Glissando Chamber Music Festival Le mie impressioni sulla quarta serata - di Elisabetta Salatino

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Glissando Chamber Music Festival

Le mie impressioni sulla quarta serata





di Elisabetta Salatino |13|Settembre|2023|







Vi siete mai trovati davanti al bivio della dimenticanza? Devi dimenticare/ Non Devi dimenticare

Il tutto rafforzato dal verbo modale “dovere”. Quante volte ce lo siamo sentiti dire?…

Dimentica e Perdona”, oppure  “Non devi dimenticare perché se no non si farà mai memoria”.

La questione è assai complessa e spesso fa sentire l’uomo eternamente combattuto.

 

“Buona cosa è la dimenticanza” direbbe Bertold Brecht nel suo famoso elogio poetico, cosa che diversamente viene percepita da Louis-Ferdinand Cèlin secondo cui “la dimenticanza è una sconfitta”.

 

A chi dovremmo dar retta?

 

Beh, la risposta io l’ho cercata solo facendo attenzione al significato che si dà alla parola dimenticanza.

La dimenticanza non è solo perdita di memoria o disattenzione o trascuratezza per certi versi, dimenticare significa anche entrare in una dimensione che molti chiamano oblio, un mondo che tocca  soprattutto la sfera degli affetti e dei sentimenti.

 

La dimenticanza è difatti un sentimento.

L’Olvidar ha pervaso il quarto appuntamento di Glissando che ha visto come protagonisti il pianoforte del Maestro Lorenzo Bevacqua e la Fisarmonica del Maestro Giancarlo Palena in un luogo tanto caro a noi rossanesi, il Museo Diocesano e del Codex.  





 

Da piccola, pesante, credevo che la fisarmonica avesse un’anima, si come gli esseri viventi. Durante una festa di paese  mi trovai davanti ad un artista  nei suoi abiti tutti colorati e questo strano e pesante strumento poggiato sulle gambe. Mi feci coraggio e alla fine dell’esecuzione mi fiondai da lui chiedendogli:

 

“Ehi, ma questo coso come fa a respirare”

 

Nella nostra cultura, specie quella del Sud, siamo stati abituati a vedere la fisarmonica come grande protagonista di feste e di momenti di convivialità legati alla cultura popular e folk.

 

Ma la fisarmonica è uno degli strumenti più affascinanti e difficili che ci ha regalato la storia della musica, che associamo molto alla figura maschile, ma che anche moltissime donne studiano e suonano fortunatamente. Essa convive con le sue tre anime sorelle: la concertina l’armonium e l’organo, strumenti a “mantice”.

Eh già… Come fa a respirare quel coso?

 

Proprio con il mantice, il suo polmone ma anche la sua cassa di risonanza.




 

Quanti sogni hanno fatto i nostri genitori con Gianni Morandi e la sua fisarmonica? Quanti viaggi surreali ha percorso Ameliè nel suo magico mondo con il Valzer di Yann Tiersen? Quanti ne ho fatti io e ne faccio ancora adesso…!

Tanto caro mi fu quel suono a tal punto che in un certo periodo della mia vita optai per una suoneria del telefono molto particolare: I've Seen That Face Before (Libertango) di Grace Jones, colonna sonora di uno dei miei film preferiti Frantic di Roman Polanski.

 

Mi permetto di scomodare la Settima Arte come di consueto perché le immagini per chi non ha avuto modo di ascoltare il bis del Maestro Palena, eseguito con il bandoneon della versione del Libertango di Piazzolla, potranno darvi il corrispettivo di ciò che mi ha comunicato l’esecuzione dal vivo.





 

Frantic, dicevamo, è un Thriller a base spionistica, poco polanskiano rispetto agli altri suoi film, diciamo piuttosto un omaggio a Hitchcock. Polanski ci conduce verso la suspense con una corsa senza soste per le vie di Parigi, una roba molto disorientante per ritrovare una donna rapita. Qui possiamo inchinarci davanti alle musiche di Morricone, in primis, poi del Libertango nella versione di Grace Jones e infine davanti alla spettacolarità delle sequenze di tensione.




 

Ci sono sequenze che mi sono rimaste ben impresse nella memoria: il cadevere di Dedè, lo spray al peperoncino, la camminata sul tetto (un vero toccasana per il sistema nervoso), la valigia che cade dal tetto con il suo contenuto e il bellissimo finale. Ma quello che non si dimentica facilmente è la dance chic fra i due protagonisti con il Libertango della Grace Jones. La fisarmonica si sente appena poiché sovrastata dai suoni sinth del periodo, ma è sempre lì, è la base dei pensieri del protagonista in quanto consente di entrare lentamente nel dramma improvviso in cui si ritrova. Ci si appassiona e si segue ogni sospiro, soffrendo sulla pelle il disagio di un uomo comune in difficoltà. Il personaggio in quella danza molto sensuale non sembra perdersi nel mare della dimenticanza. Harrison Ford è rigido davanti alla donna che tenta di fargli dimenticare l’accaduto. Ma no, lui non dimentica, è triste, resta ancorato alla sua missione di ritrovare il suo amore.  Si perché Il tango è un pensiero triste che si balla.

 

 

E ritorniamo al nostro Glissando…

 

Un bis quello del Maestro Palena al bandoneon che ci ha toccati e ha risuonato nel luogo che custodisce un patrimonio UNESCO, il Codex Purpureus Rossanensis. Il cinema potrebbe studiare alcune delle sue miniature, antesignane delle tecniche più conosciute quali lo stop motion; l’arte potrebbe scriverci trattati infiniti sull’uso del colore o sul senso di rappresentazione di alcune scene come quelle della notte stellata. Il Codex ha sconfitto il tempo, arrivando a noi, senza subire l’inesorabile peso dell’Olvidar.

 





Come colleghiamo le scelte musicali eseguite durante la serata di glissando a questo senso della dimenticanza?

 

Per comodità mi sono concentrata solo su tre proposte.Intanto parto con Cesar Franck.

 

Frank era noto in vita per le sue mani, enormi e ampie che gli permettevano di coprire ben dodici tasti bianchi sulla tastiera, l'equivalente di un'ottava completa più una quinta dell'ottava successiva.

Aveva l’abitudine di dimenticare che non tutti i musicisti avessero mani come le sue e componeva spesso senza pensare alle difficoltà della maggior parte dei comuni mortali. Ancora oggi molti pianisti sono obbligati a separare le parti scritte di alcune sue composizioni per poterle suonare.




 

Dimenticava senza badare alle conseguenze il buon vecchio Franck.

 

Più accessibile, ma non per questo di esecuzione facile, il Preludio Fuga e Variazione op.18 eseguito durante la serata di glissando. Dalla versione per organo a quella per fisarmonica e pianoforte, le aspettative, almeno le mie, non sono state eluse. Un’esperienza uditiva che ha dato la possibilità di esplorare al meglio le potenzialità offerte dalla fisarmonica. Nella versione presentata in questo quarto appuntamento la fisarmonica, come un organo, ha ricreato un ponte sonoro temporale e nostalgico; il pianoforte ha sostenuto quel suono proiettandolo in una dimensione sonora di melodica profondità; la fisarmonica potremmo dire che ha in un certo senso innovato il già riconoscibile timbro organistico, infatti è bastato semplicemente chiudere gli occhi per potersi sentire amalgamanti nel nuovo suono. Un rinnovato Preludio, Fuga e Variazione quello dei Maestri Bevacqua e Palena che hanno ridato nuova luce al capolavoro di Franck.

 

E’ risaputo nella storia che l’influenza di questo compositore è stata determinante  nella musica strumentale, infatti aveva messo a punto una forma ciclica ereditata dal grande Liszt che, a mezzo del ritorno dei temi da un movimento all'altro e la loro sovrapposizione nel finale, tentava di assicurare la massima coesione nella composizione. Questa ciclicità è stata volutamente interrotta con il brano Olvidar da cui prende il nome la serata, composta dal Maestro Domenico GiannettaOgni nota musicale si è rivelata come un racconto da dimenticare. La ricerca del “suono” che corrisponde esattamente alle intenzioni e del compositore e dell’interprete ha condotto ad una sperimentazione che ha oltrepassato la sola esecuzione del brano, attraverso l’uso di espedienti scelti per portare l’ascoltatore alla piacevole illusione di vedere (o meglio “sentire”) lo strumento “trasformarsi” in un mezzo capace di superare l’immaginario collettivo legato alla fisarmonica e anche alla narrazione canonica.







Ci siamo perduti e anche serenamente in quegli otto minuti, un po' come chi si avventura nella nebbia. Si perché nella nebbia niente è come sembra. E proprio durante l’esecuzione di Olvidar lo spettatore è stato ingannato  e ammaliato dal Mistero e dall’opalescenza del volto di Morgana e dal suo abito realizzato dal progetto SOeVe di Veronica Martino e Sonia Quercia, un abito a contrasti neri e porpora, colori che associo al ricordo e alla dimenticanza. Il Porpora è ricordo, di ciò che non abbiamo dimenticato e che rimane vivo e protetto dalla nostra memoria: il Codex.  Il Nero è la dimenticanza,  il buio delle strade del nostro centro storico che copre il nome delle vie e la loro magia, obliata spesso da troppa indifferenza e poco amore.



E giungiamo al gran finale con Richard Galliano e l’Opale Concerto; la sua forma canonica in tre movimenti, un brano dal linguaggio, per l’appunto, opalescente. Ritmi frenetici che si sono rincorsi come due innamorati nei vicoli di Rossano, quelli del primo movimento; sonorità che hanno ricordato l’immagine di due giovani, sempre gli stessi che si stringono la mano lungo le gradinate fredde e appena illuminate dei quartieri del centro storico, quelle del secondo movimento. E il terzo movimento, le mani che si staccano e si ricongiungono per poi ristaccarsi di nuovo e infine la decisione di buttare tutto via, lasciare il passato alle spalle e dimenticare…O forse dimenticare di non dimenticare?








































Elisabetta Salatino

Sono nata nel 1985, nel cuore del centro storico di Rossano. Il mio è stato un iter formativo  fortunato, perché si è sviluppato interamente nelle scuole del “paese”. Nel 2004 dopo aver ottenuto il Diploma di Maturità Classica presso il Liceo “S. Nilo” di Rossano ho intrapreso gli studi universitari presso l' Alma Mater Studiorum di Bologna conseguendo prima una Laurea triennale in Discipline delle Arti della Musica e dello Spettacolo con una dissertazione dal titolo: “Ecce Robot: ricadute performative dai Kraftwerk ai Daft PunK” (Relatore Gerardo Guccini) con pubblicazione Casa Editrice Agenda 2017 e poi completamento del ciclo di studi una Laurea Magistrale in Discipline della Musica (Musicologia e Beni culturali LM 45) con una dissertazione dal titolo: “Le Ballet Mecanique: dal fotogramma alla struttura ritmico-musicale”(Relatore Giani Maurizio). Nell'A.A. 2018-2019 ho conseguito una borsa di studio per merito per il Master di 1° Livello in Analisi e Teoria Musicale presso l’Università degli Studi di Cosenza con una dissertazione dal titolo “ U rosarij e ra Maronna e ru Pilerij. Analisi performativa di una pratica devozionale” (Relatore Macchiarella Ignazio). Ho partecipato come relatore all' XI Convegno GATM ( Gruppo Analisi e Teoria musicale) nella sezione Avanguardie del Novecento presso l'Istituto Lettimi di Rimini. Ho acquisito negli anni specifiche competenze nel settore della musicologia storica, sistematico-filosofica, teorica e analitica, in specie, nella performance in campo etnomusicologico. Ho curato diversi seminari dedicati agli strumenti e alle tradizioni musicali calabresi in contesto universitario e con gemellaggi con Atenei Internazionali. Prediligo le indagini che riguardano le forme testuali per i media audiovisivi in particolare nel campo della musica contemporanea d'avanguardia e nelle relazioni che intercorrono tra suono e immagine nella storia del cinema.  Ma non solo… Dal 2018 sono membro del direttivo del Circolo Culturale Rossanese “ Giuseppe Converso” dove opero attivamente con progettazione di eventi di altissimo spessore, fra i tanti il più importante e di cui sono promotrice diretta de “Le forme della Memoria”  dedicata ogni anno alla Giornata della Memoria del 27 gennaio e grazie al quale lo stesso Circolo ha attivato un protocollo d’intesa con il Museo di Ferramonti di Tarsia. La curiosità verso le varie forme di espressione artistica mi ha condotto a sperimentare anche la scrittura per il teatro, in particolare “il teatro dei luoghi”. Dal 2020 sono infatti Vice Presidente dell’Associazione Retake Rossano, esperienza in cui sono riuscita a concretizzare la scrittura per sceneggiatura teatrale dedicata all’esplorazione e la conoscenza dei luoghi che viviamo con la forma narrativo/recitativa. Sono autrice di una tragicommedia dedicata al terremoto del 1836 che colpì Rossano dal titolo  “ A Petra si mova e u cor s’arresta”  edita  nel 2018 da Grafosud  e ho collaborato nel 2017 alla stesura del libro dedicato alla  “Chiesa di San Domenico” di Rossano con un capitolo  sulla storia della “Schola cantorum di Rossano”. Attualmente sono docente di italiano L2 per stranieri presso il progetto SAI di Corigliano-Rossano e dedico attività di approfondimento agli aspetti legati all’intercultura e alla realizzazione di laboratori per l’integrazione.

 





























©L’ArteCheMiPiace - Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 




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