Lucian Freud Il Pittore dell'Anima e della Carne

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Lucian Freud
Il Pittore dell'Anima e della Carne







di Giuseppina Irene Groccia |30|Novembre|2023|



Lucian Freud, annoverato tra gli artisti più significativi del XX secolo, si trovò a fronteggiare una lotta costante con settori critici specializzati, impegnandosi instancabilmente nella difesa della modernità intrinseca ai suoi dipinti. In un'epoca in cui l'arte subiva una trasformazione continua, abbracciando nuove direzioni e concezioni concettuali, Freud rimase fedele alla sua visione distintiva. La sua pittura, carica di figurativismo e potenza espressiva, sfidava le tendenze prevalenti, consolidando la sua posizione come pioniere della modernità artistica. La sua perseveranza nel coltivare un approccio individuale e l'autenticità delle sue opere lo collocano come un faro di integrità artistica in un mare di cambiamenti e sperimentazioni.





La fusione magistrale di tecnica, formazione e talento, intrisa di un'incondizionata ammirazione per i maestri classici, traccia la strada di Lucian Freud, dando vita a dipinti che ci spingono audacemente al di là della nostra confortevole zona d'osservazione. I suoi nudi, robusti e pregnanti di carnalità, i ritratti permeati di personalità e gli scenari essenziali che si riflettono sulle sue tele convergono in un universo artistico coerente e magnifico.

L'opera di Freud suscita sensazioni contraddittorie in chi la contempla: una combinazione di ammirazione per un talento eccezionale e un perpetuo interrogarsi sulla realtà dell'essere umano. In ogni pennellata, emerge un richiamo alla perizia  dei classici, ma Freud, con il suo sguardo unico e senza compromessi, affronta costantemente la convenzione, creando un dialogo affascinante tra tradizione e modernità nell'arte.





Una citazione eloquente dell'artista rivela la sua particolare prospettiva sulla cura del proprio essere: "Preferisco recarmi alla National Gallery piuttosto che rivolgermi a un medico in cerca di aiuto." Un'affermazione che non può non evocare l'ombra del celebre nonno, Sigmund Freud, pioniere della psicanalisi. Indipendentemente da questa associazione, il commento sottolinea la dedizione precoce di Lucian Freud nell'esplorare la National Gallery fin dalla giovinezza, dimostrando il suo costante impegno nello studio dei capolavori e delle tecniche dei maestri del passato. Lucian Freud amava percorrere solitario i corridoi della National Gallery durante le ore notturne. Una foto del 2009 lo ritrae immerso nella quiete di una sala dedicata all’arte italiana, con lo sguardo fissato sui corpi nudi delle ninfe Diana e Acteon dipinte da Tiziano, uno dei suoi quadri prediletti. Le mani nelle tasche, l'eterno fazzoletto al collo e vestito di bianco, sembra un'ombra spettrale. Quest'immagine anticipa il suo approccio alla pittura. Freud affermava: "Vengo qui in cerca di ispirazione e guida. Osservo non solo le tele, ma come l'opera è risolta. I dipinti della National Gallery sono state le stelle che hanno illuminato il mio cammino."





Nato a Berlino, Lucian Freud, il secondo figlio maschio di Ernst e Lucie Freud, cresce come il favorito di suo nonno, Sigmund Freud. Fin dall'infanzia, coltiva una passione per la pittura, immerso nella vibrante classe medio-alta di Weimar, dove l'arte, la letteratura e la musica sono parte integrante della sua formazione. Una foto del 1925, scattata nell'appartamento di famiglia in Regentenstrasse, cattura una stanza con un letto di giorno, sotto cui pende una riproduzione di "Bacco e Arianna" di Tiziano.

Nel 1933, l'ascesa del partito nazista e la politica antiebraica costringono la famiglia Freud a lasciare Berlino e cercare rifugio a Londra, dove trovano una nuova dimora. Questo trasferimento segna l'inizio di un nuovo capitolo nella vita di Lucian Freud, portandolo a integrare le sue radici culturali con l'atmosfera artistica della capitale britannica.





Lucian Freud non si limitava a essere solo un pittore britannico; era, soprattutto, un pittore londinese. Nelle sue opere egli riesce a catturare ogni sfumatura della particolare luce di Londra, ottenendone una tavolozza con cui modellare la pelle, i capelli e addirittura le foglie delle piante. Il suo profondo e intimo legame con la città si rifletteva nella sua capacità di tradurre la complessità e la diversità di Londra in tratti artistici, rendendo la sua pittura un'espressione visiva, un ritratto vibrante dell'anima della metropoli.





Nelle sue prime opere, Freud esplorò il surrealismo e il realismo, ma il suo stile maturo si ancorò a una tradizione che evocava più Rembrandt e Corot. Nonostante questo suo attaccamento con il passato, lo sguardo di Freud era inequivocabilmente del XX secolo; la maggior parte dei suoi modelli posava nuda, in pose esplicite e ambienti spogli.

In un'era dominata dall'astrazione, Freud, fin dai suoi esordi come pittore, si impose come difensore dell'arte figurativa. I dipinti degli anni '40, come i ritratti di Kitty Garman e Caroline Blackwood, sue prime muse, mostrano un superbo utilizzo delle linee angolate, richiamando l'estetica di Cranach, Holbein e Ingres.





Intorno al 1950, Lucian Freud sperimenta una trasformazione radicale: abbandona il disegno per immergersi completamente nella pittura. Un esempio eloquente di questa evoluzione è "Doppio ritratto" (1985-1986), un dipinto ad olio che ritrae una donna vestita di blu navy distesa accanto a un cane. L'immagine, tagliata in modo insolito, avvicina i due corpi in una composizione affascinante. Il muso del cane si posa sulla mano aperta della donna, mentre la gamba anteriore e l'avambraccio si estendono verso lo spettatore in una danza visiva avvincente. Freud agisce come un coreografo che dispone i suoi personaggi, le pennellate plasmano il dipinto in una ricchezza di texture che risveglia il senso del tatto.





Il bianco di piombo, una sfumatura che Lucian Freud amava e aveva impiegato fin dal 1975 scomparve dal mercato a causa della sua tossicità.  Questo pigmento si distingueva per la sua straordinaria capacità di rifranger la luce, conferendogli un bagliore perlato. Di fronte a questa restrizione, Freud reagì prontamente acquistando tutte le scorte disponibili.

Un'altra caratteristica unica della sua pittura emerge nel "Ritratto di Francis Bacon". Freud intraprendeva il suo lavoro al centro della tela, estendendosi progressivamente verso i bordi. Questo approccio innovativo lo costringeva a espandere le trame in accordo con l'evoluzione della composizione, svelando così un processo creativo dinamico e in costante mutamento.





Né Rubens, Tiziano, Sorolla, né Bacon hanno mai dipinto la pelle con la stessa audacia di Freud. Il maestro utilizzava una pennellata densa e non miscelata, immergendosi così nelle forme, nella consistenza e nei colori della carne. Ammirare le opere direttamente nel museo, anziché attraverso una riproduzione, rivela quanto la pittura di Freud richieda una contemplazione ravvicinata per cogliere appieno le sue qualità cromatiche e la ricchezza infinita di dettagli.

Più che olio su tela, sembra sabbia colorata delicatamente applicata sulla superficie pittorica. Freud costruiva veri e propri paesaggi di sostanza, risultato di sessioni ossessive durante le quali i modelli venivano sottoposti a posizioni prolungate per mesi. Questa concentrazione ossessiva si traduce in pelli che evocano catene montuose o cortecce. Le mani del barone Thyssen nel suo ritratto diventano uno studio eloquente del passare del tempo, della mascolinità, del potere e della compostezza.






David Dawson, assistente di lavoro di Freud per due decenni, ha spesso immortalato il pittore nel corso del tempo nel suo studio. In una foto del 2005, un potenziale autoritratto, Freud si immerge nella sua opera, circondato da pareti e porte macchiate di vernice, quasi organiche, come se mille invertrebati colorati le avessero percorse. Immaginiamo l'effluvio avvolgente di olio e trementina, una finestra nella creazione artistica. La foto cattura l'artista in pieno atto creativo, un confronto tra il pittore e il suo soggetto.

Dawson, scattando dall'angolazione bassa, ritrae Freud, 83enne, con il torso scoperto e i capelli in disordine. Aggrappati alla sua cintura, gli stracci usati per pulire i pennelli dopo ogni pennellata precisa sulla tela diventano una parte integrante del suo rituale artistico. Questi stracci, a volte accumulati in montagne, creano una strana presenza e, talvolta, fungono da sfondo per alcune opere, come in "Standing by the Rags" (1988-1989).










Dall'epoca di Vermeer a Rembrandt, da Goya a Warhol, l'autoritratto si erige come una sfida ardita per gli artisti. Raffigurarsi e scrutare nel tempo richiede la sottile navigazione della distanza tra l'individuo e la sua immagine, tra l'io e il suo riflesso. In Freud, l'autoritratto assume una dimensione psicoanalitica evidente. Per dipingersi, egli cercava la cornice perfetta, il punto di vista esatto, il luogo speculare, il colore e la pennellata. Ciò che però emerge con maggiore forza è l'eloquente sincerità intrinseca a queste opere.

In "Pittore che lavora" (1993), l'artista si mostra nudo, armato solo di una tavolozza in una mano e una spatola nell'altra. Quest'opera non rappresenta solo uno sguardo sull'atto creativo, ma una profonda incursione nell'animo di Freud stesso, manifestando la sua audacia artistica e la verità disarmante che pervade ogni pennellata.





Freud intrattenne intense relazioni con i più eminenti artisti della Scuola di Londra. Questi, in contrasto con le avanguardie predominanti, mantennero saldo il loro impegno per la figurazione, un aspetto trascurato per gran parte del XX secolo. In questa intricata "rete sociale," Lucian Freud incrociò il percorso di figure cruciali, tra cui, intorno al 1945, Francis Bacon. Bacon non solo funse da maestro e amico, ma lo sostenne anche finanziariamente, consolidando un legame caratterizzato da profondo rispetto artistico reciproco.

In un'oscillazione di circostanze mai completamente spiegate, la loro amicizia si interruppe a metà degli anni '60, e i due non si rivolsero più la parola. Un enigma che aggiunge un velo di mistero a una relazione che fu, per un certo periodo, sinonimo di supporto e affinità artistica. 



La vita personale e amorosa di Lucian Freud è stata estremamente complessa. Ha contratto matrimonio due volte: la sua prima moglie fu Kathleen Garman Epstein, modella che divenne musa di molti dei suoi primi dipinti, da cui ebbe due figlie. In seguito, sposò Caroline Blackwood, scrittrice ed erede dell'impero della birra Guinness, con la quale fuggì a Parigi. Questo secondo matrimonio, tuttavia, si concluse con una separazione, rendendo Blackwood l'unica donna che osò abbandonarlo. Pur essendo famoso per la sua vita romantica, Freud ebbe numerose relazioni avventurose e addirittura 14 figli con sei donne diverse, tra cui Bernardine Coverley, Suzy Boyt, Katherine Margaret McAdam, e altre.





La sua discendenza non è stata priva di controversie. Uno dei suoi figli, Paul, ha contestato il testamento di Freud nel 2014, cercando legalmente una parte dell'eredità, valutata intorno ai 117 milioni di euro, che l'artista aveva destinato in trust a una delle sue figlie.



Freud ha immortalato una vasta gamma di modelli, dai membri della famiglia reale britannica, come la regina Elisabetta II che accettò di posare per lui nel 2000, fino a celebrità come la modella Kate Moss, ritratta incinta e immortalata con un tatuaggio di uccelli sulla zona lombare del corpo.





Ciononostante le sue muse predilette sono state l'artista australiano Leigh Bowery e Sue Tilley, supervisore dei sussidi sociali di Londra. Nel 2008, Freud divenne il pittore vivente più quotato grazie a "Benefits Supervisor Sleeping," un ritratto di Tilley nella sua voluttuosa carnalità, acquistato per 33,6 milioni di dollari da Roman Abramovich.






Attraverso l'uso sapiente degli specchi, molte opere di Lucian Freud incorporano il termine "riflesso" nei loro titoli, come evidenziato nel suo autoritratto del 1985. Dopo aver completato ciascun capolavoro, l'artista spesso lo dimenticava o addirittura lo distruggeva, considerandolo un passo necessario nella sua incessante ricerca. Non si interessava a ciò che era già stato risolto nella sua esplorazione artistica, ma piuttosto concentrava la sua attenzione sulla sfida di ciò che il futuro avrebbe potuto offrire.





Le sue rappresentazioni, che siano di individui o di se stesso, svelano la vulnerabilità del mondo umano nella sua forma più cruda, esponendo la nudità della decadenza e la perdita della forma lungo il percorso della dissoluzione. L'intimità offerta in ogni opera era sia invasiva che trasfigurante. L'ossessione di Freud per l'entropia del corpo non si manifestò solo nella sua età avanzata ma si diffuse costantemente dalla sua quarta decade in avanti, esplorando le innumerevoli possibilità visive.

Curiosamente, ha immortalato ogni tappa significativa della sua vita, dai compleanni in su, attraverso autoritratti. Il suo intento non era mai puramente psicologico, ma piuttosto mirava alla soddisfazione di un'ossessione per il ciclo della vita, con uno sguardo penetrante alla rivelazione dei suoi segreti più profondi.

Alla fine, ciò che permane è la sua eredità artistica, una testimonianza della sua dedizione instancabile nell'esplorare la condizione umana, imperfetta e finita. Nonostante ciò, Freud ha affermato con determinazione: "Non voglio ritirarmi. Voglio dipingere me stesso fino alla morte." E ha quasi raggiunto questo obiettivo, posando il suo pennello solo due settimane prima della sua morte. 



La vita di Lucian Freud si spense nel 2011, all'età di 88 anni, lasciando dietro di sé un'eredità artistica intrisa di introspezione e intensità emotiva.
















































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