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Marzo 2023

Senza categoria

L’OBIETTIVO DI DIO a cura di Giuseppe Cicozzetti

 L’ArteCheMiPiace – Divagazioni sull’arte 

©Frank Horvat 



L’OBIETTIVO DI DIO






di Giuseppe Cicozzetti   |28|Marzo|2023|




Il più grande ritratto mai fatto al ventesimo secolo è opera dei fotografi, molto spesso ebrei. Già in questa affermazione si anniderebbe un paradosso o, quantomeno, il superamento del divieto indicato nel Decalogo (“Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra”), che per millenni ha impedito al popolo eletto di cimentarsi con le esperienze artistiche. 

Nei secoli, il contributo degli ebrei alla formazione della cultura occidentale è stato fondamentale. Nello sviluppo del pensiero, nella letteratura, nella musica l’apporto dell’identità ebraica ha attraversato la cultura come un fiume inarrestabile, ma per vederli protagonisti anche nel campo delle arti figurative abbiamo atteso fino al Novecento. 

Dopo è cambiato tutto. Se da un lato, una dinamica interna alla Diaspora legata alle condizioni di restrizione soffiava perché la prospettiva identitaria cambiasse nella direzione di una maggiore libertà, dall’altro il mondo dei Gentili macinava opportunità da cogliere. 

Due, in particolare: le invenzioni della fotografia e del cinema (che della fotografia è figlia legittima). Un vuoto che andava colmato sulla spinta della laicizzazione dell’identità dei giovani ebrei, ormai disposti ad affrancarsi da una tradizione oppressiva. 

Le giovani arti esercitavano sui giovani ebrei una forte attrazione. Ha scritto Arthur Hertzberg in “Gli ebrei in America” che «una massa di diseredati in fuga dal Vecchio Continente e desiderosi di lasciarsi alle spalle secoli di divieti, precetti e imposizioni, trovò nella nascente industria dello spettacolo e nella meravigliosa macchina del cinema una grandiosa opportunità di riscatto. 

L’America offriva questo agli immigrati ebrei in fuga dall’Europa, il riscatto e la possibilità di acquistare qui e ora una nuova identità». 

©Lewis Hine 

Ora, prima di addentrarci nello specifico, occorre fare una piccola e doverosa premessa. 

Redigere un elenco di fotografi ebrei rischia, anche involontariamente, di somigliare a una lista di proscrizione; e noi sappiamo il pericolo che rappresenta un elenco di nominativi o, se vogliamo, l’uso che qualche malcapitato potrebbe farne. 

Ma una “lista” di fotografi ebrei, raggruppati in virtù della comune appartenenza etnoreligiosa sicuramente dice molte più cose rispetto a una lista ordinata per nazionalità. 

Sgomberato il campo da equivoci antipatici, si può affermare ancora una volta che la storia degli ebrei, in questo caso fotografi, incrocia fatalmente la nostra e noi, ancora una volta ci sorprendiamo dell’elevata percentuale di genialità espressa da una minoranza. 


©Philippe Halsman 


Ora una domanda: esiste una fotografia ebraica, così, per dire, come esiste un umorismo ebraico, una letteratura ebraica che possa imporsi come peculiarità specifica di un gruppo che si riconosce all’interno di valori condivisi? 

La domanda, seppure pertinente, mostra una debolezza che va individuata nella vocazione delle prime due espressioni (umorismo e letteratura) all’introspezione di un sé collettivo, a raccontare sé stessi cioè prima ancora che altri. 

La fotografia ha dissolto questo legame rifiutandolo per dedicarsi alla rappresentazione di un mondo condiviso. “L’obiettivo di Dio” dunque abbandona subito la tentazione di “fotografarsi l’ombelico” per puntare la sua lente verso ogni episodio delle attività umane. 

In questo senso la libertà offerta dal mezzo tecnico, per ogni fotografo ebreo ha coinciso con la consapevolezza di sentirsi libero. E la raggiunta libertà coincide con la libertà di fondare nuovi linguaggi, nuovi stili. 



©Herbert List


Per tornare, quindi, alla domanda cruciale, quella che ci interroga se “l’obiettivo di Dio” parla una lingua univoca, tenuta insieme dalla comune radice culturale dei fotografi, la risposta sembrerebbe essere negativa. 

E lo è proprio in ragione della difesa di una conquistata autonomia identitaria. 


Arnold Newman, Chim, Joel Peter Witkins, Annie Leibovitz, Philippe Halsmann, William Klein, Richard Avedon, Diane Arbus, Lee Friedlander, Erwin Blumenfeld, Jan Saudek, Harold Feinstein, Danny Lyon, Lewis Hine, Art Kane Joel Meyerowitz, Izis, Willy Ronis, Robert Capa, Robert Frank, Alfred Eisenstadt, Weegee, Roman Vishniac, Gerda Taro, Eve Arnold, Herbert List, Elliott Erwitt, Saul Leiter, Frank Horvat, Martin Munkácsi, André Kertész, Nan Goldin, Man Ray, Jeanloup Sieff, Claude Cahun, Lisette Model, Phil Stern, Leonard Freed, Paul Strand, Garri Winogrand, Bruce Davidson, Michael Ackerman, Sarah Moon, Ghitta Carell, Alfred Stieglitz, Brassaï, László Moholy-Nagy – e la lista potrebbe ancora continuare fino a coprire molte pagine. 


Citarli è come fare un viaggio attraverso la storia della fotografia in cui si dissolvono le coordinate spazio-temporali, saltando sugli stili, sulle funzioni e sulle estetiche di un linguaggio plurale e libero come i suoi autori. 

I fotografi ebrei hanno fatto grande la storia della fotografia, vi hanno fatto irruzione e hanno rimodulato la sua natura. In Europa come in America, raggiunta da molti a metà del secolo scorso per sfuggire alla persecuzione nazista.



©Alfred Blumenfeld


Il loro impegno è universale come universale è il linguaggio delle fotografie, uno spazio senza confini nel quale ogni espressione ha legittima residenza, e dove “l’obiettivo di Dio” controlla che ancora si racconti la grande vicenda umana.


©Alfred Stieglitz 

Il secondo dei Comandamenti è dunque superato: i fotografi ebrei – la stragrande maggioranza appartiene a un ebraismo riformato che ha discusso e superato molti precetti, mentre altri a malapena sanno d’esserlo – lo hanno sepolto sotto una messe di fotografie memorabili. 

E Dio, da lassù, non ha più paura di vedere rappresentata l’immagine della creatura fatta a sua immagine e somiglianza. 





















Giuseppe Cicozzetti, critico fotografico, curatore. Scrive per riviste specializzate quali Foto.it, Artapp, Gente di Fotografia. 

Ha collaborato con numerosi fotografi italiani e internazionali scrivendo prefazioni alle rispettive pubblicazioni. 

Dal 2015 Collabora con l’Associazione Mediterraneum per l’allestimento delle edizioni del MedPhotoFest, di cui cura il catalogo annuale. 

Dal 2018 è membro della Fototeca Siracusana con cui partecipa alla cura dell’Estate Fotografica Siracusana, curando mostre e scrivendo i testi per il catalogo.

Su Facebook gestisce Scriptphotography, una seguitissima pagina di divulgazione e cultura fotografica. 

Vive a Modica.  




























La Rubrica Divagazioni sull’Arte ospita articoli redatti da autorevoli amici e sostenitori del Blog L’ArteCheMiPiace, i quali ci offrono la possibilità di attingere ad emozioni e conoscenze, attraverso la condivisione di pensieri e approfondimenti.


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Cutro, 26 Marzo: Adele Ceraudo raccoglie l’invito di Giancarlo Cauteruccio

 L’ArteCheMiPiace – Segnalazione Eventi

Cutro, 26 Marzo: Adele Ceraudo raccoglie  l’invito di Giancarlo Cauteruccio:

E’  arrivato il giorno per celebrare sulla spiaggia di Steccato di Cutro la messa laica dopo il naufragio del 26 febbraio scorso.

di Alessio Musella   |25|Marzo|2023|




 

Giancarlo Cauteruccio dopo dopo 40 trascorsi a Firenze dove, da attore, drammaturgo e regista ha fondato la compagnia Krypton anticipando il connubio stretto tra teatro e tecnologia  è tornato nella sua Calabria.

La spiaggia di Cutro diventa protagonista, dove i resti dei naufraghi  ci inchiodano alla verità indicibile e semplice: La mia terra è dove poggio i miei piedi, il diritto allo spostamento, all’esilio, è antico come l’essere umano che ha iniziato il suo viaggio nel mondo da nomade. ARITHMOS KR46M, KR14F9 (dove KR sta per Crotone, 46 per quarantaseiesima vittima, M per maschio e 0 per un neonato che non ha neanche raggiunto il primo anno di età e la seconda sigla rimanda al quattordicesimo morto, una bimba di 9 anni) è il titolo di una performance che ha chiamato a raccolta tutti gli artisti calabresi e non solo

Non poteva mancare all’appello Adele Ceraudo, artivista da sempre, Calabrese di nascita, ma cittadina del Mondo.



Un’espressione del volto, la sua, forte, fastidiosa, torsioni tra corpi che raccontano attraverso le  immagini, dolori, esperienze vissute sulla pelle…

Adele Ceraudo dimostra, attraverso le sue opere, parte del suo cuore, della sua anima, del suo pensiero e soprattutto del suo tumultuoso passato che si unisce alla sofferenza delle donne, costrette a lasciare la propria terra, tenendo in grembo il frutto della loro anima, pronte a sacrificarsi per un futuro, del quale niente conoscono…

L’opera donata da Adele Ceraudo non a caso la prima del suo percorso artistico, oggi è legata alla performance InVeloAzione che prende forma a novembre in seguito alle proteste in Iran.

Nasce da un bisogno, da un sentire comune e una forma di reazione che si trasforma in azione creativa, artistica, una urgenza di dire e di riflettere, andando aldilà di quegli avvenimenti.

La performance di pittura si è trasformata in performance dal vivo con il pubblico nella sua Galleria AC di Cosenza, coinvolgendo altre figure con cui, in pochi giorni, ha preso forma il progetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dalle 11.30 di domenica 26 marzo a un mese esatto da quella strage che a oggi ha fatto 88 vittime insieme costituiranno l’ossatura di un’azione teatrale che nel pomeriggio, dalle 17.30 in poi, avrà il suo akmé.


(tratto da Alì dagli occhi azzurri) 

«Un testo – spiega Cauteruccio che lo ha scelto – straordinariamente anticipatorio in cui Pasolini profetizzava quanto sta regolarmente avvenendo. Noi saremo lì il 26 per parlare di accoglienza per rendere testimonianza attiva davanti a un evento tragico che non può essere dimenticato e che riduce le storie di questi bambini e di queste bambine di questi nostri fratelli arrivati da Oriente in numeri, codici che di loro non rivelano nulla. Non è un caso che il titolo dato alla performance che vedrà l’Orchestra della Calabria intonare il Requiem di Verdi sia quell’ARITHMOS KR46M, KR14F9, che ci rammenta la tragica numerazione delle vittime e rende evidente la ribellione del numero, inteso in senso Pitagorico come principio regolatore del mondo, che nell’oggi si è svuotato di senso». 

Nella società delle borse che affondano, delle statistiche e dei morti in mare che diventano sigle stanno lì a ricordarci che tutti noi abbiamo abdicato alla qualità in funzione della quantità.











Alessio Musella

Negli anni 90 sono stato impegnato come progettista in Medio Oriente, dove per quasi 10 anni ho fatto la spola tra Arabia Saudita Stati Uniti ed Europa, in ogni mio progetto, già all’epoca, appena possibile inserivo un’opera d’arte. 

Decido di ampliare il raggio d’azione occupandomi di analisi territoriali e comunicazione per affiancare le aziende che richiedevano di entrare in nuovi mercati esteri. Da sempre ho una passione per l’arte e la fotografia, fin dal Liceo Classico quelle due ore alla settimana dedicate alla storia dell’arte, un po’ di ricerca personale, e successivamente la Facoltà di Architettura mi hanno sempre spinto verso questo mondo. 

Oggi sono un consulente di marketing strategico per le aziende, redattore per diverse riviste,  Editore del Magazine  www.exiturbanmagazine.it e Direttore del Blog www.artandinvestments.com, dove parliamo di Arte, Fotografia e Musica, creati rispettivamente nel 2019 e nel 2020.



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Presentazione del libro A CHI LASCERÒ I RICORDI di Umberto Romano

 L’ArteCheMiPiace – Segnalazione Eventi Letterari

A CHI LASCERÒ I RICORDI
Umberto Romano



Un importante appuntamento con la poesia contemporanea è fissato per sabato 25 Marzo alle ore 17:30 presso la Biblioteca Diocesana SS. Nilo e Bartolomeo in Via Minnicelli 4 a Rossano Corigliano.


L’occasione è la presentazione del nuovo libro “A chi lascerò i ricordi” di Umberto Romano. Si tratta di una bellissima raccolta di poesie, che rispecchia nella sua sostanza, la grande sensibilità poetica di un autore che sa coniugare i versi con l’intensa forza dei suoi sentimenti.


L’evento sarà aperto dai saluti del padrone di casa, il Direttore della Biblioteca Don Giuseppe De Simone e dal Presidente del Lions Club Rossano Sybaris Domenico Pugliese.


Curerà l’introduzione Achiropita Tina Morello mentre il coordinamento è affidato al Professore Giuseppe De Rosis che curerà i vari interventi dedicati al contenuto del libro e quelli di lettura eseguiti dalle bravissime lettrici del suo gruppo “Amici dell’arte


L’incontro sarà allietato con alcuni intermezzi musicali curati dal Maestro Gianfranco Ferrarese.










 Umberto Romano nasce a Rossano nel 1952, dove attualmente vive, quando non è in viaggio nei paesi dell’Africa ed attualmente USA.

Nasce artisticamente 20 anni fa come scrittore e poeta, narrando i suoi viaggi nei Diari pubblicati. Tra una pubblicazione e l’altra Imbratta tele. 

Qui trovi tutte le sue pubblicazioni

Umberto Romano – Bibliografia 



Qui trovi la galleria online dei suoi dipinti

Umberto Romano – Artista Contemporaneo


Scrivono di lui:



Nella poesia di Umberto Romano alcuni temi tornano insistenti, velati da una malinconia ora sotterranea, ora esplicita.

Egli- anche questa volta-riprende i motivi che la lunga consuetudine e gli anni hanno reso come suo particolare privilegiato patrimonio.

Sunt lacrimae rerum, possiamo dire, quando davanti ai nostri occhi si stagliano le immagini della sofferenza, della discriminazione, della violenza.

Salamina, aldilà della mappa geografica, esiste in ogni luogo in cui qualcuno, pur trovandosi in condizioni di inferiorità numerica, si batte per la propria vita e la propria libertà.

E poi il tema dell’ amore, che intreccia i ricordi dei momenti vissuti con passione o tenerezza a quelli di oggi, quando l’ anima diviene preda della nostalgia e si volge a guardare il passato felice.

Le sue passioni trasferite nei versi, senza filtri o infingimenti, questo coglie tra le righe anche il lettore distratto o sprovveduto.


Giuseppe De Rosis

Avere il mal d’Africa e cercare di diffonderlo in Italia e in Europa con libri e quadri, lo fa Umberto Romano, viaggiatore, documeualmententarista calabrese assurto di recente alle cronache d’arte. Portatore sano d’immagini etnical retaggio di una cultura postcoloniale, esotica, quella delle Afriche mediterranee in primis, oggi in primo piano, alimentata dall’ immaginario non proprio immaginato degli sbarchi sulle coste. Ma l’Africa bisogna viverla, come Umberto Romano, da Rossano, artista e scrittore che annette l’arte etnica ad un’azione continua, vocazionale, laica di assistenza concreta sur place, nei luoghi interni del continente che definiamo “nero” ma che in realtà conserva integri tutti i colori del mondo. Romano predilige effetti chiaroscurali monocromi,in specie nella tematica che ci riporta agli anni in cui era intenso l’interesse per “l’ambiente” esotico, più di oggi, quando l’esotismo ha lasciato il passo all’etnical language, meno folk romantico e più documentato e solidale, come quello di Romano. La mano pittorica tendente al racconto d’impressioni, talvolta naife, emerge e si avvertono tutti i solidi elementi descrittivi di chi crede nella pittura d’affetto e nella narrazione emotiva, di primo impatto, con colori nudi e crudi. Insieme ai dipinti, Romano vanta un vasto index di pubblicazioni  sull’ argomento.

Donat Conenna (Critico d’Arte)

L’esperienza dello scrittore-poeta Umberto Romano, e la capacità di cogliere in versi e prosa le emozioni, la rabbia, i bisogni della gente, manifestando l’affetto fraterno verso il popolo sahrawi, mi toccano nel profondo dell’animo. La testimonianza di solidarietà espressa nelle sue opere nei confronti del nostro popolo, che lui ha conosciuto direttamente nei suoi viaggi, grazie alla sua sensibilità artistica, fanno conoscere la nostra storia, troppe volte dimenticata. 

Nel presentare l’opera alla platea Europea, la speranza è che sempre più le nostre culture possano incontrarsi e comunicare, al fine di contribuire alla libertà dei popoli oppressi.

Mohammed Sidati- 

(Ministro Sahrawi Resp. Europa)

Contatti dell’autore  

Email roro3@libero.it

Phone 329.2345941


















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MEMORIAL CARLO CODA Carletto nel Cuore

 L’ArteCheMiPiace – Segnalazione Eventi











MEMORIAL CARLO CODA

Carletto nel Cuore



di Redazione  |22|Marzo|2023|




Il 26 marzo 2005 nasce Carlo, per tutti “Carletto”.

É un pargoletto pieno di vita, solare e tenero, la cui
innocenza e dolcezza traspare dai suoi intensi occhi scuri. 

I suoi giorni sono scanditi dalla gioia, circondato da tanti
giochi e infinito amore.

La serenità della famiglia Coda viene travolta da una
terribile notizia che cambierà per sempre il corso delle loro vite.

Nel maggio del 2010 al piccolo Carlo viene diagnosticata una
forma tumorale al tronco cerebrale.

A nulla sono valse le speranze del piccino e dei suoi
genitori Carmine e Maria Teresa, né le cure e le lunghe degenze all’ Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di
Roma.

Carletto è volato in cielo lo stesso anno, il 16 novembre
2010. Aveva solo 5 anni.

Molti tumori potrebbero essere prevenuti o diagnosticati in
tempo se tutti adottassero stili di vita più sani e aderissero ai protocolli di screening e
diagnosi precoce.



Il curatore Alessio Musella, quando Iolanda Pomposelli
professionista della comunicazione e dell’organizzazione eventi con la quale da
anni collabora, lo ha chiamato chiedendo supporto per la raccolta fondi, immediatamente ha
contattato 6 artisti che non hanno esitato nel mettere la loro arte a disposizione della
causa.

Le sei opere donate all’Associazione Carletto nel
cuore
  verranno presentate durante la serata “MEMORIAL Carlo Coda”, patrocinata dal Comune di
Pagani (SA)
, che si terrà il

26 marzo 2023, presso l’Auditorium Teatro S. Alfonso Maria
De’ Liguori
di Pagani (SA).



Gli artisti che hanno realizzato le opere sono 

Joanne Huxford, Mario Vespasiani, Francesca Falli, Giuseppina Irene Groccia, Enrico Cecotto, Tina Bellini.

Il ricavato della vendita delle opere verrà devoluto ai
reparti di oncologia e ematologia dell’ Ospedale Andrea Tortora di Pagani.

Di seguito trovate le informazioni relative alle opere, agli
artisti e il loro valore in modo da poter comprendere al meglio

Ricordiamo che si tratta di una gara di solidarietà e le
offerte dovranno partire dal 50% della quotazione a salire .

 

Per assegnare l’opera ci sarà tempo fino al venerdi 14
Aprile,
dando così l’opportunità anche a collezionisti nazionali e internazionali non
presenti all’evento di poter fare le loro offerte.




Titolo: “Gala

Dim: 100 x 100 cm

Autore: Joanne Huxford

Tecnica : Digitale

Anno 2022

Quotazione di mercato  1.350,00 (base 675,00)



In questa opera si narrà la vita, in un disordine apparente
ognuno può ritrovare il suo 
elemento, Joanne gioca con i cappelli, da sempre ornamento,
ma anche protezione…

Una connotazione di fondo che caratterizza le opere
artistiche dell’artista Joanne Huxford 
è la forte presenza di cultura digitale, intesa naturalmente
non come conoscenza delle 
tecnologie, ma come facilità e scorrevolezza di ripensare la
propria attività creativa nella 
prospettiva del digitale. 

L’ incontro tra l’arte e le nuove tecnologie è sempre stato
per Joanne ispiratore di nuovi 
linguaggi, nuove frontiere espressive e comunicative. 




Titolo: “Kingdom of Heaven

Dim : 70 × 50 cm

Autore: Mario Vespasiani

Tecnica Serigrafia  1/1 

Autenticata e firmata (olio su
tela opera originale)

Anno 2022

Quotazione 1.100,00 (Base 550,00)



Kingdom of Heaven, vuole essere un inno alla gioia di vivere e a tutto ciò che eleva lo spirito verso i valori umani fondamentali. L’artista grazie ad un’espressività inconfondibile, indaga ora i temi del sacro e dello splendore, rendendo le figure leggere quanto luminose, come appartenere ad ununiverso in cui affiorano riverberi di bellezza e assenza di gravità. 

Mario Vespasiani si rivolge al mistero primordiale
delle cose che, anche grazie ad una 
raffinatezza formale capace di spaziare in stili e
tecniche, fa riferimento ad una rara 
attitudine per un autore contemporaneo di tendere verso un
sentire spirituale.






Titolo: “Eternal Life

Dim 50 x 70

Autore: Tina Bellini

Tecnica : Mista

Anno 2023

Quotazione di mercato  950,00 (Base 475,00)




L’artista Tina Bellini ha scelto  l’albero della vita
perchè esso rappresenta l’opportunità 
offerta da Dio all’uomo di condividere la vita eterna. L’amore eterno, l’amore con la A maiuscola quello che non
muore mai, l’anima ritorna si 
dice nel multiuniverso per tornare eternamente affianco a
tutte le persone che ti amano, 
questo e indissolubile, che non si placa mai, che non si scorda
mai, l’unica ragione di vita 
sara’ rivedere il proprio amore, e inspiegabilmente è lo
stesso che ti da  ancora voglia di 
vivere, di resistere, di lottare… e’ l’Amore.





Titolo: Dalla serie “Impeto Blue” 

Dim : 50×70 cm

Autore: Giuseppina Irene Groccia – GiGro

Tecnica: Digitale

Anno 2022

 

Quotazione 1.200,00 (Base 600,00)


Un volto non volto, perchè non definito, riconosciamo
elementi a noi vicini, le labbra, 
l’occhio, il naso e disegnamo noi il profilo del viso, ma
non c’è, quasi a voler rammentare 
che i ricordi di una vita, non possono essere rinchiusi …

L’arte ha varie forme con cui presentarsi e tra quelle più
contemporanee c’è l’arte digitale, 
che occupa sicuramente un posto concreto e importante. In questa nuova Serie di lavori dal titolo Impeto_Blue, l’artista Giuseppina
Irene 
Groccia, dimostra di possedere ottime capacità
nell’esercitare la propria sperimentazione 
artistica, applicandola nello specifico al linguaggio delle
arti visive digitali e alla New Media 
Art.





Titolo: Poll Klee  

Dim : 34× 39 cm

Autore: Francesca Falli

Tecnica: Mista

Anno 2023

Quotazione 800,00 (Base 400,00)



Per Francesca Falli donare una sua creazione è stato un
gesto d’amore. 
Ha scelto un’immagine giocosa, come simbolo di speranza, che
si ispira al celebre artista 
elvetico Paul Klee. Ha scelto questo artista perchè in molte delle sue opere
racconta la sua visione 
dell’infanzia.

Ponendo un oggetto apparentemente fuori dal suo contesto
Francesca Falli vuole attirare 
su di esso l’attenzione: viviamo in un mondo mediatico, che
produce immagini in grande 
quantità e noi navighiamo in mezzo ad esse, a volte senza
accorgerci della loro presenza. 
L’arte di Francesca ferma in singoli fotogrammi quello che
nella realtà è un fluire 
ininterrotto di volti, corpi, oggetti e soggetti, scritte
che nella vita di tutti i giorni, proprio 
per la velocità con la quale vengono percepiti, rischiano di
non essere apprezzati e 
capiti…





Titolo: La Tigre (P.A. Prova d’autore 2/2 )

Dim : 40 × 70 cm

Autore: Enrico Cecotto

Tecnica: Serigrafia 1/1 (Incisione originale)

Anno 2008

Quotazione 1.000,00 (Base 500,00)



Cinque tigri mistiche, nel loro insieme, costituiscono un
simbolo, sono le protettrici 
dell’ordine spaziale e dominano le forze del caos. Il regno della tigre rossa a sud, è associato all’estate e
al fuoco (come elemento). 
Il regno della tigre nera al nord, è associato all’inverno e
all’acqua. 
La tigre blu – in Oriente, è associata alla vegetazione
primaverile. 
La Tigre bianca prevale nella zona ovest (inverno). La tigre gialla vive sulla terra, e disciplina tutte le
altre tigri a lei il compito che tutto 
scorra…

Enrico Cecotto già dalla primissima infanzia mostra
attitudine e passione nei confronti del 
disegno, che lo portano ad iscriversi al Liceo Artistico di
Venezia dove consegue la 
maturità artistica.  Nel 2008 realizza la sua prima mostra personale a Venezia
dal titolo Happy hour che 
riscuote notevole successo. Nel corso degli anni con molto studio e dedizione riesce a
perfezionare ulteriormente la 
sua tecnica.

 



Carmine e Maria Teresa Coda con l’Associazione Carletto nel
Cuore
vogliono contribuire 
ad alleviare le sofferenze di chi combatte contro lo stesso
male cui è stato costretto il loro 
adorato figlio.

 

Così, per questo giorno speciale, sarebbe stato il diciottesimo
compleanno di Carletto, 
grazie all’accorata partecipazione del Comune di Pagani,
daranno vita a una serata evento 
all’insegna dell’informazione e prevenzione, cultura e arte,
in ogni sua declinazione. 
I proventi dell’evento, grazie alle donazioni libere degli
ospiti dell’Auditorium, saranno 
interamente devoluti all’ Ospedale Andrea Tortora di Pagani,
e più specificamente al 
Reparto di Oncologia, per l’acquisto di apparecchiature e/o
strumenti fondamentali per la 
divisione operativa, e parte al Reparto di Ematologia, per
l’acquisto di attrezzature. 

In caso di acquisto delle opere  ecco i dati  al
quale fare riferimento:


Tenendo presente la quotazione (base minima 50% del prezzo
indicato), è possibile fare 
un’offerta fino al 14 Aprile 2023 che dovrà pervenire via mail all’indirizzo carlettonelcuore@libero.it solo una
volta accettata si potrà procedere con 
l’acquisto, la spedizione dell’opera correlata da
certificato di autenticazione e Firma 
dell’artista.

Laddove non venissero aggiudicate le opere, rimarranno di
proprietà dell’associazione 
“Carletto nel cuore” che sarà sempre disponibile a
successive richieste.


































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Measuring the Universe di Roman Ondák

 L’ArteCheMiPiace – Favourites


Measuring the Universe 

Roman Ondák 



di Giuseppina Irene Groccia  |19|Marzo|2023|






Measuring the Universe è un’installazione dell’artista slovacco Roman Ondák realizzata la prima volta al Museum of Modern Art di New York nel 2007.

Una stanza bianca piena di migliaia di linee nere, quasi simile a uno sciame di api.

Andando  in giro  nelle gallerie  con un esame più attento, ci si accorge che ogni linea apparentemente casuale è segnata da altezze diverse che rappresentano ogni visitatore del museo. Queste piccole linee nere sono il testo che indica il nome della persona e la data in cui sono stati misurati. L’effetto è incredibile, la maggior parte delle linee sono vicine tra di loro creando un effetto di masse giganti nere, con spazio quasi esclusivamente bianco sul fondo e la parte superiore della parete.

I materiali sono incredibilmente semplici. Gli unici elementi richiesti per l’installazione sono stati una stanza bianca e un paio di pennarelli neri. Quello che era iniziato come uno spazio bianco e pulito è stato riempito con le lettere, linee e numeri. Ogni linea rappresenta una persona diversa. Le migliaia e migliaia di righe mostrano quante persone passano attraverso il museo ogni giorno, quante persone sono state, in qualche piccolo modo, parte  di questa installazione.

Ondak, dà a tutti i visitatori la possibilità di far parte della sua opera, dal più alto dei critici ai turisti  che volevano solo visitare un famoso museo di New York. Ondak riunisce estranei nel suo lavoro, egli riempie uno spazio normale non con simboli privi di significato o linee, ma di persone reali che hanno apprezzato il suo lavoro. L’arte concettuale è spesso percepita come qualcosa di pretenzioso e inaccessibile, ma Ondak dà  a chiunque la possibilità di essere  letteralmente registrato in un museo.

La cosa interessante è che i nomi così disposti finiscono per assomigliare ad un ammasso di stelle, alla nostra via lattea ad esempio, ed è così che il titolo Measuring the Universe acquisisce un senso decisamente più ampio.

L’idea di Roman Ondak è quella di abbattere il confine tra creazione e ricezione dell’arte e allo stesso tempo di portare entro il perimetro di una galleria una pratica domestica come quella di misurare l’altezza dei bambini sui muri o sugli stipiti delle porte.


Un modo molto semplice e allo stesso tempo efficace per restituire un po’ di vicinanza all’arte contemporanea sentita sempre più spesso come qualcosa di indecifrabile ed inaccessibile.

Elemento altrettanto interessante di Measuring the Universe è la sua riproducibilità e contemporanea impossibilità di avere due volte uno stesso risultato dal momento che portando questa installazione in giro per il mondo è infattibile che si ricreino le stesse condizioni della precedente esposizione.


È quasi come se me ne stessi seduto per un giorno intero a un caffè all’angolo di una strada affollata a guardare la gente che passa e provassi a identificare e ricordare tutti. Trasferendo tutto ciò sul piano della performance, cerco di visualizzare quello che questa massa di gente rappresenta. La sala espositiva, dove le misurazioni avvengono ogni giorno, funziona un po’ come un contenitore del “qui e ora”. Mostra l’esistenza di un potenziale invisibile che trasforma la presenza delle persone in un oggetto fisico.”  

Roman Ondák 

























Roman Ondak è nato nel 1966 a Zilina, in Slovacchia. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Bratislava e alla Slippery Rock University in Pennsylvania. L’artista vive e lavora a Bratislava.

Roman Ondak ha rappresentato la Slovacchia alla 53a Biennale di Venezia nel 2009. Nel 2012, ha partecipato a dOCUMENTA (13) ed è stato nominato Artista dell’Anno dalla Deutsche Bank di Berlino. Ondak ha ricevuto il premio Lovis-Corinth 2018.

Il lavoro di Ondak si evolve da una concezione performativa e consiste in scultura, installazione, fotografia, disegno e performance. L’artista usa spesso oggetti trovati. Il suo mezzo è l’ insieme di aspettative, ipotesi, automi e proiezioni di tutti i giorni e della società che modellano la nostra percezione della realtà. Sebbene l’approccio collaborativo non sia sempre immediatamente visibile, Ondak ha anche messo in primo piano la produzione di elementi basati su oggetti da parte di altri: per la sua serie di disegni e oggetti intitolata Common Trip, ad esempio, l’artista ha chiesto ad altri, tra cui familiari e amici, di fare un disegno o un oggetto in base alla sua descrizione.

L’artista ha avuto numerose mostre personali, tra cui: Roman Ondak – Measuring the Universe, Pinakothek der Moderne, Munich (2022); SK Parking, Kunsthalle Bratislava (2021); #12 Roman Ondak, mezzaterra 11, Belluno (2018–19); Based on True Events, Lovis-Corinth-Preis, Kunstforum Ostdeutsche Galerie, Regensburg (2018); Objects in the Art Projects, Sydney (2014); Some Thing, The Common Guild, Glasgow (2013); Escena, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid (2013); Roman Ondak, Musée d’art moderne de la Ville de Paris /ARC, Paris (2012); non camminare fuori da questa zona, Deutsche Guggenheim, Berlin (2012); Within Reach of Hand or Eye, K21, Düsseldorf (2012); Time Capsule, Modern Art

Le recenti mostre collettive includono: Still Alive, Aichi Triennale (2022); Aller contre le vent, Frac Franche-Comté, Cité des arts, Besançon (2022); Three Stations for Art-Science, Palazzo delle Esposizioni, Roma (2021); The Paradox of Stillness: Art, Object, and Performance, Walker Art Center, Minneapolis (2021); Diversity United, Flughafen Tempelhof, Reisen in der zeitgenössischen Kunst, The Ludwig Forum, Aachen (2020); Persiane e scale. Elementi di architettura moderna nell’arte contemporanea, The Israel Museum, Gerusalemme (2020); Rendere l’arte pubblica, Art Gallery of New South Wales, Sydney (2019); Qualcuno che cammina. Ciclo di spettacoli e interventi, Fundació Antoni Tàpies, Barcellona (2019); What Are We Made Of?, Kunsthalle Darmstadt, Darmstadt (2019); 1914/1918 – Not Then, Not Now, Not Ever, Deutscher Bundestag, Berlin (2018); The World on Paper, PalaisPopulaire, Deutsche Bank Collection, Berlin (2018); Smantelling the Scaffold, presentato da Spring Workshop, Tai Viaggio nell’ignoto, Museo Morsbroich, Leverkusen (2018); IO SONO LA BOCCA, Museo di Arte Contemporanea di Zagabria, Zagabria (2018); ASPETTANDO. Tra potere e possibilità, Hamburger Kunsthalle, Amburgo (2017); Punto de Partida. Colección Isabel y Agustín Coppel, Fundacíon Banco Santander, Madrid (2017); High Line Plinth: A New Landmark Destination for Contemporary Art, The High Line, New York (2017); Food – Ecologies of the Everyday, 13th Fellbach Triennial of Small-Scale Sculpture, Fellbach (2016); Ellipsis, Pulitzer Arts Foundation, St. Louis (2016); Wanderlust, The High Line Art, New York (2016); The Distance of a Day, The Israel Museum, Jerusalem (2016); A fragile but marvelous life, Aspen Art Museum, Aspen (2015); Burning down the house, 10th Gwangju Biennale, Gwangiu (2014); Invocable Reality, MACBA – Museu d’Art Contemporani de Barcelona, Barcelona

Il suo lavoro è conservato in molte collezioni pubbliche tra cui il Centre Pompidou, Parigi; Kunsthaus Zürich; Tate Modern, Londra; Neue Nationalgalerie, Staatliche Museen zu Berlin; Il Museum of Modern Art, New York, e la Slovak National Gallery, Bratislava.
































 



©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 








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Klimt e l’arte italiana

 L’ArteCheMiPiace – Segnalazione Eventi


Klimt e l’arte italiana



Eccezionalmente riuniti al Mart di Rovereto i due capolavori “italiani” di Klimt:  “Giuditta II” e “Le tre età della donna”. 

Da giovedì 16 mar 2023 | a domenica 18 giu 2023

Da un’idea di Vittorio Sgarbi. A cura di Beatrice Avanzi

Gustav Klimt, Le tre età della donna 1905

Appartenenti a due tra le maggiori collezioni pubbliche, testimoniano il passaggio e l’eredità spirituale del maestro viennese in Italia e costituiscono il perno attorno al quale si sviluppa “Klimt e l’arte italiana”. 

Attraverso circa 200 opere, la mostra analizza l’influenza di Klimt su grandi artisti del primo novecento, tra cui Felice Casorati, Adolfo Wildt, Vittorio Zecchin, Luigi Bonazza.


Gustav Klimt, Giuditta II 1909

Gli italiani rielaborano l’influsso klimtiano in modo autonomo e originale: i riferimenti sono visibili nei decori, nelle linee, nei colori e nello stile che finisce per mescolarsi alle caratteristiche artistiche locali, permettendo la nascita di nuove ricerche. 
Con questa esposizione il Mart illustra un panorama vario e complesso, nel quale discipline diverse – dalla pittura alle arti decorative – convivono sotto il segno di un riconoscibile gusto sontuoso, seduttivo e decadente.


La mostra è visitabile dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18, il venerdì fino alle 21. 
Chiuso il lunedì. 
Ingresso col biglietto del Mart: intero 11 euro, ridotto 7 euro, gratis per under 14. 
Per ulteriori informazioni è possibile visitare il sito del Mart.


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Khira Jalil e l’apicalisse: un’ape regina e le sue rivelazioni artistiche.

L’ArteCheMiPiace – Divagazioni sull’arte  






Khira Jalil e l’apicalisse: 

un’ape regina e le sue rivelazioni artistiche. 



di Maria Marchese  |14|Marzo|2023|







E quanta esperienza ed arte | chieggian l’api frugali, augusta Bice, | io qui prendo a cantar

                     Virgilio 


Il sommo poeta stesso, avvinto dall’operosità dell’ape, si accinge ad ammannire un’ode: Virgilio, in pochi versi, riesce ad esprimere quanto stupore e incanto trovi, nella perizia delle minuscole creature, tanto da definirla arte. 

Nelle proprie tele, l’artista Khira Jalil si manifesta in egual maniera: come la lieve bestiola, ma con la fierezza di una regina, giorno dopo giorno, centellina, sui supporti, le proprie rivelazioni. 

Qui, ludicamente, utilizzo il termine “apicalisse”, storpiatura dell’altisonante parola apocalisse, che, nella propria significanza etimologica, indica una rivelazione, per sottolineare quanto gli elaborati dell’autrice marocchina costituiscano veri e propri messaggi, dai contenuti umani, socio/culturali filosofici… ; medesimamente, le sue composizioni ricordano le fitte trame di un alveare. Se consideriamo, poi, che l’idea dell’apocalisse è legata ad una serie di eventi, che narrano la fine, l’apicalisse, riferita alla pittrice, costituirebbe, alfine, il termine di una conoscenza artistica di grande valenza. 



Il virgineo telo è quell’unica pagina bianca, che Khira Jalil imporpora di una genesi cromatica, che è l’incipit, su cui, via via, costruirà le proprie celle. Così, l’artista, con la maestria di un orafo, dapprima, abbozza la “magione”, ossia la dimora, dove il pensiero è fondamento, disegnandone i profili; da quest’ultima, ella minia ogni singolo spazio, tra rigore e morbidezza. 



Il mielato colore, allora, si traduce in linee che si rincorrono, apparentemente, impazzite; in realtà, sono frutto di un’intuizione pregressa molto articolata. Il pennello, così, ruba mescite tonali a tratti dolci, altre volte squillanti, mentre la mano lo guida verso un’intricata risoluzione. All’occhio appaiono frugali arabeschi, sintesi di un linguaggio figurativo tribale, laddove la polis è, invero, universale. Il ciglio, fascinato, segue i contorni, poi, i colori, che addivengono figure arcaiche e minimali, ognuna delle quali appartiene al microcosmo individuo/animale/suolo, nonché al macrocosmo, che ci vede come essenze divenienti. Le setole sfumano i colori oppure creano sincopi tonali, elargite, sui tessuti, in maniera “genuina”; è possibile, infatti, ravvisare quell’incertezza, cifra identificativa della veridicità e dell’unicità, e dell’artista e dell’uomo. Ogni opera della Jalil costituisce la ricostruzione di una considerazione, che abbraccia il senso più profondo di un approccio multidisciplinare: raccontare, insegnare, educare, imparare… dalla vita stessa. 




L’ape è solo un minuscolo insetto eppure riesce a costruire un alveare che ha la capacità di un granaio e la geometria di una cattedrale. Il suo insegnamento è questo: se fai ciò che è possibile, di possibile in possibile arriverai all’impossibile.

         Fabrizio Caramagna





Le opere dell’artista marocchina diventano come il granaio e la cattedrale, citate da Caramagna; lavoro indispensabile, nutrimento, sacralità, preghiera, fondamenta e pareti solide: esse aprono lámia, ossia aperture profonde, dove esperirsi è, conseguentemente, sinonimo di evoluzione e crescita interiore. All’artista, peraltro anche poetessa, autrice, docente e critica d’arte, il cui fermo credo, confermato dal suo percorso artistico, è volto al concretamento dei desideri, il 7 gennaio, è stata dedicata una giornata, dall’università di Molay Slimane, a Béni Mellal, in Marocco. 

Quel giorno, il presidente del dipartimento di lettere arabe dott. Hisham Talal, i suoi studenti, insieme al dott. Mohamed Chari e i propri colleghi hanno fornito diverse chiavi di lettura, su tutte le opere letterarie della Jalil, attraverso un’attenta analisi di queste ultime. Peraltro, sono state celebrate le sue qualità di leader, che si batte per i diritti umani e la sua tenacia, nel perseverare e raggiungere i propri obbiettivi. 

Sostenuta da diversi partner economici e universitari, come il Centro per l’Arte e gli Investimenti IGHAT, nella persona del presidente Rahim Jabran, il presidente del Club di Investimento in Béni Mellal-khnifra e altri ancora, essi hanno puntato sull’artista e sulla donna, in un’ottica di progettazione in campo educativo e economico, al fine di sviluppare molteplici possibilità. 

Khira Jalil è presidente dell’associazione internazionale Art’s Wings Forum, che supporta numerose iniziative culturali internazionali. 






























Maria Marchese su L’ArteCheMiPiace 

Maria Marchese


Maria Marchese, scrittrice, poetessa e curatrice d’arte, nasce a Como nel 74, dopo la maturità scientifica si iscrive all’istituto internazionale di Moda&Design “Marangoni”, a Milano.

Per oltre 20 anni svolge attività nel settore socio assistenziale.

Dal 2013 affronta da autodidatta il suo percorso di studio nel campo dell’arte, della letteratura e filosofia. Nel 2017 pubblica la sua prima silloge poetica “Le scarpe rosse- Tra tumultuoso mare e placide acque”. Da lì a breve esperisce se stessa nella critica artistica.

Collabora con il blog culturale dell’università Insubria, con lo storico dell’arte Valeriano Venneri, con Exit Urban Magazine e Art&Investments, con il Blog L’ArteCheMiPiace, con l’associazione culturale Nuovo Rinascimento, con la Galleria “Il Rivellino” a Ferrara, con Divulgarti a Genova, con Art Global a Roma, con AArtChannel di Ferrara, con Alessandra Korfias, coordinatrice ponte culturale Italia/Giappone e responsabile di Arti Services.


www.mariamarchesescrittrice.com


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©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 




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Opera prima dello scrittore Fabio Messina – E niù làif

  L’ArteCheMiPiace – Libri da leggere

FABIO MESSINA
E niù làif  

di Redazione |14|03|2023|




E niù làif” è un romanzo delicato e toccante, che affronta il tema della malattia con una scrittura  accattivante e ironica. Il lettore viene accompagnato nell’anomalo viaggio di ricostruzione intima del protagonista attraverso un percorso colmo di ricordi, propositi ed emotività.


È possibile riscrivere la propria vita, ripartendo dall’inizio e rimediando agli errori commessi? 

Questa è la domanda che Andrea si pone quando, a causa di un evento irrazionale nei presupposti ma fecondo nelle possibilità, si trova a rivivere una nuova esistenza che lo pone davanti a tutti i limiti emotivi e decisionali del proprio passato, vissuto distrattamente dando tutto per scontato, dai propri affetti agli accadimenti antropologici e sociali di una Milano in perenne evoluzione.


Tuttavia, la sua esperienza di uomo adulto ed emancipato, con ben due vite alle spalle, non lo esenterà dal commettere nuovi errori, forse ancora più ingombranti di quelli commessi la prima volta.


La narrazione è spiazzante e commovente.


Il finale, potente e inaspettato. 






Clicca sulla copertina per richiedere il libro













Fabio Messina ha 51 anni, vive ad Alessandria e si occupa di paghe e contributi presso un Ente Pubblico.
Ha scritto diversi romanzi e ne ha altri in corso di stesura; “E niù làif” è il primo pubblicato e sta ottenendo riscontri molto intensi da parte dei lettori.
Ama la fotografia, la pittura, la scrittura, la cinematografia e la musica.











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IL SOLCO NR 2 – Periodico di fotografia, poesia, racconti, grafica

 L’ArteCheMiPiace – Libri da leggere 

IL SOLCO NR 2
Periodico di fotografia, poesia, racconti, grafica




di Giuseppina Irene Groccia  |08|03|2023|







È uscito in questi giorni la nuova Edizione de IL SOLCO con prefazione di Giuseppe De Rosis.

Si tratta di un libro frutto di emozioni e saperi, dove autori diversi offrono al lettore voci, immagini ed esperienze che danno testimonianza e conferma di personalissime potenzialità creative.

L’insieme offre una affinità irriflessa di un rapido sentire; una poetica che intensifica il modo di cogliere il reale nella sua più autentica essenza.

Una raccolta in cui versi e immagini trovano il giusto connubio attraverso un poetico equilibrio tra due universi che si incontrano e che lasciano spazio ad una perfetta elegia dell’anima.









Prefazione a cura di Giuseppe De Rosis

È lì, nel solco (il titolo della pubblicazione è quanto mai emblematico e paradigmatico), che il seme viene gettato dalla mano veloce e sapiente dell’ uomo (veloce quanto il lampo nella notte per l’ artista), in attesa che fruttifichi, un seme lanciato alle generazioni successive, affinché altri, in una perenne traditio lampadis, raccolgano il testimone e poi lo consegnino , come una fiaccola olimpica.
Se la nostra società è come una casa corrosa, che può cadere al tocco di una rondine, imbavagliata da benpensanti e depensanti, una società che non ha cura, che incentiva vanità e superficialità, allora pubblicazioni come questa sono fondamentali nella battaglia contro l’ oblio, contro la disattenzione per salvare la civiltà, l’ humanitas. Gli artisti delle nostre pagine, attraverso dipinti, versi, foto, prose, sono convinti che non ci si deve asserragliare nel nostro castrum, in attesa dell’ assalto di fantomatici Tartari, consapevoli, altresì, che i semi-oggi gettati ne Il Solco-possono rimanere in incubazione per anni, ma non sine die, perché, poi, esploderanno e finiranno ovunque, in quanto il mondo intero è la patria dell’ arte.
Contro quanti continuano a considerare l’ arte esercitazione arcadica, sterile vizio, rifugio per anziani colti, se non protesi geriatrica,gli autori, nelle acque fonde della contemporaneità, ove dominano becero relativismo,alheimer culturale, bullismo lessicale, indicano la via per uscire dall’ inferno, sottolineano la speranza nel ritorno del miracolo. Ma perché gli artisti in un tempo di povertà, di crisi di valori? Perché i nostri sanno che l’ arte può far urlare tanti silenzi, che l’arte non si rassegna al disamore e alla disumanità, che l’arte può vincere l’amnesia, il buco grigio del tempo, che l’arte coltiva parole immortali e impedisce che ci arrendiamo alla crudeltà del mondo. Esperienze, memorie, riflessioni,visioni, sensazioni si incontrano e si scontrano, si coniugano, si declinano e si intersecano tra sillabe e immagini: è la vita al centro degli interessi degli autori, sia che richiamino il primo amore,sia la voce del vento, sia una sofferenza, sia un dramma,sia una storia antica, sia un’ ombra. L’ubi consistam del libro è l’ animo di chi scrive, dipinge o fotografa nel fascino atemporale e intemporale dell’arte. Ed è polifonia. E come non dare ragione al capostipite degli imperdonabili? “Diverse voci fanno dolci note “.
Il mio invito, allora, è quello di proseguire: contro gli scoraggiatosi militanti,contro i luminari dell’ accidia, contro i profanatori della Bellezza, contro gli idolatri dei muri. Create Bellezza e dite alle persone:”Guardatevi dentro, curate ciò che dura”. Continuate: divulgare non è un’ avventura, ma un dovere; non si svilisce la cultura con la leggerezza.
Continuate ad evitare la vanità e la prosopopea di chi ritiene di aver messo piede sul Parnaso, le fibrillazioni, i deliri protagonistici, la prostituzione intellettuale , tutto in nome di una consapevole umiltà.
“Ad altiora”







Autori di questa Raccolta:


Graziella Barbieri – Margherita Biondi Belgrado – Angela Campana – Rosalinda Caruso – Giovanna Curia – Anila Dahriu – Nilo Domanico – Aldo Fusaro – Giuseppina Irene Groccia – Arjan Kallço – Ornella Mamone Capria – Giusy Nisticò – Ida Proto – Marinella Pucci – Norella Pujia – Ciccio Ratti – Pierluigi Rizzo – Elisabetta Salatino – Onofrio Sommario – Marcella Pecorari – Mario Pino Toscano – Luciano Giuseppe Zampino – Fabrizio Zicarelli








CLICCA SULLA COPERTINA PER SFOGLIARE 
IL LIBRO ONLINE 

Finito di stampare Marzo 2023 presso Tipografia Gambero – Corigliano Rossano (CS)



Per richiedere copie del libro contattare direttamente gli Autori




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