Dall’impressionismo all’arte contemporanea: la perdita della bellezza

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Dall’impressionismo all’arte contemporanea: la perdita della bellezza 







di Davide Mauro   |11| Dicembre |2023|




Nella seconda metà dell’Ottocento, nella Parigi imperiale di Napoleone III avvenne una rivoluzione artistica senza eguali; il mondo scoprì un nuovo gusto estetico che, come spesso accade in questi casi, venne denominato in forma spregiativa impressionismo. Non stiamo qui a spiegare cosa sia l’impressionismo in quanto è cosa nota, più che altro intendo soffermarmi su un altro aspetto. Per quale ragione a un certo punto si è cominciato a dipingere quadri che manifestavano l’impressione degli artisti? Per rispondere a questa domanda dobbiamo aggiungere una nota che ci racconta come allora era vista l’arte e perché si anelava ad un superamento.

In Francia, ma anche in molti altri paesi europei, l’arte emergeva esclusivamente dalle accademie dove si formavano i pittori e gli scultori. Questi poi ricevevano gli incarichi da parte di famiglie nobili, regnanti e governi per realizzare delle opere. Questa arte era regolata da rigide regole estetiche sostanzialmente immutate sin dal rinascimento. 








Il libro “Il senso della Bellezza” edito da VGS LIBRI delinea con precisione le riflessioni affrontate in questo articolo


Manet fu tra i primi a osare la sfida a queste regole presentando ai concorsi ufficiali (salon officiel) quadri fin troppo originali per l’epoca. Basti pensare a Déjeuner sur l'herbe dove una donna nuda conversa con due uomini in un paesaggio campestre. Questa tela suscitò scandalo più che altro per ragioni morali. Ma i sentimenti delle nuove generazioni erano già segnati perché altri pittori tendevano a interpretare con una certa libertà i paesaggi. 






Édouard Manet


Ad esempio Turner in Inghilterra rappresentava le vedute dominate da fattori climatici, come la nebbia o la pioggia, in un modo del tutto originale che anticipava lo stile impressionista. Questi tentativi incoraggiarono i vari Monet, Renoir, Cézanne e molti altri ad andare oltre. Sappiamo poi com’è andata a finire dai libri di storia dell’arte, l’impressionismo prese piede venendo conquistato anche dalle prime case d’arte. Ma ciò che davvero avvenne in quel periodo fu di scardinare le regole imposte da secoli aprendo l’arte alla libertà espressiva.



William Turner

Nel giro di pochi decenni l’arte, cominciando a esplorare nuove possibilità, approdò verso territori inesplorati. La prospettiva utilizzata per più di quattro secoli venne abbattuta, la ricerca della grazia e dell’armonia nelle forme divenne non più necessaria e persino i colori atti a rappresentare la pelle umana o il cielo divennero irreali (si pensi alle rappresentazioni espressioniste). Gli artisti abbandonarono la nuda realtà per abbracciare l’immaginario, l’onirico e il concettuale. È il trionfo di un’arte che non ha più regole, dove si può fare tutto e osare tutto. Ma soprattutto chi osa viene considerato originale, innovativo e distruttore di un passato ingombrante. 







Giunti all’oggi l’arte che vediamo nei musei d’arte contemporanea ci lascia interdetti, impedendoci di avere una chiave netta su ciò che guardiamo. Mentre nell’epoca impressionista era possibile ancora discutere d’arte partendo da alcune regole che consentivano di distinguere un genio da un dilettante, oggi tutto ciò non è possibile. Prendiamo il caso di Cattelan con le sue opere milionarie e apprezzate un po’ ovunque nel mondo. Provate a leggere una sua intervista o un suo intervento dal vivo, dalle sue parole non emerge alcuna cultura, alcuna consapevolezza. Sembra un clown a cui siano affibbiate delle opere. Qualcuno giustamente contesterà il fatto che anche Salvator Dalì viveva di estrosità con atteggiamenti illogici e assurdi. Eppure tutto si può dire tranne che fosse un ignorante. 





Maurizio Cattelan


Ciò che distingue l’arte di oggi con quella del passato è che si può essere artisti quotati senza necessariamente avere una grande cultura, o magari senza sapere davvero dipingere. Perché ciò che domina non è la cultura, ma il mercato dell’arte e quindi la capacità dei critici d’arte di “raccontare” l’artista in termini positivi. Si è costretti a fidarci dei critici proprio perché l’arte sembra essere divenuta talmente complessa da richiedere una vasta cultura per essere apprezzata. Pertanto non sono le sensazioni a poter guidare il valore che si può dare a un’opera, ma le valutazioni dei critici e il mercato che vi gira attorno. Un corto circuito se si pensa alla “cultura” di Cattelan. Un controsenso se si pensa al fatto che taluni critici possono enfatizzare le qualità di un artista anche per interesse personale o economico. Così al fruitore medio non resta che affidarsi al commento di una didascalia che accompagna l’opera di concetto perché è impossibile giungere alla propria interpretazione. 






La Primavera di Botticelli (Dettaglio sulle Tre Grazie)


In questa rottura col passato anche la necessità della bellezza svanisce, come se fosse l’emblema di un mondo superato e noiosamente banale. Le opere infatti non puntano al bello, esso non è più necessario anche perché è il mondo stesso, nella sua crescente volgarizzazione, a renderlo superfluo. Non è quindi colpa dell’arte se la bellezza non è più fondamentale, e tutte le sue manifestazioni sono esattamente le manifestazioni del Weltanschauung, di uno spirito del tempo che scivola via verso direzioni sempre più assurde e incomprensibili.






















Davide Mauro


Nato nel 1975 a Siracusa dove vive e lavora. Da sempre interessato alla storia dell’arte, alla scienza, alla fotografia e alla scrittura creativa, ha da poco pubblicato Il senso della Bellezza edito da VGS Libri. Dopo una breve esperienza giornalistica presso la rivista Inout, e Linkiesta ha deciso di fondare la webZine Elapsus. Ha collaborato anche per il blog Il Calibro. Davide si distingue per la sua profonda cultura e, ancor più, per la riflessione, un pensiero che sorge non dall'istinto, bensì da una logica radicata nella sua approfondita conoscenza delle cose, frutto di uno studio accurato.



























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