Donatella Maino Una sinergia unica tra il visivo e il verbale.

 

Manfred Koschabek 




Donatella Maino

Una sinergia unica tra il visivo e il verbale.










di Giuseppina Irene Groccia |29|Agosto|2023|





L'approccio di Donatella Maino all'arte e alla parola è ricco di emozioni e significati. La sua abilità nel fondere versi poetici con opere d'arte di amici artisti apre porte a un mondo di collegamenti profondi, creando una sinergia unica tra il visivo e il verbale. I versi scelti con cura si intrecciano con i dettagli delle opere, amplificandone l'emozione e la profondità e consentendo agli spettatori di cogliere sia la complessità dell'opera visiva che la ricchezza delle parole. 

Donatella Maino amplifica le emozioni intrinseche delle opere, creando sinergie che riflettono la potenza dell'arte nella sua forma più interdisciplinare. Questo connubio permette all’osservatore di immergersi in un mondo di significati e sensazioni, trasformando l'esperienza estetica soprattutto in un viaggio intellettuale ed emotivo. 


Nelle opere poetiche di Donatella Maino emerge un'analisi profonda dell'esperienza umana, espressa attraverso una ricercata forza poetica. Le sue composizioni, dotate di una scelta lessicale ricca e potente, si rivelano veicoli di significato intenso e riflessione cosciente. La sua parola diventa voce, una sinfonia notturna di toni sfumati, dipinge immagini che si manifestano come vividi quadri mentali, svelando i complessi strati emotivi intrinseci. La raffinata composizione dei suoi versi costituisce un richiamo alla profondità dell'esperienza umana, mentre gli sguardi che attraversano le opere che ama abbinare, si fanno connessioni palpabili tra la realtà e l'effusione dell'espressione. L'abilità della poetessa nel coniugare linguaggio e arte sottolinea una relazione simbiotica tra le parole e le opere, che in tal modo vengono elevate a una dimensione di profondità e significato. 


In molte delle sue composizioni, sillabe e visioni sembrano intrecciarsi in un connubio unico, permettendo al lettore di sognare dolcemente tra le intersezioni della poesia e dell'arte visiva.

La "poesia visiva" emerge come una tendenza volta a rinnovare i tradizionali metodi di composizione poetica sfruttando le qualità visive del testo. Donatella Maino sembra abbracciare questo approccio, trasmettendo emozioni e significati attraverso l’interazione di parole e immagini, unendo così due forme d'arte distintive in una sola ed unica espressione.








           Pagina bianca           


sconfitto è il silenzio,

ha vinto il dio delle parole scritte, 

parole inventate come avanzi interiori;

 

cercano l'assoluzione 

prima ancora di essere condannate, 

aspirano ad un'identità, 

sono felici senza conoscere la felicità, 

forse cercano solo di morire in pace.


Leggi la mia pagina bianca, allora

mi amerai, quando tutto sarà spento;


diventerai un cantastorie al soldo,

con i piedi nudi nella polvere.




Opera di Manfred Koschabek 










Il grillo del focolare



Sono morta a crampi d'anima

ascoltando il grillo del focolare,

il gorgoglio del paiolo,


il notturno di Chopin

che non ripara 

dai tuoi ritmi addominali.


Scabro e insipido,

il tuo dio all'espiazione,

di quel segno della croce

alla fine della messa.


Ballo il sirtaki della demenza,

- in cattività -

cercando granelli di vita esule



Opera di Beatrice Orsini










Non ti muovere


Nulla, nulla, non ti muovere,

ormai la frase è spezzata,

una parentesi e poi ancora una parentesi

ha corroso la lingua, l'anima,

più non scorre sangue nell'io insolente.

Imperversa la tua voce,

mi viene in mente l'urlo aperto cinque anni fa

mentre mi denigravo cadendo nella neve

davanti ad una sporca locanda.

Ero acqua sciolta al male...

Ancora l'insegna m'invita,

un affrettarsi di passi su e giù

agli angoli del cervello, all'imbarco per l'isola.

Così resto in silenzio e chino il capo sul petto

che mutilato disegna metà dello scempio.



Opera di Giuseppina Irene Groccia

 












ELOGIO

Si perdono oltre la barriera
i pensieri sconnessi
dalla fame, della paura.
Le scodelle dei cani s'allineano
sul tavolo arso dai lumini,
gli uccelli in gabbia intonano
il canto del sepolcro;
piccoli racconti scivolano
sulla veste macchiata di vino,
rimane fra i denti
la carne delle profezie,
masticate
con la crudeltà del morso




Opera di Daniele Gozzi










Di me



molti cassetti rovesciati,


di ciò che non è mai stato riposto,

per quella nostalgia delle cose minuscole:

capelli di paglia strappati ai pensieri,

dimenticanze bianche, nuvole appese

all'incognita dell'ora, l'agonia dello sguardo

che segue il valore dell'odio,

quell'eterno abbandono che imbrunisce i giunchi

e un braccio che dorme sul ciglio della strada:

ho vissuto senza accorgermene

cercando un re colpevole di non esistere.


Opera di Antonella Losso






A mio figlio


Quando sentirai la pianura arida dentro di te,

metti ordine nelle tue terre, riempi 

le isole di fiori di campo, riprenditi 

la gioia prima che s'allarghi

lo spazio delle sartie afflosciate;


io, uccello senza ali, senza più colori,

ti farò il  verso dalla nebbia, figlio mio. 






























Donatella Maino

Donatella Maino nasce a Pergine Valsugana, Trento, alla vigilia di un Natale del dopoguerra, da genitori relativamente maturi. Quando i suoi occhi si aprono al mondo vede solo rovine. Tutto il suo habitat è disgregato dalle bombe che hanno fatto di Trento, città di frontiera con presidio tedesco, luogo di tragici scontri con le forze alleate.
Trascorre l’infanzia e l’adolescenza nell’indigenza che poi canterà in un suo brano “Un mondo scomparso”.

In quinta elementare la maestra riconosce in lei l’attitudine a fantasticare con le parole attraverso una prosa dedicata a “X Agosto” di Giovanni Pascoli, poesia che stimola l’immaginazione dell’autrice, fino a farla diventare tutt’altro pur rimanendo nel contesto e nell’intento del Poeta. Dopo le elementari sarà “obbligata” a frequentare scuole ad indirizzo amministrativo dove, con grande fatica, otterrà il diploma di segretaria d’azienda. Le condizioni della famiglia non le permettono di andare oltre ma la sua grande passione per le materie letterarie la porteranno a frequentare assiduamente mercatini di libri che mai riusciranno a spegnere la sua sete per la lettura alla quale si abbevera quotidianamente in contrapposizione al desiderio dei genitori che la vorrebbero più attenta ai problemi famigliari dai quali rifugge incominciando a comporre brevi versi e considerazioni introspettive nelle quali realizza le sue prime utopie.

L’Italia stava risorgendo dalle ceneri, in pieno boom economico, Donatella Maino si scontra con il primo, vero grande dolore della sua vita. Il padre perde la vita in un incidente automobilistico, al quale, dopo un mese, farà seguito la dipartita della madre, malata di cancro.
Sarà l’inizio di un calvario, di un pellegrinaggio che la porterà a conoscere la fame e l’indifferenza dei suoi simili. Genova, dove vive la sorella della madre, con una nidiata di sette figli, è la prima tappa di accoglienza. In questa splendida città, Donatella, conosce il mare ed è amore, subito amore che la compenserà dai morsi della fame, inevitabili compagni di una quotidianità che divide una pagnotta di pane in dieci bocche da sfamare. Rimane quanto basta per capire che il peso della sua presenza incide notevolmente sulla famiglia. Ritorna a Trento ospite di un’altra zia che sta vivendo la realtà agghiacciante della malattia, in fase terminale, del marito. Rivive la perdita dei genitori da poco subita e conosce e s’aggrappa al ragazzo col quale, dopo un anno, si sposerà. L’anno precedente il matrimonio lo trascorre in casa del fratello, di quattordici anni maggiore di lei, sposato e completamente fuori da ogni problematica riguardante le necessità affettive della sorella. Donatella Maino si sposa in un giorno di maggio, splendente di bianco, bagnata di chicchi di lacrime per le assenze ingiustificate.
Da Parigi arrivano notizie delle prime manifestazioni di piazza, in Italia i giovani lavoratori e gli studenti rispondono con i tamburi, a Trento, la Facoltà di Sociologia viene occupata dagli studenti, è l’anno 1968. Indottrinata dal padre, attivista del Partito Comunista Italiano, quando la bianca Trento (Città dei Principi Vescovi e del primo Concilio Ecumenico) dichiarava che i comunisti mangiano i bambini, Donatella Maino svolta all’estrema sinistra, abbracciando l’idea del P.S I.U.P. (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria) e, benché sposata con un uomo “incolore”, indossa un eskimo e sfila per le vie cittadine urlando gli slogan inneggianti al Che e alla rivoluzione che emancipavano la donna fino a scrivere sugli stendardi “l’utero è mio e me lo gestisco io”.
A Trento nascono le Brigate Rosse con a capo Renato Curcio che porteranno l’Italia a soccombere alle varie manifestazioni di terrorismo, non ultima l’uccisione dell’Onorevole Aldo Moro. In questa totale confusione di ideali esasperati, l’autrice scrive e legge qualsiasi cosa le capiti sotto mano, compreso il Libretto Rosso di Mao Tze Tung e aleggia sempre più nei suoi scritti l’utopia di un mondo veramente migliore. Nel suo incedere si ritrova ad aspettare un bambino, Luca che nascerà in un clima famigliare già minato dalle incomprensioni coniugali.
Accolto con grande amore, il figlio ridimensiona le velleità politiche di Donatella che l’avevano vista in piazza a schivare manganellate della polizia che caricava i dimostranti almeno due volte al giorno. Consapevole del suo ruolo di madre si dedica anima e corpo al piccolo essere che le sta cambiando la vita in positivo. Getta l’eskimo in soffitta e tenta di immergersi in una quotidianità appagante, è il periodo dell’amore filiale, di liriche che tutt’ora il figlio conserva come dimostrazione di una madre un po’ sopra le righe ma che elargiva a piene mani tutto l’amore di cui era capace.
Donatella Maino si separerà dal marito quando il figlio avrà circa una decina d’anni, vivrà di lui, solo di lui per molto tempo, lo accompagnerà al matrimonio col cuore spezzato ma convinta che abbia tutto il diritto a formarsi una famiglia.
Nel 1996 le viene riscontrato un cancro maligno per cui subirà l’intervento con conseguente mutilazione del seno ma con l’incoscienza o il coraggio che l’hanno accompagnata tutta la vita, rifiuta categoricamente la chemioterapia. Ripudiata, per l’accadimento, dal compagno di allora decide di chiudere anche la seconda esperienza affettiva.
Nel 1999 nasce il primo nipote, Riccardo, al quale si lega a doppio filo rivivendo la propria maternità. Nel 2005 un altro fiore, Simone, viene a far parte del giardino di questa donna che tanti semi ha sparso nel crudo terreno della vita.
Nel 2000 ritenta la sorte con l’uomo che crede di aver aspettato da sempre, l’incastro cosmico perfetto. Si risposa nel settembre del 2005.
Sempre nel 2005 (anno veramente proficuo…) pubblica la sua prima raccolta di poesie con la Casa Editrice Il Filo, titolandola: “Di rami e foglie”, quasi a perpetuarsi nelle stagioni, nei cicli della vita e nel 2006, in autoedizione con la Lulu.com americana, pubblica: “Il peso del cielo”. Il 18 luglio 2008, sempre in autoedizione con la Lulu, pubblica “Bianco crudo”, testimonianza di vero dolore subito nel 2007: perdita dell’unico fratello (ultimo membro della sua famiglia) perdita di Paolo, compagno di un lunghissimo pezzo di vita (18 anni di convivenza), grossa crisi di rapporto con il suo adorato figlio, a novembre, esattamente il giorno 3, subisce un infarto. Ora, Donatella Maino, impegna il suo tempo lavorando presso la Provincia Autonoma di Trento per il Servizio A.P.E. (Agenzia per l’Energia), per non perdere completamente il contatto con la realtà, dice lei… e nel tempo libero si dedica ancora alla scrittura… contando le pastiglie… tante, troppe…






























©L’ArteCheMiPiace - Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 






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