close

Gennaio 2025

Senza categoria

Partecipa alla Open Call del MuPa e porta la tua arte in una prestigiosa struttura museale in Puglia

 L’ArteCheMiPiace – Segnalazione Eventi 




ESPOSIZIONE COLLETTIVA D’ARTE
22 MARZO – 20 APRILE 2025




Il MuPa invita artisti di ogni disciplina e provenienza a partecipare alla open call per la selezione delle opere che comporranno una mostra collettiva, curata da Piero Giannuzzi, Direttore del MuPa, e Mirella Bitetti, artista.

La collettiva si configura come un luogo di incontro e dialogo, uno spazio di interazione in cui le diverse espressioni artistiche si intrecciano, generando una narrazione plurale. La varietà di linguaggi e prospettive viene valorizzata come elemento di arricchimento e coesione, trasformando la molteplicità in un unico tessuto espositivo, dinamico e armonico.

L’invito è aperto a tutti gli artisti, indipendentemente da provenienza, esperienza o età. Saranno selezionati otto partecipanti attraverso un processo di valutazione delle proposte pervenute. 


Le candidature dovranno essere inoltrate entro il 28 febbraio 2025, inviando il proprio progetto espositivo all’indirizzo e-mail: info@mupapuglia.it


Criteri di partecipazione:

  • Ogni artista potrà presentare fino a sette opere, la cui selezione terrà conto anche delle dimensioni e delle caratteristiche specifiche delle proposte.

  • La mostra non prevede un tema vincolante, accogliendo liberamente ogni forma di ricerca e sperimentazione artistica.

  • In caso di selezione, è prevista una quota di partecipazione di €350, destinata alla copertura delle spese organizzative e di noleggio degli spazi espositivi.

  • Gli artisti selezionati potranno indicare un prezzo di vendita per le opere esposte, che sarà diffuso durante la promozione della mostra. Il MuPa tratterrà una commissione del 20% sul prezzo finale in caso di vendita.

  • Le opere rimarranno di proprietà degli artisti, ma il MuPa si riserva il diritto di utilizzarle a fini promozionali e divulgativi.

I risultati della selezione saranno comunicati ai candidati entro il 5 marzo 2025, tramite e-mail o contatto telefonico.

Per maggiori informazioni e per l’invio delle candidature, si prega di utilizzare l’indirizzo e-mail indicato sopra.




























©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 





Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla nostra Newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.


In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Segui i nostri canali Social


 



Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 

L’autrice declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

I testi critici scritti dall’autrice e inseriti nel blog non possono essere utilizzati o riprodotti online o altrove senza una richiesta e un consenso preventivo. La riproduzione di articoli e materiale presente nel blog dovrà essere sempre accompagnata dalla menzione dell’autore e della fonte di provenienza.


Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 


L’autrice del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.



Leggi Ancora
Senza categoria

L’Infinito nel Piccolo… Dove Ogni Dettaglio Racconta una Storia Senza Tempo Le Miniature di Vanni Vano

  L’ArteCheMiPiace – Interviste















L’Infinito nel Piccolo… 

Dove Ogni Dettaglio Racconta una Storia Senza Tempo

Le Miniature di Vanni Vano

di Giuseppina Irene Groccia |28|Gennaio|2025|

Giovanni Vano rappresenta un esempio significativo di come
la creatività possa essere il filo conduttore di una vita, capace di
attraversare contesti e discipline con coerenza e dedizione. Nato a Napoli, nel
cuore storico di San Domenico Maggiore, l’artista incarna l’essenza della
cultura partenopea: una miscela di tradizione artigianale, ingegno pratico e
uno sguardo rivolto all’innovazione.

 

Sin da giovane, Giovanni detto Vanni ha manifestato una
spiccata predisposizione per l’arte manuale e la progettazione creativa. Un
episodio emblematico è il riconoscimento ottenuto a soli 12 anni per un’opera
in legno riciclato, che già rivelava la capacità di combinare estetica e
funzionalità, anticipando una sensibilità artistica legata ai dettagli e alla
sostenibilità dei materiali. Questo talento non era isolato ma parte di una più
ampia tradizione familiare, ereditata da un padre abile artigiano e da un
ambiente culturale fertile, dove l’arte e l’ingegno sono valori profondamente
radicati.

 

La carriera artistica di Vanni Vano è caratterizzata da
molteplici esperienze che hanno contribuito a definire il suo linguaggio
espressivo. L’aeromodellismo statico e dinamico, seguito successivamente dal
modellismo navale, ha rappresentato non solo un’attività tecnica ma un vero e
proprio esercizio creativo, dove precisione e visione si fondono.
Parallelamente, il teatro, iniziato nel 1975, ha aggiunto una dimensione
performativa alla sua arte, evidenziando una poliedricità che si riflette nella
sua capacità di muoversi tra arti visive e sceniche.

 

Nonostante una carriera manageriale di successo, culminata
nel ruolo di responsabile presso Michelin, l’artista non ha mai abbandonato la
sua vocazione artistica, ritornando negli ultimi anni a una forma d’arte
estremamente particolare: le miniature, conosciute anche come
dollhouse“. In questo ambito, l’artista si distingue per una ricerca
che evita deliberatamente l’associazione con l’arte presepiale, considerata
troppo inflazionata, per esplorare invece un universo narrativo autonomo e
originale.

 

Ciò che rende unica l’arte di Giovanni Vano è l’attenzione
maniacale al dettaglio e la capacità di suscitare emozioni concrete attraverso
le sue opere in miniatura. Ogni opera si presenta come una soglia verso un
universo intimo e meticoloso, un microcosmo intriso di raffinatezza e cura dove
la meraviglia si manifesta nei dettagli più minuti, quasi sfidando i limiti del
possibile. L’arte di Giovanni Vano si traduce in un’esperienza immersiva,
capace di sollecitare i sensi e lo stupore, un omaggio eloquente alla dedizione
e alla passione che pervadono ogni gesto del suo processo creativo.

 

L’incontro con Giovanni Vano offre l’opportunità di
addentrarsi nell’universo di un artista poliedrico, esplorando le sfumature più
affascinanti della sua produzione. 

In questa intervista, l’artista ci guida attraverso i momenti più significativi della sua carriera, condividendo le sue ispirazioni, le difficoltà incontrate e, in particolare, una riflessione profonda sul ruolo dell’arte come strumento per trasmettere emozioni, sorprendere e connettersi con il pubblico attraverso la meraviglia e la bellezza.











Puoi raccontarci come hai iniziato il tuo percorso artistico? C’è
stato un momento o un evento particolare che ti ha spinto verso l’arte?


Potrei dire che ho sempre avuto una vena artistica che ha
caratterizzato la mia vita, fin dalla tenera età di dieci anni. Creavo
bigliettini augurali a Pasqua e Natale, con polverine luccicanti, ovatta, e
pennarelli colorati, per poi 
“venderli” in Famiglia a 50 lire cadauno, non so se li
apprezzavano o se li acquistavano per accontentarmi…..!

Relativamente all’evento particolare che mi ha spinto verso mondo
delle miniature, credo che galeotto sia stato il COVID e il LOCKDOWN.

Nel 2020 ero da poco entrato nel mondo dei pensionati, ed avendo
lasciato un’attività che mi vedeva sempre impegnato freneticamente, non riuscivo
a star fermo oziando. Acquistai una piccola scatola di montaggio in miniatura
da assemblare e da lì…. si è aperto un mondo. Avendo poi sempre avuto, estro,
fantasia e manualità il percorso è stato tutto in discesa


 

Qual è il tema o il messaggio principale che cerchi di comunicare
attraverso le tue opere?


Faccio fatica a chiamarle “opere“ e mi sento lusingato quando
vengono definite tali. Dietro questi piccoli oggetti c’è passione, impegno,
voglia di piacere e far piacere, desiderio di estorcere un sorriso, per
portarci a dimenticare per un attimo tutte le difficoltà quotidiane che
viviamo. Ecco io mi sento appagato quando un adulto nel guardare una mia
miniatura, mi elargisce un sorriso a trentadue denti, ritornando bambino per un
nanosecondo!

E’ Meraviglioso


 


Il tuo lavoro dimostra come il modellismo possa essere elevato a
una vera e propria forma d’arte. Qual è il messaggio o l’emozione che speri di
trasmettere con le tue creazioni a chi le ammira o le possiede?


Effettivamente dopo aver fatto i primi assemblaggi di scatole
preconfezionate, sentivo la necessità di creare qualcosa di mio, di raro, unico
nel suo genere e soprattutto irreplicabile. Da qui il desiderio di creare opere
che fossero dense di calore, passione, di ricercatezza nei particolari, con
colori caldi e non banali. Cercando di far nascere il  piacere di possederle.

 

 

 

La tua filosofia del modellismo è fortemente legata alla creatività
e alla reinterpretazione dei progetti originali. Come nasce l’ispirazione per
le modifiche che apporti? Parti da un’idea specifica, da un’immagine mentale, o
lasci che il processo creativo si evolva spontaneamente mentre lavori?


Vi sembrerà strano, ma credetemi, ogni piccolo oggetto che vedo è
fonte di ispirazione e di progettualità. Il mio laboratorio potrebbe essere
definito una piccola discarica di un accumulatore seriale. C’è di tutto, dai
cartoncini ondulati dei biscotti, utili per fare mini tegole, a tappi di
medicinali che possono diventare piccoli secchi di acqua. Da tubicini rossi del
Baigon, che tagliati ed arrotolati di cotone, possono diventare piccolissime
spagnolette di cotone, a piccoli monili di collane che si trasformano in mini
vasi da fiori, per non citare stoffe, tulle, fiori finti delle bomboniere,
astucci di enterogermina e…. beh venite a trovarmi e capirete!

Non ho sempre un’ idea chiara e precisa di come realizzare una mia
opera. Non c’è un progetto come per la costruzione di una casa, tutto è un work
in progress, ci sono opere che sono state ferme per mesi perché non si
concretizzava l’idea o l’emozione che doveva arrivare.

A volte ho comprato oggetti per strada che a prima vista già mi
rapivano, ed intravedevo l’opera che ne sarebbe dovuta nascere.

“Miniatura ad Orologeria” l’ultima nata è  proprio stata creta così, un orologio rotto,
in disuso venduto da un clochard, che si trasforma in oggetto che ha fatto
sbalordire Myrta Merlino ed i critici d’arte Marco Rebuzzi e Mariangela
Bognolo. 




 

Lavorare su pezzi unici e rari richiede una grande dose di
sperimentazione e attenzione ai dettagli. Quali sono le difficoltà più
significative che incontri nel trasformare un semplice kit in un’opera d’arte
originale? Hai una tecnica o un approccio preferito per superarle?


Fortunatamente quando elaboro e creo le mie miniature, sono solo e
non mi ascolta nessuno! Già perché a volte s’impreca, ci si innervosisce, e si
dicono cose indicibili, soprattutto quando stai per incollare con le pinzette
un oggetto piccolo come la testa di uno spillo, e ti scappa uno starnuto o un
colpo di tosse…. provate ad immaginare cosa accade! Oppure quando cominci a
chiederti perché il Signore ci ha creato solo con due mani, quando in certe
situazioni servirebbe la terza…. eppure la quarta. Oppure quando, come mi è
accaduto, per non perdere tempo, apri con la bocca il tubetto di colla ATTAK
che malauguratamente si rompe attaccando labbra, denti e dita…… beh… lì mi sono
davvero superato e spaventato.

 

Come si superano queste difficoltà? Semplice! La prima volta non
ci riesci, la seconda ci riprovi  la
terza…. non devi provarci. Si lascia tutto, si prende un caffè, si abbandona e
lo riaffronti il giorno dopo…. et plus facile!

 


Nel tuo percorso artistico, riesci a combinare due mondi
affascinanti: il modellismo e il teatro amatoriale. Come riesci a conciliare
queste due passioni? C’è un filo conduttore che lega questi due ambiti nella
tua arte?


“Prendi una donna….” Citava una vecchia canzone di Marco Ferradini, non trattarla male “, sposala e spera
sopporti i tuoi hobbies e le tue passioni condividendone le tue assenze. Questo
è uno dei primi segreti per far combinare questi due mondi che hanno in comune lo
stesso demoltiplicatore: l’assenza da casa !

Credo che il filo… anzi i due fili conduttori, che legano questi
due ambiti siano per me: TIMIDEZZA e CONSENSO e forse anche con un pizzico di
sano egocentrismo.

Questa è una splendida domanda alla quale non avrei voluto
rispondere per non espormi, ma giunto quasi alla soglia dei settanta anni, ho preso
coraggio e perso un po’ di sano pudore. Ho cominciato a recitare a 17 anni
perché timido, goffo, impacciato e con il dubbio di non essere accettato dal
mondo. Non ero biondo, né alto né con gli occhi azzurri, né superdotato e
tantomeno lo sono  adesso….ANZI!

Per cui come sempre capita ai timidi, ci si mette in gioco e ci si
espone, cercando di farsi valere per altre doti o qualità. Ed eccomi calpestare
le tavole del palcoscenico, recitare con ansia, ingoiare saliva, arrossire,
gestire le emozioni e con lo stesso spirito sfidare il mondo del lavoro
cercando a tutti i costi di farsi apprezzare diventando un manager, coach,
motivatore e gestore di uomini da portare in carriera. Un vero life motive
della mia vita!

Poi alla soglia dei cinquant’anni di Teatro Amatoriale, non
potendomi più esprimere nel lavoro, ecco avanzare l’Arte, sempre con la
speranza e l’egocentrismo di essere accettato, di avere visibilità, di
strappare complimenti e consensi, ma soprattutto per lasciare su questa terra
una traccia della mia presenza. Mi reputo una persona fortunata.









 

Come descriveresti il tuo stile artistico e come si è evoluto nel
corso del tempo?


Non credo di avere uno stile artistico, ho solo una gran voglia di
creare opere particolari e diverse dalle altre. Sono Napoletano e spesso mi
chiedono se faccio presepi, li ho fatti più di trenta anni fa, ma sono troppo
inflazionati e facilmente replicabili, soprattutto dagli Asiatici o dagli
stampi di gesso… ecco io amo fare cose rare, pensate, e difficilmente
replicabili. Ho ancora molti margini di evoluzioni in campo artistico, più
frequento artisti più mi rendo conto di essere all’asilo!


 

Quali sono le principali fonti di ispirazione per il tuo lavoro?
Ci sono artisti, movimenti o esperienze personali che hanno influenzato
particolarmente la tua visione?


Sono un grosso osservatore, la mia ex Azienda mi ha insegnato ad
osservare, e non guardare, a soffermarsi sui particolari cercando sempre di
approfondire ogni cosa a 360 °. Poi ho questo gran dono di elaborare con
fantasia, e grazie a Papà che mi ha insegnato tante cose, ho acquisito
manualità ed ingegno nel creare a riparare oggetti. 

 




Qual è il processo creativo che segui per realizzare le tue opere?
Ci sono tecniche o rituali a cui sei particolarmente affezionato?


Ho già espresso sopra alcuni criteri che mi aiutano a realizzare
le mie opere, posso confidarVi  un
rituale però, beh ogni qualvolta che ne finisco una, devo assolutamente
riordinare il banco di lavoro, pulirlo, disinfettarlo, lavarlo sistemare tutti
gli attrezzi, riporre tutto in ordine e solo dopo riaprire un altro cantiere.
Una sorte di rituale propiziatorio, quasi un reset con quello che c’era prima,
chissà forse per non essere influenzato dall’opera precedente.

 


Quali materiali preferisci utilizzare per le tue creazioni, e cosa
ti guida nella scelta di un materiale rispetto a un altro?

 

Come scritto prima, per me tutto è fonte di creazione. Ma c’è una
cosa che non può e non deve mai mancare: il
legno
!

Questo materiale è fonte di ispirazione, calore, passione,
sensazione eccitazione. Il suo profumo mi inebria toccarlo mi fa sentire bene
ed appagato, ma soprattutto mi ispira. Pensate che alla mia opera:

 “ LAVANDERIA in BOTTIGLIA
“, piaciuta al  Dottor Sandro
Serradifalco
ed al regista giornalista attore, Edoardo Sylos Labini, essendo
stata tutta realizzata con materiali riciclati ed in plastica, gli ho creata
una base di legno in mogano per farne esaltare la fredda plastica.

 



 

Come concepisci il rapporto tra lo spazio e le tue opere? Pensi
che l’ambiente circostante influenzi la percezione delle tue preziose
miniature?

 

Assolutamente si, ne sono pienamente convinto. Nel 2024 ho
cominciato a farmi vedere e notare dal pubblico, ho partecipato ed esposto le
mie opere  a Milano in Miniaturitalia,
molti consensi ed apprezzamenti ma non era il pubblico giusto, molti curiosi e
addetti ai lavori, ma poco ricettivi.

Una pessima esperienza a Lucca in una fiera del Vintage e della
creatività, dove credevo ci fosse un pubblico più ricercato, invece ho scoperto
essere un mega mercatino dell’usato. Poi vittima di una mega disorganizzazione
e raggiro economico a Monterosi in provincia di Viterbo, dove siamo attualmente
in causa, e poi finalmente tre location ed opportunità valide.


·       
Ferrara con la 2° Biennale della Creativià, selezionato
dai  Dottori Rino Lucia e Sandro
Serradifalco nella quale i critici d’arte Prof. Sgarbi, Emanuele Beluffi, Sylos
Labini e  Marco Rebuzzi, mi hanno
apprezzato e invitato ad esporre online una mia opera al:

·       
Teatro Manzoni di Milano per il
PREMIO INTERNAZIONALE D’ARTE Giuseppe
Mazzini
;

·       
Salerno nel suggestivo Tempio
di Pomona la Dott.ssa Maria Di Stasio mi seleziona per farmi esporre le opere
nella 1° edizione del PREMIO
INTERNAZIONALE D’ARTE
Athenae Artis “ VISIONI “ nella quale vengo premiato dalla critica d’arte Dott.ssa
Mariangela Bognolo con una SEGNALAZIONE 
SPECIALE.


 

Come vivi il rapporto tra l’arte e il pubblico? In che modo il
feedback o le reazioni delle persone influenzano il tuo lavoro?

 

Ho già chiarito che “vivo” di consensi, gratificazioni e
complimenti. Ma mi sono dato un tempo per comprendere, se aldilà dei puri
complimenti, ci sia qualcuno disposto a spendere degli euro pur di possedere
una mia creazione, diversamente se tutto ciò che ho realizzato dovesse
risultare soltanto una bella vetrina da guardare, quando sarà terminato il
tempo che mi sono posto, genererò una mega asta di beneficenza e mi dedicherò a
gonfiare palloncini nei giardinetti pubblici.

 

C’è un’opera, tra quelle che hai realizzato, che consideri
particolarmente significativa per te? Puoi raccontarci la sua storia?

 

Assolutamente SI !   “Sartoria MINASI ” è quella particolarmente significativa. Minasi
è il cognome di mio Nonno Armando, il quale era sarto, e lo era anche mia
Madre. La sartoria è sorta realizzando il banco da lavoro dove mio Nonno per
distrazione lo bruciò col ferro da stiro. Tutto è cominciato da quel piccolo
frammento di ricordo che avevo nel mio hard disk, e da lì per otto mesi ho
rielaborato con fantasia ed ingegno questa mini opera, e come tocco finale ci
ho affisso la foto del Nonnino. I particolari devono essere osservati e
spiegati per comprendere l’immenso amore che c’è in questo concentrato di
miniatura.

 

Come vedi il ruolo dell’arte nella società contemporanea? Pensi
che il tuo lavoro contribuisca in qualche modo a questo ruolo?

 

Anche questa è una bella domanda ! Se penso alla banana al muro
con lo scotch di Maurizio Cattelan, o al Pulcinella di Gaetano Pesce, mi viene
da pensare che ho buone speranze di collocare qualche mia opera….

Ma credo invece da buon boomer che quando una cosa è bella ed è
fatta bene, oggettivamente non si può negarlo.

Ma è anche vero che non è bello ciò che è bello, ma soprattutto
ciò che piace!

Per questo mia moglie mi ha sposato…..

Scherzi a parte,  non sono
così presuntuoso e narcisista da potermi considerare un artista al punto di
poter impattare in un contesto di arte contemporanea.


 


Quali sono le maggiori difficoltà che hai affrontato come artista
e come le hai superate?


Sicuramente gli spazi ed i costi delle materie  per poterli creare. Ho un laboratorio che ha
dei costi vivi, con attrezzi, colle, vernici e tutto quanto possa servire per
creare. Indubbiamente un artista crea, produce ma deve avere anche un ritorno.
Diversamente si cambia hobby perché il laboratorio non può diventare anche
deposito.

 

 

 

Recentemente hai partecipato a Visioni, il premio d’arte internazionale organizzato dall’associazione
culturale Athenae Artis di Maria Di Stasio. Che esperienza è stata per te? C’è
qualcosa di particolare che hai apprezzato o che ha arricchito il tuo percorso
artistico?”


Assolutamente positiva e stimolante. Oltre ad aver avuto il
piacere di conoscere la Dottoressa Di Stasio con la sua totale disponibilità e
abnegazione nei confronti di noi artisti, ho conosciuto ed apprezzato i lavori
di altri colleghi, e con alcuni di loro sono sorte gradevolissime amicizie e
scambi d’informazione.

Ciò che in particolare ha arricchito il mio percorso e
l’attenzione al singolo partecipante, la cura e la voglia di metterlo al
“centro del villaggio”, dargli visibilità a 360° parlando di Lui e delle sue
opere. Questa intervista ne è la prova di cotanta passione e professionalità.



 

Le tue tre bellissime opere di modellismo creativo presentate
Visioni sono state tra le protagoniste dell’evento, distinguendosi
al punto da farti ottenere una menzione speciale. Puoi raccontarci il processo
creativo che ti ha portato a realizzarle? C’è una storia, un significato o un
messaggio particolare che volevi trasmettere attraverso di esse?


Come ho anticipato e descritto, : MINIATURA ad OROLOGERIA,
SARTORIA MINASI
e LAVANDERIA in BOTTIGLIA, sono state le tre ultime nate.
Scaturite da tre stati d’animo diversi:


·       
l’orologio segna il tempo che
scorre inesorabile, ma se sposti lo sguardo (aprendo lo sportello) si apre un
mondo fatto di tuoi ricordi, di calore e d’intimità che ti accompagneranno
sempre e che nessuno potrà mai cancellare;

·       
la Sartoria Minasi è un ricordo
dell’infanzia ma da non abbandonare, anzi forse un monito ai giovani:
coltivare e apprezzare l’artigianalità e l’esclusività di capi, che nascono da
altri artisti della stoffa!

·       
La Lavanderia è l’amara realtà
del mondo di oggi, plastica, detersivi, ambienti freddi, privi di colore e
calore, dove ogni “macchia“  viene
lavata e sbiancata da acidi o lavatrici…. ma io vi ho voluto mettere delle
micro mollette in legno, piccolissime…. che non sono state sostituite ancora
dalla fredda plastica…. una speranza che si possa ancora credere in qualcosa….al
punto da mettere una BASE IN LEGNO per tenere BEN SALDA LA PLASTICA!

 

 

 

Quali progetti o obiettivi hai per il futuro? Ci sono nuovi ambiti
o tematiche che vorresti esplorare?


Si, a breve affronterò un’altra esperienza finalizzata a farmi
conoscere, due curatrici simpaticissime e brave galleriste,  hanno voluto che esponessi alcune mie opere
in una Galleria in Via Chiatamone : SPAZIO 57

E ad Aprile parteciperò a EVERLAND – PERCORSI DI RICERCA in Roma nella GALLERIA D’ARTE “IL LEONE“ sempre organizzato
dalla Dottoressa Maria Di Stasio, alla quale non finirò mai di ringraziare per
questa stupenda opportunità









Contatti


Email  giannivano@msn.com


Facebook Vanni Vano










Salve,

mi chiamo GioVanni Vano , sono 
nato a Napoli , il 9 Luglio di sessantasei anni fa, ed  esattamente a San Domenico Maggiore, nel
cuore della famosa spacca Napoli, per cui a chi mi domanda:  

“ ma sei di Napoli-Napoli ? ”     La
risposta è:  Assolutamente SI ! 


A 12 anni fui premiato in Applicazione
Tecnica alle scuole medie con un 10 , per aver creato un porta  riviste in legno con materiali riciclati e,
così, da allora, cominciai a capire di avere una certa predisposizione per la
creatività, l’ingegno e la manualità, doti nel 
nostro DNA ( anche mio fratello è
un artista! )
a mio avviso ereditate da mio Padre, che aveva il dono di
saper riparare tutto ed  il culto degli
attrezzi da lavoro.

Col tempo sviluppai  la passione per l’aeromodellismo statico e
dinamico per poi approcciarmi a quello navale. Nel 1975 nacque un’altra
passione artistica:  il teatro, che
ancora oggi a distanza di 50 anni pratico a livello amatoriale, pur avendo
partecipato a fiction televisive. Diplomato in costruzioni aeronautiche,
abbandonai la facoltà di ingegneria aeronautica per vicissitudini familiari, e,
successivamente, riuscii nel 1995, a diventare manager in quella che fu
l’Azienda che mi fece   crescere
professionalmente:  Michelin.

Da circa tre anni, mi sono
riavvicinato al modellismo….anzi alle miniature, definite dollhouse,
e   ho cominciato a creare “delle piccole
opere”, stando ben attento a non entrare nel vortice dell’arte presepiale
che contraddistingue la maggior parte di noi Napoletani , a parer mio,  troppo inflazionato. La mia più grande
gratificazione è appropriarmi di quei sorrisi 
a bocca aperta o di quegli sguardi che fanno le persone nell’osservare i
miei piccolissimi dettagli , che mi ripagano di tutto il tempo impiegato  e della pazienza che mi è occorsa.


 

































©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 







Il Blog L’ArteCheMiPiace da l’opportunità ad artisti emergenti ed affermati di usufruire di una vetrina in cui proporre il proprio talento, operando per la promozione e la valorizzazione degli stessi.


Ogni progetto promozionale diffuso sulle pagine di L’ArteCheMiPiace, compreso l’intervista, è soggetto a selezione e comprende approfondimento dei materiali forniti con consulenza, ricerca, redazione e diffusione.



Invia la tua candidatura alla seguente email: gigroart23@gmail.com


Oppure contattaci attraverso questo Form


1. Nome

2. Email

3. Testo


   

Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER



        

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 
L’autrice declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

I testi critici scritti dall’autrice e inseriti nel blog non possono essere utilizzati o riprodotti online o altrove senza una richiesta e un consenso preventivo. La riproduzione di articoli e materiale presente nel blog dovrà essere sempre accompagnata dalla menzione dell’autore e della fonte di provenienza.


Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 


L’autrice del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.







Leggi Ancora
Senza categoria

Oltre il realismo di Mattia Carella – L’Arte di Trasformare Dettagli in Emozioni

 L’ArteCheMiPiace – Interviste












Oltre il realismo di Mattia Carella

L’Arte di Trasformare Dettagli in Emozioni




di Giuseppina Irene Groccia |27|Gennaio|2025|



Il viaggio artistico di questo giovane iperrealista si presenta a noi come una narrazione intima e universale insieme, in cui la passione per il disegno emerge come un filo conduttore sin dalla prima infanzia. Il suo approccio riflette un’intensa dedizione al dettaglio, frutto di una pratica autodidatta che si è evoluta attraverso l’osservazione, la pazienza e l’analisi critica dei propri limiti. La sua citazione preferita di Picasso (“Tutti i bambini sono artisti nati…”) diventa qui un emblema del suo percorso: un impegno costante a preservare quella spontaneità creativa trasformandola in un linguaggio espressivo maturo e consapevole.

I suoi ritratti, realizzati con tecniche meticolose e strumenti essenziali come il carboncino e le gomme, sono la giusta esaltazione di chiaroscuro e profondità. Eppure, la vera forza di Mattia Carella non risiede solo nella padronanza tecnica, ma nella capacità di trasmettere stati d’animo e sensazioni universali. Ogni sua opera invita lo spettatore a “viaggiare” oltre la superficie, esplorando temi complessi come il senso di prigionia o il bisogno di attinenza emotiva, come ben rappresentato dall’opera “In trappola”.

Pur inserendosi in una corrente spesso sottovalutata come l’iperrealismo, questo artista cerca di rinnovarne l’impatto combinandolo con elementi surreali e significati simbolici. La sua visione dell’arte contemporanea, che riconosce il valore insito di qualsiasi forma espressiva, si distingue per una consapevolezza critica del panorama odierno: un’epoca in cui il colore e la tecnologia tendono a sovrastare la semplicità della matita.

Il suo percorso, arricchito da riconoscimenti prestigiosi come la Menzione Speciale nell’ ambito del Premio “Visioni”, testimonia il valore della perseveranza e della capacità di mettersi in gioco. Nonostante le difficoltà incontrate, come il confronto con artisti più affermati, egli ha saputo trasformare questo paragone in stimolo per migliorarsi, ponendosi obiettivi ambiziosi per il futuro, tra cui la fusione tra iperrealismo e surrealismo.

In un’epoca dominata dalla velocità, l’arte di questo giovane talento si distingue per la pazienza e la precisione, trasformando la riproduzione iperrealista in un’esperienza emotiva e contemplativa. Le sue opere non si limitano a imitare la realtà, ma la elevano a una dimensione più profonda, dove tecnica e umanità si fondono, restituendo all’arte il potere ineguagliabile di evocare meraviglia e introspezione.


Puoi raccontarci come hai iniziato il tuo percorso artistico? C’è stato un momento o un evento particolare che ti ha spinto verso l’arte?


Leggendo questa domanda mi viene in mente una citazione di Pablo Picasso , “tutti i bambini sono degli artisti nati, il difficile sta continuare a esserlo da grandi”… con questo ovviamente non mi sto autocelebrando tantomeno paragonando a Picasso, semplicemente i miei primi ricordi di vita mi vedono con una matita in mano e col passare degli anni mi è sembrato sempre più logico e scontato che l’arte dovesse far parte della mia vita. Come tutti ho iniziato scarabocchiando su qualsiasi foglio mi ritrovassi davanti, per poi passare a copiare perfettamente (o almeno ci provavo) ciò che vedevo nei cartoni animati (Simpson e Dragon Ball specialmente) o in qualsiasi album illustrato. Verso i 15 anni tutto ciò iniziava a starmi stretto, mi cimentai quindi a ritrarre volti usando YouTube come unica scuola. La semplice pratica da autodidatta mi ha permesso di arrivare a questo livello. Solo 2 anni fa mi imposi di mettermi in gioco e mostrare i miei lavori sui social e da lì ho avuto diverse soddisfazioni, tra cui richieste di commissioni, partecipazioni e premi tramite call per artisti, ultima ma solo per tempistiche ,proprio quella ricevuta dal premio Internazionale “Visioni”.



Qual è il tema o il messaggio principale che cerchi di comunicare attraverso le tue opere?


Cerco sempre di inserire una componente umana come i sentimenti e gli stati d’animo all’interno del significato delle mie opere, il mio intento è quasi sempre quello di voler emozionare o portare lo spettatore di turno a “viaggiare” con la mente.






Come descriveresti il tuo stile artistico e come si è evoluto nel corso del tempo?


Sin da piccolo ho sempre cercato di “copiare” ciò che vedevo. rendere ciò che disegnavo su carta doveva essere uguale a quello che vedevo. Iniziai spontaneamente dai cartoni all’età di 5 o 6 anni, crescendo è stato un processo quasi automatico per me passare dalle illustrazioni alle persone. Finiti gli studi iniziai il mio percorso nel mondo del tatuaggio, per questo ho voluto (e dovuto) espandere i miei orizzonti artistici, ciò mi portò a conoscenza del surrealismo e dell’arte rinascimentale.




Il tuo lavoro con la matita dimostra una padronanza straordinaria del dettaglio. Come riesci a creare profondità e realismo utilizzando un mezzo così essenziale?


Lo strumento principale è senza dubbio la pazienza. Ciò che si vede infatti in superficie è figlia di un processo molto lungo, a tratti divertente e soddisfacente ma altrettanto faticoso e frustrante. Tralasciando infatti lo scheletro del disegno e i suoi tecnicismi, il ritratto vero e proprio inizia da una stesura quasi abbozzata di polvere di carboncino chiaro o scuro a seconda delle ombre, per poi andare più nel dettaglio tramite pennelli sempre più sottili. Questo serve a delineare e rendere chiara la profondità del soggetto. Una volta concluse queste prime fasi, si passa alle matite di grafite e/o a carboncino per i dettagli più sottili che necessitano di linee sottili, che si tratti dei pori della pelle, della montatura degli occhiali, delle narici, della pupilla, delle rughe etc… Da non sottovalutare poi il ruolo delle gomme che non servono solo per cancellare ma anch’esse per disegnare i punti luce. Finito ciò non resta che osservare e aggiungere (tramite matite dure 5H,2H, massimo H) piccoli minuziosi dettagli, ovvero quelli che differenziano il realismo dall’iperrealismo.





La matita è un mezzo che richiede pazienza e controllo assoluto. Ci sono tecniche o strumenti particolari che consideri essenziali per il tuo processo?


Sono diversi gli strumenti che trovo non solo essenziali ma anche più divertenti da usare. uno su tutti la matita gommata, con essa riesco a dare profondità e aggiungere dettagli che con la matita o con altri strumenti non riuscirei a creare. L’altro strumento, che è quello che ha cambiato totalmente e improvvisamente il mio modo di lavorare è la polvere di carboncino. Tutti i miei disegni infatti nascono da una base di carboncino, per poi arricchirli con matite, pennelli, gomme etc


Quali sono le principali fonti di ispirazione per il tuo lavoro? Ci sono artisti, movimenti o esperienze personali che hanno influenzato particolarmente la tua visione?


Ho avuto e tutt’oggi ho degli artisti di riferimento, penso ad esempio a Matteo Zoccheddu, Diego Koi, Zachary Wyland e Dylan Eakin su tutti, per rimanere nell’ iperrealismo. Sono sempre stato affascinato dalla capacità di inserire più dettagli possibili che rendessero un ritratto “perfetto” e credo sia questo che mi ha portato inconsciamente e naturalmente a cercare di emulare i loro lavori e a fare ciò che faccio oggi.







Qual è il processo creativo che segui per realizzare le tue opere? Ci sono tecniche o rituali a cui sei particolarmente affezionato?


Uno dei motivi per i quali una mia opera può durare settimane o addirittura mesi per essere conclusa e potersi ritenere tale, è legato al fatto che ho bisogno di diverse piccole cose che mi permettano di lavorare con calma. Non li riterrei “rituali” ma condizioni… matite affilate, sufficiente quantità di polvere di carboncino preparata, solitudine e cuffie cariche per sentire la musica. Se ho tutto ciò posso ritenermi pronto per disegnare


Preferisci lavorare in solitudine o trovi ispirazione anche da contesti collettivi, come workshop o eventi d’arte?


Sono molto più incline a lavorare in solitudine con i miei tempi e abitudini ma apprezzo molto e ritengo essenziale anche lo scambio di opinioni e di visioni artistiche tra artisti, i corsi e i vari workshop sono occasioni e esperienze che non vanno ignorate se si vuole espandere la propria mente e crescere tecnicamente.





Come vivi il rapporto tra l’arte e il pubblico? In che modo il feedback o le reazioni delle persone influenzano il tuo lavoro?


Sono il peggior critico di me stesso e di conseguenza tendo a ricercare ossessivamente i difetti nei miei lavori appena conclusi, proprio per essere a mio agio con l’idea di mostrarli a più persone. Riesco però a essere obiettivo e riconoscere la qualità dei miei lavori. In linea generale quindi mi condiziona molto, ma dipende molto da quanto mi piaccia e vada fiero del lavoro in questione. Un eventuale parere negativo o semplicemente vedere una persona passare oltre e “ignorare” la mia opera in un contesto come quello dei vernissage mi può in qualche modo ferire, ma non condiziona per niente i miei lavori perchè ho imparato ad accettare questo lato della medaglia… E’ inevitabile ricevere pareri sia positivi che negativi se ti prendi la responsabilità di esporti e farti notare tramite i tuoi lavori.


C’è un’opera, tra quelle che hai realizzato, che consideri particolarmente significativa per te? Puoi raccontarci la sua storia?


Sarò banale ma un’opera a cui sono affezionato è proprio quella portata a “Visioni”, intitolata “in trappola”. Di solito cerco di non legarmi e affezionarmi troppo alle mie opere, cerco infatti di concentrarmi sugli errori o piccole imperfezioni, usandolo per trarne solo una lezione per il prossimo disegno e il prossimo ancora e così via… Il motivo principale per il quale sono legato a questa opera è che mi approcciai a lei senza aspettative, dando per scontato che oltre a un semplice post su instagram e vari complimenti da parte delle persone che mi stanno vicine, non avrebbe avuto particolare rilevanza. Mi si presentò però un’opportunità con partecipare ad una call e pensai “perché no?”… mai scelta fu più azzeccata. vinsi un premio e ciò mi incoraggiò a propormi con la stessa al premio internazionale “Visioni”. Si può quindi dire che mi ricorda di credere in me e ciò che faccio, non dando niente per scontato per quanto riguarda il mio cammino artistico.





Come vedi il ruolo dell’arte nella società contemporanea? Pensi che il tuo lavoro contribuisca in qualche modo a questo ruolo?


Credo che oggi l’arte sia molto più presente di ciò che sembra, ciò che differenzia la società contemporanea da quella di secoli, o semplicemente decenni fà, è che ne siamo inconsapevoli, la diamo per scontata o semplicemente ne ignoriamo il vero significato (Qualsiasi forma di attività dell’uomo come riprova o esaltazione del suo talento inventivo e della sua capacità espressiva) considerando arte solo quella concepita dai vari Michelangelo, Van Gogh, Da Vinci etc. Basta guardarsi intorno per le strade, accedendo ai propri feed dei social popolati da persone che propongono quelli che oggi chiamiamo volgarmente “servizi”, o anche dall’avvento che sta avendo l’intelligenza artificiale e il suo impatto, a tratti pericoloso, su di noi, per capirlo. Per rispondere alla seconda domanda ci si può basare proprio su questo… ovvero l’eccessiva domanda che c’è oggi che rende ormai superfluo e inutile per la società il lavoro e l’arte dei singoli. Per questo motivo non faccio ciò che faccio per sperare di avere un impatto significativo nella società, ma semplicemente perché mi rende felice.


Quali sono le maggiori difficoltà che hai affrontato come artista e come le hai superate?


Il più grande ostacolo è stato quello di paragonare i miei lavori con quelli dei più grandi esponenti del mio stile. Specie in questi tempi è molto facile cadere nella tentazione di “odiare” i tuoi lavori perché inferiori obiettivamente a quelli di molti altri.

Paradossalmente questa difficoltà è stata anche la mia più grande spinta a crescere e spingermi sempre più avanti.





Recentemente hai partecipato a Visioni, il premio d’arte internazionale organizzato dall’associazione culturale Athenae Artis di Maria Di Stasio. Che esperienza è stata per te? C’è qualcosa di particolare che hai apprezzato o che ha arricchito il tuo percorso artistico?


Quella del premio d’arte internazionale “Visioni” organizzato dall’associazione culturale Athenae Artis di Maria Di Stasio è stata un’esperienza che mi ha lasciato, in primis il piacere di aver avuto l’occasione di esporre una mia opera in un contesto importante come il Tempio di Pomona di Salerno, ma inoltre la consapevolezza del valore del mio lavoro e dell’ impegno riservato a questo. Nonostante io non supporta pienamente il detto “l’importante non è vincere ma partecipare”, ero già pienamente entusiasta del semplice traguardo di essere stato scelto tra 60 artisti, il premio ricevuto e la possibilità di raccontare tutto ciò a “L’ArteCheMiPiace” è la classica ciliegina sulla torta che ha reso questa esperienza ancora più speciale.





La tua opera presentata a Visioni è stata una delle protagoniste dell’evento. Puoi raccontarci il processo creativo che ti ha portato a realizzarla? C’è una storia, un significato o un messaggio particolare che volevi trasmettere attraverso di essa?


Ho già fatto riferimento precedentemente alla causalità con la quale sia nata questa opera, ciò che mi ha motivato a continuare fu proprio il significato che decisi di attribuire a lei. Ho intitolato questa mia opera “In trappola”. La scelta di includere solo il viso nel ritratto non è casuale; Volevo trasmettere un senso di claustrofobia e soffocamento, e per farlo, ho deciso di concentrare l’attenzione sul volto sofferente. Il titolo e l’espressione del volto parlano di un tema universale: il sentirsi intrappolati, sia fisicamente che emotivamente. Questa opera può essere letta come una riflessione sul dolore personale, su un senso di impotenza o sulla difficoltà di esprimere emozioni profonde.


In un’epoca dominata dal colore e dalla tecnologia, quale pensi sia il valore e l’impatto del disegno iperrealista a matita nel panorama artistico contemporaneo?


Quella dell’iperrealismo è una corrente artistica in parte snobbata e ritenuta inutile. Nonostante non sia d’accordo con chi crede ciò, penso che l’iperrealismo possa emergere se combinato con altri stili come il surrealismo o semplicemente cercando di dare un significato ai soggetti dei propri lavori. Personalmente cerco di inserire entrambi al suo interno


Quali progetti o obiettivi hai per il futuro? Ci sono nuovi ambiti o tematiche che vorresti esplorare?

Per mia fortuna (a tratti sfortuna) sono una persona particolarmente ambiziosa, ho infatti intenzione innanzitutto di crescere sempre di più tecnicamente per quanto riguarda l’iperrealismo e riuscire a portare i miei lavori in più realtà possibili e vivere solo di arte. Il mio intento nei prossimi lavori è quello di unire i due stili che più apprezzo, ovvero l’iperrealismo e il surrealismo, creando immagini “fantastiche” ma in chiave iperrealistica.




Contatti


Email mattiacarella.art@gmail.com

Instagram mattiacarellaart








Mattia Carella

Sin dalla prima infanzia, l’artista ha manifestato un innato talento per il disegno, coltivato con dedizione attraverso un percorso autodidattico. Affascinato dalle potenzialità espressive della matita e del carboncino, ha sviluppato uno stile iperrealista caratterizzato da una straordinaria precisione tecnica e una raffinata gestione del chiaroscuro.

Tra le sue principali influenze si annoverano maestri dell’iperrealismo contemporaneo come Diego Koi e Dylan Eakin, che hanno ispirato la sua ricerca artistica volta a trascendere la mera riproduzione del reale, trasformandola in un’esperienza emotiva e concettuale. Sebbene prediliga lavorare in solitudine, riconosce il valore del confronto e dell’arricchimento derivante dallo scambio artistico.

Nel corso del suo percorso artistico, le sue opere sono state esposte in contesti di rilievo, ottenendo prestigiosi riconoscimenti, tra cui Menzione Speciale al Premio Internazionale “Visioni”. Questo traguardo ha rappresentato una significativa affermazione del suo percorso creativo, consolidando la sua presenza nel panorama artistico contemporaneo.

L’obiettivo dell’artista è proseguire la sua ricerca fondendo iperrealismo e surrealismo, creando immagini che combinino la precisione tecnica con una forte carica narrativa ed emozionale, mantenendo costante la dedizione e la passione che da sempre guidano il suo lavoro.

























©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 







Il Blog L’ArteCheMiPiace da l’opportunità ad artisti emergenti ed affermati di usufruire di una vetrina in cui proporre il proprio talento, operando per la promozione e la valorizzazione degli stessi.


Ogni progetto promozionale diffuso sulle pagine di L’ArteCheMiPiace, compreso l’intervista, è soggetto a selezione e comprende approfondimento dei materiali forniti con consulenza, ricerca, redazione e diffusione.



Invia la tua candidatura alla seguente email: gigroart23@gmail.com


Oppure contattaci attraverso questo Form


1. Nome

2. Email

3. Testo


   

Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER



        

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 
L’autrice declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

I testi critici scritti dall’autrice e inseriti nel blog non possono essere utilizzati o riprodotti online o altrove senza una richiesta e un consenso preventivo. La riproduzione di articoli e materiale presente nel blog dovrà essere sempre accompagnata dalla menzione dell’autore e della fonte di provenienza.


Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 


L’autrice del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.







Leggi Ancora
Senza categoria

Nel delirante sogno di Hitler, anche l’annientamento dell’arte

 





Nel delirante sogno di Hitler, anche l’ annientamento dell’arte 







di Giuseppina Irene Groccia |27|Gennaio|2025|



Il termine “arte degenerata” (in tedesco Entartete Kunst) fu usato dal regime nazista per descrivere ogni forma di arte che si discostasse dai canoni estetici imposti dalla propaganda hitleriana. Opere di avanguardie come il cubismo, l’espressionismo, il surrealismo e il dadaismo venivano considerate “malate” e “corrotte”, non perché rompevano con la tradizione classicista, ma perché, secondo la retorica nazista, minacciavano i valori della “purezza” culturale e razziale. Gli artisti che creavano queste opere erano spesso ebrei, comunisti, o semplicemente contrari alla visione del mondo nazista, e furono perseguitati per le loro idee e il loro lavoro.





Il 19 luglio 1937, i nazisti organizzarono a Monaco la famigerata mostra “Entartete Kunst”, in cui esposero 650 opere di 120 artisti  “degenerati” per ridicolizzarle e screditarle agli occhi del popolo. Artisti come Max Beckmann, Otto Dix, Wassily Kandinsky, Paul Klee, Käthe Kollwitz, Ernst Ludwig Kirchner, Emil Nolde ed Edvard Munch furono tutti etichettati come “degenerati” dal regime nazista. Senza tralasciare l’artista che più di tutti incarna questa definizione nella retorica nazista: lo spagnolo Pablo Picasso.


Luglio 1937: video della mostra “Entartete Kunst” a Monaco 


Questo tentativo di eliminare l’arte considerata “diversa” fu un’operazione sistematica per sopprimere ogni forma di libertà creativa, intellettuale e culturale, in linea con lo stesso genocidio che colpì milioni di ebrei, dissidenti, rom, omosessuali e altre minoranze.

In un ribaltamento ironico e involontario, la mostra divenne uno straordinario successo. Nei primi mesi, oltre due milioni di persone visitarono l’esposizione, molte delle quali mosse più da curiosità che da adesione alla propaganda. Paradossalmente, per molti spettatori, fu l’occasione per scoprire opere che non avrebbero mai visto altrimenti.





Un aneddoto interessante riguarda il pittore Emil Nolde, un artista nazionalista che inizialmente appoggiava il regime. Molte delle sue opere furono incluse nella mostra come esempio di “arte degenerata”, perché il suo stile espressionista era considerato troppo distante dai rigidi canoni estetici del nazismo. Nonostante le sue convinzioni politiche, Nolde fu bandito dalla scena artistica e gli fu persino proibito di dipingere privatamente.

Questo episodio dimostra come il regime nazista non perseguitasse solo persone ebraiche o dissidenti, ma chiunque sfuggisse alla sua ossessione di controllo totale sull’arte e sulla cultura. E ci ricorda, ancora oggi, il potere indomabile dell’arte: anche quando vilipesa e perseguitata, essa trova il modo di sopravvivere, di parlare, di resistere.




Adolf Hitler, il feroce persecutore degli artisti durante il nazismo, fu paradossalmente un artista mancato. Il suo sogno di entrare nell’Accademia di Belle Arti di Vienna venne infranto nel 1907, quando la commissione lo giudicò “sprovvisto di talento e cultura generale“, respingendo i suoi lavori per la loro scarsa qualità tecnica. Questo rifiuto, che segnò profondamente la sua vita, alimentò un risentimento verso Vienna, città che associò all’ebraismo e che finì per odiare.



Negli anni seguenti, Hitler condusse una vita errante, mantenendosi con attività marginali legate all’arte: ricopiava cartoline, dipingeva scenari campestri per divani e realizzava piccoli acquerelli di vedute urbane, spogliati di qualsiasi traccia di vita umana. Questi lavori, privi di espressione e profondità, riflettevano forse la visione fredda e rigida di un uomo incapace di cogliere la complessità dell’arte autentica. Alcuni di questi dipinti, custoditi in un deposito militare statunitense, offrono un inquietante sguardo sull’aspirazione fallita di un uomo che, incapace di creare bellezza, si dedicò alla distruzione.




La Shoah non fu solo l’annientamento fisico di milioni di persone, ma anche il tentativo di cancellare culture, identità e libertà di espressione.


Certamente, nessuna perdita può essere paragonata a quella di milioni di vite innocenti spente nei campi di sterminio. La Shoah ci ha insegnato che non c’è tragedia più grande del genocidio, dell’annientamento di intere comunità, delle voci e dei cuori cancellati dalla follia umana. Tuttavia, accanto al ricordo delle vite spezzate, è importante riflettere anche su come il nazismo abbia cercato di sopprimere i pensieri, la creatività, l’anima stessa di un’epoca. L’arte “degenerata” ne è un simbolo: opere straordinarie di Kandinskij, Chagall, Paul Klee, Otto Dix, ridicolizzate, sequestrate, distrutte, come se soffocare il bello potesse spegnere anche la libertà.

Eppure, quelle opere, così come i ricordi delle vite spezzate, sono sopravvissute. Parlano ancora oggi a noi, raccontano di una resistenza silenziosa ma indomabile. Ci insegnano che, nonostante la brutalità, la bellezza e la verità non possono essere annientate. 




Marc Chagall


Il 27 gennaio, Giornata della Memoria, è l’occasione per ricordare le vite perse, che sono e saranno sempre la ferita più grande. Ma è anche un momento per riflettere su come il nazismo abbia tentato di distruggere tutto ciò che rende umana una società: il rispetto per l’altro, la libertà di espressione, la capacità di vedere il mondo con occhi diversi.

Ricordare l’aspetto culturale di questa distruzione non significa sminuire il dolore umano, ma completare il quadro di una tragedia che colpì non solo le persone, ma anche il loro pensiero, il loro immaginario, la loro anima. 

Riflettere su questo significa riconoscere che ogni forma di diversità – che sia un’opera d’arte, un’idea o una vita – è un dono prezioso da custodire e difendere. 


Il 27 gennaio è un atto d’amore: per chi non c’è più, per ciò che è stato distrutto, e per tutto ciò che possiamo proteggere e ricordare, affinché non accada mai più.























©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 







Il Blog L’ArteCheMiPiace da l’opportunità ad artisti emergenti ed affermati di usufruire di una vetrina in cui proporre il proprio talento, operando per la promozione e la valorizzazione degli stessi.


Ogni progetto promozionale diffuso sulle pagine di L’ArteCheMiPiace, compreso l’intervista, è soggetto a selezione e comprende approfondimento dei materiali forniti con consulenza, ricerca, redazione e diffusione.



Invia la tua candidatura alla seguente email: gigroart23@gmail.com


Oppure contattaci attraverso questo Form


1. Nome

2. Email

3. Testo


   

Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER



        

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 
L’autrice declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

I testi critici scritti dall’autrice e inseriti nel blog non possono essere utilizzati o riprodotti online o altrove senza una richiesta e un consenso preventivo. La riproduzione di articoli e materiale presente nel blog dovrà essere sempre accompagnata dalla menzione dell’autore e della fonte di provenienza.


Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 


L’autrice del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.


Leggi Ancora
Senza categoria

Premio Internazionale di Poesia “Roberto Farina”





È stato pubblicato il bando per la nuova edizione del Premio Internazionale di Poesia “Roberto Farina”



Quest’anno, il mare Ionio di Roseto Capo Spulico sarà il suggestivo scenario della XX edizione del premio, la cui prestigiosa giuria è guidata da Antonio Farina e dal rinomato poeta e scrittore Dante Maffia

Con una visione culturale ampia e inclusiva, la Fondazione mira a promuovere i valori più alti di virtù civile, contribuendo al miglioramento del tessuto sociale. Oltre a queste attività, la Fondazione gestisce tre biblioteche nei comuni di Roseto Capo Spulico, Montegiordano e Rocca Imperiale (CS), consolidandosi come punto di riferimento culturale nel territorio.




Bando del Premio Internazionale “R. Farina” – Edizione 2025


FONDAZIONE «ROBERTO FARINA» Onlus

Premio Internazionale di Poesia «Roberto Farina»


XX Edizione


Fondazione Contrada Foretano – 87070 MONTEGIORDANO MARINA



Sito Web: Fondazione Roberto Farina

Email: premiodipoesia@fondazionerobertofarina.com




1. Il Premio è destinato a volumi di poesia di Autori italiani o di Autori stranieri (tradotti in italiano) editi tra il 1° gennaio 2014 e il 30 aprile 2025.


2. Le opere, da inviare direttamente ai componenti della Giuria, di cui si fornisce qui di seguito l’indirizzo, dovranno pervenire entro il 10 maggio 2025 con la dicitura scritta sul plico o su un foglio: «Partecipa al Premio Farina». I libri inviati non potranno per nessuna ragione essere richiesti indietro.


3. Il vincitore riceverà la somma di euro 2.000 (duemila) e una targa artistica, oltre all’ospitalità. Non sono ammesse deleghe. L’eventuale assenza del vincitore alla cerimonia di premiazione, che si terrà il 1° giugno 2025 a Montegiordano, nell’Alto Jonio Cosentino, avrà il significato di rinuncia al Premio.


4. La Giuria – il cui giudizio è insindacabile – si riserva eventualmente di scegliere l’opera vincitrice anche tra opere non partecipanti e di segnalare alcuni poeti con una targa artistica.


5. Il Presidente della Giuria e il Dott. Antonio Farina, Presidente della Fondazione, assegneranno una targa a una personalità illustre nel campo della scienza, dello sport, della politica, della cultura, dell’arte, dello spettacolo o delle attività ricreative.






GIURIA DEL PREMIO


Dante Maffia, scrittore  (Presidente)

Via Adolfo Ravà, 76 – 00142 ROMA


Marco Onofrio, scrittore  (Vice Presidente)

Via Taranto, 184 – 00182 ROMA

Franco Maurella, giornalista

C.da Torre della Signora, 2

87076 VILLAPIANA (Cosenza)


Simona Stancu – Univ. di Iasi, ROMANIA


Anila Dahriu, poetessa e traduttrice

Via Colonia, 38 / A

87060 MIRTO CROSIA (CS)






ALBO D’ORO DEL PREMIO (le edizioni 2020, 2021, 2022 sono state annullate causa pandemia)


2003 – Alberto Bevilacqua


2004 – Antonio Riccardi


2005 – Luciano Luisi


2006 – Giuseppina Amodei


2007 – Maria Luisa Spaziani



2008 – Mario Specchio


2009 – Dacia Maraini


2010 – Sergio Zavoli


2011 – Marco Onofrio


2012 – Davide Rondoni


2013 – Bianca Maria Frabotta


2014 – Antonella Antonelli e Ilaria Drago (ex-aequo).


2015 – Fabrizio Dall’Aglio e Bruno Galluccio (ex-aequo).


2016 – Antonella Radogna


2017 – Laura Garavaglia


2018 – Valeriu Stancu (Romania)


2019 – Chiara Mutti


2023 – Zingonia Zingone


2024 –  Renato Fiorito









La Fondazione Roberto Farina Onlus si impegna attivamente nella valorizzazione della cultura e dell’arte, creando spazi ed eventi dedicati a “fare cultura” sul territorio. Tra le sue principali iniziative spiccano il Premio Internazionale di Poesia “Roberto Farina”, istituito nel 2003, e la Biblioteca R.F., che custodisce un patrimonio di settantamila volumi. Inoltre, la Fondazione ha dato vita al primo Museo Malacologico del Mezzogiorno d’Italia, il Museo delle Conchiglie “Children’s Museum”.



















©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 







Il Blog L’ArteCheMiPiace da l’opportunità ad artisti emergenti ed affermati di usufruire di una vetrina in cui proporre il proprio talento, operando per la promozione e la valorizzazione degli stessi.


Ogni progetto promozionale diffuso sulle pagine di L’ArteCheMiPiace, compreso l’intervista, è soggetto a selezione e comprende approfondimento dei materiali forniti con consulenza, ricerca, redazione e diffusione.



Invia la tua candidatura alla seguente email: gigroart23@gmail.com


Oppure contattaci attraverso questo Form


1. Nome

2. Email

3. Testo


   

Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER



        

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 
L’autrice declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

I testi critici scritti dall’autrice e inseriti nel blog non possono essere utilizzati o riprodotti online o altrove senza una richiesta e un consenso preventivo. La riproduzione di articoli e materiale presente nel blog dovrà essere sempre accompagnata dalla menzione dell’autore e della fonte di provenienza.


Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 


L’autrice del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.



Leggi Ancora
ContempoArte Magazíne

ContempoArte Magazine Gennaio 2025

Modulo di Richiesta

Passo 1 di 3

Copertina Flessibile
Prezzo: 18,00 €

 

Gli artisti presenti all’interno del magazine con contributi rilevanti che desiderano richiedere più copie possono farne richiesta via email all’indirizzo info@lartechemipiace.com, beneficiando di una scontistica esclusiva a loro riservata.

 
 
ContempoArte Magazine è un progetto editoriale indipendente nato dal blog L’ArteCheMiPiace. Rivista cartacea dedicata ai contenuti più significativi del blog, propone periodicamente articoli, interviste e approfondimenti dedicati all’arte e alla cultura contemporanea. La rivista è dotata di codice ISSN, requisito ufficiale per il deposito legale presso il Centro Italiano ISSN, organismo operante all’interno del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
L’obiettivo del magazine è offrire prospettive innovative sul panorama artistico contemporaneo, sostenendo concretamente artisti emergenti e affermati e promuovendo la loro ricerca attraverso un dialogo costante con il pubblico e con gli addetti ai lavori. ContempoArte Magazine si propone anche come strumento di approfondimento e confronto critico, offrendo spunti di riflessione attraverso i contributi di critici, curatori, galleristi e altri operatori del settore.
Ogni edizione si distingue per l’alto livello qualitativo dei protagonisti coinvolti.
La redazione è aperta a nuove candidature: artisti e operatori del settore possono inviare la propria proposta attraverso i canali di contatto presenti su questo sito, indicando il tipo di contributo desiderato (articolo, intervista o pubblicazione di un’opera) e una breve presentazione del proprio lavoro.
Le candidature saranno valutate in base a originalità e qualità, selezionando i contributi che meglio rispondono ai requisiti della pubblicazione.
 

Artisti e Collaboratori presenti in questa Edizione:

O Gringo, Catarina Diaz, Viktor Sheleg, Alessandro Andreuccetti, Roberto Sottile, Vanni Rocca, Valentina Picco, Luisa Montagna, Marzia Bernini, Giusy De Iacovo, Tiziana Novelli, Ilaria Pisciottani, Pier Paolo Tralli, Angela Kosta, Andrea Barretta, Umberto Romano, Mariateresa Buccieri, Marco Lay, Antonella Rizzo, Rita Mantuano, Athenae Artis, Domenico Grosso, Giuseppina Irene Groccia, Julia Vedenicheva, Iogà Aurora, Massimo Bardi, Mariella Rinaldi, Anila Dahriu, Dante Maffia, Pier Paolo Cetera, Marialuisa Campana.

Leggi Ancora
Senza categoria

Stefania Botta – L’arte come finestra sul futuro e specchio dell’anima

 L’ArteCheMiPiace – Interviste

Stefania Botta

L’arte come finestra sul futuro e specchio dell’anima

di Giuseppina Irene Groccia |22|Gennaio|2025|

Stefania Botta è un’artista poliedrica che unisce la passione per la pittura, coltivata sin da giovanissima, a una visione profondamente emotiva e simbolica dell’arte. Influenzata da maestri come Picasso e De Chirico, il suo stile cubista e surrealista si è evoluto attraverso un percorso di maturazione personale e creativa. Le opere di Stefania Botta incarnano un messaggio futurista, configurandosi come autentiche aperture verso l’orizzonte del domani. Attraverso un sapiente utilizzo di colori vibranti e una composizione di forme dinamiche, l’artista traduce emozioni e riflessioni in un linguaggio visivo denso di significati, capace di evocare suggestioni profonde e di proiettare lo spettatore in una dimensione visionaria e anticipatrice.

Tra i suoi obiettivi futuri spiccano una mostra personale e la volontà di affrontare temi sociali cruciali come la violenza e la guerra.


A seguire, vi invitiamo a scoprire di più su di lei attraverso l’intervista che ci ha gentilmente concesso, in cui si racconta con autenticità, condividendo le sue ispirazioni, il suo percorso e i suoi sogni per il futuro.






Puoi raccontarci come hai iniziato il tuo percorso
artistico? C’é stato un momento o un evento particolare che ti ha spinto verso
l’arte?

 

L’amore per la pittura é iniziato da quando ero piccola, poi
alle medie il mio professore di arte mi ha invogliata a disegnare e a dipingere
con varie tecniche, facendomi partecipare a mia insaputa, a concorsi di
pittura vincendo anche premi e da questo momento ho avuto quella spinta a  continuare e a studiare l’ arte e la pittura
a 360°.

 

Qual’ é il tema o il messaggio principale che cerchi di
comunicare attraverso le tue opere?

Il mio messaggi é il futurismo,  una finestra aperta al domani, ciò che provo
lo trasmetto sulla tela per comunicarlo al mondo.



 

Come descriveresti il tuo stile artistico e come si é
evoluto nel corso del tempo?

Il mio stile artistico é cubista e surrealista, si é evoluto
con la crescita emotiva e la maturazione empirica.

 

Quali sono le principali fonti di ispirazione per il tuo
lavoro? Ci sono artisti, movimenti o esperienze personali che hanno influenzato
particolarmente la tua visione?

La mia fonte di ispirazione é tutto ciò che mi circonda: la
natura, gli animali e i paesaggi. Frequentando il liceo artistico ho studiato
vari artisti, quelli che mi hanno particolarmente influenzata  sono Picasso e De Chirico.

 



Qual’é il processo creativo che segui per realizzare le tue
opere? Ci sono tecniche o rituali a cui sei particolarmente affezionato?

Per realizzare un ‘opera parto sempre da forme geometriche
che scompongo e ricompongo. L’olio su tela configura la mia tecnica.

 

Che importanza attribuisci al colore nel tuo lavoro? Come
scegli la tua palette e che significato ha per te il colore?

 

Il colore che adopero é il rosso, il blu, il giallo e il
bianco che miscelo a seconda dei miei stati d’animo. Per le mie scelte,
interpreto il colore come espressione di una emozione dai toni forti ai più
leggeri.

 


Preferisci lavorate su tela in solitudine o  trovi ispirazione anche da contesti
collettivi, come workshop o eventi d’arte?

 

Preferisco lavorare su tela, in solitudine e ascoltando
musica.

 

Come vivi il rapporto tra l’arte e il pubblico? In che modo
il feedback o le reazioni delle persone influenzano il tuo lavoro?

 

Esiste una sinergia che mi spinge ad interagire con il
pennello. Vivo questa esperienza in maniera viscerale, tutto ciò che dipingo é
un grido che nasce dal mio ego e mi sprona a colloquiare con il pubblico dalla
tela.

 



C’ è un’opera, tra quelle che hai realizzato, che consideri
particolarmente significativa per te? Puoi raccontarci la sua storia?

Un’opera che non ho ancora ultimato e alla quale sono particolarmente legata: racchiude in sé l’evolversi della vita, spaziando dal tema tecnologico che sovrasta la natura alla violenza perpetrata nel mondo.

 

Come vedi il ruolo dell’arte nella societá contemporanea?
Pensi che il tuo lavoro contribuisca in qualche modo a questo ruolo?

 

L’arte riveste un ruolo fondamentale come un mercurio di
pace, socializzazione, aggregazione e cultura. Con il mio lavoro cerco di
allinearmi ai moderni ambasciatori di concordia attraverso le mie passioni.

 



Quali sono le maggiori difficoltá che hai affrontato come
artista e come le hai superate?

 

Lo scoglio più ostico é l’affermazione sul territorio,
purtroppo é molto difficile esporre le proprie opere soprattutto per una
personale, per gli alti costi di esposizione. Affronto il problema,
partecipando a collettive e concorsi.

 


Recentemente hai partecipato a Visioni, il premio d’arte
internazionale organizzato dall’associazione culturale Athenae Artis di Maria
Di Stasio. Che esperienza é stata per te? C’è qualcosa di particolare che hai
apprezzato o che ha arricchito il tuo percorso artistico?

 

Visioni” mi ha regalato un’esperienza unica. La
critica sui miei dipinti ha perfettamente intercettato ciò che il mio messaggio
voleva veicolare. Questa crescita, presso il tempio di Pomona in Salerno, ha
segnato un punto importante per la mia maturazione artistica. Ho apprezzato l’eterogeneità
dei lavori, il confronto con gli altri artisti mi ha permesso di sviluppare
nuove idee per un continuo viaggio pittorico.

 


Le tue due opere presentate a Visioni sono state tra le
protagoniste dell’evento, distinguendosi al punto da farti ottenere una
menzione speciale. Puoi raccontarci il processo creativo che ti ha portato a
realizzarle? C’é una storia, un significato o un messaggio particolare che
volevi trasmettere attraverso di esse?

 

Le mie opere presentate, il cavallo e la rosa, rappresentano
uno studio particolare, una ricerca interiore. Per il cavallo mi sono ispirata
ad De Chirico che trasmette libertá, la sua cresta al vento, la corsa … la meta. La rosa é un fiore prezioso che coi suoi multicolori petali parla
della dicotomia della societá, ogni persona é un originale di se stessa.

 




Quali progettj o obiettivi hai per il futuro? Ci sono nuovi
ambiti o tematiche che vorresti esplorare?

 

Mi prefiggo, per il futuro di realizzare una personale che
mi vedrà protagonista coi miei quadri. Le mie prossime tematiche saranno incentrate sulla violenza contro le donne e sulle atrocità della guerra.


Contatti dell’artista

Facebook Stefania Botta


Stefania Botta, nata a Napoli il 21 febbraio 1967, si è diplomata al Liceo Artistico Statale di Aversa, consolidando fin da giovane la sua passione per l’arte. Ha partecipato a numerosi concorsi pittorici e fotografici a Napoli e Latina, ottenendo riconoscimenti significativi. Nel 1989, presso l’Accademia Universale Neapolis, ha vinto il primo premio, mentre nel 1991, sempre presso la stessa istituzione, ha ricevuto la coppa per la sezione grafica con il suo quadro “L’uomo e l’inquinamento”, oltre a conquistare il terzo e quarto premio. Ha esposto le sue opere in diverse mostre collettive, tra cui quelle organizzate alla “Casa del Combattente” di Latina. Attualmente vive a Sermoneta e lavora nel territorio pontino, continuando a portare avanti la sua ricerca artistica con dedizione e passione.






©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 







Il Blog L’ArteCheMiPiace da l’opportunità ad artisti emergenti ed affermati di usufruire di una vetrina in cui proporre il proprio talento, operando per la promozione e la valorizzazione degli stessi.


Ogni progetto promozionale diffuso sulle pagine di L’ArteCheMiPiace, compreso l’intervista, è soggetto a selezione e comprende approfondimento dei materiali forniti con consulenza, ricerca, redazione e diffusione.



Invia la tua candidatura alla seguente email: gigroart23@gmail.com


Oppure contattaci attraverso questo Form


1. Nome

2. Email

3. Testo


   

Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER



        

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 
L’autrice declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

I testi critici scritti dall’autrice e inseriti nel blog non possono essere utilizzati o riprodotti online o altrove senza una richiesta e un consenso preventivo. La riproduzione di articoli e materiale presente nel blog dovrà essere sempre accompagnata dalla menzione dell’autore e della fonte di provenienza.


Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 


L’autrice del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.




Leggi Ancora
Senza categoria

L’Arte di Una Terra Riflessa nei Volti e nei Colori della Sardegna – Vanni Rocca

 L’ArteCheMiPiace – Interviste









L’Arte di Una Terra Riflessa nei Volti e nei Colori della Sardegna


Vanni Rocca








di Giuseppina Irene Groccia |18|Gennaio|2025|




Un vero artista si distingue per la capacità di trasformare un’idea in una visione estetica, costruendo un linguaggio formale che sia espressione autentica e riconoscibile del proprio percorso creativo. Non è solo la tecnica a definire l’arte, ma la coerenza con cui un progetto interiore prende forma nell’opera, rendendola unica e capace di dialogare con l’osservatore. Senza questa sintesi tra pensiero e forma, l’arte rischierebbe di ridursi a mera abilità esecutiva, priva di quell’identità che trasforma il gesto tecnico in espressione autentica e universale.


In questo senso, l’opera di Vanni Rocca incarna pienamente la visione di un artista autentico, capace di fondere tecnica e spirito in un progetto estetico coerente e personale. La sua pittura, nata quasi per caso ma alimentata da una dedizione assoluta, racconta con straordinaria intensità la Sardegna, terra che è al contempo musa e radice di un’espressione artistica che va oltre il semplice legame regionale.


Nella sua recente fase di ricerca e sperimentazione, Vanni Rocca si concentra sulla rappresentazione degli abiti tradizionali sardi, esplorando il potenziale narrativo ed emotivo dei volti femminili. Le sue protagoniste, delineate con grande abilità tecnica, incarnano una presenza magnetica e affascinante: i loro occhi, densi di significato, raccontano storie di forza e resilienza, mentre i dettagli degli abiti diventano custodi di un’eredità culturale che l’artista restituisce con sentita sensibilità.


La pittura di Vanni Rocca non deriva da lunghi e articolati percorsi di ricerca, ma è piuttosto l’espressione di un istinto pittorico innato, capace di generare una narrativa visiva intensa ed esaltante. La sua arte si distingue per l’uso di valori cromatici che ricordano le terre e i minerali tipici della sua regione, densi di un lirismo autentico, che conferiscono alle sue opere una qualità poetica singolare.


Avvalendosi unicamente della tecnica ad olio, Vanni Rocca trasforma le sue tele in un viaggio evocativo, dove passato e presente si intrecciano in perfetta armonia.

Nei volti che animano le sue tele si riflette il profondo legame con le radici della sua terra, un filo conduttore che si snoda tra l’essenza del ricordo e la potenza evocativa della sua visione pittorica nel contemporaneo.


A seguire, l’intervista ci offrirà una prospettiva ancora più diretta sul suo processo creativo, svelando le radici e le motivazioni che alimentano questa sua mirabile ricerca artistica.




Qual è stato il tuo percorso verso l’arte? C’è stato un momento particolare o un’esperienza che ti ha avvicinato a questo mondo?

Sicuramente la mia storia è la dimostrazione di come il potere dell’arte può trasformare una vita, in un solo momento.
Il mio percorso è iniziato in modo imprevedibile, quasi casuale. C’è un momento ben preciso che coincide esattamente con quel classico “regalo sbagliato” che tutti nella vita prima o poi riceviamo. Sabrina, mia moglie, per Natale mi regalò un set di colori. Non era esattamente ciò che mi serviva, o almeno così pensavo allora, ma quel gesto inaspettato divenne il punto di svolta. In quei colori c’era qualcosa di più di un semplice dono, c’era un invito, una possibilità aperta su un mondo per me sconosciuto, mai considerato.
E così, da quel piccolo gesto, è nata una passione travolgente. Quel regalo rimase riposto per vario tempo finché una sera, non avendo altro da fare, decisi di provare e mi diedi un’opportunità. Da quel momento dipingere è diventato indispensabile, un modo per raccontare una parte del mio mondo, per entrare in connessione con parti di me che non conoscevo. L’arte nella mia vita è arrivata tardi, ma lo ha fatto in modo dirompente.



Hai intrapreso un percorso da autodidatta non da giovanissimo. Questo ti ha presentato delle difficoltà, oppure ha arricchito la tua esperienza artistica in modi inaspettati?

Sono del parere che entrambi i percorsi di studi, sia quello accademico che quello da autodidatta, presentino per loro natura aspetti positivi e aspetti negativi.
Essere un autodidatta significa camminare su un sentiero che devi tracciare da solo, con le tue stesse mani, con la tua idea di arte e con la tua anima. Non è un cammino facile, ma è straordinariamente autentico. Quando ho iniziato, ero consapevole del fatto che non avrei avuto nessuno accanto a mostrarmi la strada, nessuna guida che mi dicesse dove mettere i piedi per evitare di inciampare. Ma ho imparato che, proprio in quell’assenza, c’era una libertà che mi ha permesso di ascoltare la voce del “maestro interiore”.
Le difficoltà non sono mancate: ogni errore è stato mio, ogni inciampo è stato un peso da affrontare da solo. Ma ogni vittoria, anche piccola, è stata mia, ed è stata straordinariamente liberatoria. L’autodidatta segue il proprio gusto, la propria curiosità, il proprio istinto. È un cammino solitario, sì, ma anche profondamente intimo, che mi ha permesso di creare una visione unica, assolutamente personale, mia e di nessun altro.



Durante il tuo percorso artistico, hai avuto dei maestri o delle figure di riferimento che hanno influenzato il tuo lavoro? In che modo queste figure hanno impattato il tuo stile e la tua visione artistica?

Sono del parere che ogni artista abbia una propria guida interiore e che sia indispensabile scoprirla, riconoscerla e seguirla per trovare la propria unicità.
C’è un maestro dentro ciascuno di noi che sa esattamente dove condurci, anche quando noi non lo sappiamo.
Ci sono sicuramente degli artisti che ho amato e che ho studiato in alcuni loro aspetti unici, come il disegno di Mario Delitala, la narrazione di Giuseppe Biasi, la luce di Caravaggio, le emozioni dei ritratti di Singer Sargent e Rembrandt, le linee rotte di Maggie Siner, le atmosfere di Jeremy Mann. Questi sono stati i maestri che ho scelto per il mio percorso di studi. Lo studio del loro progetto artistico, delle loro opere, del loro modo di intendere l’arte ha plasmato il mio percorso artistico.
Tuttavia, oggi, il maestro che seguo con assoluta dedizione è il mio io più profondo. Una guida che chiede di fidarmi ciecamente delle mie emozioni, di ciò che mi piace e smuove dentro me sentimenti profondi. Questo mi spinge a seguire, quasi in modo ossessivo, ciò che mi segna intimamente. Tutto il mio percorso artistico, tutte le scelte che compio, nascono da un ascolto intimo e costante di questa voce.
La mia ricerca è profondamente personale, un dialogo con me stesso, e mira all’unicità del mio stile. Non voglio inseguire tendenze ma ricercare ciò che mi appartiene. Ogni mia opera è una dichiarazione di identità, una traccia di quella guida interiore che mi conduce a scoprire chi sono, non solo come artista, ma come essere umano. In questo senso, il mio maestro non è solo un insegnante: è un compagno di viaggio che mi aiuta a portare alla luce la verità della mia arte.



I tuoi ritratti si concentrano su donne in abiti tradizionali sardi. Come scegli i soggetti da ritrarre e cosa rappresenta per te la figura femminile in queste opere?

Questa domanda necessita di una risposta estremamente complessa e delicata. La rappresentazione della figura femminile nella storia dell’arte è stata sempre intrisa di simbolismo, riflettendo i valori, le credenze e le dinamiche sociali delle diverse epoche. I grandi pittori del passato hanno interpretato la donna in modi estremamente variegati, attribuendole significati.
La figura femminile, nella storia dell’arte, è stata un riflesso del tempo e della cultura. Ha incarnato il sacro, è stata simbolo di purezza e devozione, fu celebrata come ideale di bellezza e amore, ispirando immagini mitologiche e armoniose, ha rappresentato forza e mistero, spesso raccontando storie di resilienza e potere, è stata ritratta nella sua quotidianità, mostrandone la sua autenticità, ne hanno esaltarono l’aspetto emotivo e enigmatico, trasformandola in musa e simbolo dell’interiorità. Un viaggio che svela non solo la donna, ma il cambiamento dello sguardo dell’artista.
La figura femminile è sempre stata una presenza importante nella cultura e nella narrazione della nostra terra. La mia rappresentazione si limita a raffigurare una componente fondamentale della tradizione sarda, senza limitarla con l’attribuzione di alcun significato, simbolismo o aggettivo. Voglio una figura femmile libera di rappresentare se stessa senza costrizione alcuna, ognuna si senta libera di ritrovarci il proprio sentire.



Come tuo segno distintivo hai scelto di esprimerti attraverso una palette di colori molto limitata. Qual è il significato dietro questa scelta?

Cerco di esprimere qualcosa che identifichi perfettamente ciò che in me suscita ammirazione ed emozione. Fin da subito la corrente del Tonalismo ha stimolato la mia curiosità e mi ha trasmesso una grande energia. Credo sia parte della mia ricerca verso l’essenziale, esprimere arte in una palette estremamente dirotta è una sorta cammino per spingersi all’essenziale, eliminare il suprefluo, virare verso il bianco e nero. Il significato è sempre quello di inseguire il maestro d’arte che ogni individuo porta dentro di sé, il mio in questo momento mi chiede di esplorare questo aspetto della mia arte.



Nei tuoi ritratti, dedichi particolare attenzione agli occhi, creando sguardi intensi e penetranti. Parlaci di questa tua prerogativa….

Gli occhi sono elemento essenziale di ogni ritratto che realizzo, il nucleo da cui tutto prende vita e in cui il tutto confluisce. Per me rappresentano gli specchi dell’anima, la soglia attraverso cui si può intravedere l’essenza più profonda di ogni persona. Essi portano con loro una storia, un passato e emozioni profonde che si inabissano oltre superficie. È attraverso gli occhi che mi piace catturare la complessità e la bellezza del nostro vissuto.
Gli occhi, come i dipinti, raccontano senza bisogno di parole.
Sono la parte più espressiva di un volto, quelli che continuano a parlare anche quando tutto il resto tace. Voglio che chi guarda i miei ritratti senta di essere chiamato, di essere parte di un dialogo. Voglio che lo spettatore si senta visto, accolto, ascoltato e compreso nella sua fragilità e nella sua forza.
Quegli occhi siamo noi, ognuno di noi, la nostra storia, le nostre radici, le nostre tradizioni e il nostro futuro.



Le tue opere rispecchiano in modo inequivocabile un profondo legame con le tradizioni e le radici della tua terra. Si tratta di una caratteristica distintiva che mette in luce aspetti intensi della tua personalità. Puoi raccontarci come riesci a tradurre su tela questa dimensione intima e identitaria della tua vita?

Mi sento parte di una storia che affonda le sue radici nei millenni, una narrazione collettiva che ha attraversato il tempo e che, in qualche modo, arriva fino a me. La Sardegna, con la sua ricchezza di tradizioni, non è solo il luogo in cui sono nato, ma un’eredità che porto dentro. Quando dipingo, il mio obiettivo non è solo celebrare questa storia, ma raccontarla dal mio punto di vista, con uno sguardo personale, nuovo e unico.
La mia arte parla di tradizione ma allo stesso modo mette al centro del racconto le persone, elemento fondamentale e imprescindibile. Credo che la tradizione non sia solo l’esaltazione dei nostri abiti, gioielli e costumi, ma principalmente siamo noi: persone che quella tradizione la vivono, la sentono e la portano addosso con orgoglio e senso di appartenenza.
La mia pittura mette al centro proprio loro: le persone come custodi e protagonisti della tradizione. Nei miei ritratti ci sono storie, emozioni e identità. Voglio mostrare come quella tradizione si intrecci con l’essenza stessa di chi siamo, con il modo in cui viviamo e percepiamo la nostra terra, il nostro piccolo spazio nel mondo.
Voglio che chi osserva le mie opere non si limiti a vedere la bellezza esteriore, ma senta il peso di una cultura che si tramanda da secoli, che vive dentro di noi. La tradizione non è solo qualcosa che indossiamo: è qualcosa che siamo. È nei gesti, negli sguardi, nei silenzi. È quell’orgoglio sottile che si percepisce in chi sa di appartenere a qualcosa di più grande.
Attraverso la mia arte, cerco di raccontare tutto questo con uno sguardo nuovo, che sia solo mio. Voglio dare voce a una tradizione che non è solo memoria, ma anche evoluzione. Racconto le persone come ponte tra passato e futuro, come testimoni vivi di una storia che non si è mai fermata e che continua a scriversi ogni giorno. In questo senso, la mia pittura non è mai solo un omaggio al passato, ma una mia riflessione su chi siamo oggi, su come portiamo avanti con orgoglio ciò che ci è stato tramandato.
Ricerco quel bisogno umano di sentirsi parte di qualcosa di più grande, di trovare un senso nelle radici che ci legano. Per me, dipingere significa dare corpo a questo senso di appartenenza, rendendolo visibile e tangibile.



Quale evento o esperienza consideri il punto più significativo del tuo percorso artistico fino a oggi, sia dal punto di vista emotivo che professionale?

È sempre quello a cui sto lavorando, ho la fortuna di trovarmi ancora in una fase di crescita e il mio percorso si arricchisce continuamente di nuove e incredibili opportunità, quindi l’esperienza più significativa è sempre quella in cui sono impegnato; progettare una nuova mostra, presentare un nuovo progetto è sempre un aspetto che aggiunge qualcosa di importante al mio percorso. Quindi è complesso per me individuare un singolo momento come il più significativo, perché il mio percorso artistico è in continua evoluzione. Ogni nuova esperienza, ogni progetto a cui lavoro, rappresenta per me un tassello fondamentale, un’opportunità per crescere e scoprire qualcosa di nuovo. In un certo senso, il momento più importante è sempre quello che sto vivendo ora, quello che mi tiene impegnato, che mi stimola e che mi permette di esplorare nuovi territori, sia emotivi che creativi.
Ogni volta che mi dedico a una nuova mostra, che concepisco un progetto o che finisco un’opera, sento di aggiungere una nuova pagina alla mia storia. Ogni fase è un’occasione per mettere alla prova le mie capacità, per confrontarmi con chi segue e ammira il mio lavoro, ma soprattutto per approfondire la connessione con me stesso e con ciò che voglio comunicare attraverso la mia arte. Ogni progetto è un dialogo tra ciò che sono stato fino a quel momento e ciò che sto diventando.
A livello professionale, ci sono state tappe importanti, come le prime mostre, i primi riconoscimenti o le collaborazioni internazionali. Questi momenti sono stati fondamentali per darmi fiducia e per farmi capire che il mio lavoro poteva toccare anche gli altri, non solo me. Ma la vera essenza del mio percorso non risiede solo nei traguardi raggiunti, quanto piuttosto nella consapevolezza che ogni passo avanti, anche piccolo, contribuisce a costruire qualcosa di più grande.
Il mio percorso è ancora una strada aperta, piena di possibilità da esplorare. Credo che questa sia la bellezza di essere un artista: non smetti mai di imparare, di evolvere, di trovare nuovi modi per esprimerti. Per questo, considero il “momento più significativo” non un punto fisso nel passato, ma un presente continuo, fatto di opportunità e di sfide che mi permettono di scoprire sempre nuovi aspetti del mio essere.



Qual è stato il momento o l’esperienza decisiva che ti ha fatto comprendere l’importanza dell’arte nella tua vita, spingendoti a lasciare un lavoro stabile per dedicarti a tempo pieno alla pittura? Come hai affrontato le difficoltà di questo cambiamento radicale?

Non avevo mai considerato l’idea di trasformare la mia passione in una professione fino a quando non ho iniziato a comprendere quanto il mio lavoro potesse significare per le persone. La necessità che alcuni hanno di possedere una mia opera, di portarla nelle loro case, di viverla ogni giorno, mi ha aperto gli occhi sul potere dell’arte di entrare in connessione profonda con chi la osserva. Ogni dettaglio che ho messo su tela diventa, per chi lo possiede, un frammento di bellezza e di emozione da riscoprire ogni giorno.
Ho incontrato persone disposte a investire i propri risparmi per avere una mia opera, non solo come decorazione, ma come un simbolo di qualcosa di più grande, un pezzo della loro vita o della loro storia. C’è chi mi ha chiesto di immortalare i propri figli, persi troppo presto, o di creare un ritratto di genitori scomparsi, un tentativo di mantenere vivo un legame che il tempo e la distanza non possono spezzare. Queste richieste non sono mai semplici incarichi: sono atti di fiducia che portano con sé una responsabilità enorme, carica di emozioni. Come posso non dare peso a tutto questo? Come posso non riconoscere io stesso l’importanza di ciò che faccio?
È stata questa consapevolezza, maturata nel tempo, che mi ha spinto a trasformare la mia passione in un lavoro a tempo pieno. Non è stata una decisione immediata né priva di difficoltà. Abbandonare un lavoro sicuro per inseguire un sogno che, almeno inizialmente, sembrava incerto, è stato un salto nel vuoto. Durante il periodo della pandemia, però, ho avuto modo di riflettere profondamente sulla brevità della vita. Ho capito che abbiamo una sola occasione per vivere pienamente, ed è nostro compito cercare di farlo nel modo più autentico per noi stessi.
Questa consapevolezza mi ha dato la forza di affrontare le sfide di un cambiamento così radicale. Ogni passo avanti è stato accompagnato da dubbi, paure e inevitabili ostacoli, ma è stato anche illuminato dalla gratificazione di sentirmi finalmente in sintonia con ciò che desideravo davvero. Ci sono stati momenti difficili, ma sono convinto che sarebbe stata una
pazzia maggiore non provare, non dare ascolto a quel richiamo interiore che mi spingeva verso una vita più autentica.
Oggi vivo con una prospettiva diversa rispetto a qualche anno fa. Ho imparato a pianificare i miei obiettivi a lungo termine, a costruire qualcosa di solido e significativo per il futuro. Allo stesso tempo, però, mi concedo la flessibilità di vivere il presente per come viene, accettando i contrattempi e accogliendo le sorprese inaspettate che il cammino mi riserva. Ho imparato ad apprezzare il viaggio tanto quanto la meta: inseguo i miei sogni, ma mi prendo anche il tempo per godere delle piccole gioie quotidiane e per elaborare i momenti difficili quando le cose non vanno come speravo.
Trasformare la mia passione in una professione è stato, ed è tuttora, un atto di coraggio. È una scelta che comporta sacrifici, ma che mi permette di vivere una vita che sento davvero mia. Ogni opera che realizzo è una testimonianza di questo viaggio: un’espressione di chi sono e di chi voglio essere, e un legame profondo con chi ha scelto di condividere questa visione insieme a me.



In che modo i tuoi viaggi hanno influenzato la tua arte e quali esperienze hai trovato più stimolanti per il tuo percorso creativo?

Chi ha già avuto modo di conoscere la mia storia come artista sa ormai che vivo l’arte in modo un pò atipico. Non ho uno studio fisico o un atelier in cui chiudermi dentro mentre lavoro alla realizzazione delle mie opere d’arte, ma il mondo è il mio studio.
Dopo il 2021 sono partito dalla Sardegna per intraprendere un percorso di ricerca e contaminazione artistica viaggiando e dipingendo lungo le strade di tutta l’Europa.
Capita così che le mie opere nascano tra i mandorli in fiore dell’Andalusia o davanti al lento variare delle maree che si infrangono sulle coste della Danimarca o sulle calme sponde del porto di Danzica o all’ombra dei fitti alberi della Foresta Nera o davanti alla pianura di Bialowieza in cui avanza lenta l’ultima stirpe di Bisonti europei.
I viaggi hanno un ruolo fondamentale nella mia arte, non solo come occasione di scoperta, ma soprattutto come fonte di ispirazione e crescita personale. Viaggiare è per me un dialogo costante tra mondi diversi, un processo di contaminazione che arricchisce ogni aspetto della mia creatività. Come molti pittori del passato, vedo il viaggio non solo come un atto fisico, ma come una crescita interiore alla ricerca del mio essere artista.
Ogni luogo che ho visitato mi ha lasciato qualcosa: una luce, un’atmosfera, un dettaglio che hanno poi arricchito la mia arte. Camminare per le strade di città sconosciute, osservare i volti delle persone, immergermi in paesaggi lontani mi ha insegnato a guardare con occhi nuovi anche ciò che mi è familiare. C’è qualcosa di magico nel confrontarsi con l’ignoto: ti costringe a uscire dalla tua zona di comfort, a vedere il mondo da prospettive diverse e, inevitabilmente, a riflettere su te stesso.
Ma il viaggio non è solo scoperta, è anche condivisione. Ogni esperienza vissuta lontano da casa diventa uno scambio, un’occasione per intrecciare storie e culture diverse. Questo
scambio si riflette nelle mie opere, che cercano di catturare non solo ciò che vedo, ma anche ciò che sento, le emozioni che mi porto dentro.
Ci sono poi i viaggi attraverso la Sardegna. Ogni angolo di questa isola, anche quello che conosco da sempre, ha un volto nuovo ogni volta che lo guardo dopo essere tornato da un’esperienza “fuori”. Viaggiare costantemente attraverso la mia terra mi aiuta a riscoprire le mie radici con occhi mai stanchi, a capire che l’arte non è mai separata dal luogo da cui provieni, ma è un filo che collega ciò che sei al mondo che ti circonda.
È come poter osservare la mia terra da angolazioni e prospettive differenti, mi aiuta a comprenderla in modi sempre nuovi e riscoprirla oltre i punti di vista comuni e ben radicati.
Viaggiare, in definitiva, è una forma di ricerca continua. È come raccogliere tessere di un mosaico che prende forma solo quando torni a dipingere. Ogni esperienza, ogni incontro, ogni paesaggio diventa parte di quel mosaico. L’arte e il viaggio, per me, sono inseparabili: entrambi sono modi di scoprire, di condividere e di crescere. Sono strumenti per capire il mondo e per capirsi, per creare connessioni che vanno oltre i confini e per continuare a evolvere come artista e come persona.

Quale tua opera ti rappresenta maggiormente e quali elementi la rendono così significativa per te?

Se devo scegliere un’opera che mi rappresenti, direi senza esitazione la mia prima opera. Non perché sia tecnicamente impeccabile – anzi tutt’altro, devo ammettere che è piuttosto improbabile, bruttina e piena di errori. Ma è proprio questa imperfezione a renderla così speciale per me. In quella cosa (definirla opera non sarebbe proprio corretto) c’è l’inizio di tutto: c’è l’arte come origine, come possibilità, come prima apertura verso un mondo che non sapevo ancora sarebbe diventato la mia vita.
Quel primo dipinto è stato il punto di partenza di un percorso straordinario, difficile e meraviglioso. Quando lo guardo oggi, vedo un me stesso inesperto, pieno di dubbi, ma anche di un entusiasmo puro e genuino.
La sua imperfezione è il simbolo della mia crescita. Ogni errore, ogni elemento sbagliato, ogni pennellata incerta rappresenta il principio di tutto. È una testimonianza di quanto sia importante iniziare, anche quando non ci si sente pronti. Quell’opera mi ricorda che ogni passo, anche il più piccolo, è fondamentale per costruire qualcosa di grande.
La mia prima opera è una celebrazione dell’arte come opportunità: l’opportunità di esplorare, di sbagliare, di imparare, di crescere. È il simbolo di una strada che non ha mai fine, perché l’arte, come la vita, è un viaggio in continua evoluzione. E ogni volta che la guardo, non posso fare a meno di sorridere, sapendo quanta strada c’è ancora da percorrere e quante possibilità ci sono ancora da scoprire.



Quali sono i tuoi prossimi progetti artistici e quali aspettative hai per il 2025?

Il 2025 si prospetta come un anno fondamentale, carico di opportunità e di progetti che rappresentano non solo un’evoluzione del mio percorso artistico, ma anche un’occasione per approfondire il legame con la mia terra. Uno dei progetti principali sarà un’esposizione a Berlino, dedicata a un racconto sulla Sardegna visto e filtrato attraverso il mio stile artistico.
Accanto a questo, ci saranno nuove e importanti collaborazioni di cui ora non posso anticipare molto. Le mie aspettative per il 2025 sono alte, ma non le vivo come pressioni. Piuttosto, le considero come una meravigliosa opportunità, una spinta a dare il massimo e a creare qualcosa che possa lasciare un segno.
Sono consapevole che ogni anno porta con sé sfide e imprevisti, ma questa incertezza è anche ciò che rende il percorso artistico così affascinante. Il 2025 sarà un anno di costruzione e di apertura verso nuove possibilità.








Contatti dell’artista

Facebook Vanni Rocca
Instagram vanni.rocca.art














La storia di Vanni Rocca cattura l’essenza di una vita trasformata
dal potere dell’arte. Nato a Sennori, un piccolo paese collinare della Sardegna
nordoccidentale, il 9 maggio 1978, entra in modo inatteso nel mondo dell’arte,
grazie a un colpo del destino che ridisegna il suo percorso. È come se le forme
e i colori della sua terra giacessero dormienti dentro di lui, in attesa del
momento di destarsi e richiedere espressione.

Nel 2017, all’età di 39 anni, Vanni si avvicina per pura
casualità alla pittura restandone immediatamente affascinato. Durante questo
periodo dedica il giorno al suo lavoro nel campo informatico, navigando nel
mondo logico e strutturato della programmazione, che richiede precisione e
pensiero analitico. Tuttavia, è durante la notte che la sua nuova passione
prende vita. Nelle ore silenziose intraprende un’esplorazione autodidatta della
pittura, un percorso che è al tempo stesso rifugio e rivelazione. Queste
sessioni notturne diventano il suo santuario, un momento in cui il mondo intorno
tace, permettendo alla sua creatività di fiorire.

La dedizione di Vanni al perfezionamento della sua arte lo
porta allo sviluppo di uno stile distintivo, segnato da pennellate sovrapposte
morbidamente, tratti decisi e spessi strati di colore. I ritratti, ai quali si
dedica in maniera pressoché esclusiva, si esprimono attraverso un racconto
essenziale, sviluppato quasi unicamente attraverso le linee dei volti e la
profondità degli sguardi. Questa sintesi pittorica, che tende ad eliminare
tutto il superfluo, la si ritrova anche nella composizione della sua tavolozza
che, ispirata ai canoni del tonalismo, presenta una ristretta selezione di
colori con cui dipingere la complessità sottile dell’anima.

La storia di Vanni Rocca, intrisa di passione e
trasformazione, trova nel 2020 un capitolo fondamentale, un anno di riconoscimenti
e di prime importanti affermazioni nel mondo dell’arte. È in questo periodo che
il suo lavoro inizia a raccogliere i frutti di un impegno instancabile,
segnando il suo ingresso nel panorama artistico con diversi successi.

Partecipa e vince alcuni concorsi di pittura estemporanea
organizzati nella sua amata Sardegna, dimostrando che il legame con la sua
terra natale è una fonte inesauribile di ispirazione e forza.

La sua partecipazione alla Biennale di Firenze si rivela un
successo e questo evento funge da trampolino di lancio, proiettando il suo nome
oltre i confini regionali. Contemporaneamente, inizia una collaborazione con
Arte Spazio, storica galleria di Sassari, che vede in lui un talento emergente
degno di nota e di esposizione. In questo anno di crescita e visibilità, alcune
delle sue opere vengono pubblicate su riviste d’arte indipendenti sia italiane
che americane, segnando il riconoscimento del suo stile unico e della sua
visione artistica su un palcoscenico internazionale.

Ma è forse quando la sua opera dedicata a Grazia Deledda,
premio Nobel per la letteratura e orgoglio sardo, viene accolta nella
collezione pubblica dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico, che arriva
il riconoscimento emotivamente più significativo per l’artista. Questo evento,
non solo onora la sua capacità di catturare l’anima della Sardegna e delle sue
figure iconiche, ma sottolinea anche il profondo legame tra la sua arte e la
cultura della sua terra.

Nel 2021, come continuazione naturale di un percorso già
ricco di soddisfazioni e riconoscimenti, inizia un nuovo capitolo nella sua
vita: Vanni prende la coraggiosa decisione di lasciarsi alle spalle la
sicurezza della già solida carriera nel campo informatico, per dedicarsi a
tempo pieno alla pittura. Questo salto di fede viene fatto non solo per seguire
la sua passione, ma è un impegno a vivere in maniera più autentica. È la
dichiarazione che l’arte non è solo una parte della sua vita, ma è la sua vita.

Alla ricerca di contaminazione e crescita, parte dalla
Sardegna per esplorare il vasto mosaico culturale dell’Europa. La sua tela
trova nuove ispirazioni tra i rigogliosi mandorleti dell’Andalusia, nelle
mutevoli maree del Mare del Nord, nei tranquilli porti delle città sul Mar
Baltico e nelle ombrose profondità della Foresta Nera. Ogni luogo aggiunge
strati al suo lavoro, mescolando il ricco patrimonio della sua terra natale con
le culture che incontra. Eppure, nonostante i numerosi viaggi e la varietà
delle sue esperienze, l’essenza della Sardegna rimane al centro della sua arte:
l’opera di Vanni è la testimonianza di come, per quanto si possa vagare
lontano, le nostre radici continuano a plasmarci e definirci.

La storia di Vanni Rocca è più di una biografia; è la
narrazione del coraggio di abbracciare il cambiamento, della caparbietà nel
perseguire la propria passione e della profonda connessione tra un artista e il
proprio patrimonio culturale.

È un promemoria di come il viaggio per la scoperta di sé e
della propria espressione creativa debba essere sia interiore che di
condivisione.























©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 







Il Blog L’ArteCheMiPiace da l’opportunità ad artisti emergenti ed affermati di usufruire di una vetrina in cui proporre il proprio talento, operando per la promozione e la valorizzazione degli stessi.


Ogni progetto promozionale diffuso sulle pagine di L’ArteCheMiPiace, compreso l’intervista, è soggetto a selezione e comprende approfondimento dei materiali forniti con consulenza, ricerca, redazione e diffusione.



Invia la tua candidatura alla seguente email: gigroart23@gmail.com


Oppure contattaci attraverso questo Form


1. Nome

2. Email

3. Testo


   

Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER



        

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 
L’autrice declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

I testi critici scritti dall’autrice e inseriti nel blog non possono essere utilizzati o riprodotti online o altrove senza una richiesta e un consenso preventivo. La riproduzione di articoli e materiale presente nel blog dovrà essere sempre accompagnata dalla menzione dell’autore e della fonte di provenienza.


Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 


L’autrice del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.


 















Leggi Ancora
Senza categoria

Riflessi di Interiorità Il Cammino Creativo di Davide Cupola

 L’ArteCheMiPiace – Interviste











Riflessi di Interiorità

Il Cammino Creativo di Davide Cupola





di Giuseppina Irene Groccia |17|Gennaio|2025|



L’arte di Davide Cupola è una testimonianza del suo percorso di ricerca e trasformazione, dove il disegno diventa strumento di esplorazione e comunicazione dei recessi più profondi del suo animo. Il suo incontro con Keith Haring, avvenuto in una fase di vita in cui l’arte sembrava un margine distante dai suoi progetti, ha acceso una scintilla che, con il tempo, è diventata una fiamma inestinguibile. Quella “lampadina” che si accende, la consapevolezza di una visione artistica unica, è alla base della sua continua evoluzione stilistica, che spazia dal minimalismo astratto al simbolismo figurativo.

In questo processo di ricerca, il suo lavoro si immerge nella tensione tra il vuoto e il pieno, tra l’espressione immediata dei sentimenti e la riflessione più ponderata. Ogni opera è un dialogo tra la fragilità e la forza, un invito a esplorare quelle contraddizioni e quelle vulnerabilità che la società tende a nascondere. Le sue tele diventano così una mappa emotiva, dove il linguaggio visivo non si limita a rappresentare, ma invita lo spettatore a entrare in contatto con qualcosa di più profondo, un ponte tra le esperienze individuali e collettive.



In questa intervista, l’artista ci guida nel suo mondo artistico, rivelandoci il suo processo creativo, ma anche le sue riflessioni sulla natura dell’arte e sulla sua funzione nella società contemporanea. La sua è una ricerca che non rappresenta solo un percorso estetico, ma si tratta di una vera e propria missione esistenziale, che è quella di “spogliarsi” attraverso l’arte, di sfidare le convenzioni e di comunicare attraverso il colore, il simbolo e la forma, emozioni e pensieri che trascendono la superficie delle cose.







Puoi raccontarci come hai iniziato il tuo percorso artistico? C’è stato un momento o un evento particolare che ti ha spinto verso l’arte?


Il mio percorso è iniziato un po’ indietro nel tempo, facevo la seconda media, i miei piani erano completamente differenti perché nella mia testa l’arte e il disegno erano solo a margine, io avrei voluto lavorare nell’ambito del commercio come mio padre, ma un giorno la professoressa Maggi di arte ci presenta lui, Keith Haring con la sua arte “strana e non conformista”, ricordo, a me non piaceva studiare storia dell’arte perché ai miei occhi era fatta solo di paesaggi ed immagini sacre o persone nobili, ma con i suoi soggetti stilizzati, i suoi “omini”, si è acceso qualcosa, una lampadina che poi è diventato un fuoco, che come le “fiamme eterne” nulla le spegne, ho iniziato a disegnare queste figure e più disegnavo, più mi veniva voglia di approfondire tutto quello che era arte.

Finché la prof.ssa Maggi ci diede un compito per l’estate. Al ritorno durante la consegna non credeva che quel disegno l’avessi fatto io perché come disse lei era “Cambiato”, così le risposi, con il mio solito modo sicuro ma sincero “Prof. questo l’ho fatto davvero io! Poi lei creda quello che vuole”, ma la mia prof.ssa aveva capito molto prima che quello era tutta farina del mio sacco, perché aveva quel famoso cambiamento nel modo di fare di guardare, così chiamò i miei genitori per dirgli che il liceo artistico sarebbe stata la strada giusta, ed aveva ragione, i miei supportarono l’idea a da lì è nato tutto, ho iniziato questo viaggio, e da passione è diventata ragione di essere.


Qual è il tema o il messaggio principale che cerchi di comunicare attraverso le tue opere?


Il tema principale che voglio trattare nelle mie opere è l’immersione in ciò che si è, quella parte più intima fatta di sentimenti, emozioni, contraddizioni che nascondiamo.

Quella parte che la nostra società non accetta molto volentieri:

una parte che ognuno di noi tiene nascosta perché viene ferita ogni volta che viene mostrata, invece con la mia arte io mi spoglio, mostro quelle fragilità che creano contatti tra me e lo spettatore, che creano ponti, condivisione, contrasti per arrivare a nuovi orizzonti di significato. Perché per me è importante parlare di ciò che si ha dentro





In che modo il tuo utilizzo del minimalismo astratto si intreccia con il simbolismo figurativo per creare un dialogo tra semplicità formale e complessità concettuale?   


Le mie opere nascono con lo scopo di portare una mia visione del “mondo” che sia uno stimolo interno o esterno, si dividono in due grandi raffigurazioni astratto e figurativo.

L’astratto un dialogo con il momento presente, un fluire di sensazioni che vengono poste sulla tela, al contrario il figurativo, una tecnica lenta, classica, pensata, dove i soggetti vengono raffigurati scegliendo con minuzia i loro gesti e diventano veicolo di messaggi.

Come disse Pasquale Di Matteo, critico d’arte internazionale “Per capire Davide Cupola c’è bisogno di un trattato di filosofia”; Il dialogo che si crea tra il minimalismo astratto e il simbolismo figurativo è lo stesso che nella psicoanalisi si crea tra i pensieri lenti e veloci, questa semplicità formale, sia nell’astratto che nel figurativo, veicola pensieri più profondi, come se in un dialogo si arrivasse al nucleo, al punto, da cui parte tutto, la famosa “causa scatenante”. Io che sono una persona molto confusionaria, che si fa trascinare dalla “biga alata”, l’arte diventa un dialogo di semplicità formale, in cui chi guarda deve entrare, immergersi in ciò che vede e dialogare per arrivare al suo punto di partenza, in questo modo i due mondi astratto e figurativo diventano un tutt’uno e trasmettono semplicemente due mondi distanti: uno fatto di pure emozioni ciò che non si può raccontare a parole, l’altro di ragionamento, di un fluire controllato, dettato dalla ragione e dalla tecnica.





Qual è il ruolo del vuoto o dello spazio non occupato nelle tue opere, e come pensi che influenzi l’interpretazione dello spettatore?


“Lo spazio vuoto” mi ha sempre affascinato. Quando ho iniziato ad utilizzarlo ho capito che era la fonte da cui il soggetto traeva più energia, nell’opera “Lonely”, dove questo bianco assordante da quel senso di solitudine e pace, è stata la prima a farmi analizzare nel profondo il “senso di vuoto” che non ha bisogno di niente per essere colmato perché senza di esso non si può apprezzare ciò che viene raffigurato all’interno.

Per me il “vuoto” è già in sé l’ambiente, lo sfondo dalle mille forme, per me è il necessario in questo momento per tutto ciò che viene creato al suo interno.

L’influenza che ha su chi guarda è molto varia, alcune volte persino solo soffermata sul mettere in risalto il soggetto, ma nel mio modo di vedere questo spazio è edificante, dà modo anche allo spettatore di vedere e prendere parte alla creazione con la propria fantasia, esperienza senza limiti di immaginazione, per creare quel famoso ponte di idee e dialogo che ricerco con chi mi guarda.






Come descriveresti il tuo stile artistico e come si è evoluto nel corso del tempo?


Il mio stile è sempre stato molto mutevole, non ho mai amato

descrivermi, etichettarmi con una determinata linea stilistica.

Le influenze sono state molteplici, dall’arte di strada con i classici Graffiti e “TAG”, per poi passare a Blu, Banksy, fino ad arrivare a Schiele e Bosch.

Sono nato come grafico, durante la mia esperienza al Liceo artistico, dunque l’influenza delle immagini visive pubblicitarie è sempre stata una costante, le mie prime opere erano molto vicine a questo mondo, poi la ricerca di arte più classica quasi al voler tornare indietro per trovare se stessi.

Adesso posso definirmi nel mezzo, “Un artista romantico che ha viaggiato nel tempo per trovarsi catapultato nel 2000” PopArt Romantica, se gli voglio dare un nome, ma io dipingo per quello che sento e provo, vivo, per me è molto difficile ancora definirmi, ci penseranno gli esperti del settore a farlo


Quali sono le principali fonti di ispirazione per il tuo lavoro? Ci sono artisti, movimenti o esperienze personali che hanno influenzato particolarmente la tua visione?


Se dovessi analizzare da dove prendo ispirazione per creare, dividerei in due macro aree esperienze esterne o stimoli interni. Le esperienze esterne sono tutti gli avvenimenti che mi accadono nella vita, paradossali, fuori dalla logica oppure semplicemente che mi lasciano un segno, potrebbe essere la battuta fatta alla mia fidanzata “In amore siamo tutti un po’ stercorari” da lì è nata l’opera “True love”, oppure un quadro che nasce davanti mentre cammini per strada, un cielo che cambia colore mentre si viaggia in macchina, o una frase detta

da una persona sconosciuta che faccia pensare.

Gli stimoli interni al contrario sono quelli dati da momenti in solitudine, ascoltando una canzone, leggendo un libro o una Graphic Novel, manga e in quest’ultimo periodo persino i videogiochi quelli più autoriali mi hanno fatto riflettere su campi emotivi, per non parlare dei film e le serie tv che creano da soli un campo talmente vasto che è difficile da catalogare, ma le esperienze interne sono quelle emozioni fatte in solitaria, con quel “vuoto” che ti fa apprezzare ciò che sei e come vedi il mondo, ma soprattutto che ti fa pensare a chi vuoi diventare.





Qual è il processo creativo che segui per realizzare le tue opere? Ci sono tecniche o rituali a cui sei particolarmente affezionato?


Il processo creativo credo che sia molto classico, nel momento in cui mi arriva uno stimolo, inizio a cercare delle reference, che possono essere degli sketch fatti in precedenza, oppure legati al mondo di internet, fonte inesauribile, clip video, pubblicità… per poi iniziare a ricreare nella mia testa tramite la visualizzazione creativa, una tecnica che permette di immaginare ciò che si vuole raffigurare per poi riportarlo nella realtà, senza la problematica tempo, un po’ come avere uno sketchbook infinito ed immediato, dunque ogni singolo momento è buono per creare opere finite immaginarie.

Per poi arrivare a due o tre immagini definitive che verranno riportate nella realtà per poi essere ulteriormente studiate per arrivare al definitivo. Ovviamente poi ci sono i rari casi in cui l’Arte arriva, si siede al tuo fianco e tu sei solo un mezzo, crei immediatamente senza freni e quello che ne esce è già per sé il definitivo, ma sono rari casi. La tecnica per me è sempre stata solo un mezzo, cioè in base all’idea sceglievo la tecnica più idonea per arrivare al risultato migliore.

Però adesso le mie opere sono prevalentemente ad olio perché mi permette una maggiore riuscita sia in termini visivi che espressivi, poi le eccezioni sono qualche tecnica mista come acrilico ed olio.


Che importanza attribuisci al colore nel tuo lavoro? Come scegli la tua palette e che significato ha per te il colore?


Il colore per me è fondamentale, soprattutto la scelta cromatica. Il mio percorso di studi grafici mi ha portato a studiare in modo estremamente approfondito l’utilizzo e la scelta del colore, per raggiungere e stimolare stati emotivi in chi guarda.

Partendo da regole basilari su come l’occhio umano percepisce determinati colori caldi o freddi, quali abbinamenti di colori creano nella mente associazioni familiari e di serenità e quali l’opposto. Il tutto viene mischiato con ciò che percepisco io nel momento in cui studio la palette cromatica di quell’opera per raggiungere le sensazioni, i moti dell’animo che sto provando.





Preferisci lavorare su tela in solitudine o trovi ispirazione anche da contesti collettivi, come workshop o eventi d’arte?


Nel momento in cui dipingo o semplicemente creo, idee, concetti su cui poi lavorerò, la solitudine è la compagna più fedele. Perché mi da modo di entrare in profondità, o nelle profondità di ciò che sto vivendo, con questo non disdegno gli eventi o il contatto con chiunque abbia passione, perchè grazie a loro posso conoscere, imparare ed approfondire la mia conoscenza. Ma la creazione è qualcosa di molto più personale, è quello spazio in cui difficilmente faccio accedere chiunque, non per avarizia ma per ritrovarmi ed esplorare chi voglio essere e ciò che penso di quel determinato momento nella storia.


Come vivi il rapporto tra l’arte e il pubblico? In che modo il feedback o le reazioni delle persone influenzano il tuo lavoro?


All’inizio del mio percorso il rapporto con il pubblico era molto difficile da accettare, magari per l’inesperienza, la critica era vista come un punto di fallimento e questo mi portava a nascondere ciò che facevo con il timore di sbagliare.

Maturando dal punto di vista artistico, ma soprattutto mentale adesso il confronto è quasi indispensabile, mi fa apprezzare ciò che non vedo, mi fa arrivare a concetti che probabilmente non avrei maturato, ovviamente avendo una personalità molto forte e basandomi principalmente sulle mie esperienze, il pubblico non influenza né la visione e nemmeno le scelte stilistiche che vado a compiere, perché lo vedo molto come un

percorso personale, ma il confronto è quello che mi ha fatto crescere e quindi lo accolgo.





C’è un’opera, tra quelle che hai realizzato, che consideri particolarmente significativa per te? Puoi raccontarci la sua storia?


Le opere a cui tengo o sono affezionato sono parecchie, ma l’opera che ha portato un cambiamento radicale in ciò che creavo in precedenza è stata “Lonely”.

L’opera raffigura un soldato della prima guerra mondiale, incamminarsi all’interno di un’ambientazione neutra, completamente bianca. Cammina stanco, affaticato, sotto il peso, non solo del suo equipaggiamento ma un peso morale, l’ombra di qualcosa che lo sovrasta e lo fa essere guardingo.

“Lonely” è nato quasi in modo casuale, come il fato ormai avesse deciso; stavo cercando un modo per riuscire a capire dove stiamo andando come società, si sente così tanto parlare di un momento storico confusionario: “Ma ci ragioniamo mai davvero?” Questa è la domanda che mi sono posto.

Un fondo bianco è stata la mia risposta quasi come se fosse lui il soggetto, e poi un uomo, armato fino ai denti pronto a tutto, “Ma pronto a cosa, perchè devi essere così tanto circospetto? Perché sei lì, pronto a fare a pezzi chiunque o qualunque cosa, non sarebbe meglio se invece di andare verso il nulla tornassi a casa?”

“Lonely” mi ha aperto gli occhi, mi ha fatto apprezzare il senso di semplicità, nel frastuono dei molteplici stimoli del mondo e che il nulla molte volte fa molto più rumore.


Come vedi il ruolo dell’arte nella società contemporanea? Pensi che il tuo lavoro contribuisca in qualche modo a questo ruolo?


Il ruolo dell’arte nella società contemporanea è parecchio complicato a mio modo di vedere, percepisco parecchia superficialità, quasi come se l’apparenza giochi un ruolo predominante, questa sua cornice ricca di decorazioni molte volte nasconde un quadro povero di significato.

Ma sono comunque un inguaribile romantico e per me “l’Arte salverà il Mondo” o comunque aiuterà a far sì di mostrare il bello, ed anche il meno bello per far capire a chi guarda che dobbiamo essere presenti in ciò che viviamo, in ciò che facciamo per vivere una vita colma di significato, perché si sà “Una grande persona è colui che lascia qualcosa” non al mondo intero ma semplicemente a qualcuno, che lasci il suo segno e ricordo.

Io non so se il mio lavoro contribuisca all’arte contemporanea,

ci spero? “assolutamente sì”, ma per adesso la parola Mondo suona ancora un po’ troppo grande per me, preferisco concentrarmi sulle persone, sui legami che si possono creare e i nuovi orizzonti che si stanno creando insieme, poiché “tante gocce fanno l’onda”.


Quali sono le maggiori difficoltà che hai affrontato come artista e come le hai superate?


Di difficoltà se ne incontrano molteplici, soprattutto se non si sceglie una strada canonica.

In primo luogo riuscire a trovare professionisti che valorizzano e tutelano la persona e l’arte, per questo la soluzione sembra ovvia, “ci si deve fare l’occhio” finché si trovano persone che credono in quello che fanno e aderire ai loro progetti.

Poi forse lo scoglio più grande è il giudizio, tante frasi che colpiscono nel profondo, all’inizio fanno male, gli sguardi un po’ di compatimento come se questa strada non fosse possibile…

Questo io lo combatto con il lavorare, il migliorare ciò che faccio, portando risultati concreti, con la resilienza come se ogni critica ogni momento no, fosse un passo fondamentale per raggiungere obiettivi che dipendono da me. Le ore di esercizio costante portano al miglioramento, come in ogni ambito della vita. Poi può sembrare banale ma il mio percorso è iniziato con un professore alle superiori che mi disse “Tu non sai dipingere”, io ho iniziato da li, se una persona è disposta a fare il necessario alcune volte può aiutare a raggiungere i propri obiettivi.


Recentemente hai partecipato a Visioni, il premio d’arte internazionale organizzato dall’associazione culturale Athenae Artis di Maria Di Stasio. Che esperienza è stata per te? C’è qualcosa di particolare che hai apprezzato o che ha arricchito il tuo percorso artistico?


Il premio d’arte Visioni è stato per me fonte di grande stimolo,

apprezzo molto Maria Di Stadio come professionista perché con iniziative di rilievo come questa da l’opportunità agli artisti di confrontarsi, di trovare sempre nuovi stimoli, ma soprattutto di guardare arte varia, che è sempre fondamentale per crescere, anche per Maestri con anni di esperienza.

Poter contare su realtà culturali come Athenae Artis è l’opportunità per noi artisti di arricchimento culturale e d’ispirazione, ma anche per il panorama italiano per conoscere una realtà viva e fiorente.


Le tue due opere presentate a Visioni sono state tra le protagoniste dell’evento, distinguendosi al punto da farti ottenere una menzione speciale. Puoi raccontarci il processo creativo che ti ha portato a realizzarle? C’è una storia, un significato o un messaggio particolare che volevi trasmettere attraverso di esse?


Ho voluto misurarmi, mettermi alla prova quest’anno presentando due opere totalmente astratte, e con mio grande piacere vederle così valorizzate, per cercare quel contatto profondo con chi guarda. Devo obbligatoriamente prenderle in esame separatamente, l’opera “Sin” è un’opera che parla dell’ uomo, dell’essere umano in quanto fragile e fallibile, il dipinto si focalizza sulla macchia di colore rosso che come un rigagnolo si insinua in questo colore nero, questa sezione nera

con dettaglio rosso, per me rappresenta ciò che noi abbiamo dentro, quela macchia indelebile che ci fa dire “se quel giorno avessi fatto… Avessi detto… Mi fossi fermato…” e poi seguito da quel senso di rimorso, ma all’interno del quadro ho inserito la speranza, la sezione bianca, luminosa, il nostro presente che ci ricorda che noi possiamo sbagliare ma che possiamo rimediare perchè dagli errori si impara e si cresce.

“Spray” al contrario pura energia, “com’è un’esplosione vulcanica vista da un Graffitaro?” pura energia esponenziale la risposta, colore spatolato, grumi e croste sul fondo, un’opera che nei miei occhi crea calore, attrazione, energia.




Quali progetti o obiettivi hai per il futuro? Ci sono nuovi ambiti o tematiche che vorresti esplorare?


I progetti per questo 2025 sono parecchi, parteciperò a tre cataloghi, uno dei quali è destinato all’Italia e uno al Giappone tradotto in lingua, dove 30 artisti scelti dal critico Pasquale Di Matteo proporrà alla terra del sol levante per creare un contatto culturale. Esposizioni a Firenze, Correggio, Bari, per poi puntare alla prossima mostra personale, probabile Natale 2025, i dettagli non sono ancora stati definiti, ma tratterà l’emozione più profonda in noi stessi. In quest’ultimo periodo mi sento parecchio in linea con questa ricerca del soggetto unico, con lo sfondo neutro e sicuramente continuerò la ricerca per trovare un mio stile artistico. Come nuova esperienza, una performance artistica basata sull’ascolto di ciò che mi vuole dire una persona per poi tradurla in segno istantaneo, per immortalare per sempre quell’attimo. Però il mio fine e scopo è centralizzare sempre di più i sentimenti e le emozioni.






Contatti dell’artista


Email davidecupola@gmail.com

Facebook Davide Cupola

Instagram davidecupola_art













Mi sono diplomato al Liceo artistico Bruno Cassinari (PC)
nell’anno 
2017- 2018.

Ho approfondito la mia conoscenza pittorica ed artistica,
seguito da un ex professore di pittura ed artistica, nei due anni successivi. per
poi iniziare il mio percorso personale nel mondo dell’arte.




Nel 2024 ho partecipato:

● Mostra collettiva a Cremona “La leggenda del violino”

● Expò Internazionale d’Arte, visual Art’s Great Trophy
“Golden Eagle

2024”

● Festival GlobalArt International Art “La via dei Ciliegi”.

● “I’M” personale d’arte presentata dal critico
internazionale Pasquale

Di Matteo.

● Premio Nazionale di Pittura “Ulivigneto 2024” sezione 1 ,
primo

premio.

● Premiato con Borsa di studio al “Premio Mestre di Pittura
2024”.

● Menzione speciale al Premio d’arte “Visioni” di Salerno.

● “Vite al Femminile”, Roma, esposizione Art Global.

● “Sfida tra talenti” esposizione, Torre Pelosa, Bari.

























©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 







Il Blog L’ArteCheMiPiace da l’opportunità ad artisti emergenti ed affermati di usufruire di una vetrina in cui proporre il proprio talento, operando per la promozione e la valorizzazione degli stessi.


Ogni progetto promozionale diffuso sulle pagine di L’ArteCheMiPiace, compreso l’intervista, è soggetto a selezione e comprende approfondimento dei materiali forniti con consulenza, ricerca, redazione e diffusione.



Invia la tua candidatura alla seguente email: gigroart23@gmail.com


Oppure contattaci attraverso questo Form


1. Nome

2. Email

3. Testo


   

Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER



        

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 
L’autrice declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

I testi critici scritti dall’autrice e inseriti nel blog non possono essere utilizzati o riprodotti online o altrove senza una richiesta e un consenso preventivo. La riproduzione di articoli e materiale presente nel blog dovrà essere sempre accompagnata dalla menzione dell’autore e della fonte di provenienza.


Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 


L’autrice del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.





Leggi Ancora
Senza categoria

Il peso dell’anima – Il nuovo viaggio poetico di Umberto Romano

 








Il peso dell’anima

Il nuovo viaggio poetico di Umberto Romano





di Redazione |14|Gennaio|2025|


Con la recente pubblicazione de “Il peso dell’anima”, Umberto Romano ci regala una raccolta poetica che scava nel profondo della nostra sensibilità, intrecciando versi delicati e malinconici con interrogativi universali. La copertina è impreziosita dall’opera Tratti in dispersione di Giuseppina Irene Groccia, scelta da Umberto Romano dopo esserne rimasto colpito durante una recente mostra personale dell’artista. Questo lavoro, con i suoi tratti fluttuanti e le forme in dissolvenza, riflette perfettamente la fragilità e l’introspezione dei versi della raccolta. La collaborazione rappresenta un autentico dialogo tra due sensibilità artistiche, unendo poesia e arte visiva in un connubio che arricchisce l’esperienza del lettore e sancisce una profonda stima reciproca tra i due artisti.


Al centro della raccolta, Umberto Romano esplora il tema della fragilità dell’anima, interrogandosi sul suo “peso” in senso metafisico ed esistenziale. Attraverso versi intrisi di introspezione, l’autore evoca immagini di struggente bellezza, ponendo domande che affondano le radici nel pensiero biblico e nei più profondi interrogativi della nostra esistenza: Quanto pesa l’anima? E cosa resta di noi quando essa si separa dal corpo? Domande che, come il soffio di vento evocato dall’autore, attraversano le pagine per risuonare nell’animo del lettore, lasciando un senso di dolce rimpianto.

Umberto Romano, poeta e pittore calabrese dalla profonda sensibilità, riesce a intrecciare le sue passioni artistiche in un percorso creativo in cui la scrittura e la pittura si completano a vicenda. La sua poesia, pur mantenendo una semplicità di linguaggio, si carica di significati complessi e di forte impatto emotivo, affrontando tanto i temi intimistici dell’animo quanto le problematiche sociali. La sua dedizione verso cause umanitarie, come la lotta per l’indipendenza del popolo Saharawi e il fenomeno delle migrazioni, emerge in ogni aspetto della sua produzione artistica, confermando il suo impegno a tradurre la realtà in arte e denuncia.

In Il peso dell’anima, l’autore compone un mosaico di emozioni che attinge alla memoria come filo conduttore di un viaggio lirico straordinario. Attraverso una scrittura che si nutre del suo mondo interiore, egli ci guida in un paesaggio fatto di ricordi e sentimenti, dove ogni parola è scelta con cura per accendere nel lettore una vera e forte risonanza emotiva. Le poesie si trasformano così in una campionatura di stati d’animo, sospesi tra il mistero della memoria e la bellezza del presente, invitando a riflettere sull’essenza stessa della vita.

La forza di questa raccolta risiede nella sua capacità di trattare temi universali in modo diretto e accessibile, senza mai rinunciare alla complessità dei messaggi sottesi. Con Il peso dell’anima, Umberto Romano non si limita a proporre versi, ma ci offre uno specchio in cui riflettere su noi stessi, sulle nostre fragilità e sul vero significato del nostro passaggio in questa vita. Un’opera che, nelle parole dell’autore, si attacca al cuore del lettore, scaldandone l’anima in questi giorni difficili.



Disponibile su Amazon e nelle librerie, Il peso dell’anima è un appuntamento imperdibile per chi cerca una poesia che sa parlare al cuore con forza e autenticità.





Clicca sulla copertina per richiedere il libro su Amazon





















 Umberto Romano nasce a Rossano nel 1952, dove attualmente vive, quando non è in viaggio nei paesi dell’Africa ed attualmente USA.

Nasce artisticamente 20 anni fa come scrittore e poeta, narrando i suoi viaggi nei Diari pubblicati. Tra una pubblicazione e l’altra Imbratta tele. 

Qui trovi tutte le sue pubblicazioni

Umberto Romano – Bibliografia 



Qui trovi la galleria online dei suoi dipinti

Umberto Romano – Artista Contemporaneo


Scrivono di lui:



Nella poesia di Umberto Romano alcuni temi tornano insistenti, velati da una malinconia ora sotterranea, ora esplicita.

Egli- anche questa volta-riprende i motivi che la lunga consuetudine e gli anni hanno reso come suo particolare privilegiato patrimonio.

Sunt lacrimae rerum, possiamo dire, quando davanti ai nostri occhi si stagliano le immagini della sofferenza, della discriminazione, della violenza.

Salamina, aldilà della mappa geografica, esiste in ogni luogo in cui qualcuno, pur trovandosi in condizioni di inferiorità numerica, si batte per la propria vita e la propria libertà.

E poi il tema dell’ amore, che intreccia i ricordi dei momenti vissuti con passione o tenerezza a quelli di oggi, quando l’ anima diviene preda della nostalgia e si volge a guardare il passato felice.

Le sue passioni trasferite nei versi, senza filtri o infingimenti, questo coglie tra le righe anche il lettore distratto o sprovveduto.


Giuseppe De Rosis

Avere il mal d’Africa e cercare di diffonderlo in Italia e in Europa con libri e quadri, lo fa Umberto Romano, viaggiatore, documeualmententarista calabrese assurto di recente alle cronache d’arte. Portatore sano d’immagini etnical retaggio di una cultura postcoloniale, esotica, quella delle Afriche mediterranee in primis, oggi in primo piano, alimentata dall’ immaginario non proprio immaginato degli sbarchi sulle coste. Ma l’Africa bisogna viverla, come Umberto Romano, da Rossano, artista e scrittore che annette l’arte etnica ad un’azione continua, vocazionale, laica di assistenza concreta sur place, nei luoghi interni del continente che definiamo “nero” ma che in realtà conserva integri tutti i colori del mondo. Romano predilige effetti chiaroscurali monocromi,in specie nella tematica che ci riporta agli anni in cui era intenso l’interesse per “l’ambiente” esotico, più di oggi, quando l’esotismo ha lasciato il passo all’etnical language, meno folk romantico e più documentato e solidale, come quello di Romano. La mano pittorica tendente al racconto d’impressioni, talvolta naife, emerge e si avvertono tutti i solidi elementi descrittivi di chi crede nella pittura d’affetto e nella narrazione emotiva, di primo impatto, con colori nudi e crudi. Insieme ai dipinti, Romano vanta un vasto index di pubblicazioni  sull’ argomento.

Donat Conenna (Critico d’Arte)

L’esperienza dello scrittore-poeta Umberto Romano, e la capacità di cogliere in versi e prosa le emozioni, la rabbia, i bisogni della gente, manifestando l’affetto fraterno verso il popolo sahrawi, mi toccano nel profondo dell’animo. La testimonianza di solidarietà espressa nelle sue opere nei confronti del nostro popolo, che lui ha conosciuto direttamente nei suoi viaggi, grazie alla sua sensibilità artistica, fanno conoscere la nostra storia, troppe volte dimenticata. 

Nel presentare l’opera alla platea Europea, la speranza è che sempre più le nostre culture possano incontrarsi e comunicare, al fine di contribuire alla libertà dei popoli oppressi.

Mohammed Sidati- 

(Ministro Sahrawi Resp. Europa)

Contatti dell’autore  

Email roro3@libero.it

Phone 329.2345941



















©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 







Il Blog L’ArteCheMiPiace da l’opportunità ad artisti emergenti ed affermati di usufruire di una vetrina in cui proporre il proprio talento, operando per la promozione e la valorizzazione degli stessi.


Ogni progetto promozionale diffuso sulle pagine di L’ArteCheMiPiace, compreso l’intervista, è soggetto a selezione e comprende approfondimento dei materiali forniti con consulenza, ricerca, redazione e diffusione.



Invia la tua candidatura alla seguente email: gigroart23@gmail.com


Oppure contattaci attraverso questo Form


1. Nome

2. Email

3. Testo


   

Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER



        

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 
L’autrice declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

I testi critici scritti dall’autrice e inseriti nel blog non possono essere utilizzati o riprodotti online o altrove senza una richiesta e un consenso preventivo. La riproduzione di articoli e materiale presente nel blog dovrà essere sempre accompagnata dalla menzione dell’autore e della fonte di provenienza.


Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 


L’autrice del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.



Leggi Ancora
1 2
Page 1 of 2