Il Cuore del MUPA - Conversazione con il Direttore Piero Giannuzzi

 L'ArteCheMiPiace - Interviste

















Il Cuore del MUPA


Conversazione con il Direttore 

Piero Giannuzzi







di Giuseppina Irene Groccia  |13|Maggio|2025|



Ho conosciuto Piero Giannuzzi, direttore del MUPA, in occasione della mostra Percorsi, un progetto espositivo tenutosi presso il suo museo, al quale ho avuto il piacere di partecipare e collaborare attraverso il mio blog L’ArteCheMiPiace.

Da subito, mi ha colpito la sua accoglienza sincera e la visione nitida con cui conduce ogni iniziativa culturale: uno sguardo aperto, motivato, inclusivo, in grado di trasformare l’arte in esperienza condivisa. La sua determinazione è palpabile, così come la cura con cui affronta ogni aspetto organizzativo, capace di dare forma a eventi di grande qualità.

Professionista dell’immagine, fotografo per mestiere ma soprattutto per passione, Piero Giannuzzi ha saputo portare il linguaggio fotografico, insieme a molteplici espressioni artistiche, dalla pittura alla scultura, dall’arte digitale alla grafica, fino all’installazione e alla videoarte, dentro una realtà museale viva e dinamica, perfettamente integrata in un contesto storico di rara bellezza.

Il MuPa, ospitato in un elegante palazzo settecentesco restaurato nel cuore di Ginosa (TA), è oggi un punto di riferimento per l’arte contemporanea e la sperimentazione culturale, dove tradizione e innovazione si fondono armoniosamente.

Ma il MuPa è anche qualcosa di più profondo: è un omaggio sentito a una figura cara, alla quale è dedicato l’intero progetto.

Questa radice personale ne alimenta lo spirito, rendendolo sì un luogo di esposizione, ma anche di connessione, dialogo e appartenenza. Qui la cultura non si contempla da lontano, ma si vive, si condivide, si costruisce insieme.

In questa intervista, Piero Giannuzzi ci racconta la nascita e l’anima del MuPa, i valori che lo ispirano, le difficoltà del suo ritorno nella terra d’origine, e la sua instancabile volontà di dare futuro alla bellezza. 

Un dialogo che è, prima di tutto, un atto d’amore verso l’arte, il territorio e le persone.








Puoi raccontarci la storia della nascita del MuPa? Qual è stata l’idea iniziale che ha dato vita a questo museo?

Tutto è nato da un desiderio semplice, ma ambizioso: creare uno spazio in cui la cultura potesse essere davvero di tutti, e per tutti. Il MuPa non nasce come un “museo tradizionale”, ma come un polo culturale vivo, aperto, capace di abbracciare l’arte, la storia, la creatività e il dialogo sociale in tutte le loro forme. Fin dall’inizio, l’idea fondante è stata quella di costruire un luogo che potesse diventare un punto di riferimento per la comunità: non un contenitore statico, ma un cuore pulsante di esperienze condivise.
Ciò che rende unico il MuPa è la sua vocazione inclusiva. Non è stato pensato solo per raccontare, ma per accogliere: persone, idee, prospettive diverse. Ogni attività del MuPa ha un obiettivo chiaro: generare connessioni, creare appartenenza. Siamo in questo senso, un crocevia di linguaggi e visioni. Un luogo dove l’arte incontra il territorio, dove la memoria si intreccia con il futuro, dove la cultura non si visita, ma si vive.

Il MuPa ha una dedica speciale, in onore di una persona a cui tieni moltissimo. Ci puoi raccontare chi era e quale legame speciale ti ha ispirato a creare questa realtà museale?

Il MuPa porta dentro di sé una dedica speciale, forse la più importante: è nato da un'idea di mio suocero, Fernando Ria, padre, suocero, fratello, amico, ogni cosa. Una figura che ha lasciato un’impronta indelebile nella nostra comunità e nella nostra vita personale. Era una mente brillante, sempre un passo avanti rispetto al suo tempo, capace di vedere possibilità e connessioni dove gli altri vedevano solo ostacoli. Adesso che lui non è più tra noi, andiamo avanti anche per onorare la sua memoria. Ma ciò che lo rendeva davvero straordinario era il suo modo di mettere sempre gli altri al centro. Non c’era ambizione personale che venisse prima del bene comune, non c’era idea che non includesse un pensiero per chi aveva meno, per chi era ai margini. Il suo senso profondo di giustizia sociale, la sua capacità di ascolto e la sua visione inclusiva del futuro sono stati per me e per noi tutti una guida silenziosa ma costante. A lui dobbiamo molto, è andato via maledettamente troppo presto, ed il vuoto lasciato è enorme ma non lo colmeremo, non si può. 

Il MuPa, con la sua vocazione culturale aperta e partecipativa, con il suo desiderio di costruire legami e generare bellezza condivisa, è anche un modo per continuare il suo pensiero, per renderlo ancora vivo. Ogni progetto, ogni incontro, ogni sguardo curioso che entra nel nostro spazio culturale è, in un certo senso, un piccolo omaggio a ciò che lui ha seminato.






Quanto è stato importante il legame con il territorio nella creazione di questa realtà museale?

Il legame con il territorio è stato, fin dall’inizio, il cuore pulsante del MuPa. Amiamo profondamente questa terra, le sue radici, le sue storie, e sentiamo una responsabilità autentica nel prendercene cura. È proprio da questo amore che è nata la spinta a creare qualcosa che potesse restituire valore, che potesse dare nuova linfa alla nostra città, troppo spesso dimenticata o sottovalutata. Il MuPa è la risposta a un bisogno profondo: quello di far ripartire la città culturalmente parlando, non con grandi proclami, ma con piccoli gesti significativi che riaccendano il senso di appartenenza, la partecipazione, l’orgoglio di essere parte di un luogo che ha ancora tanto da raccontare. Ginosa, con la sua storia millenaria e la nostra Gravina, ne sono testimoni silenziosi e potenti. Il nostro territorio è la nostra radice e il nostro orizzonte. E se oggi il MuPa esiste, è perché crediamo che la cultura sia uno dei modi più potenti per far germogliare un futuro migliore, a partire da qui




Qual è la missione principale del MuPa e come si distingue da altre realtà museali?

Mi piace dire che il MuPa è un po’ come una vecchia osteria a conduzione familiare: un luogo autentico, dove ci si conosce per nome, dove si entra con curiosità e si esce con il cuore un po’ più pieno. Non ci interessano le etichette o le formalità: vogliamo toccare per mano i nostri ospiti, guardarli negli occhi, farli sentire accolti, ascoltati, coinvolti.
La nostra missione principale è l’inclusione sociale. Quella vera, non di facciata. Crediamo in una cultura che non isola, ma unisce. In un’arte che non seleziona, ma abbraccia. Il MuPa si distingue perché non mette le persone davanti a un’opera d’arte e basta, ma le invita a farne parte, a dialogare, a costruire insieme. Non vogliamo essere un “museo da visitare”, ma uno spazio da vivere. Al MuPa, la cultura non ha un piedistallo, ma una tavola imbandita, pronta ad accogliere chiunque abbia voglia di condividere.




Hai affermato che viviamo in un’epoca di “distruzione culturale”. In che modo il MuPa si pone come risposta a questa crisi e come può contribuire a un cambiamento positivo?

Sì, credo davvero che stiamo vivendo un’epoca di distruzione culturale. Un tempo in cui si parla tanto, ma si ascolta poco. In cui si guarda tutto, ma si osserva niente. In questo contesto svuotato di contenuti e di profondità, il MuPa vuole essere una piccola, ma concreta risposta. Un luogo in cui risvegliare coscienze assopite, soprattutto nei più giovani.

Vogliamo vedere i nostri ragazzi lasciare per un momento il cellulare, raddrizzare quella schiena ormai curva su uno schermo, e scoprire il piacere di perdersi dentro un libro, di emozionarsi davanti a un dipinto, di lasciarsi attraversare da una melodia o da una fotografia che racconta più di mille parole. Non perché siamo nostalgici del passato, ma perché crediamo nel potere trasformativo della cultura, quella vera. Quella che accende scintille.




Il MuPa offre ai visitatori esperienze immersive attraverso visori VR e contenuti cinematografici in realtà virtuale. Come è nata l’idea di integrare queste tecnologie e qual è la risposta del pubblico?

L’idea di integrare la realtà virtuale all’interno del MuPa è nata dal desiderio di rendere la cultura ancora più accessibile, emozionante e coinvolgente, soprattutto per le nuove generazioni. Viviamo in un mondo dove la tecnologia è parte integrante della quotidianità: invece di combatterla, abbiamo deciso di abbracciarla e usarla come ponte, non come barriera. Ad esempio poter visionare un posto lontano, piuttosto che le nostre chiese rupestri, magari inaccessibili, anche solo posizionando un visore sul volto beh, credo sia pura poesia. Magari chi non può "fisicamente" o "economicamente" affrontare viaggi di un certo tipo, viene qui, si accomoda e li vive, si, in modo differente, ma li vive.
Ci piace pensare al VR non come un semplice strumento “tecnologico”, ma come una nuova forma di narrazione, un modo per entrare dentro le storie, per viaggiare nel tempo e nello spazio, per vivere l’arte e la memoria con tutti i sensi. La risposta del pubblico ad oggi è stata sorprendente. Dai bambini agli anziani, vediamo nei loro occhi la meraviglia di chi riscopre la cultura in modo nuovo, immersivo, quasi magico. Molti ci dicono che grazie ai visori hanno “sentito” davvero ciò che stavano guardando. E per noi, questo è il segnale più bello: significa che stiamo riuscendo a far passare emozioni, non solo informazioni.





Le sei sale del MuPa sono dedicate a icone dell’arte italiana come Caravaggio, Fellini e Morricone. Qual è stato il criterio di scelta e come dialogano questi nomi con l’identità del museo?

La scelta di dedicare le sei sale del MuPa a figure come Caravaggio, Fellini, Morricone, Alighieri, Fracci e De Filippo non è stata casuale, né puramente celebrativa. Al contrario, è nata da un bisogno profondo: quello di costruire un dialogo tra passato e presente, tra eccellenza e quotidianità, tra genio e umanità, utilizzando i nomi di chi con la propria arte ha fatto in modo che il nome della nostra nazione fosse presente ovunque e per sempre. Abbiamo scelto queste icone perché incarnano valori che ci stanno a cuore: l’audacia creativa, l’originalità, la capacità di raccontare l’animo umano in tutte le sue sfumature. Caravaggio con la sua luce che scava nell’ombra, Fellini con il suo sguardo visionario sull’uomo, Morricone con la musica che diventa emozione pura e cosi via.


Dopo la tua formazione fuori, hai scelto di tornare e investire nella tua terra. Cosa ti ha spinto a questa decisione e quali sono le difficoltà e le soddisfazioni maggiori che hai incontrato?

Ho scelto di tornare e investire nella mia terra perché credo profondamente che lasciare le proprie radici sia un errore che non deve mai accadere, né mentalmente né fisicamente. Ginosa è una terra ricca di potenzialità, di storia, di cultura: può crescere, può fiorire, ma solo se siamo noi a crederci e a impegnarci per costruirne il futuro. Se andiamo tutti via, non accadrà mai. La decisione di tornare non è stata semplice: le difficoltà sono tante, dalla burocrazia lenta alla mancanza di infrastrutture, dalle resistenze al cambiamento alle sfide economiche quotidiane. Ma le soddisfazioni ripagano ogni sforzo: vedere i frutti del proprio lavoro sul territorio, creare opportunità per altri giovani, ridare valore a tradizioni e risorse locali è una gioia che non ha prezzo. E sapere di contribuire, anche nel mio piccolo, al riscatto della mia terra è la motivazione che ogni giorno mi spinge ad andare avanti.





Opere fotografiche di Piero Giannuzzi



La tua carriera di fotografo è ricca di esperienze significative. Ci puoi raccontare come è iniziato il tuo viaggio nel mondo della fotografia?

La fotografia mi ha affascinato da sempre. Fin da piccolo ero incuriosito da come fosse possibile fermare un’immagine, catturare un attimo che altrimenti sarebbe svanito. Da questa meraviglia nasce anche il nome del mio studio fotografico: Kaleidoscopio. Ho scelto questo nome perché rappresenta il mio modo di vedere il mondo, fatto di infinite combinazioni di colori, forme, prospettive. Mi ha sempre colpito pensare a come, già secoli fa, qualcuno come Niépce sia riuscito a immaginare e realizzare un mezzo per fissare ciò che si osservava, per renderlo eterno. È proprio da questa curiosità e da questo stupore che è iniziato il mio viaggio nel mondo della fotografia.


Il MuPa ha dimostrato un forte impegno nel coinvolgere giovani artisti attraverso iniziative come open call e mostre collettive. Quali strategie specifiche avete adottato per attrarre e supportare i giovani talenti, e come vedi il ruolo del museo nel facilitare l'ingresso delle nuove generazioni nel panorama artistico contemporaneo?

Il MuPa ha sempre creduto che il futuro dell’arte passi attraverso il sostegno ai giovani talenti. Per questo abbiamo adottato strategie mirate per attrarre e supportare i giovani artisti, a partire dalle open call accessibili e trasparenti, che permettono una selezione inclusiva e meritocratica. Abbiamo creato spazi dedicati a mostre collettive o workshop, offrendo non solo luoghi espositivi ma anche momenti di confronto, formazione e networking con artisti affermati e professionisti del settore. Crediamo che il museo debba essere più di un contenitore: deve diventare un incubatore di idee e progetti, un ponte tra le nuove generazioni e il panorama artistico contemporaneo. Il nostro obiettivo è dare ai giovani artisti gli strumenti e le opportunità per esprimersi, crescere e posizionarsi all’interno di un mercato complesso, senza snaturare la propria voce creativa. È una sfida continua, ma anche una grande responsabilità e un privilegio.


Quali sono i progetti in cantiere per il futuro del MuPa?

Il nostro obiettivo per il futuro del MuPa è continuare a crescere, alzare sempre più l’asticella e consolidarci come un vero e proprio polo culturale di riferimento. Vogliamo ampliare la nostra offerta, coinvolgendo un pubblico sempre più grande e diversificato, attraverso nuove mostre, eventi multidisciplinari, collaborazioni con artisti nazionali e internazionali, e attività educative rivolte a tutte le fasce d’età. Stiamo lavorando per rendere il MuPa un luogo vivo e dinamico, dove l’arte si intreccia con il territorio e con la comunità, capace di generare dialogo, confronto e crescita. È una sfida ambiziosa, ma siamo determinati a portarla avanti con passione e visione.


Il MuPa è anche il frutto di una rete di persone, imprese e realtà che hanno creduto nel progetto sin dall’inizio. Vuoi dedicarci un pensiero per ringraziare chi ha scelto di camminare accanto a te in questo viaggio culturale?

Una dedica speciale va a tutti coloro che ci sostengono continuando a credere nella cultura come luce che guida e radice che unisce, il nostro più profondo grazie. Professionisti ed imprese della nostra terra siete il respiro vivo di un sogno condiviso. Con voi, ogni pagina scritta ha più voce. State tenendo la mano ai nostri ragazzi, al loro futuro, ai loro sogni. Ogni fiducia data alla cultura è un seme piantato nei cuori delle nuove generazioni. Qualcuno deve pur farlo e se ci uniamo, possiamo rendere le cose meravigliose. 
Grazie a: AbaBio, Agri Ionica Srl, Alima Cooperativa Onlus, Arco Antico Ristorante, Autoservice Sannelli, AVIS Ginosa, Biffy Ristorante, Caffè 25, Cemab Srl, Cienne Autoricambi, Clan Pub, ClimaSat di Sante Bracciale, Drink Planet, Eclipse, Eden Spazio Bellezza, EdilArt s.c., Edil Maggi SRL, EdilLux Tamburrano SRL, Eurospin F. Ribecco, Farmacia Sangiorgio, Festa Allianz, Future Center di Patremia Paolo, Galante Consulenza e sviluppo Commerciale, Genera Innova Srl, Global Service Impianti, Graficam, Humana Life&Joy, Il Piccolo Principe Casa Vacanza, Il Praedio della Reale - Bio Agriturismo, Intelligere Moda, Jonica Bio, KaleidoscopioLab, La Pescarella Ristorante, Le Tre Civette B&B, Lignea74013, Linea Uomo Accontiature, Loforese Group SRL, Lomax Assicurazioni, Massanè Casa Vacanze, MZ Service, Nuova Luce Cooperativa Sociale, Pavone Montaggi, Pratoplà, PrencipEdil, Cantine Domenico Russo, RoyalFin Servizi Immobiliari, Sabry Tende, Sinergy, Studio Ria Stp, Tecnica Diesel, Tenuta Orsanese, Tertiam Viaggi, Rag. Fernando Ria, Ing. Alessandro Leccese, Avv. Deborah Panettieri, Rag. Domenico Gigante, Avv. Carmen Carlucci, Ing. Vito Parisi, Geom. Maurizio Napoli, Dr. Luca Calabria, Dr. Vito De Palma, Rag. Rossella Ria, Dr.ssa Grazia Ria, Dr. Cosimo Ria, Rag. Domenico Cazzetta, Dr. Paolo Costantino, Dr. Piero Giannuzzi e il Comune di Ginosa.

Aspettiamo tutti coloro che vorranno aggiungersi alla nostra grande Famiglia.

Invece in ambito personale c’è un progetto o un sogno artistico che ancora desideri realizzare?

Il mio progetto? Ma io non ho un progetto, io ho un'avventura! Io non voglio scattare foto, io voglio scattare vita! Desidero che la mia agenzia di comunicazione sia un carnevale, una festa perenne.
Come direbbe Benigni: "La vita non si spiega, si vive". Ed io la voglio vivere tutta, fotografare con le mani, con gli occhi, col cuore, con le lacrime, con le risate, con i piedi, ah no, con i piedi no, avrebbe un altro significato!
Il mio sogno per la mia terra? Che i ragazzi non se ne vadano. Che restino. Che dicano: ‘Ma guarda quante cose belle possiamo fare qua!’ Perché la bellezza non sta nei grattacieli, ma nel sorriso della signora che ti vende il pane, nei muri scrostati che raccontano storie, nei vecchietti seduti al bar che parlano del tempo da quarant’anni!
E poi io voglio vivere, SERENO, si SERENO. Voglio vedere crescere le mie bimbe, i miei nipoti, guardarli e dire: ‘Ma che miracolo siete!’ Voglio star bene con la mia famiglia, sedermi a tavola, ridere, voglio ridere… sempre, perchè la vita corre troppo veloce.









Contatti

Email info@kaleidoscopiolab.it  










































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