Il lascito silenzioso di Arnaldo Pomodoro

 



Il lascito silenzioso di Arnaldo Pomodoro







di Giuseppina Irene Groccia |24|Giugno|2025|



Il mondo dell’arte piange una delle voci più autorevoli e visionarie del Novecento. Ma le sue opere troneggiano nelle piazze, nei musei, continuando a parlare, a scuotere e ispirare le generazioni future.


Arnaldo Pomodoro è morto il 22 giugno 2025, nella sua casa di Milano, proprio alla vigilia del suo 99º compleanno.

Scultore di fama mondiale, amato per le sue “sfere ferite” in bronzo, levigate all’esterno da una perfezione formale che si aprono, all’interno, a una simbologia complessa e intensa


Nato il 23 giugno 1926 a Morciano di Romagna, egli conservava nella memoria della sua infanzia un’immagine quasi sospesa nel tempo che era quella di un bambino solitario e visionario, come lui stesso amava definirsi. Le giornate scorrevano lente sulle rive del fiume Conca, dove la natura gli offriva il suo primo materiale creativo: l’argilla.



Era lì, tra l’acqua e la terra, che le sue mani cominciarono a dar forma a un immaginario fuori dal comune. A differenza di ciò che altri bambini avrebbero costruito con quel materiale, semplici castelli o animali, dalle sue dita nascevano invece strutture sorprendenti e strane, che egli stesso chiamava “case kafkiane”; e già in quel nome si avvertiva un presentimento d’artista.


Queste prime forme, create con l’istinto e la libertà del gioco, raccontavano un mondo interiore ricco di fantasia e di visioni già allora lontane dal consueto. Era l’inizio di un viaggio che lo avrebbe portato, decenni dopo, a scolpire materia e simbolo nei più grandi spazi del mondo.





Arnaldo seguì le orme artistiche del fratello minore, Giò Pomodoro, anch’egli scultore. La loro dimensione familiare restò un legame costante, con due voci complementari nel panorama della scultura contemporanea italiana.


Nel 1995 Arnaldo Pomodoro realizzò per Fendi, a Milano, una straordinaria installazione sotterranea di 170 m²: un’opera immersiva, fatta di stanze scultoree, bassorilievi, porte rotanti e segni arcaici incisi nella materia, come se il tempo stesso vi avesse lasciato tracce da decifrare. Un vero e proprio viaggio simbolico nel cuore della scultura, dove spazio e pensiero si intrecciano in un racconto senza parole.






Emblema della sua poetica più intensa, questo spazio sospeso è tornato a vivere davanti al pubblico proprio a marzo 2025, pochi mesi prima della scomparsa del Maestro. Oggi, alla luce della sua perdita, quell'opera assume un valore ancora più intenso. Essa ci dà l’impressione di un testamento visivo, un dialogo aperto capace di restituirci la voce di un artista che ha saputo scolpire la materia inafferrabile del tempo.






La storia di “Sfera con Sfera” inizia nel 1966, quando Pomodoro fu incaricato di realizzare per l’Esposizione Universale di Montréal una maestosa sfera in bronzo del diametro di oltre 3,5 metri, frutto della sua tecnica di fusione a cera persa e già allora pensata per dialogare con lo spazio pubblico in modo dinamico.


Dietro l’apparente perfezione del guscio esterno si nasconde un nucleo complesso, quasi esploso, come spiegava lo stesso artista:


Una sfera è un oggetto meraviglioso, dal mondo della magia… riflette tutto ciò che la circonda, creando contrasti tali da trasformarsi, diventare invisibile, lasciando solo il suo interno, tormentato ed eroso, pieno di denti.” 






Negli anni successivi l’artista moltiplicò le versioni di questa opera in luoghi simbolici, fino al 1996, quando l’Italia ne donò una copia alle Nazioni Unite di New York. Un globo liscio che esplode dall’interno, presentato come “promessa per la rinascita di un mondo meno travagliato e distruttivo” 

Oggi, disseminata in cortili e piazze di tutto il mondo, la “Sfera con Sfera” è diventata un chiaro emblema della dialettica tra integrità e frattura, tra creazione e distruzione, riflesso delle tensioni del nostro tempo. Un’immagine potente che, in questi giorni segnati da guerre, crisi e incertezze, ci invita a una presa di coscienza sulle tensioni che turbano il nostro presente.





La Fondazione Arnaldo Pomodoro, istituita dal Maestro nel 1995, nasce come “luogo attivo e vivo di elaborazione culturale”, dedito a documentare, preservare e promuovere l’arte contemporanea in continuo dialogo con la sua eredità. Le sue imponenti sfere punteggiano piazze come il Cortile della Pigna nei Musei Vaticani, il cortile ONU a New York, la Farnesina a Roma, il Trinity College di Dublino, il campus di Stanford, il De Young di San Francisco e molte altre città, rendendo tangibile il suo sguardo universale.


Oggi, ovunque si ergano le sue sfere, che siano intatte o segnate da crepe, esse ci accompagnano come testimoni silenziosi di un’eredità che invita a guardare con una necessaria speranza oltre la forma e a cogliere la bellezza nata dall’incontro tra materia e spirito.



















































©L’ArteCheMiPiace - Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 






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