Museografia moderna: la svolta in Italia

 L’ArteCheMiPiace - Divagazioni sull’arte 













Museografia moderna: la svolta in Italia


di Annalina Grasso   |05|Settembre|2023|

 

 

Gli anni ’20 e ’30 del Novecento, sono visti come un momento di svolta per quanto riguarda la costruzione di una moderna museografia e di ridefinizione delle funzioni del museo e del suo ruolo all’interno della società. In questo ambito importanti sono il 1926, anno in cui viene istituito l’OIM (ufficio internazionale dei musei) e il 1927, anno in cui appare la rivista “Mouseion” (rivista ufficiale dell’OIM).

È importante però sottolineare che questo cambiamento di rotta non viene acquisito una volta per tutte e ovunque, per esempio in Italia in quegli anni alcune personalità restano legate al modello museale ottocentesco, affiancate ovviamente da una “schiera di innovatori” che accolgono le indicazioni dell’OIM. Si spinge molto sulla necessità di rendere i musei accessibili a tutti, per esempio mediante ingressi gratuiti o ridotti, aperture serali per i lavoratori, guide e depliants e visite guidate misurate a seconda del livello dei visitatori e svolte soprattutto da personale qualificato.

In Italia, nel 1971, al convegno romano Il museo come esperienza sociale, un grande numero dei più qualificati esperti torna a discutere sulla necessità di avvicinare sempre più il museo al pubblico e da capo ad interrogarsi sulle possibilità rese note da Museion. A quasi mezzo secolo dall’istituzione dell’OIM la riflessione è che: sebbene oggi si proclami che un elemento costitutivo fondamentale del museo sia il pubblico, l’idea di Museo sembra poter sussistere sufficientemente anche senza tale elemento. Fino agli inizi degli anni Sessanta, il dibattito sul tema della funzione sociale del museo continua a riferirsi alla organizzazione degli spazi e alle modalità espositive.




In un articolo comparso sul primo numero di “Museion” del 1930, Ugo Ojettimembro della commissione consultiva di esperti dell’OIM, oltre che esponente di punta della politica culturale del ventennio, spiega il perché vengono abolite le tasse d’ingresso ai musei: "Chiunque senta il bisogno di dimenticare, per un momento, gli sguardi della vita abituale, di ritemprare nella fede, nella bellezza e nell' intelligenza, non incontra alcun ostacolo".

Ojetti, oltre a salutare con grande entusiasmo l’abolizione della tassa d’ingresso, suggerisce di adottare atre misure seguendo gli esempi dei musei europei e russi: cataloghi illustrati e a basso costo, didascalie, visite guidate. L’arte, proprio perché utilizzata per la costruzione e il rafforzamento dell’immagine del regime, deve raggiungere un vasto pubblico ed è necessario quindi usare come mezzo, oltre alla stampa tradizionale, la radio. L’entusiasmo di Ojetti nel guardare ai modelli stranieri per ricavare soluzioni utili per gli obiettivi del Paese non è condiviso da tutti gli storici dell’arte.


Nel 1932 viene inaugurato il Museo Archeologico Nazionale, progettato da Marcello Piacentini e considerato il primo in Italia concepito con criteri moderni. Essi sono: le grandi vetrate che illuminano gli ambienti espositivi, la concezione spaziale aperta, alcuni servizi inclusi come il gabinetto fotografico e il laboratorio di restauro, gli alloggi previsti per il direttore e per i custodi e soprattutto dei percorsi pensati in modo da consentire itinerari di visita lineari.




Il museo più vicino ai modelli stranieri riguardo a funzioni educative è il Museo della Ceramica di Faenza. Esso unisce alla visita delle collezioni tradizionali la possibilità di effettuare dei corsi tenuti da specialisti sia italiani che stranieri. La più rilevante novità connessa alla politica propagandistica del regime fascista è la promozione di una grandiosa politica espositiva, realizzata mediante il rafforzamento di manifestazioni come la Biennale di Venezia e la Triennale di Milano, la creazione della Quadriennale di Roma e la realizzazione di grandi esposizioni. Numerose sono anche le mostre regionali di arte popolare soprattutto nel nord Italia.





Se è vero che la considerazione del pubblico come destinatario di tutta l’attività del museo si lega, nell’età fascista, a motivi di propaganda e di indottrinamento politico, risulta altrettanto chiaro che un così forte e chiaro orientamento verso l’utenza emerge proprio in questo periodo per la prima volta in Italia.

Nonostante la conferenza di Madrid del 1934 sia incentrata principalmente sull’architettura del museo, tra i temi affrontati emerge anche quello del rapporto con il pubblico. Ci si occupa dello studio di soluzioni tecniche con cui riuscire a limitare la “fatica del museo”, a potenziare le funzioni didattiche, a rendere più amichevole e accogliente lo spazio museale prevedendo anche luoghi di sosta, di ristoro e negozi.

Particolare attenzione è stata data anche alla segnaletica, sia esterna che interna. Quest’ultima con lo scopo di creare percorsi di visita semplici e fornire buoni apparati informativi per la comprensione delle opere esposte. Nel 1937, circa dieci anni dopo la prima conferenza sul ruolo educativo del museo e tre anni dopo il convegno di Madrid, l’OIM progetta un nuovo incontro internazionale, da tenere nel 1939, con lo scopo di elaborare un terzo volume dedicato esclusivamente alle tematiche socio-educative.





La preparazione del convegno subisce dapprima un ritardo e viene posticipata all’estate del 1940, successivamente l’obiettivo viene vanificato dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Del progetto rimane tuttavia memoria nel primo convegno che viene realizzato nel 1951 a Parigi dai due nuovi organismi dell’UNESCOdell’ICOM 1, nati rispettivamente dalle ceneri della SDN e dell’OIM. Altri due ulteriori convegni, a Brooklyn nel 1952 e ad Atene nel 1954, ribadiscono ulteriormente l’importanza della didattica museale, invitando la comunità internazionale a destinare risorse umane e materiali affinché la fruizione del patrimonio culturale non resti limitata ad una cerchia ristretta. Per l’Italia partecipa il critico Giulio Carlo Argan che ribadisce le tesi espresse già in un articolo del 1949 e denunciando il ritardo mostrato dai musei rispetto alla loro funzione educativa.






 














Annalina Grasso

Giornalista, social media manager, blogger, curatrice d'arte, divulgatrice culturale. 

Amo scrivere soprattutto di arte, letteratura e cinema




















































La Rubrica Divagazioni sull’Arte ospita articoli redatti da autorevoli amici e sostenitori del Blog L’ArteCheMiPiace, i quali ci offrono la possibilità di attingere ad emozioni e conoscenze, attraverso la condivisione di pensieri, interviste e approfondimenti.


©L’ArteCheMiPiace - Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 






Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 


E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.



        





















 




Commenti