Sergio Larrain - Il Poeta di Valparaiso

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Sergio Larrain -  Horcones, villaggio di pescatori 







Sergio Larrain
Il Poeta di Valparaiso





di Giuseppina Irene Groccia |30|Giugno|2023|



Sergio Larrain è stato un fotografo cileno noto per il suo stile unico e sperimentale. Nato nel 1931 a Santiago del Cile, ha studiato ingegneria forestale prima di decidere di dedicarsi completamente alla fotografia. Il fotografo cileno acquisì nella sua infanzia un'ampia cultura visiva guidata da suo padre, Sergio Larraín García - Moreno, fondatore del Museo d'Arte Precolombiana, rinomato architetto, professore e più tardi decano dell'Università di Santiago del Cile. Larrain ha iniziato la sua carriera fotografica negli anni '50, periodo in cui acquistò la sua prima macchina fotografica, una Leica IIIC, con cui iniziò la pratica della fotografia, catturando immagini che riflettevano la vita quotidiana e la cultura cilena. Le sue fotografie spaziavano da ritratti intimi a scene di strada e documentari.




Larrain è diventato famoso per la sua prospettiva unica e insolita, e il suo approccio artistico distintivo. Utilizzava composizioni audaci, giochi di luce e ombra per creare immagini sorprendenti e poetiche. La sua sensibilità artistica e la sua capacità di catturare l'anima dei suoi soggetti lo hanno reso un indiscusso interprete nel campo della fotografia d’autore mondiale, non solo cilena.

 







Larrain era noto per il suo stile documentaristico e la sua capacità di catturare la bellezza e l'essenza delle persone e dei loro luoghi, all’interno della vita quotidiana. Tutte le sue opere sono frutto di una combinazione di elementi visivi forti e un senso di intimità e mistero. Ha sempre avuto un occhio attento per le geometrie e le linee, utilizzando punti di vista  singolari per creare immagini uniche e memorabili.




Celebre era il suo uso poetico della fotografia in bianco e nero. Le sue opere emanano una profonda atmosfera emotiva. Egli ha saputo sfruttare al meglio le tonalità di grigio, i contrasti e le sfumature per creare composizioni suggestive e evocative. La sua poetica visiva è una narrazione silenziosa in grado di evocare un senso di contemplazione e una connessione intima con i soggetti e gli ambienti in essi immortalati.




 

Sergio Larrain è stato un artista enigmatico, la cui vita e opere sono state oggetto di fascino e ammirazione.

Larrain viene descritto come una persona introspettiva e riflessiva, che cercava di esplorare la spiritualità e il significato della vita attraverso la sua arte fotografica. Il suo impatto nel campo della fotografia è stato molto significativo, nonostante la sua breve carriera di fotografo.






Gran parte della sua vita l’ha trascorsa a viaggiare in Europa, Egitto e Medio Oriente,  avendo modo di documentare diverse culture e ambienti. Ha ispirato Julio Cortázar, ha lavorato con Pablo Neruda, ha impressionato Henri Cartier-Bresson ed è stato l'unico cileno nelle file della Magnum Photos, l’agenzia che piú di ogni altra ha definito i canoni estetici dellla fotografia contemporanea del ‘900.



Fu durante uno dei suoi tanti viaggi, a Parigi esattamente, negli anni '50, che Larrain incontrò Henri Cartier-Bresson, uno dei più grandi fotografi del XX secolo. Questo incontro ebbe un forte impatto su Larrain, che ammirava profondamente il lavoro di Cartier-Bresson. L'incontro li portò a sviluppare una forte amicizia e una collaborazione artistica. Entrambi, fotografi notevoli del loro tempo, facevano parte di Magnum Photos, agenzia fotografica internazionale, che offrí loro diverse opportunità di interazione e scambio professionale.












Trascorse anche un periodo significativo della sua vita in India, immergendosi nella cultura e nella spiritualità del paese. Questo periodo influenzò profondamente la sua visione artistica e il modo con il quale lui stesso si avvicinava alla fotografia. 



















Le serie scattate a Londra, per le strade di Parigi o i vicoli siciliani pieni di bambini offrono un'atmosfera degli anni 50-60 ma sembrano mancare di bagliore. È allora che Sergio Larrain decide di tornare in Cile, fuggendo dal successo e dal mondo mediatico che non gli assomigliano per ritrovare la sua anima nella solitudine. 





Nonostante tutti i successi e le grandi soddisfazioni, Sergio Larraín era bloccato in una persistente condizione di eterna malinconia e trovava il mondo che lo circondava noioso, vuoto e privo di spiritualità. 


È così che decise di ritirarsi dopo un periodo di grande successo nel mondo della fotografia. Nel ‘70 abbandonò improvvisamente la vita glamour e la fotografia commerciale e si concentrò unicamente sulla sua vita personale e spirituale, decidendo radicalmente di non concedere interviste e non partecipare ad esposizioni. Si stabilì nelle montagne del Norte Chico,  in un villaggio vicino a Ovalle (Quarta regione del Cile). Solo lì lo si poteva vedere camminare tranquillamente nelle vie o nella piazza. Un uomo di bassa statura, magro e dai capelli grigi, che di solito portava incrociato una borsa artigianale. Faceva lezioni di yoga nel villaggio di Tulahuén, dove la sua vita ormai trascorreva come un eremita. A volte, distribuiva gratuitamente opuscoli con poesie e testi spirituali a cui non apportava la sua firma. In zona nessuno conosceva il suo passato, non sapevano che venti anni prima era stato uno dei maggiori fotografi cileni.





 

In quel periodo ci furono centinaia di fotografi che cercarono di contattarlo, sperando di ottenere un confronto o un’ ispirazione, ma tutti fallirono. In quel momento Larrain scelse di disconnettersi dal mondo. Non era morto, ma fotograficamente era come se lo fosse.

 

La sua principale preoccupazione in quel momento era la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento. Gli unici consigli che dava erano invitare le persone a scrivere poesie. 

 




Durante questo esilio si è concesso il lusso di chiudere le porte al New York Times, El País e a tutta la stampa cilena. Nessuno sapeva cosa stava passando per la testa di Larraín. In Cile era un mito vivente. Capitava che qualcuno lo dava per morto oppure altri che affermavano vivesse in solitaria in montagna. Del suo esilio si vociferava fosse forzato in seguito a controversie avute con un boss mafioso siciliano. 

Larrain, inviato dalla Magnum avrebbe ritratto troppo bene l'organizzazione criminale italiana, attraversando una linea di confine molto pericolosa, laddove l’unica  “via di ritorno” era fuggire e cambiare vita.




 

Ma la verità era che Don Sergio, era in clausura a casa sua, scriveva libri di poesie che si autopubblicava, con la macchina fotografica appesa ad un chiodo per sempre.















































Il gioco è lasciar andare, lasciare che l'avventura inizi. Come una barca a vela che lascia cadere le vele.





Sergio Larraín era innamorato di Valparaíso. La sua storia personale e fotografica  non si comprende senza averla prima associata a questo posto. 

 































A Valparaíso, una città portuale sul litorale cileno, Larrain trova un contesto affascinante e unico per stabilirsi e realizzare una serie di fotografie che diventeranno in seguito le più iconiche e rappresentative del suo lavoro.





 

Queste immagini hanno catturato l'essenza della città, mettendo in risalto l'architettura e il paesaggio urbano. Le sue fotografie di Valparaíso riflettono una sensibilità artistica distintiva, che combina realismo e un tocco di mistero, creando atmosfere poetiche senza tempo. Sono scatti che offrono uno sguardo intimo e autentico sulla vita urbana di Valparaíso, regalando al pubblico una prospettiva affascinante e suggestiva. Un lavoro fotografico davvero memorabile che entra a pieno titolo tra le produzioni più importanti della storia della fotografia.




 

È stato a Valparaiso che ho iniziato a fotografare, camminando per le colline. Le bambine che scendevano da una scala fu la prima foto magica che venne verso di me" racconta.

 

Il risultato è stato battezzato Petites filles. Credo sia la foto più conosciuta di Sergio Larrain, una fotografia iconica scattata nel 1952 e inserita in apertura del suo libro su Valparaíso.






Larraín iniziò a fotografare Valparaíso negli anni '50, ma fu solo nel 1963 che passò più tempo al porto, sempre in compagnia di Pablo Neruda, suo grande amico con cui  amava esplorare le colline e la boemia.

In questa bella città cilena egli cammina, ascolta, guarda, sembra prendere parte all'universo delle strade. È qui che ritrae i suoi giorni malinconici e le sue notti tristi.

Nel porto c’erano racconti e lui era il trovatore di immagini. Lì fotografa marinai, artisti, bambini, prostitute e bohémien. 






Come il suo amico Neruda, egli collega il suo pensiero poetico alla realtà più vicina a cui poteva avere accesso.




Anche qui segue i bambini, come prima quelli abbandonati di Santiago e ne cattura il loro sguardo, cogliendo momenti di vagabondaggio, di noia e di gioco.  




 

Sergio Larrain affronta i suoi soggetti in modo originale: taglia angoli, si concentra sui suoi personaggi appuntandoli a un'estremità di muro, dà una visione a terra o di traverso, sperimenta con la sfocatura. I personaggi sembrano uscire dal campo e continuare il loro movimento, come se fossero sfuggenti. Un luogo triste e cupo diventa familiare, riscaldato dalla magia di un sorriso, come quello della prostituta del bar dei Siete Espejos.





 

 

Una buona immagine nasce da uno stato di grazia” - Sergio Larrain

 

 

 

Di questa esperienza significativa, intrattenuta con anima e corpo a Valparaiso, ne è nato un lavoro fotografico definito negli anni il suo capolavoro.



 

Valparaiso non è solo il suo libro più conosciuto e apprezzato, ma è anche, quello che ci avvicina di più alla personalità di Larrain.

Le sue pagine, ricche di poetiche visive e pensieri ad alta voce, lasciano intravedere il nostro modo di stare al mondo. Forse l'unica cosa che può spiegare la magia delle sue immagini.

 


Se le fotografie hanno la capacità di raccontare di noi stessi più di quello che mostriamo in esse, Valparaiso sembra parlare più di Sergio Larrain che della città che ha fotografato per più di quattro decenni (dal 1952 al 1992).


 

 




Sfogliamo insieme questo suo capolavoro…

 





Sebbene il progetto originale sia stato ideato da Larraín, insieme a Pablo Neruda, all'inizio degli anni '60, è diventato realtà solo nel 1991.




 


Quindi, con il contributo di Agnés Sire, direttrice della Fondazione Henry Cartier Bresson ed ex direttrice dell'Agenzia Magnum, la casa editrice francese Editions Hazan ha pubblicato in quell’anno la prima edizione di “Valparaíso”, diventato rapidamente un libro di culto. Ciò che lo rende interessante, seducente e a tratti avvolgente è in primo luogo l’originale costruzione di un racconto fotografico preciso e impeccabile, seguita dall’ineccepibile scelta delle immagini, caratterizzate da tutta quell'atmosfera di inquietante nostalgia, e quella magia di accattivante mistero che le immagini di Larraín sanno possedere. Un libro che narra Valparaíso. Il Valparaiso degli anni '60, che parla del Cile quale luogo profondo, scuro e patibulario. Un lavoro definito da un editing fotografico che funziona su vari livelli, sia pittorico che letterario.

 


 

 

La seconda edizione, con 82 fotografie inedite, oltre alle 38 iniziali presenti nella prima edizione, è stata pubblicata da Ediciones Xavier Barral nel 2017. 

 

Questo è un libro fatto da Larraín per se stesso, non per i lettori. Forse è per questo che è rimasto inedito finché era in vita: forse perché non era nato per essere pubblicato bensì era nato per altri scopi. Le sue frasi mistiche - quelle che sono annotate a mano nel corso delle 200 pagine di questa Edizione - lo rendono piuttosto una sorta di mantra che a volte diventa meravigliosamente criptico. Un diario metaforico di quella che è stata la sua ricerca, sia fotografica che spirituale. Senza dubbio siamo di fronte a una pubblicazione in cui il conflitto tra i due aspetti inseparabili della sua biografia diventano evidenti. È un'interpellanza costante tra l'uomo che ha smesso di essere un fotografo e la leggenda… il mito della fotografia.



Sergio Larrain è deceduto il 7 febbraio 2012 a Tulahuén, in Cile. La sua eredità artistica rimane come un importante contributo alla storia della fotografia. Le opere di Sergio Larrain sono state esposte in numerose mostre internazionali e il suo contributo all'arte della fotografia è stato ampiamente riconosciuto. Oggi le sue opere fanno parte di musei e collezioni prestigiose, tra cui quella del MOMA di New York. La sua eredità artistica continua a ispirare molti fotografi di oggi.

 

 






 




















Mostre


1953: prima mostra a Santiago del Cile

1991: Cile, Sergio Larrain , Rencontres d'Arles

2013: Retrospettiva al Rencontres de la Photographie, Arles.

2013: Mostra alla Fondation Henri-Cartier-Bresson , a Parigi.

2014: Mostra Vagabondages al Forte di Bard in Valle d'Aosta .

2020: Londra, 1959 , Fondation Henri-Cartier-Bresson, Parigi.


Collezioni pubbliche


MOMA , New York

Torre dell'acqua di Tolosa


Pubblicazioni

1963: El rectangulo en la mano

1966: (es) La casa en la arena , testi di Pablo Neruda

1968: Cile

1991: Valparaíso , testi di Pablo Neruda , edizioni Hazan

1998: Londra , edizioni Hazan

1999: (en) Sergio Larrain , René Burri , edizioni IVAM , Center Julio González

2017: Valparaiso , Xavier Barral Publishing

2018: El rectangulo en la mano , Éditions Xavier Barral

2020: Londra, 1959 , Xavier Barral Publishing

























 




©L’ArteCheMiPiace - Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 









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