NICOLA SANTINI TRA BON TON, COMUNICAZIONE E ARTE
L’ArteCheMiPiace - Divagazioni sull’arte
NICOLA SANTINI
TRA BON TON, COMUNICAZIONE E ARTE
di Annalina Grasso |19|Luglio|2023|
La buona educazione di un uomo è la miglior difesa
contro le cattive maniere altrui, diceva Lord Chesterfield e senza dubbio
l’esperto italiano di bon ton Nicola Santini incarna meglio di molti
suoi suoi colleghi questa massima che dovrebbe andare a braccetto con quella di
Sartre nella quale senza dubbio si rispecchia la concezione che Nicola Santini
ha del galateo: Le buone maniere sono una forma superiore di intelligenza.
Nicola Santini promuove la concezione del bon ton anche come una questione di buona spiritualità e attenzione verso gli
altri, con ironia e grande competenza. Toscano d’origine, si divide tra Milano
e Trieste, spesso è nella sua Toscana, a Pietrasanta, dove si rilassa e ammira
e colleziona opere d’arte della Galleria Susanna Orlando.
Giornalista, firma del quotidiano L’Identità di
Tommaso Cerno, Nicola Santini è conduttore TV, dispensatore di consigli utili in contesti
particolari. Santini è stato anche attore nella fiction RAI la Porta Rossa. Estimatore
della giornalista fuori dal coro Mariagiovanna Maglie (scomparsa da poco), di
cui ha sempre ammirato il modo di porsi e di esprimersi e del principe Carlo
Giovanelli, Santini spiega con semplicità e sarcasmo che il galateo non è
appannaggio di una categoria sociale, anzi bacchetta con garbo chi ritiene che
solo ricchi e nobili possano conoscere le buone maniere; per Santini è
soprattutto una questione di buon senso, di rispetto, e di sentirsi a proprio
agio, non di disponibilità economica. In barba agli ostentatori e ai classisti
che spesso risultano pacchiani.
Se tavola il galateo ci rende finti e ipocriti ma
interessanti, nascondendo quanto bene pensiamo di noi stessi e quanto male
degli altri, l’acume e il buon senso dovrebbero farci capire che la buona
educazione non sta tanto nel non versare della salsa sulla tovaglia, ma
piuttosto nel non mostrare di accorgersene se un altro lo fa. Ed è questo il
pensiero che sta alla base dei consigli di Nicola Santini, validi per tutti,
mostrando come tali consigli non sono degli sterili codici di comportamento, bensì
una giusta distanza tesa a non ferire e non essere feriti, come già si
proponeva nel 1869 Luigi Gattini nel Galateo popolare: <<conservare la
tranquillità e l’unione>>, indicazione che non dovrebbe mai passare
di moda.
Verso la fine dell’Ottocento la ferma
convinzione che il concetto di identità di popolo e di nazione combaciassero,
indusse molti a considerare i manuali di convivenza sociale un utile strumento
pedagogico per la formazione degli italiani che, sebbene ancora privi di una
propria patria, erano però pronti ad averne una. Inizialmente, dunque, i libri
di Galateo ebbero sia la funzione di smussare le differenze di censo sia quella
di supporto per la creazione di un’immagine unitaria del popolo italiano. Credi
che l’obiettivo sia stato raggiunto?
Direi di no, per un semplice fatto: a quell’epoca
l’analfabetizzazione era tale da far pensare come impossibile lo studio di
qualsivoglia manuale da parte anche solo del ceto medio. Diciamo che in quel
periodo si è iniziato a delineare un Galateo italiano, che però a livello
identitario è arrivato molto molto dopo. A partire dal guardaroba ma anche
dalla tavola. In alcune regioni si continuava a mangiare alla francese o
all’austriaca a seconda dell’ultima dominazione.
Che valore ha oggi il galateo? Chi ci tiene
davvero?
Purtroppo per molti il Galateo non è altro che un
accessorio o un abito, non una seconda pelle. Questo perché qualcuno ha
sfruttato rudimenti di etichetta per operazioni commerciali senza comprendere
la radice delle regole e la loro utilità. Chi ci tiene davvero è chi non fa di
tutto una questione di soldi e, men che meno, di moda. E non sono pochi, ma
essendo elegantemente silenziosi, non si notano. Per fortuna.
Le buone maniere hanno ancora a che fare con la morale?
Con la morale, forse, col moralismo mai.
Qual è il comportamento che non riesci
a sopportare?
Chi predica bene e razzola male, ma più in generale
chi predica. Poi non sopporto tutto ciò che è fine a se stesso, senza un
pensiero a monte e chi chiede consigli solo per avere un benestare, ma il
consiglio in realtà non gli interessa.
Cinque Anni fa hai fatto consulenza a Palazzo Grazioli;
celebri sono diventate le foto di Dudù, Berlusconi e Putin. Che ricordo hai di
Silvio Berlusconi, che “maniere” erano le sue, in privato? E che cosa pensi
abbia lasciato dal punto di vista comunicativo e relazionale?
Berlusconi era una persona molto premurosa nei
confronti della gente intorno a lui. Faceva sentire tutti a proprio agio,
considerati e questa è una delle regole più importanti del galateo: essere e
mettere chiunque a proprio agio in modo naturale, in qualsiasi circostanza.
Purtroppo penso abbia lasciato ben poco. Era un numero primo, non si è concentrato
su un’eredità di modi e di idee. E chi lo ha circondato era interessato a tutto
tranne quello.
Il galateo insegna ai politici l’arte
di cambiare idea con classe. Si deve essere voltagabbana con stile altrimenti
si ha l’impressione di essere solo di fronte ad un volgare opportunista? Il
come spesso fa l’essere? Non pensi sia semplicemente un comportamento
ingannevole, finto, furbo?
Si può evolvere senza per questo essere
voltagabbana. Certo l’evoluzione richiede dei tempi. E dei motivi. Il “come” è il
modo che si sceglie per vestire di credibilità ciò che si fa di fronte alla
gente che non ci conosce e non può comprendere magari tutti gli step che hanno
portato a un cambiamento. Quanti sono quelli che fanno così? Quasi nessuno.
La principale differenza sul bon ton
tra gli statunitensi e gli europei? Qualche esempio?
Gli americani non amano l’antipasto o l’aperitivo,
si siedono e vogliono mangiare subito, per poi intrattenersi a lungo dopocena,
cosa che noi non facciamo. Poi gli orari: le cene che iniziano alle 18 per noi
sono inconcepibili.
Come valuti la comunicazione politica
attuale, la trovi efficace, incisiva?
Giorgia Meloni parla in modo chiaro, con efficacia,
senza fronzoli. Renzi nella comunicazione è un fuoriclasse. Calenda sembra sempre
vivere in un modo tutto suo con le parole degli altri, che non conosce. Sugli
altri c’è poco da dire.
Per quanto riguarda i social, non
trovi che molti politici abbiano perso dell’autorevolezza lasciandosi andare a
polemiche a distanza e a battutine sui social come un qualsiasi influencer?
Sì. I social sono sfuggiti di mano un po’ a tutti.
Nel documentario Netflix The
social dilemma si fa un'apologia della censura. Con la scusa dell'ascesa
"pericolosa" dei populisti, l'élite progressista e creativa della
Silicon Valley in questo documentario si pente del mostro socio-culturale che
ha creato e che gli è sfuggito di mano. Nulla di nuovo, ma secondo te se il
prodotto non siamo noi, è possibile che le piattaforme abbiano il potere di
cambiare il nostro comportamento?
Sì, perché ci hanno misurato a scambiare i like per
consenso.
Con la scusa di smetterla di
infrangere la vulnerabilità psicologica delle persone, (e qui parliamo di
razzismo, bodyshaming, omofobia) non si finirà per mettere in piedi una
commissione di vigilanza per impedire la diffusione di qualsiasi idea che
diverga dall’igienismo morale predicato da questi guru in nome della buona
educazione, d’altronde già si è cominciato con la correzione dei libri di
Agatha Christie, ad esempio.
E’ già così. E se non è fascismo questo...
Sei un appassionato d’arte. Quali
artisti prediligi?
Ho imparato a guardare quadri in modo diverso grazie
alla gallerista Susanna Orlando che mi ha insegnato ad attivare le opere
d’arte, a posizionarle in modo che la luce le esalti. Frequento spesso mostre e
mi piacciono molto gli artisti contemporaei figurativi Giuseppe Biagi, che
recentemente ha esposto “Astrale” alla Galleria Orlando e il friulano Giacomo
Piussi.
Annalina Grasso
Giornalista, social media manager, blogger, curatrice d'arte, divulgatrice culturale.
Amo scrivere soprattutto di arte, letteratura e cinema
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