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Aprile 2023

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ALFRED E GEORGIA… una storia d’amore

   L’ArteCheMiPiace – Divagazioni sull’arte 



ALFRED E GEORGIA

una storia d’amore





di Giuseppe Cicozzetti   |29|Aprile|2023|




« Non c’era nessuno intorno che
guardasse quello che facevo – nessuno interessato – nessuno che 
dicesse
qualcosa in u
n modo o nell’altro
».
 


Così diceva di sé e del suo
lavoro Georgia O’Keeffe all’esordio di una carriera che più tardi l’avrebbe
consacrata tra le più influenti figure dell’arte contemporanea. 

©Alfred Stieglitz


Nessuno era interessato al suo
lavoro. Nessuno. Tranne uno: Alfred Stieglitz. Lei giovane pittrice, lui già
affermato fotografo (per gli Americani Stieglitz è quello che per noi è
Michelangelo), si avvicinarono, si stimarono e nonostante la differenza d’età
che li separava – oltre vent’anni – si amarono. Per sempre. 









 ©Alfred Stieglitz


Si accolsero l’un l’altra come
la terra accoglie la pioggia, come due anime che si cercavano ignorando
l’esistenza: lui la guardava e lei nasceva nei suoi occhi. 


 ©Alfred Stieglitz


Di lei Stieglitz aveva sete,
la celebra fino a farla divenire una tra le donne più fotografate del XX
secolo. Stieglitz è rapito dalla profondità dello sguardo, adora le sue mani
(ne farà una serie di sconvolgente intensità), i suoi occhi, il suo corpo nudo
in una combinazione di grazia e forza nell’intreccio morbido di curve generose
e sensuali.


 ©Alfred Stieglitz


Erano artisti insieme e
insieme celebrarono i limiti umani di un amore assoluto, un amore esistente
prima della sua apparizione. Il tempo che li separò dal matrimonio fu testimone
di una ricchissima corrispondenza epistolare (“My Faraway one”: SelectedLetters of Georgia O’Keefe and Alfred Stieglitz, 1915-1933 a cura di Sarah Greenough)
di circa quarantamila lettere scritte con il febbrile desiderio di unirsi in un
solo alito, e attraversate da una disperata sensualità.
 



. “Mi chiedo se il tuo
corpo vuole il mio come il mio vuole il tuo – i baci – il caldo – l’umidità –
tutto si fonde – l’essere tenuto così stretto da far male – lo strangolamento e
la lotta”

scrive lei mentre Stieglitz è alle
prese con il divorzio dalla moglie. Così è l’amore, per insediarsi deve prima
distruggere.


©Alfred Stieglitz

Lo sguardo fotografico di Stieglitz per
Georgia è assoluto, è la sintesi tra musa e artista; è caldo, umano,
devozionale; è celeste e terreno insieme. Georgia, i suoi occhi, le sue mani,
il suo corpo sono al centro di una ricerca formale che deflagra come
un’esplosione di rinnovata vitalità: le immagini che vediamo non sono soltanto
ritratti, sono la consacrazione di un amore che travalica il limite del
comprensibile, che intende fuoriuscire dall’angusta dimensione privata per
definirsi nell’universalità del sentimento.


 ©Alfred Stieglitz

Una storia d’amore, una vita al plurale.
E la drammatica e bellissima sensazione che la vita non può essere vissuta
lontano dall’altro. Stieglitz ritrae Georgia ma davanti a sé non ha solo il
corpo di una donna, la sua donna, ha piuttosto di fronte l’obiettivo l’imago
idealizzata di un amore fattosi carne nell’avvolgente desiderio di amare a sua
volta. E di fronte a questo profluvio di grazia i nostri occhi si chiudono,
umidi solo di quel bagliore che amiamo chiamare lacrime.



 ©Alfred Stieglitz







































Giuseppe Cicozzetti, critico fotografico, curatore. Scrive per riviste specializzate quali Foto.it, Artapp, Gente di Fotografia. 

Ha collaborato con numerosi fotografi italiani e internazionali scrivendo prefazioni alle rispettive pubblicazioni. 

Dal 2015 Collabora con l’Associazione Mediterraneum per l’allestimento delle edizioni del MedPhotoFest, di cui cura il catalogo annuale. 

Dal 2018 è membro della Fototeca Siracusana con cui partecipa alla cura dell’Estate Fotografica Siracusana, curando mostre e scrivendo i testi per il catalogo.

Su Facebook gestisce Scriptphotography, una seguitissima pagina di divulgazione e cultura fotografica. Vive a Modica.  






































La Rubrica Divagazioni sull’Arte ospita articoli redatti da autorevoli amici e sostenitori del Blog L’ArteCheMiPiace, i quali ci offrono la possibilità di attingere ad emozioni e conoscenze, attraverso la condivisione di pensieri e approfondimenti.


©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 



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VENEZIA FANTASMATICA MOSTRA FOTOGRAFICA di Giacomo Sinibaldi

   L’ArteCheMiPiace – Segnalazione Eventi


VENEZIA FANTASMATICA
MOSTRA FOTOGRAFICA
di Giacomo Sinibaldi

VENEZIA

La normalità non abita a Venezia!

La sua bellezza, la sua atmosfera, la sua unicità, la
rendono un luogo a parte, una sorta di Terzo Paesaggio.

Venezia puoi abitarla, come l’abitano i veneziani che
accolgono i turisti e gli stessi turisti che si spargono tra i palazzi, tra le calle e le gondole,
sui vaporetti e l’acqua dei canali.

Venezia puoi viverla come la vivono coloro che la “sentono”
e non vanno alla ricerca dei suoi tesori.

Venezia è un tesoro in sé stessa, da vivere in sospensione,
con la mente volatile, senza ascoltare, senza guardare.

Venezia è quella che è sempre stata, quella che hai
incorporato la prima volta e che ti porti sempre dentro.

Venezia è l’essenza di ciò che è e non è: eterea, immateriale,
fantasmatica, vissuta attraverso i sogni, i desideri, le inquietudini e, a volte,
il terrore per la sua sorte.





Autore Giacomo Sinibaldi

Titolo Venezia Fantasmatica

presso Spumanteria All’Opera

Galleria Cavour, 8-8A Reggio Emilia.


Dal 30 Aprile al 11 giugno

Orario dal lunedì a domenica 

 10.30 – 15.00 e 17.00 –
24.00






GIACOMO SINIBALDI RACCONTA GIACOMO SINIBALDI FOTOGRAFO



Sono nato a Pescara nel 1950 ed ho cominciato a fotografare
all’età di 14 anni con una Kodak a soffietto del 1936 di mio padre. A 16 anni
ho acquistato la prima macchina fotografica ‘personale’, una Ferrania LINCE 3,
con il primo salario del lavoro di “sguattero” in un ristorante.

Laureato in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Torino,
dopo una vita da Dirigente Industriale presso aziende private, sono attualmente
in pensione e mi dedico alle mie grandi passioni: la famiglia (figli e nipoti),
la fotografia e l’arte in genere, la cucina.

La prima reflex l’ho acquistata usata nel 1986 da un
collega; era una Yashica FX-3 completa di una buona serie di ottiche. Ho usato
macchine Yashica per molto tempo prima di passare a Nikon, anche perché sono da
sempre convinto che non è la tecnologia che fa la fotografia, quanto l’occhio
ed il cuore.

Per anni mi sono dedicato alla diapositiva, sia in bianco e
nero che a colori, con la convinzione di stabilire un filo diretto tra idea e
risultato, senza interventi esterni sull’immagine, perché ritengo che il
fotografo debba costruire l’immagine prima dello scatto e non dopo.

Per questo motivo non ho voluto mai sviluppare e stampare
personalmente le mie foto.

Sono iscritto all’ATERNUM FOTOAMATORI ABRUZZESI dal 1994.

Nel 2007 ho ricevuto dalla FIAF (Federazione Italiana
Associazioni Fotografiche) l’Onorificenza di Benemerito della Fotografia
Italiana (BFI) ed ho continuato a dedicare alla fotografia ed all’associazione
il massimo impegno, principalmente con l’organizzazione di eventi e la
divulgazione in generale, oltre che con la realizzazione di progetti
fotografici personali.

 

A novembre 2014 sono stato nominato Delegato FIAF per la
Provincia di Pescara.

Da aprile 2015 rivesto il ruolo di Coordinatore Artistico
Regionale (CAR) per l’Abruzzo in relazione al progetto fotografico nazionale
FIAF “TANTI PER TUTTI” (Viaggio nel Volontariato Nazionale).

 

Avendo svolto l’attività di manager per tanti anni, da sempre
uso la macchina fotografica come la penna ed il block notes con i quali
prendere appunti ed annotare le sensazioni da elaborare per ricostruire
ambienti e realizzare racconti da condividere con altri.

La tecnologia ha sostituito la penna ed il block notes con
il computer, così come la pellicola con il digitale. Io sono passato dalla
“bella fotografia” alle pennellate ambientali attraverso bit graffiati sulla
memoria.

L’esperienza professionale mi ha rafforzato la convinzione
che musica, disegno tecnico e fotografia sono tre linguaggi universali: avere
uno spartito, i disegni di un progetto meccanico o di un impianto elettrico, le
foto relative agli argomenti da trasmettere consentono di stabilire relazioni
con persone molto differenti per lingua, cultura, tradizioni.

La fotografia come linguaggio universale, al pari della
musica, della pittura e delle arti grafiche in generale. Linguaggio di alto
livello che bisogna sviluppare e far conoscere.

Forse per questo sono alla continua ricerca di nuove
modalità descrittive attraverso l’immagine, di nuovi argomenti di interesse e
di nuovi linguaggi ambientali.

Pur avendo una estrazione fortemente tecnica, sono convinto
che il tipo di macchina fotografica non è determinante per esprimere la nostra
capacità, così come il tipo di computer non ha importanza per scrivere una mail.
 

 


 


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UN ARMONICO LIRISMO NELL’ ASSEMBLAGE ART DI LA CHIGI

 L’ArteCheMiPiace – Interviste












UN ARMONICO LIRISMO 

NELL’ ASSEMBLAGE ART DI 

LA CHIGI


L’arte è per me relazione e scambio con gli altri ed è
quindi per me un bisogno primario. E’ respiro e visione di mondi che permette
di agire il presente, osservandolo con lucidità, senza subirlo e può aiutare a
immaginare – e quindi creare – il futuro che vogliamo per noi.


La Chigi







di Giuseppina Irene Groccia  |22|Aprile|2023|



La ricerca artistica, che ha come obiettivo la creazione di
uno spazio in cui si conciliano arte e fantasia, incontra nell’opera di La
Chigi
un’ispirazione poetica in cui la memoria e i luoghi del mondo divengono
ricerca incessante di soluzioni illimitate, in un confine dove l’equilibrio
creativo e quello intellettivo sembrano sfumarsi.

Le sue piccole installazioni sono archetipi ben delineati dalla tecnica dell’assemblaggio, del collage o del ready made: ci stupiscono
con effervescenze liriche che destano nei fruitori condizioni di indefinita
gioia. 

Tuttavia, un equilibrio visivo si percepisce nella loro naturale
manifestazione armonica. Tutte le opere sono correlate dal desiderio di
ricreare e ricostruire un’idea sociale attraverso la creatività. 

Si tratta di
un corpus di installazioni con visioni surreali, in cui le ambientazioni
vengono ispirate da memorie e ricordi finalmente adagiati in piccole scatole di
latta riciclate
.

È con questa modalità artigianale che le vecchie scatolette
di latta per sardine diventano i luoghi individualizzati del proprio percorso
esistenziale, un mondo che appare immerso in un contenitore ridottissimo per
dimensione, ma illimitato nel racconto che emerge dalla visione.  

La miscellanea di oggetti e personaggi in un
unico elemento conferiscono caratterizzazione, fisicità e concetto a materiali
poverissimi, di scarto, riuscendo nell’obiettivo di vivificare e riscattare
questa materia. 

Questi scrigni di ricordi nascono da una prassi metodologica
all’insegna della lentezza e della meticolosità, due caratteristiche che sono
alla base della tecnica utilizzata dall’artista. 

Ogni installazione non ha la
funzione tipica di un banale contenitore, ma appare come una stanza che ha
sedimentato e poi fatto emergere il racconto di una storia, puntellata da
percorsi, oggetti, feticismi, donne e uomini che intrecciano i loro percorsi,
creando illusioni tridimensionali altamente armoniche dal punto di vista
estetico. 

Se ci fermiamo ad osservarle con attenzione, ognuna nasconde un
lirismo profondo, mai distopico, bensì immerso nella realtà. All’interno di
ogni piccolo contenitore, il labirinto del vissuto individuale e collettivo
sembra essere in connessione, sempre e comunque: una relazione agente e
dinamica che ha uno scopo ben ricercabile.  

Infatti, il fine ultimo si concilia con l’idea originaria di rendere
possibile e plausibile l’illusione di rivivere, in opere minimali, una realtà
visiva capace di testimoniare associazioni di visioni partorite dalla fantasia
stessa di chi le guarda.

Le opere di La Chigi rappresentano il risultato di una
complessa idea, quella di manifestare un mondo in cui, ogni oggetto, assume una
funzione ontologicamente diversa dal suo consueto utilizzo e fruizione.  

Il suo significato d’uso originario, a questo
punto, diviene un riferimento immoto sullo sfondo di una nuova armonia visuale,
manifesta e appariscente, questa sì, reale, seppur partorita dalla fantasia
creativa dell’artista, nel miracolo di una nuova quanto meravigliosa esistenza.










“Destino” Serie Janas 2020 







Ciao Chiara e benvenuta su L’ArteCheMiPiace.



Raccontaci innanzitutto della scelta del tuo nome d’arte La
Chigi. Come nasce?

Amo molto giocare con le parole e col linguaggio. Il mio
nome d’arte è proprio un gioco linguistico.

E’ infatti una crasi, cioè l’unione, del mio nome e del mio
cognome, preceduto dall’articolo. Questa doppia componente, potremmo dire, è
visibile anche nella mia firma, che si sviluppa a partire dal mio monogramma.
Un modo per essere ancora più me stessa, al riparo da omonimie.









“Gli amanti, la strada” Serie Janas 2020



Tornando indietro alla genesi del tuo percorso, quando
inizia la tua passione per l’arte?

La passione per l’arte inizia durante gli anni del liceo,
vedendo sui libri di scuola minuscole riproduzioni – indimenticabili quelle di
opere di Tiziano (ultimo periodo), Zurbaran, Bosch e Goya – e poi in viaggio
d’istruzione le opere di Grünewald nella chiesa di Colmar e la cappella degli
Scrovegni
a Padova.

Durante il mio primo viaggio a Trento, la città dove ora
vivo, prima dell’inizio del mio percorso universitario ho poi incontrato
l’Amalassunta di Licini nelle sale del Mart ed è stato amore. Durante gli anni
universitari, in Lettere moderne a indirizzo storico-artistico, ho continuato a
studiare storia dell’arte e a frequentare anche per ragioni di studio il Mart,
il museo d’arte contemporanea di Trento e Rovereto, durante la direzione di
Gabriella Belli. L’idea di diventare artista è nata negli anni duemila, in
questo contesto.

L’interesse per il contemporaneo è diventato sempre più
forte con un corso universitario tenuto dal professor Roberto Pinto e
soprattutto grazie alle costanti visite alla Galleria Civica di Trento, dalla
direzione di Fabio Cavallucci, che ha portato in città artisti internazionali e
Manifesta 7. Ho potuto così conoscere il lavoro di importantissimi
contemporanei che utilizzano medium e linguaggi differenti, di scriverne e poi
anche di collaborare a un progetto con i Superflex.



Illuminazioni – Serie Janas – 2020


Quali artisti contemporanei hanno maggiormente influenzato
il tuo lavoro?

Sicuramente l’arte delle neoavanguardie del Novecento:
Duchamp e il movimento DADA per l’idea di ready-made in primis ma anche il
surrealismo e poi l’arte concettuale. Infatti trasformo una scatola, meglio se
di pesce, in una piccola casa/mondo, con oggetti che spesso sono trovati.
Surrealista è invece l’utilizzo di oggetti concepiti espressamente per altre
funzioni e quindi collocati in scatoletta che creano scenari un po’ surreali e
onirici attraverso associazioni metaforiche e analogiche. L’aspetto concettuale
emerge nei titoli che chiamano in causa lo spettatore. Il procedimento stesso
alla base della trasformazione della scatoletta in Casa è una rilettura dello
spazio in chiave concettuale: lo spazio ristretto e chiuso di un oggetto, nato
per “ospitare” del cibo, è diventato, in un gioco di ossimori, Casa, piccola ma
della “giusta” misura, aperta agli sguardi e finestra tra il mondo degli altri
e il mio. Il limite è diventato possibilità prima mentale e poi fisica per
creare condomini di storie, nuovi modi per trovarsi e nuovi mondi per noi.

Amo poi moltissimo il lavoro di Maurizio Cattelan e di
Marina Abrambovich, il primo per la sua caustica ironia e la seconda per la
capacità di entrare in relazione profonda con lo spettatore. Poterla
incontrare, durante “512” alla Serpentine Gallery di Londra, ed
“entrare” nel suo lavoro è stata una delle esperienze più forti della
mia vita.







“Distanziamento” Installazione 2022



Tra le diverse esperienze artistiche avute quale ti rende
più orgogliosa?

Direi la prossima proprio perché sono in costante ricerca!

Sono molto legata ad alcuni progetti di arte relazionale
perché mi hanno permesso di mettermi in ascolto di altre persone e di lavorare
con loro alla costruzione di qualcosa di nuovo, in particolare quello
realizzato con 14 signore di un Centro Anziani di Trento, città in cui
attualmente vivo. Abbiamo ricamato insieme per un anno la parola
distanziamento”, superando così l’isolamento e il distanziamento imposto dalla
pandemia, creando su dei fazzoletti un enorme arcobaleno (3,5 m) di unione e di
speranza. Senza conoscerci, abbiamo lavorato insieme per creare qualcosa che
c’era, un nuovo tessuto per una nuova comunità.

Ancora più di recente ho lavorato a una mostra in un rifugio
antiaereo, soprannominato Bunker, mettendo le mie opere in dialogo con lo
spazio e coinvolgendo la cittadinanza per fare memoria del periodo pandemico
appena trascorso.







“A riveder le stelle” Serie Janas 2020



E quali sono le
tematiche che maggiormente affronti attraverso il tuo lavoro?

Lavoro sulle relazioni tra le persone, tra loro e con il
loro spazio domestico, e i limiti e le possibilità del linguaggio e quindi
della comunicazione. Mi affascina l’essere umano, con le sue contraddizioni.
Osservo i problemi del nostro presente e il modo in cui vengono raccontati e il
modo in cui agiamo e lo rappresento. Con il linguaggio creiamo mondi, ponti o
barriere e prigioni. Rifletto quindi molto sulle parole, creando dei giochi
linguistici
con esse, ad esempio per i titoli delle mie mostre o per gli stessi
titoli delle mie opere sono una parte fondamentale del mio lavoro e una chiave
di lettura per capirlo.

L’arte deve aumentare la nostra consapevolezza sul presente,
permetterci di capirlo meglio, magari guardandolo da una prospettiva
differente, e allo stesso tempo darci futuro, farci fare bagni di realtà e allo
stesso tempo darci ancore di sogno e di libertà.

L’arte deve stimolare riflessioni. Per questo nelle mie
opere ci sono riferimenti anche scomodi alla violenza domestica,
all’ecologismo, al genere e alle relazioni.









“Adorazione” Serie Janas 2020



Come e quando è nato il tuo interesse per il ready made?

Da quando ho ricordi gioco con gli oggetti, in particolare
quelli piccoli che, per le loro dimensioni ridotte, vengono continuamente persi – perché che parlano di noi.

Io ho sempre camminato guardando a terra e raccogliendo
parti di vite altrui e pezzi di memoria. Sono sorprese, regali inaspettati, da
risignificare e inserire in nuovi contesti. Sono una cercatrice di storie.

La realtà, fatta di oggetti, per me è costituita da una
serie di “rompicapi” da risolvere – come quei viaggi nei mercatini alla
scoperta di oggetti dalla funzione ignota -, misteri da svelare e connessioni
da trovare per trovarsi. Usare gli oggetti con la pratica del ready made è un
un modo per riappropriarsene, per diventare padroni, smettendo di esserne solo
fruitori.

Mi piace giocare con i “limiti” degli oggetti, con la loro
fisicità e utilità/uso e anche con le loro potenzialità. Penso alle mie opere
come dei puzzle, in cui tutti i pezzi – gli oggetti – si devono incastrare e
possono farlo solo in un modo per creare quello che è il mio progetto.

Sono molto affascinata dagli oggetti di uso comune, in primo
luogo le scatolette di pesce. Mi piace sovvertirne l’uso, lasciarmi condurre e
suggestionare dalla loro forma e dal loro colore. Nel mio progetto sulla
distruzione dell’ambiente, ad esempio, ho infatti usato dei contenitori
circolari che dovevano simboleggiare il mondo con la loro forma e di colore
rosso a rappresentare la situazione di pericolo e di allarme che stiamo vivendo
(serie C’era una volta, 2021); in un altro caso la grafica del coperchio
richiamava un’atmosfera sognante da mettere a contrasto col contenuto molto
cupo del contenitore (Different seasons, 2021).

“C’era una vola un bosco… Brucio di te” Serie C’era una volta 2021


“C’era una volta una città. Tornare (al) mare. Venezia” Serie C’era una volta 2021


“C’era una volta… una foresta. Aerei estremismi. Vaia” Serie C’era una volta 2021



“C’era una volta… un prato. Isola (dis)ecologica. La terra dei fuochi” Serie C’era una volta 2021


“C’era una volta… la Natura” Serie C’era una volta 2021


“C’era una volta… un orso. (In)naturale. Scioglievolezza” Serie C’era una volta 2021


“C’era una volta… l’ape. Impollinazioni mancate” Serie C’era una volta 2021


Perché tra tutte le tecniche hai scelto di esprimerti
attraverso delle piccole installazioni?

Conosco il mondo attraverso il tatto. Le mie opere devono
quindi essere materiche, mescolare tecniche diverse e dialogare con lo spazio,
diventando oggetti parlanti.

Il collage e l’assemblaggio sono tecniche materiche e solo
apparentemente “veloci”. Infatti il processo di realizzazione delle mie opere è
molto lento, proprio perché in primo luogo parto da materiale di
recupero
, che quindi è stato raccolto in tempi lunghi, e che manipolo a partire
da suggestioni di tipo analogico, libere associazioni e metafore, ma poi i
livelli dell’opera sono molteplici, senza dimenticare quello del titolo.







Serie Piccola farmacia portatile 2020



Da dove trai l’ispirazione delle tue opere?

Mi affascina l’essere umano, con le sue contraddizioni. La
mia arte è frutto, ma non specchio, di noi e del nostro tempo. Vivo nel nostro
presente, con le sue contraddizioni. Osservo i problemi del nostro mondo, il
modo in cui vengono raccontati dai massmedia e il modo in cui li affrontiamo,
la distanza tra il dire e il fare. In questo senso le mie opere sono reattive
alle nostre contraddizioni ma non sono semplici documentazioni del nostro
presente.

L’arte deve aumentare la nostra consapevolezza sul presente,
permetterci di capirlo meglio, cambiando prospettiva, e allo stesso tempo darci
futuro, farci fare bagni di realtà e allo stesso tempo darci ancore di sogno e
di libertà, insomma un futuro. Per questo l’ironia e il gioco sono fondamentali
come anche le dimensioni ridotte delle mie opere. Permettono di avvicinare lo
spettatore, di fargli abbassare le difese con un sorriso o con sorpresa e
meraviglia, attirandolo con i dettagli, i materiali e i colori vivaci. Creano
una dissonanza fertile: dal sorriso si passa alla riflessione, spesso amara,
come nell’umorismo di Pirandello.








“Vanitas” Serie Casa di bambola 2022


La scelta di utilizzare in modo esclusivo delle scatolette
di latta riciclate ha un suo significato? Cosa simbolizzano?

Le scatole – in particolare quelle di latta ma non solo –
sono dei contenitori affascinanti, onirici e aperti alle possibilità e al
racconto di noi e del nostro mondo. La scatola di sardine era – ed è – però per
me il contenitore perfetto per essere metafora della nostra Casa interiore. E’
facilmente reperibile, economica, interessante per il tipo di materiale, per la
sinuosità della sua forma e perfetta per ragionare sullo scarto in termini
concettuali. E’ inoltre un oggetto che si butta e non si riutilizza. Vincola
inoltre in maniera molto forte perché le sue dimensioni sono estremamente
ridotte. E’ necessario quindi lavorare prima per rovesciamento e
risignificazione
, poi per sottrazione e sintesi. Una scatola vuota e aperta è
un vero ossimoro.

Inoltre la scatoletta di pesce nasce per contenere il cibo
per il corpo e io in essa ho creato cibo per la nostra anima e le nostre menti.
Era il contenitore ideale da risignificare, da cui partire per parlare dei
nostri bisogni più profondi che non sono semplicemente materiali. Già nella
scatola-contenitore vuota c’è quindi la perfetta sintesi del mio lavoro che
unisce dadaismo, surrealismo e arte concettuale creando uno spazio allo stesso
tempo intimo e collettivo.







“Iocus2” Serie Casa di bambola 2022



Ci racconti il processo che porta alla loro creazione?

L’opera è sempre il frutto di un concetto, un messaggio chiaro
da trasmettere, e quindi di una progettazione preliminare. A volte è un
materiale “comune”, un object trouvés o un materiale magari di uso industriale
o usato in altri contesti, che mi fornisce la suggestione iniziale da cui
partire per l’assemblaggio, più spesso l’osservazione delle discrepanze e delle
zone d’ombra della realtà. Di solito sviluppo i miei progetti per serie per
meglio restituire la complessità e le mille sfaccettature della realtà.

Attorno al concetto, “materializzo” mentalmente i materiali
che dovrò utilizzare – e quindi ricercare o creare ex novo – e che mi
permetteranno in maniera metaforica di esprimere il mio pensiero. E’ un
procedimento lungo perché lavoro stratificando materiali e soprattutto
significati
, unendo alla componente concettuale il ready-made del dadaismo e
l’effetto di straniamento del surrealismo. Inoltre siccome il procedimento
dell’assemblaggio avviene con, per quanto più possibile, materiale di recupero,
a partire da suggestioni di tipo analogico, libere associazioni e metafore,
serve il materiale “giusto”.

I livelli dell’opera sono quindi molteplici: oltre al
contenitore – che è allo stesso tempo contenuto -, oltre al dialogo tra
oggetti e tra oggetti e personaggi c’è anche uno sfondo che non è solo
ambientazione, ma comprimario. Si aggiunge poi l’ulteriore livello del titolo,
che aiuta a capire l’opera e in alcuni casi ne offre una rilettura. Le opere
sono quindi una sintesi di concetto e materiali a più livelli.

Per le opere più grandi faccio schizzi, ma quando già vedo,
in  maniera chiara, nella mia mente
l’opera ad uno stadio avanzato. Lo schizzo mi permette di riflettere su
eventuali modifiche di materiali o su variazioni di proporzioni.  A seconda del progetto, in questa fase,
l’opera è già completa: deve “solo” essere realizzata.

Quest’ultimo aspetto è spesso il più “difficile”: siccome
l’opera per me esiste già, a volte perdo l’interesse a darle forma fisica, come
un rompicapo già risolto.


“(Ri)nascere” Serie Janas 2020



Qual è il tuo criterio di scelta degli oggetti da
utilizzare? Ci spieghi il loro scopo concettuale?

Gli oggetti parlano di noi e del nostro tempo, sono parte
integrante della nostra quotidianità.

Uso spesso materiali di recupero perché lo scarto è per me
occasione e motore d’arte. E’ allo stesso tempo una scelta ecologica e polemica
nei confronti della società e dei suoi (dis)valori dominanti, alla ricerca di
nuova autenticità.

L’uso di oggetti e materiali non artistici mi permette di
operare uno scarto anche concettuale, ironico e giocoso rispetto al loro
utilizzo e alla loro funzione. Attraverso la simbolizzazione metaforica, creo
dissociazioni cognitive che costringono a nuove associazioni e riflessioni,
ampliate dal contributo del titolo. Un lucido invito al gioco e a mettersi in
discussione cambiando punto di vista.



“Controllo sociale. Resilienza” Serie Janas 2020




Con le tue installazioni cerchi di andare oltre, proponendo
al fruitore sempre nuovi stimoli esperienzali. Qual è il messaggio principale
che cerchi di trasmettere?

Le mie opere presentano “ostacoli”, fisici oltre che
cognitivi, nella loro apparente semplicità. In primo luogo non possono essere
viste da lontano: è la loro forza e allo stesso il loro limite. Il fruitore si
deve necessariamente avvicinare ad esse. Deve compiere quindi prima di tutto
un’azione fisica prima che mentale. Deve scegliere di avvicinarsi o meno, di
entrare nel mio mondo che sarà anche il suo, nel momento in cui nelle mie opere
riconoscerà gli oggetti che ci circondano e in parte ci definiscono. In un certo senso è come se quindi per vedere le mie opere dovesse superare la
distanza prossimale, superare una certa diffidenza e distanza, entrare in
confidenza per ascoltare e specchiarsi nelle storie. Deve però anche essere
disponibile a investire del tempo, quel tempo per le relazioni e la riflessione
che non solito non siamo disposti a concedere e concedersi.


“Modello, modelle” Serie Janas 2020



Come si aggiorna e come si esprime progressivamente la
creatività nel tuo lavoro?

Prendo appunti continuamente, visiono mostre e cerco di
incontrare artisti e persone, leggo e studio e cerco di coltivare l’attenzione.
Sono un’onnivora e una divoratrice compulsiva di arte e vita. Il contatto con
gli altri è indispensabile per elaborare nuovi lavori e nuovi progetti. Mi
lascio poi affascinare dagli oggetti e dai materiali. E’ un continuo esercizio
che serve a vedere meglio la realtà e a sviluppare nuove “sinapsi” emotive e
nuovi collegamenti tra le cose. 

Ora, però, il ritorno ai ritmi veloci pre-pandemia mi sembra
molto distraente e sto cercando spesso l’autenticità della natura e i suoi
materiali, da intergrare tra i “nostri” materiali, per una nuova cura. Quella
che forse manca a tutti noi per vivere pienamente nel presente e nel futuro.


“Fede” Serie Janas 2020



Quali saranno le tue prossime iniziative artistiche?

Avrò a brevissimo la possibilità di esporre i miei lavori in
un luogo estremamente interessante e ricco di storia: a Brescia, in un ex
rifugio antiaereo, soprannominato dagli abitanti del quartiere “bunker”, e che
oggi è un attivo spazio culturale, noto come “Bunkervik”. Qui le mie opere
dialogheranno con lo spazio e con il quartiere, in una dialettica tra
passato-presente, interno-esterno, individuo-collettività nel tentativo di fare
memoria
insieme di quanto accaduto in questi anni. Esporrò in una nuova forma
le opere della serie di Janas, la serie dedicata alle Case interiori,
mettendole in dialogo con lo spazio e con altre opere, in particolare con due
opere di arte relazionale, “Distanziamento”, realizzata durante il secondo
lockdown, lungo ricamo di 3 metri e mezzo, con 14 signore del Centro servizio
anziani “Contrada larga” di Trento, e “Memorie d’istanti”, realizzata con
alcuni utenti del Centro Diurno “Odorici” di Brescia e costituita da una serie
di cartoline dedicate a chi più è mancato e un lavoro di rappresentazione
simbolica dei sentimenti attraverso il corpo, un modo più intenso e forte per parlare
di emozioni.  

Mi attendono poi alcune collettive, sia in Italia che
all’estero, e la conclusione di un altro progetto di arte relazionale,
realizzato con alcuni detenuti della Casa circondariale di Trento.  



“Initium” Serie casa di bambola 2022










Contatti dell’artista 


Sito Web www.lachigi.it

Email la.chigi.art@gmail.com

Facebook la.chigi.art

Instagram La Chigi

















La Chigi

Nata a Bassano del Grappa (VI), vive e lavora a Trento.
Laureata in Lettere ad indirizzo storico-artistico (Trento), lavora attraverso
installazioni e ready made con materiali non convenzionali e “objets trouvès”
sul linguaggio e sulla Casa, spazio fisico e luogo dell’anima.

Le sue opere sono state esposte in mostre collettive,
nazionali e internazionali, e personali in spazi pubblici e privati in Italia e
all’estero tra cui la mostra dei finalisti di “ArtKeys prize” (2022 e 2020) ad
Agropoli, “Ridefinire il gioiello” (2022) a Casalmaggiore (CR), il festival
DeSidera (2021) a Trieste, i progetti curatoriali  “Mediterraneo. La società del rischio”, BACS,
Leffe (BG), a cura di Patrizia Bonardi e “What does indifference mean?”, Casa
Natale Antonio Gramsci, Ales (OR), a cura di Margaret Sgarra, “Human rights?” a
Rovereto (2022-2020) e Pride by your side 2021 a Roma (2021), la bipersonale
“Trame” a Circuiti dinamici, Milano (2023) in quanto vincitrice di “CIRCUITI CONDIVISI
– nuovi punti di vista DINAMICI” (2022) e le personali “Questa stanza non ha
più pareti”, Lazzaretto di Cagliari (CA) (2021), a cura della Galleria
Siotto,  “Distanze” alla Galleria
Contempo, Pergine Valsugana (TN) (2020) e “Altrove” presso la Regione T.A.A.
(2020).

Fanno parte di collezioni pubbliche e private in Italia, tra
cui quelle del Museo Andriollo (Borgo Valsugana TN) e della Regione Trentino
Alto-Adige e sono state pubblicate su cataloghi tra cui lo special issue
Covid19 della No Name Collective Gallery.





























 




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MEMORIE D’ISTANTI Mostra personale di La Chigi

  L’ArteCheMiPiace – Segnalazione Eventi

MEMORIE D’ISTANTI
Mostra personale di La Chigi


22-30 aprile 2023

Brescia | Bunkervik. Il rifugio delle idee

con il patrocinio del Comune di Brescia


Testo critico di Margaret Sgarra

Sede: Bunkervik. Il rifugio delle idee 

via Federico Odorici, 6 B

Brescia



Orari:

domenica 23: 10:00 – 12:00; 15:00 – 18:00

sabato 29 – domenica 30: 10:00 – 12:00; 15:00 – 18:00


Inaugurazione sabato 22: h. 17.00-19.00


Entrata gratuita



 

Memorie d’istanti” è la prima mostra personale a Brescia di
La Chigi, artista con base a Trento, attiva 
a livello internazionale.

L’esposizione, concepita espressamente per gli spazi di
Bunkervik, ex rifugio antiaereo, con 
installazioni (visive e sonore), oggetti e ready made e
opere di arte relazionale, racconta la casa 
intesa come contenitore di storie infinite, uno spazio di
possibilità e narrazione, in un momento 
storico senza precedenti, una riflessione sugli spazi della
nostra Vita e sulle relazioni sociali e 
comunitarie allo scopo di recuperare piccole storie
individuali e fare memoria, elaborando così 
collettivamente la paura, che ci ha unito ma che abbiamo
sperimentato separati e distanti gli uni 
dagli altri.



Come scrive infatti la critica d’arte Margaret Sgarra nel testo della mostra: “[…] Conservare la memoria è lasciare una traccia, un qualcosa di sé, degli altri, un dettaglio apparentemente insignificante di una narrazione, per fare sì che chi verrà possa usufruirne al fine di rendere migliore il proprio tempo e non ripetere gli stessi errori. L’arte, in questa chiave di lettura, diviene uno strumento di riflessione, un veicolo per immaginare, proteggere e divulgare. […]”








L’esposizione mette in relazione due spazi e la loro
trasformazione nel tempo per ragioni storiche e 
contingenti, la Casa, intesa sia come spazio domestico che
interiore, rifugio individuale, e Bunkervik, 
rifugio antiareo, chiamato bunker, rifugio collettivo oggi
spazio espositivo, a sua volta in dialogo con il 
suo quartiere, in una dialettica tra interno ed esterno, tra
passato e presente, tra memorie e storie 
differenti.

Apre l’esposizione Cartoline da Janas, che come spiega la
critica d’arte Margaret Sgarra, «un archivio 
di 90 cartoline riportanti le immagini di una serie di opere
dal titolo comune Janas che hanno il 
format dei contenitori metallici. Le scatolette di alluminio
che originariamente conservano al loro 
interno del prezioso cibo, attraverso la tecnica
dell’assemblaggio, diventano una rappresentazione 
del mondo in cui viviamo e abbiamo vissuto durante il
lockdown. 




La metaforica (ri)costruzione della nostra società (reale o utopica) ha una funzione terapeutica
per l’artista, è un modo per (ri)ordinare 
quello che succede e comprendere gli altri. […] Si tratta
di metafore racchiuse dentro ipotetici 
luoghi. […]», correlativi oggettivi di sentimenti ironici,
surreali e apparentemente leggeri, non più in 
presa diretta, ma come memorie d’istanti, momenti passati
che possiamo ora mettere in dialogo tra 
loro e con lo spazio, con le scritte sui muri, lasciate dai
precedenti “abitanti” dello spazio di Bunkervik 
riportato alla sua funzione originaria di spazio dove le
storie e le paure individuali sono condivise 
collettivamente.



Il concetto di memoria viene affrontato in maniera più cruda
attraverso le installazioni In memoriam 
e Special Openings. In queste opere si indagano il dolore e
la perdita sottolineando la necessità di un 
momento introspettivo per comprendere quanto successo e per
ricordare chi non c’è più. La fragilità 
umana e l’importanza delle relazioni sono analizzate
nell’opera partecipativa Distanziamento, nata 
dalla collaborazione con 14 signore anziane del Centro
diurno “Contrada Larga” di Trento, durante il 
secondo lockdown, attraverso la tecnica del ricamo: una
connessione visiva e concettuale fatta di 
distanze, solitudini e distanziamenti superati in un gioco
di ossimori, ricamando insieme 
separatamente coi colori dell’arcobaleno la parola simbolo
di questo recente passato.




L’opera è in dialogo con Memorie d’istanti, l’opera
relazionale realizzata a Brescia, nel quartiere del 
Carmine, la serie di cartoline realizzata con i
frequentatori del Centro Odorici dove ognuna delle 
persone coinvolte ha lasciato, attingendo alla propria
memoria, un messaggio indirizzato ad una 
persona cara e rappresentato col movimento le emozioni e i
simboli che ha interiorizzato durante il 
lockdown.




Chiude l’esposizione una nota di dolcezza con l’opera
concettuale Caramelle da una sconosciuta, che 
vuole creare un momento di temporanea ma reale intimità
relazionale tra artista e visitatore.









 

LA CHIGI

Nata a Bassano del Grappa (VI), vive e lavora a Trento.
Laureata in Lettere moderne ad indirizzo 
storico-artistico (Trento,2003), si forma alla didattica
dell’arte frequentando un tirocinio presso il 
Mart nell’ambito del corso di “Psicopedagogia del linguaggio
e della comunicazione”. Si occupa anche 
di scrittura. Ha vinto un concorso nazionale e la sua opera
è stata pubblicata per le edizioni 
“Malatempora” (Roma, 2004). Si avvicina all’arte contemporanea
durante gli studi universitari, 
sviluppando per un breve periodo una ricerca sull’individuo
e le sue “maschere” nella relazione con 
se stesso e gli altri. Dopo esperienze nella critica d’arte
e nel giornalismo, torna alla pratica artistica 
approfondendo i temi del linguaggio e dei suoi limiti e
quello della Casa, spazio fisico e luogo 
dell’anima, e delle relazioni anche problematiche con e tra
i suoi abitanti utilizzando materiali non 
convenzionali e fuori scala, assemblati in modo da dare vita
a scenari surreali con un piglio allo stesso 
tempo leggero e pensoso.

Le sue opere sono state esposte in mostre collettive e
personali in spazi pubblici e privati in Italia 
(Bassano del Grappa, San Giacomo, Trento, Pergine, Rovereto,
Milano, Ponte di Valtellina, Borgo 
Valsugana, Asolo, Venezia e Foligno) e all’estero (Londra).
Tra queste le più importanti sono i progetti 
internazionali “Human Right? @Work” alla Fondazione “Campana
della pace”, Rovereto (2021) e 
“Human Right? The future’s shape. Women can save the world”
alla Fondazione “Campana della 
pace”, Rovereto (2020); il progetto Pride by your side 2021
della FMB Art Gallery; la mostra dei 
finalisti di “ArtKeys prize” (2022 e 2020) ad Agropoli, la
bipersonale “Trame”, Circuiti dinamici (MI) 
(2023), le personali “ri(c)AMARE IL MONDO”, Torre Mirana,
Trento (TN) (2022), “Questa stanza non 
ha più pareti”, Lazzareto, Cagliari (CA) (2021), “Distanze”
alla Galleria Contempo, Pergine Valsugana 
(TN) (2020) e “Altrove”, Spazio espositivo, Regione Trentino
Alto-Adige (2020), il progetto curatoriale 
“Desidera”, Trieste (2021). Ha collaborato con la Galleria
Civica di Trento per il progetto 
artistico-scientifico “Superstudent” dei “Superflex”
(2005-2004).

Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private
in Italia, tra cui quelle del Museo Andriollo 
(Borgo Valsugana, TN), del Museo diocesano tridentino,
Trento e della Regione del Trentino Alto 
Adige. Le sue opere sono state pubblicate sullo special
issue Covid19 della “No Name Collective” 
Gallery” (Londra, 2020).

La mostra Memorie d’istanti a Bunkervik. Il rifugio delle
idee sarà visitabile fino al 30/04/2023.

 




La Chigi – Memorie d’istanti

Bunkervik. Il rifugio delle idee

Via Federico Odorici, 6 B – 25122 Brescia (BS)

Dal 22 al 30 Aprile 2023

Entrata libera

Contatti:

La Chigi +39 3479779713





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NOT FOR SALE – DIE WUNDERKAMMER

 L’ArteCheMiPiace – Segnalazione Eventi




Milano: Design Week  al Bobino dal 17 al 23 aprile 2023 


NOT FOR SALE – DIE WUNDERKAMMER, serata dedicata Mercoledi 19…





di Redazione  |18|Aprile |2023|







Da Einstein alla recente fisica dei Quanti, il tempo non esiste e ciò accade nel nostro inconscio, che non misura spazi, ma SENSAZIONI.

L’idea è quella di creare ambienti evocativi, con lo scopo di incrementare la percezione attraverso suggestioni e stimoli che proiettano l’osservatore verso i “non luoghi della mente”, quegli spazi che non sono stati censiti dal nostro esperienziale. Significativa è la celebrazione delle Sensory Room della fine degli anni’70: ambienti che consentono l’esplorazione emotiva e la ricerca di un collegamento tra diverse esperienze e piani sensoriali. Una alterazione di polarità, un cambio di stato: la nostra vita regolata dagli opposti.






È una eco che rimbalza tra le superfici, avvolgendo gli spazi e le dimensioni percepite dall’osservatore.

È l’enfasi liberatoria di un uomo non più prigioniero di paure indotte, che si apre con fiducia al suo prossimo, mostrando anche le ferite dell’anima.

Finalmente l’uomo impara che un dolore condiviso viene dimezzato.

Una stanza o un portale sensoriale divengono così un Non luogo della mente, progettati e costruiti per offrire esperienze multisensoriali e iper sensoriali attraverso diversificate trame di utilizzo quali proiezioni, suoni, vibrazioni.






















Un portale dunque, una Wunderkammer dove immagini, suoni e colori si rincorrono all’interno dello spazio, ondeggiando tra fili di coscienza e trame del nostro inconscio. Il conscio il subconscio e l’inconscio infatti, sono le tre forme nelle quali la coscienza umana si manifesta e si esprime rispettivamente nello stato di veglia, dormiente e sognante.

Qui troviamo tracce di educazione indotta: la Tana del Bianconiglio, dove le speranze e le paure sembrano materializzarsi; il passato, il presente e il futuro si mischiano, si allineano, fino a percepire che il tempo è solo un concetto.

 



Direzione artistica : Marzia Ratti

Special guest 19/04/23 : Michele Tombolini

Curatela : Alessio Musella

 

 









Marzia Ratti nasce nel 1978 in provincia di Bergamo. La sua formazione inizia all’istituto d’Arte A. Fantoni di Bergamo dove si diploma nel 1996. Successivamente si iscrive al corso di laurea in Conservazione dei Beni Culturali a Venezia e, nel 2002, prosegue gli studi all’Accademia di Brera a Milano. Marzia Ratti percorre un viaggio nel subconscio che si nutre di luce. Da dentro a fuori, alla scoperta di una dimensione post umana. Il focus della sua arte è legato all’immenso potere che il subcosciente esercita sull’uomo, controverso ed inquieto alla continua e infinita ricerca di sé stesso proiettato nella corsa verso il domani che chiama progresso ed errori… o forse orrori… Limitarsi a mostrare qualcosa e stimolare la coscienza… non è mai reato… Marzia non giudica, ma spinge ad una riflessione, lascia libero il fruitore di comprendere dentro di sé cosa pensa, ognuno di noi ha un suo vissuto, una sua storia un suo credo…







Michele Tombolini, artista internazionale.

Negli ultimi anni ha ricevuto una considerevole attenzione da parte dei media, e della critica di settore, con azioni performative che hanno suscitato un grande riscontro, per i contenuti trattati, fortemente dedicati alla salvaguardia dell’ambiante e dei diritti umani.

L’artista, in occasione dell’evento, presenterà una performance inedita, che sarà inaugurata all’interno del programma Not for Sale, contenitore di riflessi artistici e intrecci di tematiche, sviluppata attraverso una composizione di immagini che saranno proiettate sul grande schermo e accompagnate dal giovanissimo figlio che, dalla console del Dj, suonerà per il pubblico dei brani, composti ad hoc.

La performance, di grande impatto visivo ed emotivo, avrà la durata di circa 40 minuti.







Alessio Musella, editore, curatore e developer artistico.

La caratteristica principale del suo percorso è stata la sua sconfinata passione per l’arte e il Design, con importanti impegni lavorativi che lo hanno spinto a viaggiare e girare il mondo.

Un’esperienza che ha segnato il suo carattere, facendo di lui un instancabile esploratore di nuove realtà. Ottiene così un suo equilibrio, fatto di tanti punti d’arrivo inseguiti dall’esigenza di tuffarsi continuamente in nuove esperienze.

La sua natura eclettica insieme alla padronanza verso tutti gli aspetti della comunicazione, gli permette di approfondire progetti artistici di vario genere, che siano eventi espositivi o progetti editoriali, lui riesce con grande abilità a trovare la giusta mediazione tra il lessico specifico della storia artistica rappresentata e l’immediatezza senza orpelli che occorre per arrivare ad ogni tipo di lettore.

Alessio adotta una scrittura semplice, autentica e fluida, ama usare un linguaggio accessibile a tutti, pur restando colto, ferrato e preparato.

Da grande conoscitore della comunicazione sul web, inclusi i social, conosce molto bene il valore e la potenza della diffusione di un messaggio.

Applica, con grande successo, questo format comunicativo a sostegno della sua più grande passione che è l’arte in ogni sua forma.



 

Bobino Milano 

Piazzale Stazione Genova, 4 – 20144 Milano MI 

17-23 aprile 2023 14,30 – 02,00 

Info: +39 3469776534











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La notte dei Fuochi – Collettiva d’arte

 L’ArteCheMiPiace – Segnalazione Eventi

La notte dei Fuochi
Collettiva d’arte 



di Giuseppina Irene Groccia  |17|Aprile |2023|

È attualmente in corso presso i locali degli ex uffici dell’assessorato al Turismo in piazza Duomo nel centro storico di ROSSANO Calabro, la mostra collettiva d’arte “La notte dei Fuochi”, proposta dalle Associazioni Centro Arte Club di Ercolino Ferraina e dal Centro Studi Artistici Segantini di Patrizia Crupi.

L’evento è patrocinato dal Comune di Corigliano Rossano Assessorato al Turismo e vede protagonisti 30 artisti i quali attraverso  la pittura, scultura e moda ci danno la possibilità di fruire della loro autentica sensibilità creativa.


Gli artisti impegnati in questa esposizione sono Andrea Biffi, Patrizia Candiano Cirò, Alfonso Caniglia, Giovanni Catalano, Danila Cerasoli, Chiara Comite, Milena Crupi, Patrizia Crupi, Ercolino Ferraina, Rosa Fortino, Carmine Gedeone, Giuseppina Irene Groccia, Carmela Maringolo, Salvatore Nudo, Maria Teresa Panettiere, Franca Pedaci, Amelia Perrone, Tina Pintaura, Angela Pirillo, Ida Proto, Sonia Quercia, Pierluigi Rizzo, Natale Saccoliti, Chiara Salatino, Michele Straface, Rita Lucia Trinchi, Antonella Vincenzo e Jovan Vulic.




L’esposizione partita sabato 15 aprile ha registrato un numeroso afflusso di visitatori. Nella serata inaugurale si è potuto assistere alle splendide declamazioni poetiche curate dall’Associazione “Poesie e dintorni” di Anna Palermo intervallati dagli intermezzi musicali eseguiti dalla bravissima cantante Luna Arfuso.




La mostra è visitabile tutti i giorni fino al 25 Aprile negli orari 17:00 – 20:00





Il 24 Aprile a partire dalle 19:00, l’evento espositivo sarà arricchito da ulteriori performance artistiche

Tornerà la poesia con due sensibili interpreti della parola, quali Anna Lauria e Maria Curatolo

La musica sarà affidata a Giuseppe Fazio con l’opportunità di riascoltare la voce di Luna Arfuso

Per il teatro il protagonista sarà Giuseppe Pallone, giovane attore e performer della Scuola delle Arti Maros di Mariarosaria Alessandra Bianco, già vincitore del Premio Dianora 2022 e campione d’Italia per Performer Italian Cup 2022.

Infine sotto la direzione artistica del Centro Studi Danza di Margherita Mingrone si esibiranno le ballerine Alessia Converso e Aurora Scorza.




La mostra vuole essere una riflessione sulla creatività globale, un laboratorio espositivo nel quale convivono pittura, scultura, musica, poesia, teatro, moda e danza, il tutto articolato in un linguaggio che da sempre muove le sorti del mondo, che è la sinergia dell’arte nelle sue molteplici sfaccettature. 

Una abile e coinvolgente organizzazione che induce il visitatore a interpretare immagini e parole che prendono vita, oppure lasciarsi incantare da suoni e movenze che sospese nell’aria ci accompagnano verso realtà incorporee.































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Al Museo del Cedro Arte e Tradizione

 L’ArteCheMiPiace – Segnalazione Eventi



















Al Museo del Cedro Arte e Tradizione




di Giuseppina Irene Groccia  |15|Aprile |2023|


Grande successo di pubblico per la mostra “Protagonisti del tempo d’Arte” inaugurata ieri sera negli splendidi spazi del Museo del Cedro in località Santa Maria del Cedro (Cosenza).


L’evento, organizzato dall’associazione Art Global di Angelina Marchese, in collaborazione con il Consorzio del Cedro di Calabria e le istituzioni comunali, ha visto la partecipazione di numerosi artisti provenienti da tutta Italia, i quali hanno apportato, con la loro Arte tanta bellezza e magnificenza al patrimonio storico- religioso della coltura e cultura del Cedro. 


Foto: Gianpietro Arieta

Importanti e interessanti i diversi interventi delle autorità istituzionali presenti alla serata, in particolare la lettura, da parte del Critico d’arte e sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, di uno dei più bei passi del Cantico dei Cantici, sottolineando il fatto che nel brano biblico, canto d’amore tra cielo e terra per eccellenza, il cedro evoca bellezza e robustezza, caratteristiche indispensabili per preservare l’anima dalla corruzione. Esattamente come fa l’arte, che con diversi concetti da elaborare ci consente di percepire una energia salvifica in cui poter entrare e prenderne parte.


Foto: Gianpietro Arieta

I numerosi interventi, moderati dal giornalista Rai Paolo di Giannantonio si sono susseguiti evidenziando ricordi e appartenenze al territorio e alla cultura. 

Di forte interesse l’esposizione dell’assessore regionale alle Politiche Agricole e Sviluppo Agroalimentare, Gianluca Gallo, quello del sindaco di Santa Maria del Cedro, l’avvocato Ugo Vetere, del Presidente del Consorzio Angelo Adduci, grande promotore dell’evento presentato e altrettanto dello sviluppo culturale legato al cedro. 

Segnaliamo inoltre le esposizioni di Daniela Rambaldi, Presidente della Fondazione Culturale Carlo Rambaldi e di Myriam Peluso, Presidente dell’ l’Associazione culturale “Le Muse Arte” e titolare della Galleria d’Arte “Le muse” di Cosenza, in veste di graditi ospiti d’onore.


Foto: Gianpietro Arieta

Alla mostra è stata abbinata la presentazione ufficiale del Catalogo dedicato all’evento che raccoglie le oltre 160 opere degli artisti nazionali ed internazionali che hanno aderito alla Rassegna. 

Un progetto editoriale curato da Angiolina Marchese e nato dal desiderio di voler riunire tante forme d’arte in uno scenario totalitario di creatività incentrato sul confronto tra le arti.



Diversi i premi e riconoscimenti assegnati, per rilevanza di merito, durante la serata.


Foto: Gianpietro Arieta


Molto applauditi e apprezzati gli intermezzi musicali offerti dai musicisti Pietro Perrone al violino ed Enzo Campagna alla chitarra.


Foto: Gianpietro Arieta



A conclusione della serata il Critico Vittorio Sgarbi si è intrattenuto con tutti gli artisti presenti, visionando ogni singola opera e prestandosi generosamente per le foto ricordo.


Foto: Gianpietro Arieta



L’evento è stato arricchito da un ricco buffet curato dallo Chef Enzo Barbieri, con specialità tipiche del territorio ma soprattutto con un itinerario gastronomico dedicato alle diverse degustazioni del cedro.



Un evento ben riuscito all’interno di questo eccezionale edificio storico, che ha saputo articolarsi tra arte, storia e cultura gastronomica, stimolando il visitatore a trovare ragioni per farsi esploratore di un argomento quale la bellezza dell’arte in relazione all’amore per le proprie radici.



La mostra si protrarrà fino al 2 Maggio 2023 rimanendo visitabile come progetto espositivo con l’intento di trasmettere emozioni attraverso il sublime linguaggio dell’arte

Foto: Gianpietro Arieta







Contatti del Museo



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SICILIANS, LA TERRA VISTA DAGLI ALTRI

  L’ArteCheMiPiace – Divagazioni sull’arte 

Elliott Erwitt, Palermo 1965





SICILIANS, LA TERRA VISTA DAGLI ALTRI



di Giuseppe Cicozzetti   |10|Aprile|2023|


 






Raccontare la Sicilia è impresa gloriosa e dolente, è insieme un grido e un lamento, una prova feroce, perché ciò che altrove è differente, qui ha il suo posto nella dimensione del divino. Tutto qui incombe come un destino: lo è nascervi, quando nell’esatto momento in cui si aprono gli occhi alla vita si riceve in dono il desiderio di lasciarla, lo è nel passo pencolante dei giorni della sua gente, lo è nel desiderio bruciante di farvi ritorno. 



Bruno Barbey, Caltanissetta 1966

E’ un’isola la Sicilia, e come ogni isola porta con sé il segno di una lontananza non solamente geografica, perché qui, cinti dal mare, matura la sensazione della deriva, al pari d’una nave senza ormeggio. L’incertezza regna, l’immanenza domina. L’assenza di confini disturba e sapersi nella finitezza di un limite sgomenta: quando è il mare a essere il solo dirimpettaio, la solitudine coltiva la volontà d’essere ovunque da qui. 



Sebastiao Salgado, Trapani 1991

Tuttavia se nessuno più di un siciliano incarna l’instabilità, nessun altro, per contro, vive come lui nello spazio dell’eterno. In lui tutto si dissolve e tutto si aduna nel segno della metafora: parole, gesti sono visti alla controluce di una filigrana che svela ricchezze di significati. Niente è come appare. Seduto nell’instabile pendio della propria identità, non c’è siciliano la cui anima non sia sospesa tra l’elegante lirismo d’una visione divina del Creato e la nuda contabilità del vivere faticoso. Tutto proviene da lì, dall’abitare sulla soglia della deriva e dunque appare più che normale, se non nei termini di una ragionevole salvezza, provare a essere altro da sé, se non altro per non lasciare che il destino ti riconosca subito quando arriva. 



Richard Avedon, Palermo 1947

Si dice che la Sicilia non conosca il senso del futuro, che è il sapersi nelle mani di un dio onnipotente a impedirlo. Può darsi che anche questo sia un inganno, un’altra delle sue mirabolanti suggestioni o una visione appannata da un antico retaggio. Qui, la fame del nuovo ribolle nei nuovi gesti e nuovi desideri dei suoi giovani uomini, in cui passione e riscatto dilagano come febbre. 



Henri Cartier-Bresson, Palermo 1971

Terra benigna, terra matrigna. Ai suoi figli ha dato occhi d’oliva o di giada. La pelle candida come salina o bruna come zolle riarse. Biondi ha voluto i capelli, come il grano maturo dei suoi altopiani o ricciuti roveti di more. Sono tutti suoi figli, e li ha dispersi in eguale misura perché si cerchino per poi ritrovarsi nell’apparente incoerenza delle inflessioni, come se pure alle parole fosse assegnato il ruolo di moltiplicare le identità; e questo mescolarsi di gente, di vita, di lacrime compongono i termini di una grandiosa e terribile contraddizione, il segno di una condizione umana obbligata a convivere con le differenze, risolvendole nel suggestivo territorio delle visioni. 



Leonard Freed, Sicily 1974

Ancora una volta l’inganno domina il reale per divenire realtà esso stesso. Solo gli elementi qui sono veri. E’ vero il sole che brucia la pelle, è vera l’ombra che vi si oppone e ristora; sono vere le nuvole gravide di pioggia, sono vere quelle che passano veloci; è vero il vento che solca i volti, è vero l’alito che li accarezza, è vero il mare, è vero il fuoco. Il resto è un palcoscenico nel quale ognuno recita il suo racconto, amaro e carezzevole come la memoria. E di memoria sono fatte le sue città, d’una memoria che assedia l’animo umano per devastarlo di ricordi. Lo stupore infantile con cui le guardiamo, come guardiamo una distesa assolata che sbriciola le nuvole, ci ricorda che i gesti più sicuri, le idee più chiare, i propositi più logici altro non siano che frutto d’una ebbrezza congenita. 



Robert Capa, Troina 1943


Nelle città siciliane non ci sono attori, non si recita. Delle città siciliane si è i suoi gesti. Non a tutti è dato l’oscuro privilegio di calpestare cumuli di secoli né di profittare della memoria odorosa che profuma d’infanzia. Tra i vicoli, le strade e le piazze si consuma ogni volta il distacco dal presente per sprofondare nelle suggestioni d’un tempo che si vorrebbe presente. 



Sergio Larrain, Villalba 1959

Chi vi torna non cerca altro che se stesso, per ritrovarsi nelle risa infantili che rompevano la quiete estiva, mentre lo sguardo vaga alla ricerca di quell’antica umanità che abitava ogni singola via. La città non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla città e dunque ne resterà sempre dolcemente prigioniero, in bilico tra luce e ombre.



Bruce Davidson, Agrigento 1961


























Giuseppe Cicozzetti, critico fotografico, curatore. Scrive per riviste specializzate quali Foto.it, Artapp, Gente di Fotografia. 

Ha collaborato con numerosi fotografi italiani e internazionali scrivendo prefazioni alle rispettive pubblicazioni. 

Dal 2015 Collabora con l’Associazione Mediterraneum per l’allestimento delle edizioni del MedPhotoFest, di cui cura il catalogo annuale. 

Dal 2018 è membro della Fototeca Siracusana con cui partecipa alla cura dell’Estate Fotografica Siracusana, curando mostre e scrivendo i testi per il catalogo.

Su Facebook gestisce Scriptphotography, una seguitissima pagina di divulgazione e cultura fotografica. Vive a Modica.  






































La Rubrica Divagazioni sull’Arte ospita articoli redatti da autorevoli amici e sostenitori del Blog L’ArteCheMiPiace, i quali ci offrono la possibilità di attingere ad emozioni e conoscenze, attraverso la condivisione di pensieri e approfondimenti.


©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 



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Alessandro Andreuccetti – L’armonia di equilibri cromatici

L’ArteCheMiPiace – Interviste






L’ Armonia di equilibri cromatici







di Giuseppina Irene Groccia  |06|Aprile|2023|






Il colore mi possiede. Non ho bisogno di tentare di afferarlo. 

Mi possiede per sempre, lo sento. Questo è il senso dell’ora 

felice: io e il colore siamo tutt’uno.

 Sono pittore”.

Paul Klee


Le opere di Alessandro Andreuccetti sono dotate di indubbie
qualità e rilevano tecniche estremamente raffinate senza però scivolare nel
virtuosismo. 
Con un sapiente uso di pastelli, olio, acrilici e
acquerello, rielabora pensieri in rappresentazioni che edificano visioni di
soggetti e sensazioni non tangibili. 
Egli ama cimentarsi in differenti tecniche
espressive, rimanendo però l’acquerello il medium pittorico più sentito e
interpretato. Le sue tele diventano il luogo migliore dove esternare liberi
giochi di immaginazione. Fattore principale è il colore e la disgregazione
dell’immagine che arriva a sviluppare vedute simboliche e interpretative della realtà.


Le opere di Kandinsky sono fondamentali per comprendere
l’estetica del mondo spirituale cui Alessandro può accedere attraverso i suoi
lavori. Una pittura che si allontana dal reale e diventa riferimento di sé
stessa. L’ispirazione visiva e concettuale del maestro russo, padre
dell’astrattismo
, guida Alessandro nell’atto dedito all’ indagine di una
espressività informale, facendo perdere tracce e referenze con il reale.
 

La natura rigogliosa e viva è costante ispiratrice delle sue
più profonde composizioni pittoriche. Alessandro è da sempre impegnato in un
paziente e laborioso percorso di ricerca artistica, un impiego che gli
garantisce impreviste e originali soluzioni tecniche trasformate in efficaci
linguaggi della contemporaneità.


Ogni suo quadro è una sosta, una fermata intermedia di un
lungo viaggio verso l’esplorazione della natura. Uno spazio impalpabile e
surreale, dove attraverso un ordine mentale, ama disporre forme pittoriche
modellate esclusivamente dal colore.

 

 

 

Sono opere intense, venate da una sottile e struggente
armonia alimentata da una ricerca meticolosa di equilibri cromatici. Alessandro
è consapevole di questo rapporto instintivo con il colore, egli riesce mediante
questa grande interpretazione cromatica
 
ad esprimere sensazioni ancestrali altrimenti non comunicabili.







Ciao Alessandro e benvenuto su L’ArteCheMiPiace. Come è
iniziato il tuo rapporto con il mondo dell’Arte?
 



Sono nato e cresciuto in Toscana e più precisamente a San
Gimignano
che si trova in mezzo a Siena e Firenze, tre città dove l’arte è di
casa. È così che fin da piccolo sono rimasto affascinato dagli affreschi
medievali e rinascimentali che potevo ammirare ovunque che mi hanno sicuramente
instradato sulla via dell’arte.












Raccontaci del tuo percorso artistico. Sei sempre stato un
acquerellista oppure hai utilizzato anche altre tecniche pittoriche?

 

Ho iniziato a dipingere prestissimo e gli acquarelli erano
la tecnica pittorica più facilmente accessibile per un ragazzo. Gli acquarelli
e il disegno, ho disegnato tantissimo qualsiasi cosa mi capitasse sotto gli
occhi. La figura umana forse era il mio tema preferito e, in quanto accanito
lettore di fumetti, mi esercitavo a disegnare i miei personaggi preferiti e a
crearne di nuovi. Tanto che arrivai a vincere il primo premio in un importante
concorso nazionale per fumetti a Prato.









Come è nata la tua predilezione per l’acquerello?

 

Come ho già accennato in precedenza l’acquarello è
stato il mio primo medium pittorico perché tutti i bambini avevano almeno in
scatola di questi colori e qualche pennellino, i colori ad olio erano troppo
cari e difficili da reperire. L’amore vero per gli acquarelli è scaturito ai
tempi dell’università di architettura quando ero solito colorare le tavole dei
progetti proprio con gli acquarelli. È allora che ho iniziato a seguire la
pittura con occhi diversi , più professionali direi, ricercando nella storia
riferimenti a questa tecnica pittorica e mi sono appassionato agli artisti
settecenteschi e ottocenteschi del “Grand Tour” che registravano i loro viaggi
con gli acquarelli su carta, uno su tutti J. William Turner, maestro indiscusso.










Puoi esporci il processo creativo di una tua opera?

 

Prima di mettermi al lavoro su un nuovo dipinto lascio che
le idee mi si accavallino in testa senza regole né confini, colori, forme,
composizioni tutto mescolato in un magma creativo. È la fase degli schizzi, o
scarabocchi, delle prove di colore, delle pagine strappate e ricomposte in
ordine diverso. Nel frattempo leggo, osservo, ascolto. Può bastare anche un
minimo particolare, una parola, un colore, un’insegna su una vetrina a far
accendere la lampadina. Solo allora prendo i miei preziosi fogli di carta
(rigorosamente fatti a mano con stracci di cotone da piccoli artigiani di
Fabriano ma anche indiani e cileni
) i miei tubetti di colore con i miei
pigmenti preferiti ed i miei pennelli di grosse dimensioni (un giorno un
maestro acquarellista mi disse che con i piccoli pennelli ci si perde nei
dettagli e si trascura la forma principale). Un tempo utilizzavo i pennelli in
pelo di martora che sono eccezionali e ideali per l’acquarello ma,
sfortunatamente per la loro realizzazione occorre uccidere un animale e allora
mi sono convertito alle setole sintetiche che, ormai, hanno raggiunto un ottimo
livello di qualità.
 














Come si è evoluto il tuo stile fino ad oggi?

 

Ho iniziato a dipingere panorami, cosa che faccio anche
adesso naturalmente, le torri di San Gimignano, le colline toscane, il mare.
Poi, rileggendo un libro di Kandinsky rimasi folgorato dal suo “Primo acquarello astratto” che mi fece allargare i miei orizzonti e comprendere che
potevo avere un approccio nuovo al mio modo di dipingere. Potevo applicare
tecniche astratte ai miei paesaggi lasciando che il colore avesse il ruolo
principale
nel dipinto. Oggi direi che il mio stile di pittura rientra nel
vasto panorama dell’espressionismo astratto.
 

















Quali sono stati, durante gli anni, i tuoi riferimenti
artistici principali?

 

Agli inizi gli artisti rinascimentali con in testa
Michelangelo Buonarroti. Poi mi hanno affiancato Turner, Delacroix, Cezanne, J.
Singer Sargent, Winslow Omer, Andrew Wyeth
, e moltissimi altri, tutti grandi
pittori ma, soprattutto, eccelsi acquarellisti.









Qual è la tua principale fonte di ispirazione?

 

La fonte d’ispirazione principale, se non unica, è la
natura. In tutti i suoi aspetti.

















E i colori? Dove e quando nasce in te il desiderio di
esprimerti attraverso determinati elementi cromatici?

 

Il colore è stato la naturale evoluzione dei miei esordi nel
mondo dell’arte, al tempo disegnavo molto con l’inchiostro di china,
utilizzando varie tecniche dal pennino alla spugna e altre diavolerie. Ad un
certo punto mi capitò sottomano una piccola confezione di acquarelli in una
scatola di metallo nera che quando la aprivi pareva lo scrigno del tesoro con
tutti quei “biscottini” colorati. Fu amore a prima vista.

Amo tutti i colori però mi piace molto lavorare con i colori
di terra, l’ocra, il seppia, la terra di Siena naturale e bruciata,  adesso, spesso, li realizzo in proprio questi
colori utilizzando pigmenti naturali e gomma arabica.












Quali sono, a tuo parere, le potenzialità dell’acquerello?

 

L’acquarello ha una caratteristica che le altre tecniche pittoriche
non hanno: il legame indissolubile tra il pigmento e la carta che assorbe il
colore e diventa coprotagonista del dipinto. Questo per dire che è una tecnica
difficile
, molto difficile ma anche molto raffinata che, se ben padroneggiata,
può sicuramente dare vita a dipinti importanti e complessi.













Quali invece le difficoltà che incontri, utilizzando questa
tecnica, e le soddisfazioni che emergono dai risultati?

 

La difficoltà maggiore la trovo nel far capire agli altri,
ai potenziali clienti o, più semplicemente, alle persone che visitano le
esposizioni, che un dipinto ad acquarello ha lo stesso valore di uno dipinto ad
olio. Non è un passaggio così scontato, molti considerano questa tecnica come
“grafica” , una sorta di parente povero della pittura vera.

Le soddisfazioni ci sono e sono tante e per me, che dipingo
per vendere, la soddisfazione più grande arriva quando un cliente acquista un
pezzo e dopo qualche tempo ne prende un altro, attestando così la sua stima nei
miei confronti.






Che rapporto instauri con le tue opere?

 

Non sono uno di quei pittori che afferma di dipingere per se
stesso, o quanto meno non solo questo, io metto la mia creatività e la mia
esperienza al servizio degli altri, pertanto considero ogni mia opera come una
figlia che sono ben lieto di lasciare andare. Senza rimpianti.












Ci sveli i tuoi prossimi progetti in cantiere e/o mostre
future?

 

Nell’immediato futuro ho in programma una mostra dei miei
ultimi lavori, una ventina, nelle sale di un locale bar ristorante nella piazza
principale di San Gimignano. Un evento che si ripete ormai da alcuni anni e che
mi ha regalato sempre tante soddisfazioni. Poi ci sono altri progetti ma è
prematuro parlarne.









Nato a San Gimignano, Italia, nel 1955, ha studiato arte e
architettura a Firenze quindi ha iniziato il suo lavoro nel 1980 in qualità di
disegnatore, designer e pittore.

Ha partecipato a numerose esposizioni personali e collettive
in Italia e nel mondo e molte opere figurano in collezioni pubbliche e private.

 

Statement

Forma, colore e textures costituiscono lo scheletro su cui
costruisco le mie immagini, o forse sarebbe meglio parlare di visioni, o sogni
perché tutto ha inizio e si sviluppa prima nella mia mente, più o meno
inconsciamente e dopo, molto dopo, si trasferisce sulla tela o sulla carta.
Attraverso lo studio dei miei soggetti, siano essi figure, città o paesaggi
isolo ed elaboro ciò che per me rappresenta l’anima del soggetto stesso, ne carpisco
le forme primitive,mi impadronisco del loro colore, delle luci e delle
ombre,fisso, come in una fotografia, l’attimo magico in cui gli oggetti
rivelano se stessi poi traduco tutto nel linguaggio universale del disegno e
della pittura.

 

La figura

La figura umana è forse il primo soggetto rappresentato
nella storia dell’arte mondiale, è presente in tutte le epoche storiche e
costituisce quindi un tema pressoché obbligato per ogni artista. Il mio
approccio alla figura umana è strettamente personale: abbandonando qualsiasi
pretesa di rappresentazione fedele o realistica la mia ricerca si concentra
sulla percezione volumetrica e coloristica del soggetto dando risalto alla
relazione tra luce, colore e forma.

 

La città

La città è la culla delle nostre vite, incubatrice dei
nostri pensieri, l’involucro che racchiude i nostri sogni, i successi e le
sconfitte. La mia visione della città è una visione idealizzata, uno sguardo
lontano che permette di astrarre dal contesto generale ciò che mi colpisce
maggiormente dell’insieme di architetture, di strade, di spazi, finestre,
tetti, terrazze e quant’altro. Ancora una volta sono le forme ed i colori, le
luci e le ombre che emergono da questo processo di astrazione e stanno lì a dimostrare
la mia idea di città. Infatti io non dipingo una città ma l’idea di città.

 

I paesaggi

Il paesaggio, in tutte le sue accezioni e sfumature,
rappresenta il mio “porto sicuro”, un angolo riparato nella mia testa dove mi
posso rifugiare e ricaricare in tutta tranquillità. Quando le idee scarseggiano
o faticano a trovare la strada per emergere tutto ciò che devo fare è aprire il
libro degli schizzi scorrendo centinaia di disegni e appunti che parlano della
mia terra, la campagna, gli alberi, i fiori. È tutto lì dentro, disponibile e
generoso e io non devo fare altro che coglierne i frutti.

 

“Rappresentare la vita è lo scopo principale della mia
pittura. La figura umana, le città, la natura costituiscono degli ottimi
soggetti da studiare e trasferire sulla tela o sulla carta, ma ciò che più mi
interessa è scoprire e mettere in evidenza la relazione che c’è tra le forme e
i colori di ciò che ho di fronte. Questa relazione la si scopre
dall’osservazione attenta della realtà e si estrinseca in una rappresentazione
strettamente personale dell’oggetto.”

 

Le idee    

Ogni dipinto ha una sua storia e una sua personale
gestazione. Tutto può contribuire alla scintilla iniziale, una foto, una frase,
una musica. Prima di iniziare passo molto tempo pensando al design generale
della nuova tavola, agli schemi di colori da utilizzare, a cosa mettere in
evidenza e cosa lasciare in secondo piano. Generalmente prendo molti appunti,
faccio schizzi, provo dei colori, ombreggiature, scompongo il soggetto in
porzioni che poi ricompongo diversamente, schematizzo varie soluzioni
compositive. Tutto questo processo può durare giorni oppure settimane però
quando è il momento di dipingere il lavoro viene giù filato senza ripensamenti.

 

I materiali

Opere su carta. Utilizzo gli acquarelli sulla carta fatta a
mano con stracci di cotone, è una carta bellissima, importata dall’India,
pesante e rugosa, con una sua forte personalità che richiede molta attenzione
ed esperienza per padroneggiarla.

 











Contatti dell’artista 


Sito Web www.andreucciart.it

Email aandreuccetti@gmail.com

Facebook Alessandro Andreuccetti

Instagram alessandroandreuccettiart

Twitter Alex Andreuccetti

YouTube Alessandro Andreuccetti 









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Catalogo Artistico – MA.PU Marinella Pucci

 L’ArteCheMiPiace – Catalogo Online



CATALOGO  


MA. PU

Marinella Pucci


È uscito il nuovo Catalogo personale dell’artista Marinella Pucci interamente ideato e divulgato da L’Artechemipiace
Il progetto nasce dalla volontà di riunire insieme in un’unica opera scritta e illustrata, le diverse espressioni artistiche di una poliedrica artista.
Il catalogo raccoglie oltre alle opere pittoriche anche un ampio repertorio di disegni su carta realizzati con diverse tecniche praticate dall’artista.
Accanto alle opere, compaiono l’introduzione critica e l’intervista curate da Giuseppina Irene Groccia, alcuni testi critici di Alessio Musella e Ombretta Del Monte, nonché una scelta di testi di poetica dell’artista.
Il catalogo Ma.Pu è la prima pubblicazione dell’artista e documenta il passaggio all’ astrattismo, oltre alle sperimentazioni in scultura con argilla polimerica.

Nel suo primo Catalogo personale appena uscito, i suoi diversi linguaggi espressivi confluiscono in una trama dal fascino importante. Un racconto inedito quello di Marinella Pucci, che stimola la partecipazione attiva e crea una sorta di ponte tra il lettore e l’artista.
Il Catalogo è disponibile in versione digitale, da sfogliare online, su www.calameo.it
La versione cartacea potrà essere richiesta contattando direttamente l’artista all’email maripucci@yahoo.it, oppure su www.amazon.it




clicCA SULLA COPERTINA PER LA VERSIONE SFOGLIABILE ONLINE
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Clicca sulla copertina per acquistare il catalogo nella nostra libreria Amazon 

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©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 

La sezione Catalogo Artisti ospita il nuovo format divulgativo del Blog, si tratta di uno spazio dove all’artista che ne farà richiesta, verrà  data l’opportunità di poter realizzare e pubblicare un Catalogo personale in versione digitale e cartaceo.

Una accurata selezione delle proprie opere potrà essere presentata all’interno del Blog in versione impaginato con la possibilità di aggiungere testi critici o interviste. La versione sfogliabile online verrà pubblicata sulla piattaforma Calameo.

L’elaborato grafico, impaginato in PDF, potrà essere utilizzato per le stampe cartacee e nel caso l’artista lo desidera potrà essere aggiunta, previa liberatoria, nella nostra libreria online su Amazon Books


Il catalogo digitale è ormai un Must per ogni artista, un efficace ed elegante strumento di presentazione delle proprie opere.

In linea con questa tendenza ormai consolidata e che è diventata ormai aspettativa di tutti, il catalogo digitale offre dei notevoli vantaggi agli artisti che lo utilizzano per acquisire più contatti e visibilità 

Diffondere un catalogo digitale è più semplice rispetto ad uno cartaceo. Basta un click per condividerlo con potenziali acquirenti, gallerie e curatori.

La condivisione sui social media ne permette inoltre una diffusione praticamente gratuita..  tutto al fine di preservare e rendere accessibili ad un maggior numero di persone le informazioni fondamentali di un artista e sulla sua intera produzione.

Questa strategia permetterà di presentare i propri lavori artistici nei migliore dei modi possibili, con canali diversi e quindi con una più completa rappresentazione degli stessi. 


La pubblicazione di un catalogo cartaceo è altrettanto importante perché è un mezzo di promozione che va a interferire con altri sensi. Il profumo di una stampa, la grana della carta sono aspetti sensoriali capaci di attivare altri canali percettivi. Inoltre, le copie stampate,  diventano indispensabili in occasione di eventi espositivi dove la loro distribuzione a fine evento è fondamentale per chi vorrà far rivivere in modo più intimo e completo  le emozioni percepite dal fruitore durante il percorso espositivo.

Il Catalogo ideato, prodotto e divulgato da L’ArteCheMiPiace è munito di Codice ISBN, questo aspetto è molto importante in quanto fa del prodotto finale una Pubblicazione e non una semplice stampa. Sarà possibile quindi usare il Catalogo per commercializzare sia il Volume stesso, come anche le opere in esso contenute, ai fini di promuovere, divulgare e vendere la propria Arte.













L’ArteCheMiPiace da l’opportunità ad artisti emergenti ed affermati di usufruire di una vetrina in cui proporre il proprio talento, operando per la promozione e la valorizzazione degli stessi.

Ogni progetto promozionale diffuso sulle pagine di L’ArteCheMiPiace, è soggetto a selezione e comprende approfondimento dei materiali forniti con consulenza, ricerca, redazione e diffusione.


Se desideri avere più spazio, con un’intervista, con la presentazione di un tuo progetto artistico oppure con la realizzazione di un tuo catalogo d’arte personalizzato, invia la tua candidatura alla seguente email: gigroart23@gmail.com



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