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Giugno 2021

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URBEX – Esplorazione urbana e Fotografia

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 L’ArteCheMiPiace – Divagazioni sull’arte 















Esplorazione urbana e Fotografia



di Ljdia Musso  |29|Giugno|2021|


Spesso si dice che le istantanee sono dappertutto, e che sono probabilmente la più comune tipologia di fotografia realizzata nel mondo intero. Tuttavia, stranamente, e forse proprio per questo motivo, sono anche la forma di immagine fotografica su cui meno si discute e che meno viene compresa.” ( David Bate Il primo libro di fotografia, 2017)

Punto di partenza di questa riflessione è l’istantanea amatoriale digitale e la fotografia urbex, che offre interessanti spunti perché collegata a un fenomeno più grande, quello che definisco dell’estetica grezza”.

Con l’avvento del digitale possiamo sicuramente dire che l’istantanea amatoriale è diventata la tipologia di immagine più diffusa al mondo.

Non riflettere su questo fenomeno e sul ruolo che l’istantanea digitale amatoriale ha assunto nelle nostre società, nei processi di elaborazione e comunicazione delle identità, significa non comprendere chi sono gli attori sociali che oggi determinano dal basso i cambiamenti più significativi in termini sia di estetica sia di contenuti dell’immagine e verso dove ci stiamo muovendo, ossia quali sono i trend in ambito di comunicazione visiva.

La riflessione si colloca nell’ambito di una Svolta Iconica di fatto, che è ormai avvenuta e che vede l’immagine al centro dei nostri processi cognitivi e socioculturali.

Svolta Iconica è anche l’etichetta sotto cui vanno a ricadere tutta una serie di studi che proprio negli ultimi anni si sono occupati di analizzare questa nuova cultura visiva che si è andata progressivamente affermando.

Il ruolo delle immagini, nell’influenzare i nostri giudizi e comportamenti, è stato reso più incisivo dalla rivoluzione tecnologica del digitale.

Come asseriva il filosofo Derrida, non si può più parlare di una reale opposizione tra tecnologia e percezione, la tecnologia è al giorno d’oggi così onnipresente nelle nostre esistenze quotidiane che è diventata una sorta di estensione dei nostri sensi, un ulteriore filtro che interponiamo tra noi stessi e il “reale” nell’esperienza quotidiana.

Dopo la svolta iconica, in ambito estetico, stiamo vivendo un paradosso in cui a una rivoluzione tecnologica che coinvolge le forme di produzione e circolazione degli artefatti culturali non corrisponde di fatto una rivoluzione dei contenuti in senso di istanze estetiche espresse.

Sia che si guardi al mondo dell’Art world e dei social media sia che si guardi ai nuovi attori della cultura digitale, ritroviamo le stesse che erano state analizzate e categorizzate dai Greci nella dicotomia Bello e Brutto; bello inteso come pienezza e completezza e brutto inteso come mancanza.

In termini cognitivi di norma le immagini belle puntano a produrre effetti cognitivi per assonanza e le immagini brutte per dissonanza.

Ma è vero che non abbiamo mai il perfetto controllo sugli effetti cognitivi che possono derivare da un’immagine che creiamo e spesso tali effetti possono essere implosivi e inaspettati.

È il caso dell’affermazione di un estetica “grezza” in cui trovano espressione i concetti di imperfezione e di “brutto/bello”.

Tale nuovo senso dell’estetica è associato ai valori di unicità, realismo e autenticità ed è frutto di un evidente trasposizione al mondo dell’immagine delle nuove tendenze socioculturali degli ultimi tempi, ossia l’esigenza da parte della società di una maggiore trasparenza, veridicità e autenticità.

L’ “estetica grezza” si afferma in contrapposizione e per differenziarsi dall’estetica dominante l’ Art World e i Mass Media che producono immagini percepite come brutte/dissonanti perché artificiali.

Difatti la cultura visiva prodotta da Art World e dei Mass Media è dominata da tendenze alla spettacolarizzazione e mercificazione, e le immagini prodotte propongono un bello e un brutto percepiti come artificiali, quando non “volgari” e grotteschi, perché estremizzati, urlati. Questo avviene sia quando si propongono immagini utopiche di ultra-bellezza sia quando si mostrano immagini di “orrore” “ultra-reali”, disturbanti, e sto pensando in particolare ai mezzi d’informazione che spesso fanno leva sull’immagine/notizia negativa ad alto impatto.

La fotografia urbex è un buon esempio di immagini in cui l’esperienza del brutto e del decadente è vissuta come esperienza armonizzante.









Catanzaro



Il Brutto è il nuovo bello e più che di bello consolatorio forse oggi dovremmo parlare di brutto consolatorio.

Ma come si è operato tale capovolgimento?

Siamo lontani dall’iconografia e dalla mentalità medievale in cui brutto e male si intrecciavano.

Al superamento di un’accezione negativa del brutto e all’affermazione di una sua visione come strumento emotivo potente e dilaniante hanno concorso per esempio l’esperienza estetica “verista” di Caravaggio, quella del terribile che è propria della pittura romantica e visionaria di William Blake e infine l’esperienza con nuovi mezzi di espressione la fotografia e il video i cui il brutto ha dispiegato tutto il suo potenziale o quasi, a giudicare da quest’ultima svolta.

Svolta che non si opera nell’art world che continua a lavorare sulla dicotomia bello/assonanza, brutto/dissonanza.










La Friche Belle De Mai – Marseille








La Friche Belle De Mai – Marseille










La Friche Belle De Mai – Marseille








La Friche Belle De Mai – Marseille (Interno)


La fotografie di urbex si nutre, seppur inconsciamente della nuova “estetica grezza” che propone una nuova forma di assonanza e che rigetta la narrazione celebrativa del nuovo e del perfetto e finisce anche, effetto voluto o meno, per trasmettere un’idea di fragilità e transitorietà dell’esistenza umana e lo fa attraverso la rappresentazione fotografica di edifici ricchi e imponenti, spesso anche con un passato storico, ma ormai decadenti e dimenticati o di strutture legate al concetto di progresso come possono essere ex impianti industriali abbandonati.

Andando oltre il problema dell’estetica contemporanea delle immagini, nel tentativo di formulare una lettura semiotica dell’immagine urbex dobbiamo identificare alcuni elementi fondanti, alla base del processo di significazione.

Questi elementi chiave, sottostanti ad una lettura semiotica dell’immagine sono


▪️la fonte e l’intenzione con cui viene creato il messaggio,

▪️il codice utilizzato, quello fotografico,

▪️il canale attraverso cui viene fatto circolare questo messaggio codificato,

▪️il pubblico, il destinatario ideale di questo messaggio.


A monte della stragrande maggioranza delle istantanee che circolano sul web ci sono dei privati cittadini ossia siamo di fronte a una fotografia amatoriale.

La fotografia urbex, anch’essa nella stragrande maggioranza dei casi opera di fotografi amatoriali, assolve a una duplice funzione; da un lato quella di documentare l’esistenza di questi spazi, dall’altro lato si colloca nel filone dell’istantanea personale e funziona come testimonianza di un’esperienza vissuta e di un sentimento, di una passione.



Montepaone (Catanzaro)



Montepaone (Catanzaro)



Montepaone (Catanzaro)

Con l’avvento del digitale soprattutto con l’avvento dei social media e di canali di ampia diffusione delle immagini si modificano tanto i tempi di fruizione delle immagini che il tipo di pubblico a cui ci si rivolge.

Il tempo è quello dei mezzi di comunicazione digitali, del qui e dell’ora.

Le fotografie non vengono scattate per essere fruite a posteriori e il momento dello scatto e della condivisione diventano potenzialmente quasi coincidenti.


Badolato (Catanzaro)



Badolato (Catanzaro)







Badolato (Catanzaro)




Anche il pubblico si modifica.

Nelle teorie di semiotica classiche si presuppone che ci si rivolga a un specifico destinatario che condivide e può comprendere il codice utilizzato nella formulazione del messaggio.

All’epoca del digitale il pubblico è costituito da comunità di utenti.

In particolare nel caso della fotografia urbex questo è doppiamente vero perché non solo idealmente ci si rivolge a una comunità ampia quanto il social all’interno del quale le immagini vengono condivise, ma esistono specifici canali, gruppi di appassionati, che possono essere immediatamente designati come destinatari del messaggio attraverso l’utilizzo degli hashtag.


Tonnina – Catanzaro Lido







Di fatto gli hashtag sono parole chiave che utilizziamo per catalogare le nostre immagini e per renderle immediatamente fruibili agli appassionati di un determinato genere.

Alcuni gruppi Instagram arrivano a utilizzare degli hashtag personalizzati proprio per contraddistinguersi e per renderli immediatamente rintracciabili.



In conclusione al di là delle intenzioni alla base della creazione delle immagini urbex, che spesso punterebbero a promuovere una riscoperta e valorizzazione di questi luoghi abbandonati, la fotografia urbex insieme ad altri filoni, che vanno dalla Still life alla Ritrattistica, partecipa non solo di una nuova forma di estetica grezza, che si esprime nelle equivalenza brutto è bello, ma partecipa a una riflessione corale che avviene trasversalmente al mondo dell’arte, ai massmedia e ai canali digitali sulla decadenza del mondo contemporaneo.

Assistiamo a una contronarrazione che è sempre presente in qualsiasi epoca, ogni epoca ha le sue ” avanguardie” , che si oppone a quella più ottimistica e celebrativa







Ljdia Musso è nata a Catanzaro nel 1985. 2017 Laureata in scienze della comunicazione, specializzata in comunicazione e marketing della moda e dei beni di lusso, si è formata nelle città di Roma, Barcellona, Parigi e Milano dove ha studiato fotografia presso IED Milano Parla correntemente inglese, francese e spagnolo.

Ha lavorato presso la Camera di Commercio CCPE di Barcellona.

Dal 2019 vive in Italia dove svolge diverse attività.

Tra il 2019 e il 2020 come fotografa e attivista ha organizzato in regime di autofinanziamento 12 mostre personali di fotografia documentaria sul tema dell’emarginazione.

Organizza l’evento “Marginalità” nell’agosto 2020 in collaborazione con l’associazione e comunità per senzatetto Emmaus Catanzaro, con cui collabora dal 2000 come volontaria.

Il suo progetto di marginalità è ospitato permanentemente con due gallerie fotografiche sul sito di Repubblica Milano.

Fotografa e attivista svolge un’attività di street art fotografica e di performer di strada.

È stata finalista nell’edizione 2020 del festival Foto España, sezione descubrimiento. Collabora con un gruppo di artisti argentini con i quali ha realizzato un video, Vapores de Odio, selezionato al festival “Cuerpo Mediado”.

Nel 2021 In qualità di esperta di comunicazione e marketing della moda e dei beni di lusso, ha ideato e realizzato una capsule collection di moda sostenibile in collaborazione con Emmaus Catanzaro e ha ricevuto il riconoscimento europeo da Emmaus Europe.

Il 7 marzo ha organizzato una performance artistica, Break the Silence, contro ogni violenza di genere e per promuovere l’importanza dell’arte nella vita quotidiana, come strumento di espressione.

Come fotografa partecipa al festival España e al TIFA, Tokyo International Photo Awards. Alcune sue foto fanno parte della “Collezione Mediterraneo” dell’Associazione Mediterraneum.

Alcune sue foto sono state pubblicate da RomaOggi.

Maggio 2021 ha partecipato alla mostra/ concorso internazionale “Arte al carotene” presso Sacripante Art Gallery di Roma.

Giugno 2021 ha partecipato alla fiera internazionale di arte contemporanea ArtAntakya che la ospita attualmente anche con una mostra online personale.

Ha partecipato al concorso PlasmArt e donato l’opera in concorso al centro Avis di Latina. A luglio parteciperà alla Biennale d’arte di Brindisi.

Ad agosto parteciperà come interprete alla manifestazione Pino Vitaliano & Friends a Girifalco.



Contatti:


Email ljdia.85@gmail.com

Ljdia Musso su Instagram 

Ljdia Musso su Facebook







La Rubrica Divagazioni sull’Arte ospita articoli redatti da autorevoli amici e sostenitori del Blog L’ArteCheMiPiace, i quali ci offrono la possibilità di attingere ad emozioni e conoscenze, attraverso la condivisione di pensieri e approfondimenti.

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LA TRASMUTAZIONE DELLA MATERIA – Matteo Castagnini

L’ArteCheMiPiace – Cappuccio e Brioche con..
 


LA TRASMUTAZIONE DELLA MATERIA 

di Matteo Castagnini


di Alessio Musella  |25|Giugno|2021|


Lo scultore Matteo Castagnini, ha intrapreso un suo percorso personale che lo vede sia esperto artigiano in fonderia (capo reparto nella Fonderia artistica Mariani di Pietrasanta) che come artista, da anni realizza sue opere personali molto apprezzate dai galleristi e dai collezionisti. 

Chi conosce Pietrasanta e si occupa di Arte, sa molto bene il valore di tutte le persone che lavorano dietro le quinte di molte opere d’arte, specialmente quando parliamo di opere in bronzo, una vera e propria comunità di artisti, professionisti e artigiani, senza i quali molti grandi nomi, avrebbero seri problemi nella realizzazione delle loro opere.

Matteo viene a contatto con l’Arte frequentando fin da piccolo lo studio del nonno Frido, scultore Artista pietrasantino.

E’ proprio nella sua bottega che ha appreso le prime nozioni e i canoni artistici.



Finiti gli studi all’ Accademia di Belle Arti di Carrara, entra come ritoccatore artistico presso la Fonderia Artistica Mariani.

Per l’Artista Toscano il disegno è fondamentale per arrivare a definire la scultura, la scultura ha delle regole per essere realizzata, non ci si improvvisa, non si ha una tela davanti per esprimersi, ma la materia da plasmare, e proporzioni, estetica e calcoli sono alla base di un’opera d’arte.

Per arrivare ad avere una scultura in bronzo i passaggi sono complessi:

Le sue creazioni sono prevalentemente fuse in Bronzo con il procedimento a Cera Persa.

Per Matteo il Bronzo è la materia per antonomasia per chi fa scultura, Un’opera in Bronzo è eterna. 


L’ Artista disegna l’opera, spetta agli artigiani realizzarla e se necessario ingrandirla.

Avere un’idea non significa, quando parliamo di scultura, essere in grado di realizzarla per un artista. 

I formatori realizzano dei calchi siliconici in gomma (negativi) dove successivamente verrà stesa la cera. 

I ritoccatori e i colatisti preparano l’opera per la colata di fusione.



Poi tocca ai fonditori, i cesellatori che nuovamente devono ripulire dalle impurità la scultura e per finire arrivano i pattinatori.

L’ artigiano deve avere la maestria di adattarsi all’emozione dell’Artista senza interferire in alcun modo sull’estetica finale.


Concludo sorridendo, perché chi come me conosce questo mondo ha ben chiaro come alcuni scultori oggi di artistico non abbiano nulla, lasciano che siano altri a definire ogni dettaglio e si limitano a fornire un’idea che spesso viene migliorata proprio grazie all’esperienza di chi vive dietro le quinte.

Matteo Castagnini è stato in grado di carpire i segreti della fusione attraverso anni di esperienza in fonderia, contribuendo a realizzare opere importanti di Artisti famosi, e nello stesso tempo creare un proprio stile come scultore.







Alessio Musella

Negli anni 90 sono stato impegnato come progettista in Medio Oriente, dove per quasi 10 anni ho fatto la spola tra Arabia Saudita Stati Uniti ed Europa, in ogni mio progetto, già all’epoca, appena possibile inserivo un’opera d’arte. 

Decido di ampliare il raggio d’azione occupandomi di analisi territoriali e comunicazione per affiancare le aziende che richiedevano di entrare in nuovi mercati esteri. Da sempre ho una passione per l’arte e la fotografia, fin dal Liceo Classico quelle due ore alla settimana dedicate alla storia dell’arte, un po’ di ricerca personale, e successivamente la Facoltà di Architettura mi hanno sempre spinto verso questo mondo. 

Oggi sono un consulente di marketing strategico per le aziende, redattore per diverse riviste,  Editore del Magazine  www.exiturbanmagazine.it e Direttore del Blog www.artandinvestments.com, dove parliamo di Arte, Fotografia e Musica, creati rispettivamente nel 2019 e nel 2020.











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Fotogrammi pittorici di Anna Maria Colace

 L’ArteCheMiPiace – Artisti

Fotogrammi pittorici  

di Anna Maria Colace


di Giuseppina Irene Groccia  |22|Giugno|2021|


Nell’arte fotografica di Anna Maria Colace troviamo la definizione di un aspetto molto importante, che è quello del “pensare” la fotografia.


Le sue opere nascono da un concetto di osservazione dove trova spazio una forte condizione emotiva, attuata dalla cattura di momenti che, una volta elaborati, vanno oltre la realtà.


Anna Maria riesce a regalarci visioni sognate, attraverso una talentuosa narrazione figurativa. 


Avvicinandosi ad un aspetto pittorico, le sue fotografie riescono a conferire una profonda e misteriosa dimensione.


Sono racconti introspettivi e onirici, i quali più che descrittivi di un luogo o di un soggetto, fanno riferimento ad uno stato d’animo o ad una intima emotività interiore. 


Ci trasporta in un viaggio pieno di fascino, dove trascende l’oggettività, costringendo lo spettatore a misurarsi con le proprie emozioni e con la forma di un linguaggio innovativo.




Riporto questa bellissima riflessione critica di Carlo Riggi, dedicata al percorso artistico di Anna Maria Colace e pubblicata all’interno del Gruppo Facebook “Fotografia Transfigurativa”.


Se la Fotografia Transfigurativa fosse una voliera, Anna Maria Colace occuperebbe le zone alte, quelle in cui l’aria è più rarefatta, la luce più intensa, e forte la tentazione di oltrepassare la rete e librarsi in cielo aperto. 


Un’artista nel pieno della maturità, con foto in ben tre libri in uscita, tra cui il nostro. 


La prestigiosa rivista “Gente di Fotografia” le dedica un servizio nell’ultimo numero, e le sue “Visioni” fino alla scorsa settimana hanno deliziato il pubblico di Pinerolo. 


La nostra Anna Maria partecipa al gruppo dalla prima ora, con uno stile riconoscibilissimo e una identità indomabile, ostinatamente liminare, ma sempre in confronto leale e appassionato con la corrente alla quale ci onora di aderire. 


La sua formazione professionale le consente di realizzare con spontaneità rappresentazioni transfigurative dei suoi soggetti prediletti, grandi paesaggi naturali, piante o animali, con presenze umane occasionali e rarefatte. Le sue foto, anche quando frutto di sofisticate elaborazioni postproduttive, appaiono genuine, dirette, perfettamente sintoniche con l’ideale di un mondo incontaminato, filtrato da una sensibilità autoriale forte, ma non adulterato; immaginifico come un sogno antico, sedimentato, stratificato e smussato dagli agenti attivi della memoria e del tempo. 


La veggenza del fotografo, in Anna Maria, consiste nell’osservare la realtà con occhio scientifico ma non asettico; un occhio educato al gusto di un bello non lezioso, in contatto con un sottofondo emozionale che erompe con forza vulcanica e inesorabile dai pori di ogni singola immagine. 


Malinconia e libido si combinano nella produzione della nostra amica, in una contesa senza vincitori né vinti, in un equilibrio perfetto, semplice ma non “facile”, dove il prorompente senso estetico custodisce significati imprevedibili, da evocare scavando in profondità anche dopo, a luci spente, quando le tracce visive continuano a navigare come i suoi pesci rossi nella vasca grande delle nostre emozioni. 


In particolare Carlo Riggi si sofferma su una fotografia, facente parte della Serie Visioni Oceaniche

La foto che ho scelto di commentare è scritta in alfabeto Morse. Punto – linea – punto. Tre semplici segni grafici a tracciare piani di memorie d’infanzia, di gioia, di eccitazioni febbrili, di sudore e libertà, in uno dei tanti luoghi esotici, intimi e struggenti, che Anna distilla nei suoi acquerelli visionari, trasformandoli in paesaggi dell’anima. 


La bimba percorre ad ampie falcate la duna, con un piglio e un’autorevolezza che assomigliano assai al carattere della fotografa che la ritrae.


La simpatica monella sorbisce ghiottamente la sua esistenza crema e meringa, lasciando al suo passaggio un soffio di esuberanza e nostalgia; corre e cresce in fretta, la piccola birba, ruzzola e si rialza, attraversa il nostro spazio visivo come una meteora agostana e diventa emblema del bambino che fummo, accucciato silente dentro di noi, di cui ci ricordiamo ogni volta che l’incantesimo della fotografia riaccende la voglia di uscire allo scoperto e correre a perdifiato sui sentieri della fantasia. 


Carlo Riggi è psicoterapeuta di formazione psicoanalitica e fotografo. Costitutore del manifesto della corrente artistica Fotografia Transfigurativa. Vive e lavora a Milazzo. Autore di numerosi libri e articoli di critica fotografica, collabora con Nadir Magazine.

E’ rappresentato in Italia da www.gtartphotoagency.com





L’artista Anna Maria Colace  è attualmente rappresentata dalla Galleria Losano con sede a Pinerolo (Torino), la quale ha curato la sua recente mostra dal titolo “Visioni”, riscuotendo un ampio successo di pubblico e di critica.



Anna Maria Colace si racconta attraverso parole e immagini:




“Quando scatto lo faccio d’istinto, ma allo stesso tempo già rielaboro e metabolizzo la fotografia.”


Tutto è cominciato quando ho iniziato a guardare e ad osservare emozionata, tutto ciò che vedevo davanti agli occhi

Visioni oceaniche, floristiche e oniriche. Sono alcune delle serie che caratterizzano i miei lavori, e in queste ultime due “vedo doppio”, il sovrapporre le foto è come se mi permettesse di “spegnere il vulcano” di emozioni e colori che ribollono dentro.

Sono i colori di quella natura che ho studiato per tanti anni, un equilibrio di forme e colori che mi piace associare a un concetto di estetica funzionale.

Milioni di volte ho fotografato solo osservando, “bloccando” tutto ciò che mi faceva emozionare. Ho fotografato con gli occhi, non cosciente che avrei potuto invece usare una macchina fotografica 



in tutte le mie immagini ci sono anche i ricordi dei colori dei vestiti che mio padre e le mie zie cucivano, i fili di un ricamo fine e colorato che sapientemente mia madre imbastiva; passamanerie, bottoni e stoffe vivaci che i miei occhi hanno assorbito senza rendersene conto e che ora cerco nelle emozioni della vita.






Anna Maria Colace 

Nata a Parghelia (VV) Anna Maria Colace si trasferisce a 18 anni a Firenze dove studia e si laurea in Scienze Forestali e Ambientali, oggi vive e lavora a Torino. Prima di fotografare Anna ha imparato a guardare perché si sa che non si deve imparare a fotografare ma a vedere, il fotografare viene di conseguenza. Questa forma di educazione allo sguardo, che ha appreso e poi regalato all’osservatore, è nata da un attento percorso da autodidatta. Grazie al suo occhio scientifico e la sua attitudine da botanica ha contemplato e osservato la natura da vicino con sguardo fotografico, come quando senza macchina fotografica si inquadra la scena con le dita. L’innata espressività artistica, che ha sempre esercitato con l’immaginazione, trova la sua piena rivelazione nella fotografia a partire dal 2007. La rappresentazione di paesaggi naturali è sicuramente uno dei temi che emerge con grande forza dal suo lavoro, iniziando a fotografare prima nel suo paese d’origine e poi per estensione in ogni luogo che vive e visita. Partecipa a mostre personali e collettive e riunisce attorno a sé una fitta community attiva in rete.



Contatti dell’artista 


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L’arte surrealista di Riccardo Fissore

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L’arte surrealista di Riccardo Fissore


di Alessio Musella  |18|Giugno|2021|



Quando vidi per la prima volta le opere di Riccardo Fissore  trovai immediatamente dei chiari riferimenti ai dipinti surrealisti di Dalì, Serafini, De Chirico miscelati con i ricordi del romanzo di Lewis Carroll, Alice nel Paese delle meraviglie.

Mi incuriosì subito il suo modo di dialogare con lo spettatore attraverso il suo Neo Surrealismo.

Riccardo Fissore abitava a Rivoli, in provincia di Torino, cittadina sede di uno dei più importanti musei d’arte contemporanea d’Italia, il Castello di Rivoli. 

Furono i suoi genitori a portarlo a vedere una mostra dedicata all’astrattismo.

Di quella prima visita non ricorda gli artisti, ma ricorda la voglia che immediatamente si manifestò di sperimentare lui stesso  dopo aver osservato quelle che sembravano  solo masse di colori informi su tele gigantesche.

Come spesso accade ad ogni artista , arriva un punto in cui si mette tutto in discussione , Riccardo dopo essersi fatto conoscere nel mondo dell’arte  si bloccò per un lungo periodo, non riusciva a toccare un pennello. 

Se fosse stato un semplice hobby, questa mancanza non lo avrebbe portato ad una sorta di senso di colpa, quasi come vi fosse una parte di se a cui non consentiva di esprimersi e che teneva relegata in un cassetto chiuso. 

Nel momento in cui l’ispirazione è tornata, ha compreso di essere legato a filo diretto con la sua parte creativa, che essa fa proprio parte della sua visione del mondo e del suo futuro di artista.

La sua prima opera è stata  una mela pianeta Terra rosicchiata, alla cui sommità vi è una sorta di souvenir, una boccia di vetro con la neve. Al posto del classico monumento, vi è una normalissima villetta. Il tutto è ambientato sulla Luna… 

Il titolo è “Tutto subito”.



Ha due modalità opposte che lo portano ad interagire con la tela:

La prima è partire da un’immagine che di solito scaturisce inconsciamente e all’improvviso, a cui solo in un secondo momento attribuisce un messaggio. 

La seconda è invece prendere come spunto un argomento ben preciso e ragionare sul simbolismo migliore per trattarlo.

E’ convinto giustamente che non viviamo più nel periodo delle accademie e della tecnica perfetta a tutti i costi. 

Molti dogmi sono stati infranti nel tempo. 


Vi sono artisti con una tecnica eccellente a cui peró manca una propria visione e personalità e che rimangono ottimi esecutori, mentre  artisti autodidatti con una creatività e originalità incredibili. 



Gli stimoli possano venire dagli ambiti più disparati, non soltanto dal classico studio scolastico.

 

Ha il chiaro e condivisibile sentore che l’ Italia per quanto riguarda cultura e arte sia un paese paradossale: abbiamo avuto tra i più grandi geni artistici della storia, potremmo quasi vivere della sola arte che abbiamo da offrire, ma nonostante ciò la deleghiamo ad un ambito di pochi appassionati e non la valorizziamo come dovremmo. 

















Alessio Musella

Negli anni 90 sono stato impegnato come progettista in Medio Oriente, dove per quasi 10 anni ho fatto la spola tra Arabia Saudita Stati Uniti ed Europa, in ogni mio progetto, già all’epoca, appena possibile inserivo un’opera d’arte. 

Decido di ampliare il raggio d’azione occupandomi di analisi territoriali e comunicazione per affiancare le aziende che richiedevano di entrare in nuovi mercati esteri. Da sempre ho una passione per l’arte e la fotografia, fin dal Liceo Classico quelle due ore alla settimana dedicate alla storia dell’arte, un po’ di ricerca personale, e successivamente la Facoltà di Architettura mi hanno sempre spinto verso questo mondo. 

Oggi sono un consulente di marketing strategico per le aziende, redattore per diverse riviste,  Editore del Magazine  www.exiturbanmagazine.it e Direttore del Blog www.artandinvestments.com, dove parliamo di Arte, Fotografia e Musica, creati rispettivamente nel 2019 e nel 2020.











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Dialogo con il Laboratorio Saccardi, su luci e ombre del sistema Arte

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Dialogo con il Laboratorio Saccardi, su luci e ombre del sistema Arte 


di Alessio Musella  |11|Giugno|2021|


Lo storico gruppo palermitano (oggi duo, formato da Marco Barone e Vincenzo Profeta), sono da sempre attivi con installazioni  e opere di arte pubblica, mostre, dibattiti e discussioni  sul sistema arte oggi senza dubbio una delle realtà più critiche e creative della scena dell’arte contemporanea in Italia.






Con Ironia e molta irriverenza, libertà di espressione, a volte forse troppa, hanno saputo scardinare le regole legate al Mondo patinato dell’arte.

Il nome del collettivo nasce da  un mentore immaginario, quell’Albert Saccardi, artista svizzero che nei primi del novecento dipinse la bandiera svizzera che presta loro il nome.

Per Vincenzo Profeta ha un suo particolare modo di considerare il ruolo delle gallerie, decisamente fuori dal coro: oggi per lui può essere solo devastante, il sistema delle gallerie si è estinto per un’arte fatta da artisti vivi e pro attivi, non da zombie passivi.

Le grandi gallerie, se resteranno, si trasformeranno in una sorta di musei e forse così potranno avere un futuro.

Per l’Artista Siciliano l’avvento di Internet potrebbe essere fondamentale per l’arte ufficiale, ma si svilupperanno anche sistemi offline o con altre reti ma con maggiore libertà.

Per Vincenzo l’importate è che l’arte continui a raccontare i suoi tempi, come è tutto da verificare considerato che l’umanità è l’imprevedibile.

Per Marco Leone le Gallerie, quelle valide, erano già pochissime prima dell’emergenza Pandemica, ora con i notevoli problemi economici conseguenti all’emergenza, moltissime sono falcidiate, e la cosa triste è che nessuno ne sente la mancanza.

Una volta il gallerista andava nello studio di un artista e comprava in blocco le opere per pianificare un percorso artistico ed economico, onestamente ha ammesso che al Laboratorio Saccardi questo è successo pochissime volte.



Svuotare lo studio ad un artista è un motivo importante per spronarlo a nuove creazioni , per fargli capire che si crede in lui, che non deve aver timore di non arrivare a fine mese, ma deve concentrarsi per esprimersi attraverso la sua arte.

Oggi si parla troppo spesso di conto vendita o addirittura chiedono soldi per poter esporre, e quindi, in effetti la domanda sorge spontanea: sono gli artisti a dover investire nel gallerista o viceversa?

Siamo il Paese che ha il patrimonio artistico più importante al mondo e non sappiamo valorizzare le nuove leve?

Addirittura per Marco gli artisti dovrebbero lavorare per le regioni di residenza, stipendiati dai Comuni e Regione e lavorare per raccontare le proprie origini, i colori, i profumi la storia dei luoghi  attraverso l’arte e devo dire che l’idea personalmente non mi dispiace.

Una delle opere che rappresenta la creatività Sociale del Laboratorio Saccardi è

“La Robba “ Creata nel 2014.




















Come la tradizione vuole, stiamo parlando di un  Carretto Siciliano itinerante ma inaspettatamente in bianco e nero, privo di quei caratteristici  colori che da sempre incontrano lo sguardo di chi incontra, e questo perchè non narra le gesta dei paladini, ma le stragi della mafia.










Alessio Musella

Negli anni 90 sono stato impegnato come progettista in Medio Oriente, dove per quasi 10 anni ho fatto la spola tra Arabia Saudita Stati Uniti ed Europa, in ogni mio progetto, già all’epoca, appena possibile inserivo un’opera d’arte. 

Decido di ampliare il raggio d’azione occupandomi di analisi territoriali e comunicazione per affiancare le aziende che richiedevano di entrare in nuovi mercati esteri. Da sempre ho una passione per l’arte e la fotografia, fin dal Liceo Classico quelle due ore alla settimana dedicate alla storia dell’arte, un po’ di ricerca personale, e successivamente la Facoltà di Architettura mi hanno sempre spinto verso questo mondo. 
Oggi sono un consulente di marketing strategico per le aziende, redattore per diverse riviste,  Editore del Magazine  www.exiturbanmagazine.it e Direttore del Blog www.artandinvestments.com, dove parliamo di Arte, Fotografia e Musica, creati rispettivamente nel 2019 e nel 2020.


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