L'Identità Noir nei Misteriosi Autoritratti di Rimel Neffati

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L'Identità Noir nei 

Misteriosi 

Autoritratti di 

Rimel Neffati







di Giuseppe Cicozzetti    |29|Marzo |2024|




Quando si osservano le fotografie della giovane fotografa francese Rimel Neffati, si ha l’impressione che il tempo possegga una dimensione elastica, come un incedere altalenante, ellittico nel quale gli occhi non osservano più quanto abbiamo di fronte, qualcosa cioè di oggettivamente esistente, ma si smarriscono in una dimensione intangibile. C’è come una momentanea sospensione cognitiva, un esercizio in cui gli adulti, qualora vogliano recuperare l’attività ludica ormai smarrita, sono sfidati ad attingere alle proprie capacità interpretative. Un gioco duro ma onesto. E l’onestà è scandita dalla stessa Neffati che, sebbene non sembri, è modella di se stessa e dunque la sola interprete delle sue fotografie. 




Ha detto Epicuro che “la grande ricchezza risiede nel bastare a se stessi” e in questa autonomia ravvisiamo il desiderio dell’autrice di svincolarsi dai tempi e dalle modalità assegnate a una modella, per farsi lei stessa soggetto e determinare le regole del “gioco”. Un gioco con molte anime e tutte appena accennate, diligentemente. Un tocco di noir cede il passo talvolta a un macabro che non sgomenta ma intriga, un afflato romantico che dialoga con una nota circense, un bianco e nero interrotto solo talvolta da schizzi di colore che ne impreziosiscono la composizione. 





Tutto diviene un mondo misterioso, nella cui evanescenza, nell’incompletezza di talune immagini si ravvede un abbrivio che non necessita di sviluppo. Una completezza spuria ma funzionale all’immaginario e che forse proprio nell’abbozzo trova la chiave per la sua interpretazione. Donne misteriose, intriganti. Donne che cedono all’apparire di una sensualità giocosa e a tratti infantile, che a loro volta di dileguano dinanzi ai lugubri accostamenti con la morte (il tema della discontinuità inesorabile del tempo ritorna). Donne in odore di santità, con tanto di aureola luminescente che si confrontano con una forma di citazionismo quando Neffati si autoriprende in un ritratto in cui è del tutto simile a Frida Khalo. 



Tutto però vola via come un soffio leggero, tanto che aleggia qua e là lo spirito antico e delicato di Ernest Louis Lessieux, grandissimo acquarellista dell’Ottocento o, azzardiamo consapevolmente, alla veloce sensualità femminile dei dipinti di Richard Burlet. Ma gli echi sono tanti, così tanti che se volessimo ascoltarli tutti diverremmo sordi. Dunque è preferibile ascoltare la voce di Rimel Neffati che, nella completa autonomia stilistica ci parla, attraverso se stessa, di un mondo dilatato ma plausibile, trasognato eppure concreto in cui la fisicità corporea, seppure sapientemente scomposta, resta protagonista assoluta, a testimonianza della concretezza cui è costretta la fotografia.


Giuseppe Cicozzetti





When we look at the photographs of the young French photographer Rimel Neffati, we got the impression that time has an elastic dimension, such as a swinging movement in which our eyes no longer look at what we are facing, something that is objectively existing, but we lose into an intangible dimension.

There is a momentary cognitive suspension, an exercise in which adults, if they want to retrieve lost play, are challenged to draw on their interpretive skills. A tough but honest game. And honesty is spelled out by Neffati himself, who, though he does not seem, is a model of herself and hence the only interpreter of his photographs.





Epicurus said that "great wealth resides in sufficiency" and in this autonomy we see the desire of the author to free herself from the times and modes assigned to a model, to make herself subject and to determine the rules of the "game". A game with many souls and all just mentioned, diligently. A touch of noir gives way to a macabre that does not mind but intrigues, a tired romantic who talks with a circus reminiscence, a black and white interrupted only sometimes by splashes of color that embellish its composition.





Everything becomes a mysterious world, in whose evanescence, in the incompleteness of some images, there is a start that does not need development. A spurious but functional completeness to the imaginary and perhaps just in the forearm finds the key to its interpretation. Mysterious, intriguing women. Women who appear to play a playful and childish sensuality, who in turn away from the painful approaches to death (the theme of the inexorable discontinuity of time returns).





Women in the smell of holiness, with a luminescent halo that compares with a form of citationism when Neffati picture herself in a portrait in which she is quite similar to Frida Khalo. But everything flies away like a light blow, so much like the old and gentle spirit of Ernest Louis Lessieux, the great watercolourist of the nineteenth century, or, knowingly, the fast female sensuality of Richard Burlet's paintings.





But the echoes are so many, so many that if we wanted to hear them all we would become deaf. It is therefore preferable to listen to Rimel Neffati’s voice, who in his complete stylistic autonomy speaks to us through herself of a dilated, but plausible, dreamy yet concrete world where bodily physicality, even if cleverly decomposed, remains the absolute protagonist, witnessing the concreteness which photography is forced.


Giuseppe Cicozzetti






































































Ph. Rimel Neffati

Sito Web Rimel Neffati































Giuseppe Cicozzetti, critico fotografico, curatore. Scrive per riviste specializzate quali Foto.it, Artapp, Gente di Fotografia. 

Ha collaborato con numerosi fotografi italiani e internazionali scrivendo prefazioni alle rispettive pubblicazioni. 

Dal 2015 Collabora con l’Associazione Mediterraneum per l’allestimento delle edizioni del MedPhotoFest, di cui cura il catalogo annuale. 

Dal 2018 è membro della Fototeca Siracusana con cui partecipa alla cura dell’Estate Fotografica Siracusana, curando mostre e scrivendo i testi per il catalogo.

Su Facebook gestisce Scriptphotography, una seguitissima pagina di divulgazione e cultura fotografica. Vive a Modica.  























©L’ArteCheMiPiace - Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 










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