Glissando Chamber Music Festival Le mie impressioni sulla prima serata - di Elisabetta Salatino

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Glissando Chamber Music Festival
Le mie impressioni sulla prima serata






di Elisabetta Salatino |30|Agosto|2023|





Quando ho letto il nome attribuito a questo festival ho subito pensato a Tornatore e a quel film che tanto ha segnato la mia vita “ La leggenda del pianista sull’Oceano”. Il protagonista, un bambino nato su una nave ritrovato da un operaio di colore, viene chiamato con uno dei nomi che ancora oggi risuona fra i cultori del cinema: Danny Boodman T.D. Lemon Novecento e diventa crescendo una vera leggenda grazie alla musica.  



La posta messa in gioco da questo nuovo esperimento chiamato Glissando è alta. Al di là della musicologia e di tutte le branche interessate a fare analisi estetiche e tecniche, questo Festival si lascia alle spalle i famosi irrigidimenti legati spesso alla musica classica. Quando si parla di classica, infatti, gli studiosi, eruditi o esperti di turno con il solito sorrisetto beffardo, ricco di senso del sapere, sono subito pronti a fare analisi (spesso troppo arzigogolate e comprensibili solo agli amici di settore) e a sfoggiare l’inconfondibile penna da critici ultra navigati di settore.  
Un esperimento come quello ideato da Lorenzo Bevacqua, glissa queste frivolezze… Direi piuttosto che costituisce un importante contributo culturale e lo fa seguendo la via conosciuta  dell’orecchio (canale prediletto alla musica) ma anche ben altro. Si ascolta e si osserva la musica con uno sguardo diverso, e profondamente nuovo, scuotendo una  dimensione che  musicologi, artisti e filosofi chiamiano "del gusto e del pensiero". Viene superata la strana convinzione che la musica classica sia per pochi eletti. 



Per questo a fine serata mi sono chiesta: un Festival come questo, è utile? 
Senza dubbio, si.
Rappresenta davvero una suggestione nel panorama culturale locale. Quante volte abbiamo ascoltato concerti di musica classica senza capire cosa stessimo realmente ascoltando? Quante volte ci siamo seduti comodamente sulla nostra sedia prenotata senza chiederci come mai si sia scelto quel luogo preciso per l’esecuzione? Quante volte ci siamo arresi solo al suono e non alla musica? 
Tante, troppe. Lo facciamo spessissimo e a volte inconsapevolmente. E allora un grazie a Glissando che ci fa finalmente interrogare su cosa sia la musica e su cosa possa rendere  più consapevole “musicalmente” l’intero uditorio/osservatorio. 

Dove risiede la chiave di successo di questo Festival?
Sicuramente nel fatto che la  musica è creativamente operante nei nostri luoghi della cultura. Il luogo rende anche più agevole, appassionante e interessante la visione del mondo della musica classica. Quasi maieuticamente, gli esecutori immersi nel luogo di riferimento scelto, tirano letteralmente fuori, il senso dell’ascolto e della visione della musica. La fruizione è essenzialmente multidimensionale. Dallo sguardo alla parola, dalla parola all’ascolto e dall’ascolto all’immaginazione.
Difficile come concetto? Affatto!
Ogni brano ha una storia e una sua struttura e narrarla prepara l’ascoltatore/osservatore a comprendere e incuriosirsi su ciò che verrà eseguito. Non si tratta solo di spiegare ciò che ormai sembra fruibile da internet o da un programma di sala. Dall’esegesi del brano alla storia dei compositori, ma anche dalla narrazione dei luoghi di riferimento in cui viene eseguito il brano, alle curiosità che hanno spinto scrittori a citare quei particolari brani. La cosiddetta guida all’ascolto parte dalla parola ma si dipana grazie alla nostra immaginazione. Si ascolta sapendo cosa gli altri stanno eseguendo e riusciamo finalmente a viaggiare  e a capire cosa sia la musica.  
Tensione circolare è la sensazione che ho affiancato a questa prima serata titolata come  “Sonata a Kreutzer”. L’uditorio/osservatorio ha potuto godere e soprattutto immaginare la dimensione musicale. Il luogo per la prima tappa: San Bernardino. Un posto dove la circolarità è ben evidente. Il chiostro, gli archi, il pozzo… le pareti che hanno ospitato i pensieri visivi di Giuseppina Irene Groccia con Grigio e l’abito Scarlet, del progetto Soeve, a cura di Veronica Martino e Sonia Quercia, fatto di rose circolari. Queste dimensioni d’arte hanno contribuito alla straordinaria possibilità da parte dei partecipanti di scrutare  nuovi dettagli e immaginare un incontro con le linee atonali di Webern, il romanticismo di Brahms o il classicismo di Beethoven eseguito dai Maestri Bevacqua al pianoforte e Acri al violino. 
Il Grigio sappiamo essere fatto di bianco e nero e quindi rappresenta un po' lo sfondo dei dubbi e delle certezze dell’uomo, mentre il Rosso rappresenta la passione vista come puro amore ma anche come  passione sfrenata che può condurre alla morte. 
Tutto è perfettamente ricondotto ad un disegno musicale ben preciso. 




Nella  Sonata a Kreutzer di  Beethoven, in particolare, viene fuori questa  evidente tensione circolare.
La storia della Sonata in questione, in parte esplicata dalla voce narrante della serata Cristiana Bruno, inizia nel 1888. Lev Tolstoj ascolta per la prima volta la sonata per pianoforte e violino in la Maggiore n.9 di Ludwig Van Beethoven, dedicata al musicista e compositore francese, Rudolphe Kreutzer. Qualcuno pensò  subito a Kreutzer ma Beethoven a dir il vero, iniziò a provare un certo grado d'invidia per un violinista (scuro di pelle) di cui pare la donna di cui si era invaghita Ludwig, frequentasse. Beethoven pare avesse titolato la Sonata come "mulatta" proprio pensando al violinista dalla pelle scura. Ma all' epoca una roba del genere avrebbe sortito solo scandalo e quindi si arrivò a Kreutzer. Ritornando a Tolstoj, durante l’esecuzione della sonata, vicino allo scrittore  si trovavano il pittore Il’ja Efimovic Repin e l’attore Andreev Burlak. I tre artisti rimasero così ipnotizzati dalla sonata  che decisero di trasformare l'idea che gli provocava quella musica attraverso le proprie discipline artistiche. Una sorta di gioco, quindi, per vedere chi dei tre fosse in grado di tirar fuori emozioni, partendo dalla sonata e sviluppandola in modo diverso grazie al proprio talento.
Nessuno vi riuscì, tranne Tolstoj.
Pensate, impattai questo romanzo ai tempi dell’Università. E non vi nascondo che mi procurò molti incubi. Si, perché la tensione che si percepisce è davvero forte e quasi paralizzante dal punto di vista emotivo. Ma meravigliosa, se penso a come è stata scritta questa in poche, pochissime pagine.  
Tolstoj lo scrisse istantaneamente e gli diede il titolo  della sonata di Beethoven. La trama narra del protagonista, Pozdnyšev, che presenta alla propria moglie, amante del  pianoforte, un giovane violinista, che in poco tempo inizia a frequentare la casa della coppia. Pian piano entra nell'immaginario del marito il dubbio che fra la moglie e l’uomo stia nascendo un amore e dopo diversi tormenti la uccide. All’inizio sono solo sospetti, che però prendono le sembianze della consapevolezza, quando Pozdnyšev ascolta i due, lei al pianoforte e lui al violino, eseguire la Sonata a Kreutzer di Beethoven. Se il tradimento si sia consumato non è dato sapere, e francamente, a Tolstoj non gliene è mai importato niente. 
Lo scopo dello scrittore è solo e soltanto uno: raccontare questa tensione, attraverso il potere evocativo della musica di Beethoven,  la vera spinta che conduce il protagonista all’assassinio della moglie.
Che cos’ha, dunque, di tanto ipnotizzante la Sonata di Beethoven? La domanda sorge spontanea e questa viene quasi rimarcata dall’esecuzione della stessa. 



Kreutzer Sonata - Renè-Francois-Xavier Prinet

Io, come anche altri curiosi, rispondiamo a questa domanda con l’immaginazione. Proprio la prima parte della sonata, un Presto, fa pensare a Pozdnyšev, torturato dal sospetto, dal dubbio, che  assiste all’esecuzione della sonata da parte dei due presunti amanti. Il pianoforte rappresenta la donna e il violino è l’uomo: sono gli strumenti a richiamare questa tensione circolare prima ancora che l’esecuzione inizi. Il Violino e il pianoforte sono come due corpi fatti per stare assieme. È un'immagine che ha attirato l'attenzione di molti studiosi e curiosi nel corso della storia, ed è davanti all'esecuzione della prima  serata di Glissando che si è  avvalorata tale teoria convincendomi. I due  maestri hanno proiettato nella mente dell’uditorio/osservatorio il delirio del protagonista, la sua macabra immaginazione e il dubbio che lo mangiava dentro spingendolo a pensare non agli strumenti come tali, ma agli amanti, proiettandoli in un immaginario in cui violino e pianoforte non sono altro che la proiezione dei due amanti stessi. 
Pozdnyšev  crede nel tradimento solo quando i due presunti amanti iniziano a suonare. Quella musica  per il protagonista è la prova schiacciante. Quella musica ha in sé dei passaggi che richiamano una chiara tensione ciclica (dal violino al piano e dal piano al violino).



Il Maestro Alessandro Acri con il suo violino si è presentato con garbo e gentilezza nella sua esecuzione quasi volesse avvicinarsi ad una donna che possiamo identificare al pianoforte, mentre il Maestro Lorenzo Bevacqua con il suo pianoforte ha risposto quasi con timidezza al violino. Dopo aver superato il primo momento di tensione, ecco che il violino ha fatto il suo repentino ingresso. Il pianoforte pian piano ha iniziato ad apprezzare le attenzioni e i complimenti del violino. Una sorta di corteggiamento  e allontanamento fra i due. Così si è dipanato un crescendo di emozioni contrastanti che l’uditorio/osservatorio ha colto perfettamente. Il dialogo fra gli strumenti si è  aperto straordinariamente  sempre di più e d’improvviso la tensione si è trasformata in passione e infine in morte. 



C’era da sentirsi completamente presi, da impazzire, un po' come il delirio del personaggio di Tolstoj... Si una splendida follia!
Con Glissando si percorrono i sentieri più suggestivi della musica, e forse dopo aver partecipato e poi letto queste impressioni, risuonerà in tutti la curiosità di ritornare, ancora più forte, come accade in ogni vero dono culturale.



























Elisabetta Salatino

Sono nata nel 1985, nel cuore del centro storico di Rossano. Il mio è stato un iter formativo  fortunato, perché si è sviluppato interamente nelle scuole del “paese”. Nel 2004 dopo aver ottenuto il Diploma di Maturità Classica presso il Liceo “S. Nilo” di Rossano ho intrapreso gli studi universitari presso l' Alma Mater Studiorum di Bologna conseguendo prima una Laurea triennale in Discipline delle Arti della Musica e dello Spettacolo con una dissertazione dal titolo: “Ecce Robot: ricadute performative dai Kraftwerk ai Daft PunK” (Relatore Gerardo Guccini) con pubblicazione Casa Editrice Agenda 2017 e poi completamento del ciclo di studi una Laurea Magistrale in Discipline della Musica (Musicologia e Beni culturali LM 45) con una dissertazione dal titolo: “Le Ballet Mecanique: dal fotogramma alla struttura ritmico-musicale”(Relatore Giani Maurizio). Nell'A.A. 2018-2019 ho conseguito una borsa di studio per merito per il Master di 1° Livello in Analisi e Teoria Musicale presso l’Università degli Studi di Cosenza con una dissertazione dal titolo “ U rosarij e ra Maronna e ru Pilerij. Analisi performativa di una pratica devozionale” (Relatore Macchiarella Ignazio). Ho partecipato come relatore all' XI Convegno GATM ( Gruppo Analisi e Teoria musicale) nella sezione Avanguardie del Novecento presso l'Istituto Lettimi di Rimini. Ho acquisito negli anni specifiche competenze nel settore della musicologia storica, sistematico-filosofica, teorica e analitica, in specie, nella performance in campo etnomusicologico. Ho curato diversi seminari dedicati agli strumenti e alle tradizioni musicali calabresi in contesto universitario e con gemellaggi con Atenei Internazionali. Prediligo le indagini che riguardano le forme testuali per i media audiovisivi in particolare nel campo della musica contemporanea d'avanguardia e nelle relazioni che intercorrono tra suono e immagine nella storia del cinema.  Ma non solo… Dal 2018 sono membro del direttivo del Circolo Culturale Rossanese “ Giuseppe Converso” dove opero attivamente con progettazione di eventi di altissimo spessore, fra i tanti il più importante e di cui sono promotrice diretta de “Le forme della Memoria”  dedicata ogni anno alla Giornata della Memoria del 27 gennaio e grazie al quale lo stesso Circolo ha attivato un protocollo d’intesa con il Museo di Ferramonti di Tarsia. La curiosità verso le varie forme di espressione artistica mi ha condotto a sperimentare anche la scrittura per il teatro, in particolare “il teatro dei luoghi”. Dal 2020 sono infatti Vice Presidente dell’Associazione Retake Rossano, esperienza in cui sono riuscita a concretizzare la scrittura per sceneggiatura teatrale dedicata all’esplorazione e la conoscenza dei luoghi che viviamo con la forma narrativo/recitativa. Sono autrice di una tragicommedia dedicata al terremoto del 1836 che colpì Rossano dal titolo  “ A Petra si mova e u cor s’arresta”  edita  nel 2018 da Grafosud  e ho collaborato nel 2017 alla stesura del libro dedicato alla  “Chiesa di San Domenico” di Rossano con un capitolo  sulla storia della “Schola cantorum di Rossano”. Attualmente sono docente di italiano L2 per stranieri presso il progetto SAI di Corigliano-Rossano e dedico attività di approfondimento agli aspetti legati all’intercultura e alla realizzazione di laboratori per l’integrazione.

 





























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