questo ruolo?
La società contemporanea talvolta appare
indifferente alle diverse forme d’arte, tende a non valorizzare ciò che a mio
parere, resterà come unica impronta tangibile del periodo attuale.
Un mondo diretto verso il razionale e il
digitale, sembra avere la meglio sulla creazione artigianale e sull’intuizione
della sensibilità umana. E così una società diretta al consumismo e al
capitalismo, genera una gioventù che considera un’artista, fallito, e un imprenditore
assetato di denaro, un esempio da seguire. Non so se il mio lavoro contribuisca
in qualche modo al ruolo dell’arte nella società contemporanea; però i corsi
che svolgo a scuola da ormai vent’anni sono rivolti a giovani in condizioni
altamente disagiate del Sud Italia, per cui il pensiero di contribuire a dare
una piccola opportunità di “risveglio” a questi ragazzi, genera in me speranza,
la quale non dovrebbe essere mai perduta.
Quali sono le maggiori difficoltà che hai affrontato come artista e come le hai superate?
Le maggiori difficoltà che affronto ogni
giorno e che cerco tutt’ora di superare, è la mancanza di attenzioni e
opportunità concesse all’Arte in genere, nei miei luoghi.
Inoltre, l’incalzare dei ritmi e degli
obblighi da assolvere quotidianamente, impediscono di dedicarsi per il tempo
necessario ad attività, qui, difficilmente riconosciute.
Recentemente hai partecipato a Visioni, il premio d’arte internazionale organizzato dall’associazione culturale Athenae Artis di Maria Di Stasio.
Che esperienza è stata per te? C’è qualcosa di particolare che hai apprezzato o che ha arricchito il tuo percorso artistico?
La partecipazione al Premio d’arte Internazionale Visioni, la custodirò sempre con cura.
Questa opportunità è giunta improvvisamente in un periodo per me spento, di cambiamento e particolare difficoltà emotiva.
Ho apprezzato molto la passione e
l’attenzione al dettaglio con il quale è stato realizzato l’evento.
Ho gradito la libertà lasciata a ciascun
artista di potersi esprimere nella forma d’arte più vicina a sé, senza cercare
una omologazione a tutti i costi.
Provo stima per l’organizzatrice Maria
di Stasio e l’intero staff che hanno saputo mettere a proprio agio tutti,
rendendo l’evento una opportunità di avvicinamento a mondi spesso sommersi da
una “normalità” ingombrante.
Le tue due opere pittoriche presentate a Visioni sono state tra le protagoniste dell’evento, distinguendosi al punto da farti ottenere una menzione speciale. Puoi raccontarci il processo creativo che ti ha portato a realizzarle? C’è una storia, un significato o un messaggio particolare che volevi trasmettere attraverso di esse?
La prima opera presentata a Visioni dal
titolo “Di quale amore ho sete?” è un olio su tela 50x40 realizzata circa un
decennio fa.
“Luce scavata,
conserva le tue parole
in un sacco dorato.
Luce salvata da parole leggere,
bianche, che insegnano senza contenuti;
bisbigliano all’aria voci di perla.
Costellazioni di ricordi: suono sordo in
tasche nascoste.
Sei tu la risposta che scolora l’opaco del mondo”
È questa la mia descrizione, di un’opera
nata dall’ispirazione del volto di una compagna di liceo, dai tratti
classicheggianti, i capelli raccolti e da perle che contornano un volto
assorto, avvolto da luci ed ombre contrastanti, occhi quasi socchiusi e rapiti
dal ricordo che colora di nuova luce un mondo che risulta opaco, senza una
presenza timidamente accennata.
Quel volto è solo un pretesto e diventa
protagonista di un ricordo probabilmente reale o forse solo immaginato, di sicuro
una evocazione alla complessità e intensità di sentimenti nascosti, capaci di
oltrepassare le porte del tempo.
La seconda opera presentata a Visioni,
si intitola Autoritratto - Anima di carta -, realizzata appositamente per il
Concorso, risale dunque al 2024.
La tecnica è acrilico e smalto su di un
supporto 62x37 di un materiale povero, al quale sono particolarmente
affezionata: si tratta di un pannello OSB (Oriented Strand Board) composto da
scaglie orientate di pino ed abete tenute insieme da una resina sintetica e
pressate successivamente, fino a formare una superficie liscia ed uniforme.
Questo pannello truciolato, è utilizzato
nei cantieri e nell’ambito di lavori edili, grazie alla sua elevata resistenza
meccanica, risulta particolarmente robusto e indeformabile anche sotto sforzo,
risulta privo di nodi, screpolature, cavità e punti deboli.
Infine è un legno di qualità elevata in
termini di prestazioni e versatilità, pur essendo uno dei legni più economici
in commercio.
La scelta di questo affascinante
materiale, per uno dei miei pochi Autoritratti, non è casuale.
Il contrasto tra “un’anima di carta “e
un materiale tanto resistente è quasi un voler conferire a me stessa le
caratteristiche intrinseche del materiale stesso. E così, un corpo quasi trasparente,
scarno e composto dallo scheletro di un manichino, diventa una cosa sola con le
lamelle pressate del supporto, privo di punti deboli e resistente anche sotto
sforzo.
Così il volto, prima disegnato con
contorni ben delineati e poi cancellati più volte, sino a lasciare solo il
pigmento che resta impregnato tra le lamelle, è indice di ciò che resta di se
stessi, in seguito alle turbolenze della vita.
Anche i papaveri di un rosso spento,
sembrano volteggiare in un’atmosfera quasi funerea, ma ancora speranzosa.
Proprio in questi giorni prende il via una nuova esperienza espositiva per te. Hai scelto di partecipare nuovamente a un'iniziativa curata da Athenae Artis, sotto la direzione di Maria Di Stasio. Questa volta l'occasione è la prima edizione di EVERLAND Art - Percorsi di Ricerca, un'esposizione internazionale che si terrà dal 26 aprile al 3 maggio 2025 presso la Galleria Il Leone, nel cuore del centro storico di Roma.
Cosa ti ha spinto a rinnovare questa collaborazione e quali aspettative hai per questa nuova opportunità espositiva?
Sono entusiasta di partecipare ad Everland Art, questa nuova esperienza espositiva curata da Athenae Artis di Maria Di Stasio , in quanto nutro sincera stima per il suo impegno e le sue capacità organizzative, ma in particolar modo, la passione che la contraddistingue: trovo che siano necessarie figure di questo genere, soprattutto in un mondo sempre meno propenso alla meditazione, all’arte, alla manualità. La mia aspettativa è quella di sentirmi partecipe di un movimento, che dal sottosuolo, scalpita ed esiste ancora, seppur silenzioso, che ha ancora l’impeto di districarsi ed emergere, nonostante tutto. È un onore per me sentirmi parte di un confronto tra realtà così differenti, eppure così vicine. Mi fa sentire “viva”.
Quali progetti o obiettivi hai per il futuro? Ci sono nuovi ambiti e tematiche che vorresti esplorare?
Il mio principale progetto per il
futuro, coincide anche con la mia più grande ambizione: quella di voler far
somigliare, il più possibile, la mia vita ai desideri.
Mi piacerebbe, inoltre, avvicinarmi
sempre più al concetto di recupero dell’essenziale e alla “rinascita” di esso,
sia materiale che metaforica, in forme di vita nuova.
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Onirica questa è l'impressione che ho guardando le sue opere. E brava senza dubbio ! Complimenti
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