Jean-Michel Basquiat Retrospettiva “Di Simboli e Segni”
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L’Albertina è un museo artistico situato nel centro storico di Vienna. L’edificio in stile barocco unisce fascino imperiale e straordinari capolavori artistici di risonanza internazionale.
Con le sue collezioni permanenti dedicate ai Grandi Maestri della pittura del Novecento esso rappresenta una meta obbligata per tutti coloro che amano le città d'arte e sono avidi di cultura.
Per chi passa da Vienna in questo periodo, la retrospettiva Di Simboli e Segni dell’artista Jean-Michel Basquiat è sicuramente un appuntamento imperdibile che mi sento di consigliare.
Io ho colto questa occasione non perdendomi questa mostra dedicata ad uno tra i più importanti esponenti del graffitismo e del neo espressionismo, un movimento artistico che riafferma il primato della figura umana nell'arte contemporanea.
In questo articolo proporrò alcuni scatti effettuati in questa occasione.
Circa 50 opere tra le principali dell’artista, morto nel 1988, raccolte da rinomate collezioni pubbliche e private in tutto il mondo, si possono vedere fino a gennaio 2023 nella Bastei-Halle, il seminterrato dell'Albertina e vogliono da un lato fornire approfondimenti sullo straordinario linguaggio visivo di Basquiat e, dall'altro, decifrare le sue idee artistiche spesso complesse che attingono da diversi codici culturali.
Una sua chiara critica all’ordine sociale esistente, la sua arte è arrabbiata, simbolica, altamente complessa e profondamente politica.
All’età di 17 anni esce di casa e vive in parte per le strade di New York, dove inizia a dipingere con lo spray treni della metropolitana e le facciate delle case insieme al suo amico Al Diaz. Con i loro misteriosi messaggi di graffiti sulla cultura quotidiana americana e la loro abbreviazione SAMO (Same Old Shit), fanno scalpore negli anni 70.
Diventa uno dei più importanti esponenti del graffitismo americano e insieme all’amico e rivale Keith Haring riescono a portare questo movimento dalle strade metropolitane alle gallerie d'arte.
La sua ascesa alla fama a questo punto è rapida, in quanto celebrato per la sua fusione di simboli multiculturali, il suo pungente commento sociale e il suo stile grafico distintivo. Jean-Michel Basquiat è il primo afro-americano a passare da artista underground a superstar internazionale.
Ma lo Star System è crudele, i critici bollano la sua collaborazione con Warhol e Basquiat viene additato come sua Mascotte, circostanza che tocca la sua sensibilità minando la sua stabilità emotiva, questo porta irrimediabilmente ad una crisi personale e artistica e alla rottura con il suo mentore.
Da quel momento inizia il declino, aggravato qualche anno dopo dalla morte improvvisa di Warhol.
Basquiat non riuscirà più a riprendersi, sommergendo in un vortice autodistruttivo che lo porterà alla morte accidentale di overdose all’età di 27 anni.
Il suo percorso sregolato, un po’ sbandato, pronto a tutti gli eccessi, guidato solo dalla voglia di vivere a velocità sfrenata si unisce perfettamente alla fila di quei geni defunti che hanno cambiato radicalmente la loro posterità.
Dopo 6 anni un altro quadro di Basquiat torna all’asta in cerca di un nuovo record, l’opera venduta da Christie’s al magnate e collezionista giapponese Yusaku Maezawa è stata affidata nel 2022 alla casa d’aste Philips con una stima intorno ai 70 milioni di dollari.
“Sembra che ogni arte abbia i suoi momenti: asimmetrie, oppressione e questioni di identità, che giocano in tutti i settori della nostra vita, sono state spietatamente rivelate da Jean-Michel Basquiat. Come nessun altro, seziona, per così dire al chirurgo, la superficie ingannevole di una società di consumo dannosa, rivelando il suo vero nucleo invisibile. Anche l'arte, l'attività culturale, può aver trascurato molte cose negli ultimi decenni e non essere sempre stata ricettiva ai messaggi, come quelli di Basquiat: Ora, ALBERTINA mostra per la prima volta in Austria l'opera di questo grande che ha senza dubbio rivoluzionato la storia dell'arte", dice il direttore generale dell’’ ALBERTINA- Klaus-Albrecht Schröder.
©L’ArteCheMiPiace - Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia
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