FRANCO EMILIO CARLINO - UNA CONVERSAZIONE CON UN CUSTODE DEL TEMPO

L'ArteCheMiPiace - Interviste 






FRANCO EMILIO CARLINO


UNA CONVERSAZIONE CON UN CUSTODE DEL TEMPO







di Giuseppina Irene Groccia |08|Luglio|2025|


Ci sono personalità che, nel silenzio operoso di una vita spesa tra l’insegnamento, la scrittura e la memoria storica, riescono a restituire interi frammenti d’identità collettiva a territori spesso dimenticati. Franco Emilio Carlino è una di queste figure rare. Docente appassionato, studioso scrupoloso, narratore della Calabria più autentica, ha dedicato decenni alla valorizzazione della cultura locale, muovendosi con scrupolosa attenzione tra documenti d’archivio, genealogie nobiliari, tradizioni popolari e pagine scolastiche.

Nel suo lavoro, ogni borgo diventa racconto, ogni nome di famiglia traccia un albero di memorie, ogni fotografia restituisce dignità al tempo passato. Da Mandatoriccio, suo paese natale, fino a Rossano, sua città d’adozione, Carlino ha intrecciato saperi, emozioni e dedizione in una produzione culturale che oggi rappresenta un patrimonio vivo, utile non solo alla conoscenza, ma anche alla coscienza del presente.




In questa intervista, abbiamo voluto raccogliere la testimonianza del suo percorso, insieme a una riflessione più ampia sulla responsabilità di tramandare, l’importanza di educare e la necessità, mai come oggi, di raccontare per resistere all’oblio.





 

Lei ha sempre sostenuto l'importanza di valorizzare le esperienze per renderle fruibili agli altri. In che modo questa filosofia ha guidato le sue scelte professionali e culturali, e quali trasformazioni ha osservato in chi ha potuto beneficiarne?

 

Provo a rispondere a questa prima domanda, che mi richiama al valore dell’esperienza condivisa cercando di essere il più esaustivo possibile. Ho sempre pensato, sin dall’inizio della mia carriera professionale, che le esperienze fatte in qualunque campo, andassero partecipate rendendole utili e accessibili agli altri. Come arrivarci e affinché tutto ciò accadesse non è stato semplice. La prima occasione concreta, a incanalarmi su tale filosofia, fu la mia esperienza ultradecennale alla guida Distretto Scolastico N. 26 di Rossano, massimo Organo Collegiale della Scuola sul Territorio di pertinenza, nella veste di Vice Presidente e Presidente. Terminata questa positiva avventura ritenni giusto lasciare traccia e memoria di quanto fatto, perché nulla andasse perduto. Decisi, pertanto, di raccogliere l’esperienza, come testimonianza documentata, in un volume dal titolo: Il Distretto Scolastico N. 26 di Rossano. Organi Collegiali e Partecipazione. Il progetto si rivelò una filosofia vincente in grado di valorizzare quanto prodotto e realizzato sul campo rendendolo fruibile al personale della Scuola di ogni Ordine e Grado. Una cronistoria di cui si forniscono le tante attività realizzate tra il 1988 e il 1997, che mettono in risalto l’importanza e il ruolo degli Organi Collegiali e la partecipazione della Comunità scolastica. Questo tipo di approccio, influenzò fortemente le mie scelte culturali e professionali divenendo apripista per le esperienze future confluite sempre in apposite pubblicazioni. Basti ricordare i successivi due volumi: Dimensione Orientamento – Itinerario Teorico Pratico di ricerca e di documentazione per la prassi dell’Orientamento nella Scuola e Note di Politica Scolastica nella Provincia di Cosenza (1997-2001).

Il primo raccoglie scritti e documenti sull’orientamento formativo nella scuola italiana e setaccia la natura del tema, inteso come consapevolezza di sé e capacità di scelta in ambito scolastico e professionale, ma anche esistenziale. Al suo interno si possono trovare riferimenti normativi significativi oltre che esperienze pratiche, insieme all’uso di diari personali per gli studenti e l’analisi del mercato del lavoro. L’opera dibatte il ruolo fondamentale degli insegnanti e dei distretti scolastici, sottolineando la necessità di un orientamento continuo e integrato al curriculum, diretto a sviluppare le competenze necessarie per affrontare i cambiamenti del mondo del lavoro e della società complessa, proponendo strumenti e metodologie per la conoscenza di sé, dei percorsi formativi, e delle professioni. Un lavoro realizzato insieme al Centro di Orientamento scolastico e professionale di Cosenza in tutte le Scuole Medie del Distretto Scolastico n. 26 di Rossano, diretto dal Dott. Mario Pedranghelu. Il secondo volume, invece, presenta una compilazione di documenti e articoli relativi alla politica scolastica nella provincia di Cosenza tra il 1997 e il 2001 e documenta la mia esperienza nel massimo Organo Collegiale della Scuola a livello provinciale, come componente della Giunta Esecutiva.

Relativamente alla seconda parte della domanda, circa i cambiamenti osservati in coloro che hanno beneficiato di questo approccio, a distanza di anni posso dire che sono notevoli. Ancora oggi quell’approccio di esperienza condivisa e quel lavoro di gruppo riescono in molti casi, per la loro impostazione, a promuovere certamente il valore della condivisione attraverso le esperienze attuate rimaste positivamente nella storia della scuola distrettuale di Rossano per i numerosi valori promossi.   

 

Nel corso della sua lunga carriera nella scuola e negli Organi Collegiali ha vissuto una fase cruciale della trasformazione dell’istruzione pubblica. Cosa rimpiange di quel modello di partecipazione e cosa, invece, crede possa essere ancora attualizzato oggi?

 

Questa seconda domanda mi invita ad una profonda riflessione sull'evoluzione della scuola pubblica, da me vissuta in oltre 37 anni di carriera, richiamandomi in modo particolare alla mia esperienza di partecipazione attiva ai cambiamenti del sistema educativo attraverso la partecipazione agli Organi Collegiali. Come già accennavo, la risposta sta nel primo volume dove sono raccolte e illustrate le numerose e straordinarie iniziative e progetti promossi dal Distretto, come corsi di formazione, concorsi ambientali, attività sportive e seminari su temi sociali e pedagogici, evidenziando la forte intesa e collaborazione con enti locali del tempo e le associazioni per il miglioramento dei servizi scolastici e il sostegno agli studenti. Iniziative dalle quali emerge forte l'impegno del Distretto nel promuovere la partecipazione democratica e come questo affrontò le sfide educative e sociali del territorio.

Per rispondere anche in questo caso al suo secondo punto di domanda le dico che non posso nascondere che io stesso rileggendo quel volume, ancora oggi vengo sollecitato dall’interrogativo se quanto fatto in quegli anni, sostenuto da molti come una pagina scolastica unica di grande valenza e interesse per tutta la scuola e la Comunità del nostro territorio, possa ancora oggi, la stessa, essere ritenuta valida e come punto di riferimento per la scuola di oggi, la risposta è decisamente sì. La riflessione mi invita a rispondere che per molti versi, guardando l’evoluzione della scuola di oggi, molti sono i rimpianti relativi ai modelli di partecipazione passati, probabilmente non sufficientemente valorizzati dalla stessa politica scolastica che ha cercato a tutti costi di scardinare un settore che stava diventando un fiore all’occhiello della scuola italiana e che via via si è perso per mancanza di risorse ed anche perché alcuni spazi riservati alla scuola sono stati occupati impropriamente dalla politica, entrata a gamba tesa nella Scuola anche attraverso un processo di autonomia non propriamente condiviso dalle diverse componenti scolastiche. Il mio pensiero vola al clima di scontro sul tema della razionalizzazione della rete scolastica e del dimensionamento instauratosi tra le rappresentanze della scuola e il Consiglio Provinciale di Cosenza dove quest’ultimo fece prevalere la logica dei numeri, attraverso le indicazioni che arrivavano dal Governo di Roma, a discapito delle esigenze e le identità delle singole scuole sul territorio. In quel periodo, se non ricordo male io stesso scrissi un articolo che descriveva molto bene il nostro sentimento di malcontento, raccontando il senso di smarrimento, di perdita di identità a causa di una fusione, che allora, ricordo, riguardò la Scuola Media di Piragineti-Amica, e che ebbe un’amara conclusione in quanto la logica dei numeri prevalse sulle persone.

 





Il suo impegno nell’UCIIM dimostra un legame profondo tra educazione e valori. Come si può coniugare oggi, nella scuola laica, una formazione che non rinunci all’etica, alla responsabilità e alla dimensione spirituale del docente?

 

L’esperienza ultratrentennale nell’UCIIM, mi ha portato a rivestire ruoli di fondamentale importanza come la presidenza della Sezione di Mirto Rossano e la presidenza Provinciale nel territorio cosentino. Sono stati anni densi di significato e di attività che hanno messo in luce un modo nuovo di operare, forse non sempre adeguatamente apprezzato e condiviso, ma che per quanto mi riguarda, portò a notevoli risultati. Molte cose sono state fatte ed in particolare un allargamento della presenza uciimina, su un territorio fino ad allora arido e non sufficientemente arato, che portò alla fondazione di tre nuove sezioni: Cassano allo Jonio, San Marco Argentano e Lungro. Un progetto ispirato da una filosofia di collaborazione vera e non subalterna, che riuscì a legare significativamente il mondo scolastico provinciale e l’associazionismo cattolico attraverso un costante dialogo con la Chiesa e Vescovi dei territori coinvolti. Una scuola di laici cattolici che chiedeva il supporto ai propri vescovi per condividerne il progetto. Da questa interessante esperienza che diede  i suoi frutti in termini di numeri e di qualità di servizio, venne come le precedenti, documentata in alcuni volumi: (Profilo di una Sezione – 25 anni al servizio di una comunità scolastica (1978-2003) – La memoria per progettare il futuro, Grafosud, Rossano 2004; Percorsi – Le attività della sezione giorno dopo giorno (2002-2007) – Bilancio e cronaca di un sessennio, Grafosud, Rossano 2007; Tutti i Soci della Sezione (1978 -2008) – Attività di ricerca e documentazione, Ferrari Editore, Rossano 2009, altri volumi inediti e numerosissimi articoli) dai quali affiora in maniera vincente l'importanza di essere riusciti ad integrare etica, responsabilità e spiritualità pilastri della formazione del docente cattolico via via, per quanto possibile, trasferite nell'educazione contemporanea. Inoltre, da laico, rispettoso dei valori dello Stato e contemporaneamente cattolico, mi sono sempre interrogato su come la scuola laica potesse carezzare queste dimensioni, essenziali per la formazione dei docenti. Devo dire che l'impegno dell'UCIIM, nel nostro territorio è stato molto importante per la formazione di intere generazioni di docenti ed è stato un esempio concreto di esperienza sul campo che ha saputo unire educazione e valori. La questione centrale ora rimane come mantenere questo positivo connubio venutosi a creare. Questo coinvolge la formazione dei nuovi docenti cattolici che devono, senza rinunciare all’etica, alla responsabilità e alla loro dimensione spirituale, coniugare anche una loro crescita personale e morale secondo un nuovo modo di fare formazione in un contesto educativo centenario, che a me sembra, in questo momento, alquanto problematico e inadeguato alla luce anche delle nuove sfide imposte dall’intelligenza artificiale.

 

Negli ultimi anni la sua attività di ricerca ha fatto luce su angoli poco esplorati della storia calabrese. Secondo lei, quale valore ha oggi la microstoria e perché è fondamentale per la costruzione di un’identità collettiva forte, specie nei piccoli centri?

 

La ringrazio per questa domanda, perché mi offre l’occasione di affrontare concretamente la questione e l’importanza della microstoria o come comunemente viene detta ‘storia locale’. Entrando nel merito della domanda, anche in questo caso, devo dire che la filosofia che mi ha spinto a fare ricerca su angoli poco esplorati della storia calabrese poggia su due pilastri. Il primo è l’idea di un viaggio nella Storia, con finestre che si dischiudono sui territori di pertinenza cercando di coglierne ogni minimo particolare. Spaccati storici che descrivono e portano all’attenzione del lettore un enorme parte del territorio calabrese comprendente le provincie, di Cosenza, Catanzaro e Crotone nelle quali si riscontrano molti fili conduttori comuni, compreso l’idioma dialettale. Il secondo pilastro sono le ragioni che mi hanno spinto a fare ricerca seguendo alcune finalità principali.  La prima finalità riguarda il fine pedagogico essendo stato docente di scuola media per circa 40 anni questa è influenzata e contaminata dalla deformazione professionale. Infatti, le mie pubblicazioni privilegiano lo scopo didattico narrativo e sono tutte finalizzate al coinvolgimento delle giovani generazioni perché queste si avvicinino il più possibile alla propria storia e alla riscoperta della propria identità culturale del territorio facendo tesoro di quanto la stessa storia, in termini di avvenimenti, tradizioni, folklore, religione, esperienze, monumentalità, arte, beni culturali, archeologia, economia, agricoltura e altro ancora, ci ha tramandato, elementi fondamentali per la costruzione di quella solida identità collettiva, specie nei piccoli centri, alla quale la sua domanda mi richiama. In questo settore, come in quelli precedenti trattati, numerose sono le pubblicazioni, che invito, per motivi di spazio di consultare sul mio sito www.francoemiliocarlino.it

Molte sono dedicate al mio paese di origine, riguardanti la sua storia, le sue tradizioni, il suo dialetto;  tante altre a Rossano ed altre ancora al territorio della Sila Greca e del Reventino Savuto. 

La  seconda finalità è quella di poter recuperare un spazio adeguato  alla storia locale che non trova nella scuola di oggi nonostante sia consigliata. I docenti di storia continuano a preferire l’insegnamento della storia tradizionale secondo i programmi ministeriali. Spesso si continua a parlare di Fenici e Sumeri, popolazioni a noi lontane, che si fa fatica a farle comprendere a ragazzi di 11 anni, quando invece dietro l’uscio di casa nostra, aprendo la porta, abbiamo un mondo vastissimo da esplorare. Basti pensare a popolazioni come i Greci e i Bruzi, ai nostri territori ricchi di opere d’arte, di tanti siti archeologici a portata di mano. Insomma per quanto mi riguarda penso si debba fare storia partendo da vicino con la microstoria per arrivare lontano allargando via via l’orizzonte e preparando la mente dei ragazzi a recepire discorsi più complessi. Questo eviterebbe il facile disorientamento e la crescita di un maggiore amore per lo studio della storia e il possibile recupero dell’identità nei piccoli centri.



Dalla storia locale alla genealogia delle famiglie nobili, lei ricompone storie individuali in un mosaico più ampio. Che cosa può insegnare oggi la riscoperta delle proprie origini a una generazione che sembra sempre più sradicata?

 

La risposta a questa domanda è legata fortemente a quanto sostenevo prima e la ragione non riguarda solo la mia persona ma quanti hanno il desiderio di conoscere le proprie origini. Io credo sia desiderio di chiunque conoscere a fondo da dove proveniamo, i nostri antenati, come pure le testimonianze, il viaggio che abbiamo fatto, per mezzo di chi ci ha anticipato e dove siamo arrivati, oppure quali sono stati i personaggi principali della nostra storia ed ancora chi erano coloro che ci hanno organizzato come comunità e cosa facevano, quanto hanno condizionato e segnato la nostra personalità, ed infine le vicende e le influenze storiche che ci hanno riguardato. La voglia di apprendere, che fondamentalmente è e rimane la sostanza della nostra ragione, non ci deve mai abbandonare, anzi va sostenuta e alimentata continuamente allo scopo di fare memoria comune del nostro passato per immaginare positivamente il nostro futuro.

Detto ciò viene da se che il passo dalla storia locale alla genealogia delle famiglie diventi passaggio obbligato per lo studio e la ricerca poiché il tema della riscoperta delle origini personali e il suo significato nel mondo contemporaneo assume un valore forte per tutti singolarmente e per una comunità in generale. Sono passato dalla storia locale alla storia biografica individuale e dalla storia locale alla genealogia nobiliare in maniera naturale. In questo settore numerose sono state le mie pubblicazioni, che ovviamente in questa sede non posso citare tutte, ma la loro realizzazione mi ha permesso di ricostruire un mosaico molto ampio della nostra storia. Si tratta di Biografia e storia di alcuni Rossanesi illustri, Consenso Iure Loquitur, Rossano 2020 e Vita e Opere di Autorevoli Figure Rossanesi, conSenso publishing, Rossano 2023. Ricerche documentali finalizzate a fare luce sulla vita e le opere di autorevoli figure rossanesi che nel tempo con le loro imprese, le opere, l’eroismo, il talento, la testimonianza si sono distinti per merito e credito, nelle armi, nelle scienze, nella medicina, nella letteratura, nella religione, nella musica, nella politica, dando prestigio a Rossano, ragione per la quale mi è sembrato doveroso continuarne a fare memoria. Un’opera dedicata alle nuove generazioni della Città perché facciano tesoro e memoria dell’insegnamento di questi grandi uomini, che hanno scritto molte pagine della storia rossanese oltre che italiana. Relativamente alla genealogia interessanti sono risultati i lavori di ricerca: La nobile famiglia Montalti di Rossano – Storia e genealogia, Grafosud in coedizione con la casa editrice Consenso Publishing Edizione a tiratura limitata, Rossano 2019 e I Toscano Patrizi Rossanesi – Storia, genealogia e feudalità, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2020. Opere ovviamente importanti che nel corso della ricerca mi hanno interrogato continuamente sull'importanza di questa riscoperta sempre finalizzata alla sollecitazione delle nuove generazioni, oggi sempre più percepite come generazioni prive di radici. Il passaggio conclusivo mi ha suggerito che in quest’epoca così priva di veri modelli di riferimento far comprendere le proprie radici possa risultare un prezioso insegnamento per il nostro mondo sradicato e smemorato.

 

Tra scrittura, fotografia e documentazione lei ha creato un archivio vivo del suo territorio. Quali criteri segue nel selezionare cosa merita di essere tramandato, e in che modo riesce a trasformare il passato in racconto coinvolgente?

 

Interessante la sua domanda. Spero di essere altrettanto esauriente con la risposta.  La discussione in oggetto  riguarda la modalità di aver attrezzato un voluminoso e consistente archivio dinamico che riesce a combinare tre elementi di trasmissione informativa: la scrittura, la fotografia e la documentazione. Come dicevo nella precedente risposta è possibile trovare tutto sul mio sito personale www.francoemiliocarlino.it che tutti  possono consultare e nel quale è presente tutta la mia vita professionale. In questo è possibile navigare nelle mie quasi sessanta pubblicazioni, una rubrica nella quale sono catalogati e disponibili per la lettura circa 500 articoli dal 1988 al 2025, i numerosi eventi realizzati nel Distretto Scolastico, nel Consiglio Provinciale, nell’UCIIM, una interessante rassegna fotografica, le diverse escursioni  fatte, alcune pagine dedicate alla mia Mandatoriccio, altre a Rossano tutte le locandine degli eventi realizzati che dimostrano lo straordinario impiego di energie durante la vita professionale e culturale. Un sito costruito artigianalmente ma funzionale a una semplice consultazione a disposizione di tutti allo scopo di preservare la storia e la memoria territoriale. In quanto catalogato non ci sono criteri particolari di selezione, ma quanto realmente realizzato con i commenti e la rassegna stampa relativa ad ogni evento. Tutto, per quanto mi riguarda, merita di essere tramandato e questo è opportunità di crescita per quanti vorranno avvicinarsi alla ricerca e allo studio della storia locale, comprenderne la metodologia adoperata in modo da poter trasformare, come ho cercato di fare io, il passato in una narrazione avvincente. Spero di non essere frainteso, ma ritengo di aver costruito negli anni, rendendolo accessibile a tutti, un archivio vivente della memoria locale dove è possibile spaziare dalla scuola, alla cultura, dalla formazione alla informazione, dall’evento alla fotografia, dal giornalismo alla pubblicazione ed all’interno del quale storia e memoria territoriale rappresentano un felice connubio e un’opera da sfogliare, sulla quale riflettere per andare avanti.

 

Lei parla spesso di "riappropriarsi del com'eravamo". Ritiene che la cultura e la memoria siano oggi strumenti di resistenza contro la perdita di identità? Come possono le nuove tecnologie supportare, o ostacolare, questo processo?

 

La sua domanda mi sollecita a ribadire, ancora una volta, la mia idea di recupero della nostra memoria culturale. Un qualcosa che è sempre presente nelle mie pubblicazioni e punto di riferimento costante dei miei interventi. Non vi può essere futuro senza memoria. Il suo recupero rappresenta per me uno stile, una forma di resistenza contro la perdita della nostra identità. Il “riappropriarsi del com’eravamo” è quanto già sostengo in un altro precedente interrogativo, ossia la ragione di chiunque abbia il desiderio di conoscere le proprie origini. Da dove proveniamo, il viaggio che abbiamo fatto e quanto ha riguardato e segnato la nostra personalità e quindi la nostra formazione. La nostra vita deve essere un continuo interrogarsi su come la cultura e i nostri ricordi possano adoperarsi o possono essere strumenti per preservare il senso di sé e rafforzare il senso della nostra appartenenza ad una comunità viva, insomma strumenti per non perdere la nostra identità. E vengo, infine, alla seconda parte della sua domanda, cioè quale ruolo rivestono le nuove tecnologie in questo processo di conservazione identitaria, se sono in grado di sostenerlo, supportarlo oppure ostacolarlo, se lo possono facilitare oppure addirittura impedirlo. La mia riflessione, a questo punto, per darle una risposta, non può che concentrarsi quindi sull'intersecarsi dei diversi elementi che sono artefici di questo processo sempre e comunque in evoluzione come la memoria, la cultura e appunto l’innovazione tecnologica. Le prime due, memoria e cultura, per quanto abbiamo detto prima, è scontato che devono continuamente essere alimentate, nel mio caso le diverse pubblicazioni sulla microstoria, i costumi, le tradizioni, l’idioma dialettale, la genealogia, le biografie, né sono un esempio evidente, chi fa cultura fa anche memoria, fare memoria e preservarla significa salvaguardare il futuro, la nostra identità. Il terzo elemento, in questo contesto di resistenza culturale, richiama tutti ad una visione nuova quale può essere l’uso delle nuove tecnologie, o l’applicazione dell’intelligenza artificiale che se correttamente applicate non possono che favorire tale processo e quindi la conservazione della nostra memoria e il com’eravamo. Per quanto mi riguarda, il mio archivio vivo, come lei lo chiama, è un esempio di come tutto può essere conservato per trasmetterlo agli altri. Un domani chi avrà modo di consultarlo credo avrà molto da ricordare e da elaborare. È come un guardarsi allo specchio, per continuare a camminare, facendo memoria con l’aiuto della tecnologia allo scopo di creare una sorta di resistenza culturale.  

 

Ha scritto numerosi saggi storici, genealogici e narrativi. C’è un’opera tra tutte che considera un punto di svolta nel suo percorso autoriale, un lavoro in cui sente di aver condensato più profondamente la sua identità di scrittore e studioso?

 

Cerco di dare una risposta a caldo alla sua domanda di avvio dicendo che tutte le opere di un autore, saggi storici, genealogici e narrativi, sono importanti ed ognuna presenta le proprie peculiarità. Tuttavia, per venire incontro alla sua richiesta specifica le rispondo che tra le tante, l'opera che considero un punto di svolta nella mia strada di autore è il saggio sui Toscano Patrizi Rossanesi. Tra Storia, Genealogia e Feudalità, in quanto riassume tutto un lavoro di ricerca fatto in precedenza e presente, attraverso aspetti diversi presi in considerazione, in tutti i saggi pubblicati in passato. Inoltre, la suddetta opera si è rivelata  il punto di svolta della mia ricerca futura in quanto è stata di suggerimento per l'interesse di un lavoro che va ad incastonare più di ogni altra opera, profondamente la mia identità di scrittore e studioso, in sintesi l’opera che mi definisce. Inoltre, gli aspetti storici, genealogici e narrativi si intrecciano a tal punto da far risultare il suddetto saggio come punto di svolta del mio percorso autoriale poiché in essa vi è la sintesi che lega la mia attività di autore riflettendone appieno la sua essenza. Aggiungo anche che fu l’opera per la quale in qualche modo mi sono ritrovato a far parte, come Socio Corrispondente, della prestigiosa Accademia Cosentina di Aulo Giano Parrasio, di Bernardino Telesio e di Sertorio Quattromani.   

 

La sua scrittura si basa su una documentazione meticolosa, unita a una narrazione accessibile. Può raccontarci qual è il suo metodo di ricerca e quali sono le maggiori difficoltà incontrate nell'accedere a fonti attendibili per i suoi libri?

 

Rispondendo alla sua domanda sarò molto sincero. La mia ricerca risulta quasi sempre molto meticolosa e puntigliosa. Cerco il più possibile di essere rispettoso del lavoro altrui avendo in questo campo, proprio per la mia accuratezza e precisione in quello che faccio trovato molte cose fuori posto nelle ricerche altrui. Mi piace citare quanti vengono coinvolti nella ricerca, evitando però, come fanno in tanti di inserire nella bibliografia per compiacere testi che con lo studio in elaborazione non hanno nulla a che fare. Mi piace anche mettere a confronto i numerosi autori citati anche quando riportano la medesima notizia senza citare la fonte, proprio per far comprendere come in precedenza tutto era possibile. Su tale aspetto le faccio un esempio. Fino all’avvento di Internet alcuni autori o pseudo autori hanno potuto dire di tutto e di più, senza citare le fonti, e il vasto pubblico dei lettori non avendo la possibilità di fare gli opportuni riscontri spesso li fece passare come dei grandi storici. Con Internet questo non è più possibile tanto è vero che molti autori, sbugiardati nelle loro stesse ricerche, si arrampicano sugli specchi. Ovviamente non manca ancora chi anche di fronte all’evidenza non si arrende dimostrando una resistenza fuori luogo. Ma bisogna mettere in conto anche questo, l’apertura mentale dei singoli soggetti nel campo della ricerca storica produce anche questi effetti. Fatta questa premessa torno alla sua domanda dicendo che per quanto mi riguarda una volta tracciato il progetto e come questo va realizzato, nella sua impostazione e soprattutto nella sua struttura, cerco di raccogliere le fonti necessarie documentali attraverso i numerosi canali via via scandagliati, dove ogni notizia viene messa a confronto per comprenderne il più possibile la sua attendibilità. Le fonti attendibili maggiormente usate che aiutano il mio metodo di ricerca e le sfide che tutto ciò comporta sono le diverse biblioteche nazionali o universitarie, i libri di altri autori, gli archivi storici di Stato e gli archivi privati, quando questo è possibile, gli archivi di libri antichi, Internet e wikipedia, questi ultimi però con molta attenzione essendo canali che vanno verificati con attenzione. Le difficoltà incontrate riguardano i costi della ricerca. Oggi richiedere anche piccole informazioni alle biblioteche mediante digitalizzazione ha un costo, poi vi sono molte difficoltà dovute alla consultazione degli archivi, soprattutto quelli privati, non tutti, infatti, sono propensi a raccontarsi mettendo a disposizione il materiale in loro possesso. E questa è una nota dolente per la ricerca riguardante la storia locale, la genealogia e la biografia.  Riguardo alla narrazione accessibile della mia scrittura, che lei mi conferma nella domanda, ne sono contento, ma non so cosa rispondere, se non che cerco sempre di prestare attenzione a quanto scrivo e a quello che scrivo ed anche qui la mia deformazione professionale è evidente. Infatti da ex docente quando scrivo qualcosa penso sempre di avere davanti i miei alunni, come quando ero a scuola, il lato debole della catena che deve essere compreso e aiutato e proprio per questo cerco di essere il più chiaro possibile per mettere il lettore a proprio agio. Nulla va detto per caso, il metodo scientifico, la ricerca di supporto e la verifica di ogni cosa sono essenziali in ogni progetto, lo dico da ex docente di Educazione Tecnica, e quindi anche nella scrittura e nella scelta delle fonti. La storia non può essere manipolata. Le informazioni devono essere pulite. Altra cosa è la critica storica dove è possibile esprimere il proprio pensiero e confrontarlo con quello degli altri. Tutto ciò forse rende la mia scrittura storica, basata su una documentazione meticolosa, una narrazione accessibile.

 

Essendo membro di prestigiosi enti culturali come l’Accademia Cosentina e la Deputazione di Storia Patria, come valuta oggi il ruolo delle istituzioni culturali locali nel promuovere davvero la conoscenza e l’inclusione delle comunità?

 

Essere membro di questi prestigiosi Istituti è un onore. Aggiungerei ai due prestigiosi Istituti citati nella domanda anche il terzo di cui faccio parte: l’Università Popolare Rossanese. Queste istituzioni culturali hanno un’importanza notevole sul territorio di pertinenza e svolgono un ruolo fondamentale a livello culturale nella promozione della conoscenza e nell’inclusione delle singole Comunità. Il tema nodale e l'interrogativo centrale a mio parere verte sul ruolo di queste istituzioni e come queste riescono a promuovere efficacemente la conoscenza e l'inclusione all'interno delle comunità trasformando la cultura in una vera inclusione sociale, soprattutto oggi dove sul territorio sono presenti tantissime associazioni che nelle intenzioni hanno lo scopo di fare cultura, ma non sempre questa riesce a lasciare traccia, perdendosi per strada.

Come membro delle tre prestigiose istituzioni citate, si può dire che è tutta un’altra musica poiché quanto si realizza viene poi tramutato in opportune pubblicazioni scientifiche che incidono notevolmente sul tessuto sociale e culturale delle Comunità. Basti dare un’occhiata alle tante pubblicazioni dell’Accademia Cosentina e alle pubblicazioni annuali dell’Istituto di Storia Patria per la Calabria, oltre alle numerose manifestazioni culturali per rendersi conto che parliamo di un livello molto alto di come si fa cultura. Non di meno è il ruolo che riveste l’Università Popolare Rossanese, del quale oggi rivesto anche il ruolo di Segretario, che nonostante le numerose difficoltà oggettive alle quali per tanti motivi ha dovuto far fronte ultimamente, come la mancanza di una sede adeguata, l’arrivo del Covid e la carenza di risorse economiche, è riuscita comunque a dare il senso della sua continuità ultra quarantennale nel campo della proposta culturale, con una serie di iniziative che hanno coinvolto e interessato la numerosa Comunità della nuova città di Corigliano Rossano. Anche per questo Istituto vale la scientificità degli atti proposti da parte del Comitato Scientifico. Numerose, infatti sono state negli anni le pubblicazioni realizzate, comprese le due mie pubblicazioni: L’Università Popolare di Rossano – Le Opere e i Giorni (1979-2014) nella quale sono raccolte tutte le attività dei primi trentacinque anni di attività e L’Università Popolare di Rossano – Cronologia degli argomenti trattati  (1981-2016) nella quale sono adunate le attività del successivo biennio insieme ad altre attività realizzate ma non inserite nella prima pubblicazione. Un’attività che certamente avrà un suo seguito con una ulteriore pubblicazione per raccogliere quanto fatto negli ultimi dieci anni di attività.

 

Nel campo della narrativa ha esplorato temi più personali e intimi. Che cosa le consente la scrittura letteraria che la ricerca storica non le permette? Quale libertà narrativa sente più autentica quando passa dalla storia alla fiction?

 

I miei approcci con la narrativa, come lei dice, mi hanno permesso di esplorare temi più personali. Tre brevi saggi Il profumo dell’erica…, Alcuni giorni al mare… e Aspettando il Natale…, sui quali mi sono concentrato liberando la mia fantasia che hanno trovato spazio in tre distinte antologie di narrativa di AA.VV., mi hanno offerto una maggiore libertà espressiva, un aspetto, meno accessibile avuto nella storia. La scrittura letteraria, rispetto a quella storica, mi ha certamente permesso una maggiore libertà, consentendomi un maggiore spazio nell’uso della narrazione cosa che invece la scrittura storica non consente in quanto basata sulla ricerca delle fonti che hanno bisogno di essere visionate, analizzate e convalidate. Tuttavia questo passaggio, per i miei studi lo definirei esplorativo poiché mi ha concesso di evidenziare un cambiamento significativo nel modo di operare  consentendomi di mettere in luce un passaggio tra ii diversi generi letterari e le differenti possibilità nell’affrontare le diverse tematiche.

 

Ha dedicato una vita a valorizzare la memoria, l’educazione e la cultura del territorio. Guardando ai giovani oggi, che tipo di eredità desidera lasciare e quale prospettiva culturale considera la più urgente per il futuro della Calabria?

 

Ho dedicato tutto me stesso, spesso sacrificando anche gli affetti personali, alla promozione dell'insegnamento, dell’educazione, della formazione dei docenti, della scuola nella sua globalità, come dicevo all’inizio, anche attraverso la mia attiva partecipazione negli Organi Collegiali della Scuola, e soprattutto negli ultimi trent’anni, riservando gran parte del mio tempo all’affermazione della cultura locale e alla ricerca della memoria delle nostre Comunità e allo studio del territorio della Sila Greca, del Cosentino e della Calabria dedicando numerosi volumi alle nuove generazioni  sollecitandoli ad andare fieri delle loro tradizioni, della loro cultura, della loro lingua e delle loro origini. Spero, intanto, che il mio percorso educativo e di formazione sia per loro un esempio. L’eredità che desidero venisse in qualche modo raccolta è quella che le nuove generazioni trovino alternative giuste, forse quelle che non siamo riusciti a trovare noi,  per dare una prospettiva culturale più pressante al futuro della Calabria e del nostro territorio. L’impronta culturale presente nelle mie pubblicazioni di per se è già un messaggio forte e può quindi essere un richiamo per le priorità di domani, sfide personali che personalmente percorro ancora tutti i giorni per dare una continuità culturale e un futuro alla nostra amata terra.























Figura eminente nel panorama culturale calabrese, Franco Emilio Carlino incarna da decenni un modello di impegno civile e pedagogico fondato sulla valorizzazione della memoria, della partecipazione e del sapere condiviso. Docente di lunga esperienza, animatore instancabile degli Organi Collegiali della scuola pubblica e protagonista di rilievo nei movimenti per l’orientamento scolastico e la formazione democratica, Carlino ha saputo intrecciare il rigore dell’analisi istituzionale con una sincera dedizione al territorio e alla sua storia. Presidente del Distretto Scolastico n. 26 di Rossano e componente del Consiglio Scolastico Provinciale di Cosenza, ha sempre concepito l’impegno educativo come responsabilità collettiva, promuovendo, attraverso studi, pubblicazioni e progetti concreti, una scuola capace di ascoltare, includere e trasformare. Studioso attento della storia locale e della genealogia nobiliare, accademico e uomo di associazionismo culturale (tra cui l’UCIIM e l’Università Popolare di Rossano), Carlino ha saputo costruire un ponte fra la riflessione storiografica e la testimonianza attiva, dando voce a una visione pedagogica fondata sulla consapevolezza identitaria e sul dialogo intergenerazionale.























©L’ArteCheMiPiace - Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 









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