L’ArteCheMiPiace – Divagazioni sull’arte
di Giuseppe Cicozzetti |29|Aprile|2023|
« Non c’era nessuno intorno che
guardasse quello che facevo – nessuno interessato – nessuno che dicesse
qualcosa in un modo o nell’altro ».
Così diceva di sé e del suo
lavoro Georgia O’Keeffe all’esordio di una carriera che più tardi l’avrebbe
consacrata tra le più influenti figure dell’arte contemporanea.
lavoro. Nessuno. Tranne uno: Alfred Stieglitz. Lei giovane pittrice, lui già
affermato fotografo (per gli Americani Stieglitz è quello che per noi è
Michelangelo), si avvicinarono, si stimarono e nonostante la differenza d’età
che li separava – oltre vent’anni – si amarono. Per sempre.
©Alfred Stieglitz
Si accolsero l’un l’altra come
la terra accoglie la pioggia, come due anime che si cercavano ignorando
l’esistenza: lui la guardava e lei nasceva nei suoi occhi.
la celebra fino a farla divenire una tra le donne più fotografate del XX
secolo. Stieglitz è rapito dalla profondità dello sguardo, adora le sue mani
(ne farà una serie di sconvolgente intensità), i suoi occhi, il suo corpo nudo
in una combinazione di grazia e forza nell’intreccio morbido di curve generose
e sensuali.
insieme celebrarono i limiti umani di un amore assoluto, un amore esistente
prima della sua apparizione. Il tempo che li separò dal matrimonio fu testimone
di una ricchissima corrispondenza epistolare (“My Faraway one”: SelectedLetters of Georgia O’Keefe and Alfred Stieglitz, 1915-1933 a cura di Sarah Greenough)
di circa quarantamila lettere scritte con il febbrile desiderio di unirsi in un
solo alito, e attraversate da una disperata sensualità.
corpo vuole il mio come il mio vuole il tuo – i baci – il caldo – l’umidità –
tutto si fonde – l’essere tenuto così stretto da far male – lo strangolamento e
la lotta”
prese con il divorzio dalla moglie. Così è l’amore, per insediarsi deve prima
distruggere.
Lo sguardo fotografico di Stieglitz per
Georgia è assoluto, è la sintesi tra musa e artista; è caldo, umano,
devozionale; è celeste e terreno insieme. Georgia, i suoi occhi, le sue mani,
il suo corpo sono al centro di una ricerca formale che deflagra come
un’esplosione di rinnovata vitalità: le immagini che vediamo non sono soltanto
ritratti, sono la consacrazione di un amore che travalica il limite del
comprensibile, che intende fuoriuscire dall’angusta dimensione privata per
definirsi nell’universalità del sentimento.
Una storia d’amore, una vita al plurale.
E la drammatica e bellissima sensazione che la vita non può essere vissuta
lontano dall’altro. Stieglitz ritrae Georgia ma davanti a sé non ha solo il
corpo di una donna, la sua donna, ha piuttosto di fronte l’obiettivo l’imago
idealizzata di un amore fattosi carne nell’avvolgente desiderio di amare a sua
volta. E di fronte a questo profluvio di grazia i nostri occhi si chiudono,
umidi solo di quel bagliore che amiamo chiamare lacrime.
©Alfred Stieglitz
Giuseppe Cicozzetti, critico fotografico, curatore. Scrive per riviste specializzate quali Foto.it, Artapp, Gente di Fotografia.
Ha collaborato con numerosi fotografi italiani e internazionali scrivendo prefazioni alle rispettive pubblicazioni.
Dal 2015 Collabora con l’Associazione Mediterraneum per l’allestimento delle edizioni del MedPhotoFest, di cui cura il catalogo annuale.
Dal 2018 è membro della Fototeca Siracusana con cui partecipa alla cura dell’Estate Fotografica Siracusana, curando mostre e scrivendo i testi per il catalogo.
Su Facebook gestisce Scriptphotography, una seguitissima pagina di divulgazione e cultura fotografica. Vive a Modica.
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