Verso il vernissage di “Il riscatto della brutta psiche” Intervista doppia a Maurizio D’Andrea e Carla Pugliano
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Verso il vernissage di “Il riscatto della brutta psiche”
Intervista doppia a Maurizio D’Andrea e Carla Pugliano
di Giuseppina Irene Groccia |06|Maggio|2025|
Cresce l’attesa per “Il riscatto della brutta psiche”, la mostra personale di Maurizio D’Andrea, artista internazionale e fondatore del Movimento Artistico Introversico Radicale, che inaugurerà il 10 maggio presso la CathArt Gallery di Varese. L’esposizione si preannuncia come un viaggio visivo potente e introspettivo, capace di dare forma alle tensioni emotive più profonde e ai paesaggi interiori spesso dimenticati.
A conferire ulteriore prestigio all’evento sarà la presenza di Daniele Radini Tedeschi, tra i più autorevoli critici d’arte contemporanea, già più volte Curatore e Commissario della Biennale di Venezia. Il suo intervento critico offrirà una lettura profonda e articolata del lavoro di D’Andrea, valorizzando il senso e l’urgenza espressiva di una mostra che nasce per scuotere e interrogare.
La sua partecipazione rappresenta un’occasione preziosa non solo per l’artista, ma anche per il pubblico presente, che potrà confrontarsi con una lettura lucida e autorevole del percorso espositivo.
Carla, come nasce l’idea di ospitare proprio Maurizio D’Andrea con la mostra “Il riscatto della brutta psiche”? Cosa l’ha colpita del suo lavoro e cosa l’ha spinta a dedicargli uno spazio nella sua galleria?
La CathArt Gallery è nata inizialmente come
spazio dedicato alle sue opere. Questa è, se non sbaglio, la prima mostra
“esterna” che ospita. Come ha vissuto questa esperienza?
È stato un passaggio complesso ma estremamente stimolante. Mettere a
disposizione il mio spazio per altri artisti è, in fondo, un’estensione del mio
stesso linguaggio: offrire un luogo dove l’arte possa generare consapevolezza.
Occuparsi di un altro artista, conoscerlo ed entrare nel suo mondo significa
uscire da sé, ascoltare profondamente la sua voce e creare le condizioni
migliori affinché il suo messaggio venga colto in tutta la sua forza. Non si
tratta solo di esporre opere, ma di contribuire a creare una narrazione
coerente, uno spazio mentale oltre che fisico. Con D’Andrea ho sentito questa
continuità di visione.
In particolare, sono rimasta colpita dal progetto che mi ha proposto. “Il
riscatto della brutta psiche” non è semplicemente una mostra, ma un’esperienza
a più voci: con un monologo teatrale, una performance pittorica e la successiva
esposizione vera e propria. Ogni fase è stata pensata come parte di un rituale
collettivo di svelamento e catarsi.
Quando si lavora con un altro artista si crea, inevitabilmente, un rapporto di
fiducia, di stima e anche di amicizia. È un arricchimento profondo, che
permette di cogliere, toccare e analizzare un linguaggio espressivo diverso dal
proprio. E questo apre nuove prospettive interiori: ci si sente meno soli nel
proprio cammino creativo, ci si sente davvero parte di una comunità che parla,
in modi diversi, un’unica lingua: quella dell’arte.
All’inaugurazione sarà presente anche Daniele Radini Tedeschi, uno dei critici più autorevoli della scena contemporanea. Può raccontarci qualcosa, cosa significa per lei averlo in questo evento?
Ho conosciuto Daniele Radini Tedeschi in occasione della mia personale al Sacro
Monte di Varese, sito UNESCO. Era presente al vernissage con un suo intervento
critico. Ricordo che ero piuttosto agitata per la sua presenza, ma fin da
subito ha saputo mettermi a mio agio, dimostrando una capacità rara: quella di
entrare nel mondo dell’artista, coglierne l’essenza più autentica e restituirla
con lucidità e rispetto.
Le sue osservazioni, mai scontate, mi hanno profondamente arricchita. Ha saputo
offrirmi una visione più ampia, dandomi consigli preziosi che porto ancora con
me. Ho una grande stima per Daniele Radini Tedeschi, che si è consolidata nel
tempo: la sua lettura critica è sempre profonda, acuta, capace di illuminare i
legami più nascosti tra estetica, pensiero e società.
Averlo oggi alla CathArt Gallery rappresenta per me non solo un onore
personale, ma anche un importante riconoscimento al progetto di questa mostra
portata avanti con passione. Il fatto che sia lui a introdurre la mostra di
Maurizio D’Andrea non fa che rafforzare il valore intellettuale e culturale di
tutto l’evento.
D’Andrea stesso, fin dai primi confronti sul progetto, non ha avuto alcun
dubbio: era proprio Daniele Radini Tedeschi il critico e storico dell’arte che
desiderava coinvolgere per accompagnare questa esposizione. La sua presenza
conferma l’ambizione e la profondità di questa mostra, che si muove su un piano
estetico, psicanalitico e concettuale.
Maurizio, come nasce il progetto “Il riscatto
della brutta psiche”? C’è stato un momento preciso o un’urgenza interiore che
ha fatto scattare questa narrazione artistica così potente?
Il progetto “Il riscatto della
brutta psiche” nasce da un’urgenza viscerale supportata da studi e riflessioni
sin dall’adolescenza, da un bisogno interiore maturato nel tempo in seguito a
una lunga e radicale esplorazione dell’inconscio. Questo percorso si alimenta nel
confronto continuo tra il regno delle pulsioni di Freud e l'ombra junghiana e rappresenta
una parte della mente che la società vorrebbe nascondere sotto il velo della
bellezza artificiale. O vorrebbe ignorare! La psiche, nella sua forma più
cruda, è caotica, irrisolta, dolorosa, forse brutta, ed è proprio questo caos che
la performance vuole raccontare. Il taglio della tela, momento chiave del
progetto, ne è simbolo e detonatore: lo squarcio che rompe l’illusione
dell’armonia e ci restituisce alla verità dell’essere. L’urgenza non era quella
di raccontare una storia bella, ma quella di mostrare l’infranto, l’imperfetto,
il rimosso e di riscattarlo attraverso l’arte, catalizzatrice del riscatto.
La sua mostra unisce pittura,
teatro e psicoanalisi. In che modo questi linguaggi dialogano nella performance
e cosa spera che il pubblico possa attraversare emotivamente durante l’evento?
Pittura, teatro e psicoanalisi non
sono linguaggi separati, ma arrivano dello stesso corpo concettuale. Il teatro,
attraverso il monologo narrativo, diventa rito di iniziazione e confessione,
uno specchio emotivo in cui il pubblico è chiamato a guardare senza filtri. La
pittura, con le sue tele “brutte” e stratificate, incarna visivamente le
profondità dell’inconscio, rifiutando ogni estetica rassicurante. La
psicoanalisi fornisce il supporto teorico e simbolico attraverso cui leggere
questa esperienza. Freud, Jung e Lacan sono presenti in filigrana nel tessuto
della performance: l’ombra, il caos, il dolore rimosso, il riscatto, sono i protagonisti silenziosi dell’evento.
L’emozione che si spera di attivare nel pubblico è duplice: uno smarrimento
iniziale, simile all’angoscia del sogno disturbante e, successivamente, una
catarsi. L’obiettivo non è consolare, ma inquietare, smuovere, aprire spiragli.
Ogni quadro svelato è una ferita, ma anche un varco. L’esperienza è pensata
come un viaggio psichico, dove l’osservatore è messo di fronte a se stesso, e
chiamato a scegliere se continuare a fuggire dal proprio caos o attraversarlo
per arrivare al riscatto.
Esporre alla CathArt Gallery,
spazio fondato da un’artista come Carla Pugliano, le ha offerto un contesto
particolare. Com’è nato questo incontro e cosa ha significato per lei essere
ospitato in questo spazio?
Esporre alla CathArt Gallery,
fondata da Carla Pugliano, artista straordinaria, non sarà un semplice evento
espositivo, ma un incontro profondo tra visioni affini. Carla, artista
sensibile e coraggiosa, ha creato uno spazio che accoglie l’arte come necessità
esistenziale, non come ornamento. Questo ha permesso di concepire “Il riscatto
della brutta psiche” non come una mostra tradizionale, ma come un’esperienza
totalizzante, una performance immersiva dove il confine tra autore e spettatore
si dissolve. L’incontro con Carla è avvenuto alla Triennale di Venezia dove
abbiamo vinto entrambi il Leone d’oro, e ho subito capito di avere conosciuto
un artista portatrice di una nuova arte. Il suo supporto mi ha offerto la
libertà di osare, di squarciare davvero il velo della convenzione estetica e
accogliere il rischio del disordine psichico come valore artistico. La CathArt Gallery
non è solo una galleria, ma uno spazio culturale vivo che ha saputo,
magicamente, vibrare insieme all’urgenza del mio progetto.
La presenza di Daniele Radini
Tedeschi aggiunge un forte peso critico e simbolico all’evento. Cosa
rappresenta per lei il confronto con la sua lettura del suo lavoro?
Daniele Radini Tedeschi, critico e
storico dell’arte riconosciuto a livello internazionale, con la sua statura
critica e la profondità del suo sguardo analitico, rappresenta una figura
fondamentale in questo evento. Ha sempre posto l’attenzione anche sulla
dimensione esistenziale e psichica dell’arte, e il suo confronto con questo
progetto porta il discorso a un livello di riflessione ancora più acuto. Il suo
sguardo non si ferma alla superficie della pittura, ma ne esplora le radici
simboliche, i richiami filosofici, i risvolti antropologici. La possibilità di
vedere la mia opera attraversata dalla sua interpretazione è un dono critico
che accende nuove prospettive. È uno specchio, ancora una volta, ma stavolta
esterno e colto, che mi obbliga a un ulteriore esercizio di consapevolezza. Non
si tratta di ricevere conferme, ma di abitare il dubbio con più strumenti, e in
questo, la lettura di Radini Tedeschi è un alleato prezioso.
Nelle sue opere si avverte una
forte tensione tra introspezione e linguaggio pittorico. In che modo il suo
percorso personale – umano e artistico – ha influenzato questa ricerca sul ‘non
detto’ della psiche?
Tutta la mia opera nasce da una
tensione irrisolta, dalla volontà di dare forma all’informe, di rendere
visibile ciò che per sua natura resta sepolto: il ‘non detto’ della psiche. Tutta
la mia opera nasce anche dal dubbio che si genera e prende forma. Il mio
percorso personale, segnato da studi scientifici e psicologici, dalla continua
esplorazione dell’inconscio e dal contatto diretto con la materia viscerale
dell’esistenza, ha generato un linguaggio pittorico che non cerca mai la
bellezza consolatoria, ma l’espressione autentica. L’uso delle mani, delle
spatole, dei gesti violenti, è il frutto di una necessità più che di una scelta
estetica: è la materia che chiede di emergere. Le influenze di Freud, Jung, Lacan,
si fondono con un vissuto profondamente umano, fatto di fragilità, paure,
solitudini. Ogni tela è un diario emotivo, un campo di battaglia tra ciò che
vorrebbe essere detto e ciò che non può esserlo, se non attraverso il
linguaggio del colore, del taglio, della distorsione. La mia arte è linguaggio.
È una lotta per dare voce a ciò che è stato silenziato. È, in ultima analisi,
una ricerca instancabile di verità e di riscatto
L’incontro tra la visione radicale e introspettiva di Maurizio D’Andrea, la sensibilità curatoriale di Carla Pugliano, qui per la prima volta nel doppio ruolo di artista e curatrice ospitante, e la lettura lucida e autorevole di Daniele Radini Tedeschi non è semplicemente una collaborazione, ma un esempio concreto di come la tensione tra pratiche differenti possa generare una mostra stratificata, colta e necessaria.
È da queste convergenze, rare e non scontate, che nasce un evento capace di oltrepassare la superficie dell’esposizione per farsi luogo di riflessione critica e confronto autentico.
Informazioni sull'evento:
• Inaugurazione: Sabato 10 maggio 2025, ore 18:30
• Luogo: CathArt Gallery, Piazza Giovanni XXIII, 11 – Varese (Ingresso da Via Salvo D’Acquisto)
• Ingresso: Libero
• Apertura: da martedì a venerdì dalle 16:30 alle 19:00 - sabato dalle 10:00 alle 12:30 e 15:00 alle 19:30 / Domenica dalle 15:30 alle 18:30
Per prenotazioni prendere contatti diretti.
Contatti della Galleria:
• Email: myartcharlotte@gmail.com
• Telefono: 392 8081554
• Facebook: https://www.facebook.com/carla.pugliano/
• Instagram: https://www.instagram.com/cathart_gallery/
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