STATI ESISTENZIALI IN RERUM NATURA: BIANCA BEGHIN POETA LEVITÀ E ASPREZZE UMANE IN REBUS NATURALIBUS
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STATI ESISTENZIALI IN RERUM NATURA: BIANCA BEGHIN POETA LEVITÀ E ASPREZZE UMANE IN REBUS NATURALIBUS
di Maria Marchese |27|Dicembre|2021|
Se ci si fermasse ad ascoltare il lavoro delle radici, chi riuscirebbe a dormire?
Fabrizio Caramagna
Bianca Beghin attinge la levità di un calmo verso esistenziale, che attraversa le trame conoscitive in punta di piedi, per amare uno spazio esperienziale artistico, che nasce da un ascolto profondo e altresì lo necessita.
Ivi l’autrice veneta vive intensamente l’autenticità di un’esperienza umana vera e spontanea: ama e corteggia allora il disvelamento dei dettagli e delle circostanze, che accadono in natura, ammantandosene come preziosa veste, per liberale poi su un concreto suolo artistico.
In questo intimo spazio, ella percepisce l’intenso lavoro, compiutodalle radici, durante l’atto della crescita e altresì l’anelito della gemma, che ammicca dalle rese di una lignea fascina, pronta per essere arsa…
E ancora coglie lo “sfoglío” tra petali, che si carezzano e solleticano, oppure il fragore della frattura di un legnoso stelo, causata dal bailamme di una tempesta e, ancora, il fragoroso impeto degli umori acquei, che si abbattono contro il fermo, frastagliato sasso.
Sin da bambina, Bianca Beghin viene rapita e dalla sinestesiadella verità artistica e da quella legata alla Natura: il suo temperamento si flette allora, come corda di violino, al contatto con le verità sensibili e altresì con quelle ineffabili, che nasco in seno alle alchimie di entrambe.
Lejos un trino. Lontano un trillo
El ruiseñor no sabe. L’usignolo non sa
Que te consuela. Che ti consola
Borges
Bianca Beghin riesce a cogliere lo spontaneo canto della sottilecreatura e a vivificarlo addentro le proprie opere.
Dapprima sorrade la garza, sposandole la rudezza del terreo suolo, poi vi libera connubi segnico/ cromatici, ove è possibile vivere la quiete del prezioso e Maestro canto, della sottile creatura.
Nascono allora composizioni pittoriche, che esprimono metafore riflessive profonde: sollevati indi, dall’aggraziata mano della pittrice, dal gravame quotidiano, i primievi protagonisti, siano essi odorosi ritagli floreali, resinose rudezze, verdi fili, inquiete inde… esperiscono se stessi, divenendo genera mater di evoluzioni estetiche introspettive.
Bianca Beghin possiede l’innata capacità di individuare diastemi cromatici coi quali comunica, in maniera mirabile, i motti di anima e mente.
Es un imperio È un impero
Esa luz que se apaga quella luce che muore
O una luciérnaga? O una lucciola?
J. L. Borges
L’autrice riesce ad annichilare, attraverso una peculiare e intuitiva crasi tra tratto, pigmento cromatico e materia, la distanza tra l’impero e la lucciola, narrate da Borges, nella brevità di questo haiku.
Maria Marchese, scrittrice, poetessa e curatrice d’arte, nasce a Como nel 74, dopo la maturità scientifica si iscrive all’istituto internazionale di Moda&Design “Marangoni”, a Milano.
Per oltre 20 anni svolge attività nel settore socio assistenziale.
Dal 2013 affronta da autodidatta il suo percorso di studio nel campo dell’arte, della letteratura e filosofia. Nel 2017 pubblica la sua prima silloge poetica “Le scarpe rosse- Tra tumultuoso mare e placide acque”. Da lì a breve esperisce se stessa nella critica artistica.
Collabora con il blog culturale dell’università Insubria, con lo storico dell’arte Valeriano Venneri, con Exit Urban Magazine e Art&Investments, con il Blog L’ArteCheMiPiace, con l’associazione culturale Nuovo Rinascimento, con la Galleria “Il Rivellino” a Ferrara, con Divulgarti a Genova, con Art Global a Roma, con AArtChannel di Ferrara, con Alessandra Korfias, coordinatrice ponte culturale Italia/Giappone e responsabile di Arti Services.
www.mariamarchesescrittrice.com
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