Raccontare l'Attimo - La Fotografia di Sax Palumbo
L’ArteCheMiPiace - Interviste
Raccontare l'Attimo
La Fotografia di
Sax Palumbo
di Giuseppina Irene Groccia |12|Febbraio|2025|
La fotografia di Salvatore Palumbo detto Sax nasce da un dialogo intimo e incessante con l’essere umano. Il suo percorso, scandito da pause e ritorni, è un viaggio che si snoda tra analogico e digitale, tra passato e presente, alla ricerca di una verità che si annida nei dettagli, nei volti, nei gesti colti con sensibilità e rispetto.
Se la sua adolescenza lo ha visto avvicinarsi alla fotografia con la meraviglia tipica della scoperta, è nella maturità che il mezzo diventa strumento di introspezione e narrazione. Non più semplice osservazione del mondo, ma riflessione sull’individuo nel suo rapporto con lo spazio e il tempo. Il fotografo, consapevole delle trasformazioni tecnologiche e del proprio percorso, non si definisce tale nel senso tradizionale del termine, ma si riconosce come fruitore della macchina fotografica, un mezzo che gli consente di dare forma concreta ai pensieri e alle emozioni.
Il suo lavoro si muove con naturalezza tra generi diversi, dal ritratto alla Street Photography, dalla fotografia concettuale fino a opere che sfiorano il reportage. Ma il fil rouge che attraversa ogni immagine è la centralità dell’uomo, non come semplice soggetto, ma come elemento vivo della composizione, portatore di storie, di sguardi che parlano, di gesti che raccontano.
La fotografia di Sax Palumbo è il risultato di un processo meticoloso, fatto di pianificazione, sopralluoghi e ricerca. Ogni scatto è il culmine di un’attenta costruzione visiva, in cui il tempo non è semplicemente fermato, ma orchestrato. Il suo sguardo sulla società contemporanea è acuto, ma attraversato da una sensibilità poetica che lo distingue. Più che catturare l’istante, Palumbo lo genera, con un approccio che ricorda quello di un pittore: non registra la realtà, ma la plasma, trasformando ogni immagine in un racconto denso di significati.
Alcuni suoi lavori, come “Memorie” o “Narcisa”, non si limitano a documentare, ma evocano, scavano nel vissuto personale e collettivo, sfiorando temi universali come la memoria, l’identità, il dolore e la resilienza. La sua fotografia diventa così vera testimonianza, un atto di resistenza alla superficialità del quotidiano, una ricerca dell’essenza che va oltre l’immagine stessa.
In questa intervista, l'autore ci apre le porte del suo universo creativo, rivelandoci il suo sguardo, il suo metodo e la sua visione artistica.
Puoi raccontarci come hai iniziato il tuo percorso artistico? C'è stato un momento o un evento particolare che ti ha spinto verso l'arte?
Ho conosciuto la fotografia in età adolescenziale e , come capita a molti, con una vecchia Minolta di mio padre. La mia prima macchina fotografica Reflex, comprata col classico salvadanaio, fu una Canon AE1 Program. Come tutti i neofiti, ho iniziato con le foto panoramiche, viaggiavo per fotografare , sceglievo le mie destinazioni non per il divertimento che potevano offrirmi , ma per gli scatti che avrei potuto ricavarne. Dopo alcuni anni, insieme ad un mio amico, arrivammo addirittura ad attrezzare una camera oscura per sviluppare i nostri rullini. Ricordo che in quei periodi, la mia maggior amarezza era l’ impossibilità di frequentare una scuola di fotografia perché all’epoca a Napoli non esistevano proprio, quindi per imparare spendevo tanti soldi per l’ acquisto di riviste del settore, ed inoltre il non aver mai considerato la fotografia come un futuro lavoro ma relegarla solo una passione.
Questo è stato il mio primo periodo fotografico, in cui nella fotografia cercavo di immortalare soprattutto la bellezza dei luoghi.
Qual è il tema o il messaggio principale che cerchi di comunicare attraverso le tue opere?
Ho letto da qualche parte un pensiero che rappresenta costantemente la mia ricerca fotografica :
“La forza delle immagini, il loro scavare nell’anima e nel cuore, quella capacità di guardare oltre, di carpirne l’attimo fuggente, che poi è la vita. Le parole sono fugaci, malandrine, ingannevoli, le fotografie centrano giusto l’ obiettivo : in una società che corre vorticosamente , osando, tentennando, volteggiando, capovolgendo la realtà e i suoi significati, la macchina fotografica immortala l’ istante, spogliandolo dalle spiegazioni, emendandolo dalle sovrastrutture. La foto toglie il superfluo del dire e non dire, fissa l’ emozione e le da corpo. “
Ecco, questa oggi è la mia fotografia. Io non mi ritengo un fotografo, io semplicemente utilizzo il mezzo fotografico e probabilmente nemmeno in maniera eccelsa, ma questo non ha importanza, ciò che conta e’ quello che riesco a catturare, che sia un ritratto o una street, e a trasmettere, ed è per questo che molti dei miei lavori, hanno me stesso come soggetto.
Dopo vent’anni di pausa, rituffarsi nella fotografia in un’era digitale è stata una sfida. Qual è stato l’aspetto più difficile da riadattare e quale invece la sorpresa più stimolante?
Superati i 50 anni, con l’ avvento dei social e degli smartphone, è iniziato il percorso di riavvicinamento. Dopo qualche anno, grazie all’ insistenza di alcuni amici, decisi di comprarmi la prima macchina digitale... un trauma.
Scesi subito a provarla, decine e decine di scatti, non se ne salvava uno!
Ricominciai quindi a studiare, studiare e scattare, scattare... scattare.
La street photography, il reportage panoramico e il ritratto sono generi molto diversi. C’è un filo invisibile che lega questi tre mondi nel tuo modo di raccontare attraverso le immagini?
Col riavvicinarmi alla fotografia ripresi il genere fotografico che avevo lasciato anni prima, il Landescape. Ma piu’ fotografavo e piu’ mi accorgevo che erano fotografie che non mi davano piu’ niente, non mi trasmettevano emozioni. Iniziava quindi il mio viaggio tra i vari generi, dal panorama allo street, dal ritratto allo still life, dalle foto di moda alla pubblicità. Ogni genere toccato mi ha dato qualcosa in termini di tecnica, ma nessuna mi ha mai preso piu’ di tanto, è stato, ed è ancora un continuo tormento artistico.
Infine ho capito alcune cose, mi sono accorto ad esempio che senza rendermene conto nei miei racconti fotografici, prediligevo la presenza umana.
Tra i tuoi tantissimi riconoscimenti c’è quello per la tua opera Memorie che è stata premiata per ‘Napoli Arte e Rivoluzione’. Cosa volevi raccontare con quello scatto e cosa significa per te il concetto di ‘memoria’ nella fotografia?
Memorie era una fotografia accompagnata da una mia poesia, che raccontavano insieme le memorie che mi aveva trasmesso mio padre nei suoi racconti, sui periodi della guerra e immediatamente successivi, su Napoli.
Se invece vogliamo dire di cosa sia la memoria in ambito fotografico, rispondo “Tutto” , la fotografia e’ la nostra memoria depurata da parole che inevitabilmente ne influenzano la lettura, una cruda e reale rappresentazione dell’attimo che stiamo immortalando
Un'altra grande soddisfazione è arrivata con la tua opera Il Fiordo di Furore, uno scatto realizzato in un luogo iconico e pubblicato su Repubblica. Cosa rende un paesaggio non solo bello, ma anche narrativo e potente dal punto di vista fotografico?
Sono fotograficamente cambiato dai tempi di quello scatto. Oggi non mi interessa piu’ immortalare la bellezza di un luogo, è un genere che non mi rappresenta più, se rifacessi oggi quella fotografia , cercherei sicuramente una presenza umana per raccontare il rapporto di tale bellezza con l’uomo.
Quali sono le principali fonti di ispirazione per il tuo lavoro? Ci sono artisti, movimenti o esperienze personali che hanno influenzato particolarmente la tua visione?
No, pur avendo una libreria con libri di tanti fotografi che ammiro, famosi e no, non ho mai preso nessuno come fonte di ispirazione. Ritengo che , come ogni forma d’arte, la fotografia debba essere una ricerca e crescita del tutto personale
Come scegli i soggetti o le scene da immortalare? Segui un’intuizione momentanea o c’è sempre una pianificazione dietro ogni scatto?
Dipende da cosa voglio raccontare. Spesso mi capita di costruire i miei scatti in studio o anche in esterna, cercando modelli/e che più si adattano a ciò che voglio rappresentare. Altre volte invece esco per le strade con l’idea precisa di cosa cerco, a volte va bene altre me ne torno senza aver scattato proprio.
Come vivi il rapporto tra l'arte e il pubblico? In che modo il feedback o le reazioni delle persone influenzano il tuo lavoro?
Bisogna essere onesti su questo argomento. Se parliamo di gradimento sui social, allora rispondo sicuramente che non li considero proprio, lo dimostra il fatto che da quando ho smesso di fotografare panorami e tramonti fini a se stessi, il mio gradimento sui social è piu’ che dimezzato, ma questo conta poco. Quello che invece mi interessa e spesso mi condiziona è il gradimento che ho in una mostra, l’ interesse che suscito o meno. Quello si che mi interessa.
Che ruolo ha la tecnologia (fotocamere, software di post-produzione) nel tuo processo creativo e nella realizzazione delle tue opere fotografiche?
L’ era del digitale ha portato infiniti cambiamenti nella fotografia e soprattutto nella fase di post produzione. Adoro la fotografia pulita solo con le correzioni di base necessarie, ma, come gia’ ho detto, io mi ritengo un fruitore del mezzo fotografico, quindi se per realizzare una mia idea devo ricorrere alla manipolazione di una mia foto, lo faccio e devo dirti, che mi diverto pure. Se la tecnologia ci mette a disposizione i progressi fatti, penso sia stupido non usarli.
Per quanto riguarda invece la macchina fotografica invece posso affermare che per me non ha molta rilevanza, nel sensio che se hai gia una buona attrezzatura è inutile affannarsi per acquistare l’ultimo modello, più performante, con più automatismi, più megapixel ecc ecc. A meno che tu non sia un professionista che ha bisogno assolutamente di determinate caratteristiche, credo che una buona fotografia la fai sia con una entry level che con una top di gamma. Ma la foto buona la devi saper fare a prescindere
C'è un'opera, tra quelle che hai realizzato, che consideri particolarmente significativa per te? Puoi raccontarci la sua storia?
Si, ce ne sono diverse e spesso sono quelle che meno ho esposto o venduto. Una tra tante è sicuramente “ Narcisa “, finora mai esposta in mostra ma solo una volta sui social.
Anni fa, durante un evento/mostra ebbi modo di conoscere Adele Ceraudo, artista internazionale conosciuta anche come Lady bic, perché realizza le sue opere unicamente con tratti di penna ed ha lavori esposti nelle principali gallerie nel mondo. Ci incontrammo tempo dopo e le parlai di un mio progetto chiedendole se si fosse prestata, inaspettatamente mi disse di si e tempo dopo lei scese di proposito da Milano e passammo una intera giornata in un grande studio a lavorare a questo progetto di cui lei poi si è riservata l’utilizzo di una fotografia per rifarla con la sua tecnica ed includerla in una prossima sua mostra
Come vedi il ruolo dell’arte nella società contemporanea? Pensi che il tuo lavoro contribuisca in qualche modo a questo ruolo?
Io non lo so se il mio lavoro contribuisca o meno, certo me lo auguro, ma a prescindere da me, mi auguro che l’arte in generale , piossa divulgarsi sempre di più perché anche se sembra una cosa banale, vivere d’arte...vivere nell’arte, rende migliori e noi abbiamo bisogno di un mondo migliore.
Quali sono le maggiori difficoltà che hai affrontato come artista e come le hai superate?
Domanda semoplice e risposta semplice : Napoli. Napoli è una città che da poco spazio al mondo dell’arte. Ho la fortuna di conoscere tantissimi artisti di valore, sia nel campo della fotografia che della pittura , che in altre realtà avrebbero una visibilita e un successo molto superiori
Recentemente hai partecipato a Visioni, il premio d’arte internazionale organizzato dall’associazione culturale AthenaeArtis di Maria Di Stasio. Che esperienza è stata per te? C’è qualcosa di particolare che hai apprezzato o che ha arricchito il tuo percorso artistico?
Bellissima esperienza, adoro e rispetto Maria , ce ne vorrebbero tante come lei. Fa il suo lavoro in maniera eccellente e si è visto con quale impegno ha affrontato la realizzazione di questa prima edizione di Visioni. Credo che sia stato un evento che ha dato tanto a tutti i partecipanti. Confrontarsi con altri artisti è sempre importante.
Le tue due opere fotografiche presentate a Visioni sono state tra le protagoniste dell’evento, distinguendosi al punto da farti ottenere una Segnalazione di Merito. Puoi raccontarci il processo creativo che ti ha portato a realizzarle? C’è una storia, un significato o un messaggio particolare che volevi trasmettere attraverso di esse?
In verità non credevo nemmeno che le mie due opere sarebbero state accettate, perche erano due lavori/denuncia, il primo sulla violenza sulle donne, il secondo sulla guerra in Palestina.
La prima scattata a Roma durante una mostra di fotografia in cui si esibiva in una performance Tiziana Novelli, in scena con Tiziana cìera il manichino femminile fatto a pezzi. Io scattai la foto e in fase di post misi sulla faccia del manichino il volto di Tiziana che era accovacciata li vicino, il tutto per rappresentare la presa di coscienza di una donna che si vede li a terra distrutta e inconsapevole di cioì che subiva.
La seconda invece ritrae un battente durante la processione di Guardia Sanframondi, mentre si batte sul petto insanguinato, in post ho aggiunto sullo sfondo la bandiera della Palestina, a rappresentare le colpe che tutti abbiamo in merito ad una tragedia che ci vede quasi indifferenti
Quali progetti o obiettivi hai per il futuro? Ci sono nuovi ambiti o tematiche che vorresti esplorare?
Dedicarmi sempre di più alla fotografia “ Concettuale”, con particolare riferimento al mondo delle donne, realizzare buoni lavori che portino ad una personale ed eventuale pubblicazione di un libro. Chissa!
Contatti
Email saxpalumbo@gmail.com
Facebook Sax Palumbo
Instagram sax_bw
Nasco a Caracas , Venezuela nel lontano 1959.
Fino all’età di 13 anni sono stato cittadino del mondo, alternando la mia residenza tra Caracas, Milano e Napoli, dove finalmente a 14 anni, trovo la mia stabilità.
La passione per la fotografia arriva durante l’ adolescenza, ma sempre vissuta come passione e mai come prospettiva di lavoro, iniziano le sperimentazioni con l’ analogico, la camera oscura e le prime mostre. Il matrimonio e l’arrivo dei figli, mettono da parte la passione e si pensa unicamente al lavoro e alla famiglia.
Con la separazione e i figli ormai cresciuti, verso i 50 anni torno, un po casualmente, nel mondo della fotografia, ritorno certo non facile avendo abbandonato con l’analogico e trovando un mondo digitale.
Impegno studio e costanza la fanno però da padrone e pur nella consapevolezza di non poter recuperare completamente il passo con l’ avanzare della tecnologia, arrivano i primi risultati con mostre e riconoscimenti.
Come la maggior parte dei neofiti, col passaggio al digitale ho toccato un po tutti i generi fotografici, ma pur nella consapevolezza che ogni genere, contribuiva ad una mia crescita tecnica, in nessuno di questi trovavo però la mia realizzazione, fino a capire che non importava il genere a cui mi dedicavo, che si trattasse di street, ritratto, concettuale o anche addirittura un tramonto, la cosa importante per me era e rimane, la presenza dell’uomo, immortalare e studiare le emozioni, le espressioni, il rapportarsi con la realtà che lo circonda nel tentativo di coglierne i più profondi pensieri.
Se devo dare una definizione di me come fotografo, direi che oggi non lo sono, credo di aver accumulato troppo svantaggio verso una tecnologia in continua evoluzione, mi manca la semplicità della fotografia analogica, in cui scattavi, sviluppavi il rullino ed esponevi. Oggi, anche per il tipo di fotografia che faccio, mi ritengo semplicemente un fruitore della macchina fotografica, che mi aiuta a rappresentare al meglio, anche sotto una forma d’ arte, ciò che ho in mente.
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