AUGUSTO DE LUCA - Ritratti e Anime

 L’ArteCheMiPiace - Interviste


AUGUSTO DE LUCA
RITRATTI E ANIME


di Giuseppina Irene Groccia |12|Ottobre|2021|




Nel caso di Augusto De Luca, uno dei più rappresentativi fotografi napoletani, si rimane impressionati quando ci si trova di fronte alle sue opere.


La sensazione è quella della rappresentazione di un’enorme energia sapientemente controllata e meticolosamente guidata.


A differenza di altri, egli riesce nell’intento di raccontare, attraverso un taglio del tutto originale e autentico, la sua personalissima visione del mondo.


Grazie a questo espediente riesce a decodificare la realtà che lo circonda traducendola in immagini che riportano al fruitore una propria visione dell’esistente.


Una vera e propria necessità da perseguire, è per lui rappresentata dall’assemblaggio di storie, composte da visi espressivi e sguardi altamente comunicativi.


È nei suoi ritratti che Augusto testimonia la sua grande capacità di catturare in una fotografia, non solo i tratti e la personalità del soggetto fotografato, quanto la sua anima.


Essi rivestono un ruolo di rilievo nella sua produzione artistica, resi ancora più evocativi dalla sua scelta di prediligere il bianco e nero come un veicolo di messa a nudo di emozioni e sentimenti.


Nel suo percorso artistico ha avuto modo di ritrarre molti personaggi celebri,  quali: Pupella Maggio, Carla Fracci, Renato Carosone, Rick Wakeman, Hermann Nitsch, James Senese, Giorgio Napolitano. 


Augusto è un fotografo e performer creativo. Un artista estremamente poliedrico, che sin dagli anni 70 si è dedicato alla fotografia tradizionale e alla sperimentazione.


Molte sue immagini sono state destinate a campagne pubblicitarie, copertine di dischi e libri fotografici. 


Lo scopo da ricercare nelle sue opere è l’introspezione psicologica all’interno di una sua narrazione visiva, legata alle persone che in quel momento stanno di fronte a lui.


Opere che insegnano a “vedere” un mondo immaginario, facilmente intuibile attraverso una narrazione evocativa emanata dai suoi scatti.







Proviamo a conoscerlo un po' meglio, approfondendo i suoi argomenti, le sue tecniche e il suo pensiero.



Ti ricordi come si è sviluppato in origine il tuo interesse per la fotografia?

Nella metà degli anni 70 studiavo giurisprudenza e suonavo la chitarra rock con alcuni musicisti che poi si sono affermati, tra i quali Alan Sorrenti, Ernesto Vitolo, Mario Insenga ed altri. Proprio in questo periodo, un mio carissimo amico fotografo mi invitò nella sua camera oscura per stampare alcune fotografie ed io, incuriosito, accettai. Quando vidi un'immagine apparire "miracolosamente" sulla carta immersa nell'acido di sviluppo, rimasi talmente colpito e affascinato che decisi senza indugio di acquistare una fotocamera e un ingranditore. Quindi il mio è stato sicuramente un inizio del tutto casuale e inaspettato. Lo definirei un colpo di fulmine.




Quali sono stati i punti focali della tua personale storia della fotografia?

Credo che nella mia carriera di fotografo i punti focali siano rappresentati  soprattutto dall'incontro  con alcune persone, pietre miliari della mia evoluzione professionale, che hanno segnato e aiutato il mio percorso artistico e professionale, cominciando da Giuseppe Alario, direttore della Kodak per il Mezzogiorno, che è stato il primo a credere in me e a introdurmi nel mondo della fotografia italiana, per arrivare a Lanfranco Colombo, direttore della galleria "il Diaframma" di Milano e del SICOF, che ha esposto in numerosissime occasioni in Italia e all'estero le mie fotografie, continuando con Barbara Hitchcock, curatore e direttore degli affari culturali di Polaroid e delle collezioni Polaroid, Massachusetts, che mi ha chiesto di lavorare con il materiale Polaroid, acquisendo poi le mie opere per la collezione, poi Jean-Claude Lemagny storico dell'arte, bibliotecario e curatore, presso la Bibliothèque Nationale de France, per la quale acquistò molte mie foto in bianco e nero.
Comunque anche diversi eventi e progetti importanti sono stati dei punti focali della mia carriera; avvenimenti che hanno spianato la strada ad altri lavori successivi. Per citarne solo alcuni: la mostra alla galleria "Hasselblad" di Göteborg, la partecipazione a "Les Rencontres de la Photographie" ad Arles, i sette libri sulle città italiane commissionati dalla TAV (Treno Alta Velocità) e le sette foto pubblicate su schede telefoniche Telecom con una tiratura di diciannove milioni di pezzi.




Quali fotografi ti hanno ispirato lungo il tuo cammino?

Mi hanno ispirato soprattutto due grandissimi artisti e giganti della fotografiamo  internazionale: il britannico Bill Brandt e lo statunitense Irving Penn.
In loro si mescolano con assoluta maestria la classicità e l'innovazione. Le loro sono immagini potenti in un bianco e nero dai toni profondi, con delle sfumature che esaltano la magia dei soggetti. Capolavori assoluti che mi continuano ad ammaliare.



Hai avuto un successo considerevole lavorando ritraendo numerose celebrità… cosa è stato più utile per riuscire a realizzare questi progetti?

Sicuramente la professionalità e le tante esperienze avute in precedenza giocano un ruolo importante per un primo approccio con alcuni personaggi illustri. Spesso è determinante il tuo curriculum e lo capisco, perché molti tutelano la loro persona e desiderano un prodotto di qualità che garantisca la loro immagine. Subito dopo però è necessario che si instauri anche un rapporto di fiducia e di empatia. Questo dipende dalla personale capacità di entrare in sintonia con la persona da ritrarre, mettendola a suo agio. Personalmente gioco e scherzo molto con loro prima dello scatto, proprio per eliminare quella tensione iniziale.


Nei tuoi scatti ci parli di un’ umanità fatta di volti, sono elementi che colpiscono molto nelle tue fotografie, come scegli i tuoi soggetti?

Molti soggetti dei miei ritratti sono prevalentemente personaggi del mondo dell'arte, della cultura, della musica e dello spettacolo che in alcuni casi ho fotografato per lavoro, in altri perché sono persone che ammiro e stimo professionalmente. Sono rare le occasioni in cui scelgo un soggetto basandomi solo sulle sue qualità espressive o estetiche e questo accade sicuramente per la realizzazione di un mio progetto di ricerca personale. Solo in questo caso cerco determinate caratteristiche.




Ci sveli uno dei tuoi ritratti preferiti e la storia dietro a questa fotografia?

Alla fine degli anni ’80 Pupella Maggio abitava a Roma pur ricordando sempre con grande nostalgia la sua Napoli. Io, dopo averle telefonato, con il mio assistente e il fedele Bank fotografico (lampada con avanti un diffusore), in macchina da Napoli mi misi in viaggio per andare a ritrarla.
Dopo qualche giro per Roma, allora non c’erano i navigatori, finalmente trovammo casa sua e quando lei aprì la porta io fui investito da un intenso odore che conoscevo molto bene: era profumo di ragù. Ricordo che di riflesso aspirai profondamente con il naso, socchiusi gli occhi e mi sembrò di essere a Napoli.
Pupella poi era una donna gentile ed umile e anche se per me rappresentava un’icona, un monumento del teatro napoletano, il suo modo di fare mi fece sentire subito a mio agio.
Allora cominciai a cercare un posto per fotografarla e guardandomi intorno mi colpì su di una mensola un ritratto di Eduardo con una dedica:
"A Pupella con amore, quello selvaggio del teatro".
Immediatamente capii che avrei fatto la mia foto proprio insieme a quel ritratto. Le chiesi di prendere una maschera di Pulcinella che avevo notato in un’altra stanza e che era appartenuta ad Antonio Petito, uno degli interpreti più celebri, più capaci e apprezzati della famosa maschera; misi la luce in modo tale che sul viso di Pupella ci fosse una luce uguale a quella che c’era nella foto di Eduardo e scattai. Sembrava quasi che Eduardo stesse lì con noi in quel momento, illuminato dalla stessa luce del mio Bank.


Quali emozioni cerchi principalmente in un ritratto?

Ogni mia foto è filtrata dall'emozione, dal rapporto che si crea tra me ed il soggetto da ritrarre. Io allora comincio a girargli intorno per trovare la mia inquadratura. È un lavoro su di me e sul soggetto al tempo stesso.
Quello che cerco sempre è l'emozione della prima volta: quel sentimento di stupore, di meraviglia e sorpresa  misto a soddisfazione, capace di riempire il mio cuore.
Qualsiasi scatto deve principalmente emozionare me.



Perchè hai scelto la via espressiva della foto in bianco e nero?

Ho iniziato con il colore realizzando immagini astratte per poi passare al bianco e nero per fotografare sia architetture e paesaggi urbani che persone. Sicuramente con il bianco e nero si dà al reale un connotato metafisico capace di esaltare le forme che emergono maggiormente evidenziando
gli elementi strutturali della composizione.






Sei un fotografo e un performer. Come si conciliano questi due mondi e qual è il punto di contatto?

Il punto di contatto è la creatività.
Ho sempre avuto dentro di me il germe dell'uomo madre, cioè un uomo che sente la necessità di partorire idee. La creatività mi ha sempre accompagnato. Sono fotografo, performer, avvocato, collezionista, musicista. Tutto questo fa parte di me, io non elimino niente, ma semplicemente permetto a queste mie diverse anime di alternarsi ciclicamente.


Parlaci del rapporto con la tua Napoli, città surreale per eccellenza, un universo partenopeo ricco di stimoli creativi e grandi passioni..

A differenza di altre città, ogni elemento fondante è separato dal contesto urbano ed è incorniciato dall'ampio e luminoso golfo; golfo e Vesuvio, insomma, fanno da sfondo placentare al Maschio Angioino, a Castel Sant'Elmo, a Castel dell'Ovo, al Palazzo Reale.
Napoli è  la città surreale per eccellenza ed è lo scontro del fuoco del Vesuvio con l'acqua del Golfo che governa le funzioni vitali di tutto l'universo partenopeo. Così nascono stimoli creativi e grandi passioni, ed ecco venir fuori cento, mille Napoli. La Napoli di opere magiche quotidiane legate alle emozioni, alle angosce, alle paure di timbro infantile. La Napoli del mistero che ha per effetto di dare a ciascun accadimento, per quanto familiare e riconoscibile, un carattere di mai veduto e di coltivare, in tale spiazzamento, la più profonda e singolare delle seduzioni.
Verità e finzione, realtà e immaginazione, sempre tutto esagerato, eccessivo, contraddittorio, ma sotto la Napoli del contrasto, della bella cartolina e del buio e tetro vicolo è la città dal grande passato che mi attrae. Napoli è un enigma che si offre fatalmente alla chiave onirica e io la amo e le sono riconoscente perché nutre la mia creatività ogni giorno, donandomi quell'energia che è necessaria alla mia immaginazione.



Qual è il segreto di una bella fotografia? Una buona tecnica o una buona idea?

Sono entrambe necessarie, ma io sicuramente prediligo una buona idea.
Un'immagine prima deve attrarre con la superficie, cioè deve essere  tecnicamente e compositivamente ineccepibile, però se non ha un contenuto, sarà un'immagine che non resta impressa nella mente e che quindi si dimenticherà presto. La fotografia deve vivere di contenuto e di forma, quella che vive solo dell'uno o dell'altro non rimane. La geometria  poi per me è fondamentale perché è la grammatica del linguaggio espressivo nell'immagine. Lo scheletro strutturale, la composizione e il taglio, quindi, danno una chiave di lettura alla fotografia. Anche nella musica c'è bisogno di un pentagramma su cui scrivere le note. La fotografia deve essere realizzata al momento giusto, ma ha bisogno anche di un'inquadratura giusta che valorizzi quell'attimo.



Nella tua ricerca personale hai avuto modo di sperimentare diversi linguaggi, ci racconti queste tue esperienze?

Ho cercato sempre di esprimermi con uno stile ben preciso ma attraverso tutti i materiali e i formati perché  desidero scoprire come la mia creatività si manifesta nelle diverse circostanze. Attraverso le mie foto vengono fuori le mie idee, le mie passioni, i miei mostri, chi sono e cosa penso. Le fotografie sono lo specchio della mia anima, spesso sconosciuta anche a me. Proprio dalle mie opere alcune volte ho intuito delle mie realtà nascoste.

Qual è la motivazione che dopo tanti anni di professione ti emoziona ancora nel fare fotografia?

La sfida e il mettermi sempre alla prova.
Mi sento come un navigatore, o meglio, come un esploratore dell'immenso universo dell'arte. L'artista è uno scopritore, cerca le chiavi per aprire la porta delle emozioni e delle sensazioni e l'arte è il luogo dove razionalità, fantasia, verità e finzione si sposano creando una miscela esplosiva. Tutto questo per me è ancora esaltante.




Attraverso il tuo progetto “Il Cacciatore di Graffiti” sei riuscito a dare una lettura alternativa ai messaggi che la città ci riconsegna. Ci parli un po’ di questa tua esperienza performativa riguardante la Street Art?

Nel 2005, tornato a Napoli dopo aver trascorso alcuni anni a Roma, mi accorsi che sui muri della città erano affissi tanti disegni colorati su carta che mi ricordavano le opere di Haring, Cutrone e Scharf.
Ne fui subito colpito, però non sapevo nulla di Street Art.
Cominciai a raccoglierli perché mi piacevano e perché, in questo modo, sapevo di poterli preservare dall’usura che li avrebbe rovinati.
Da quel momento, con mia moglie Nataliya, andammo “a caccia” in giro per la città muniti di uno scaletto.
Un giorno venne a casa mia Luca Borriello, dell’Osservatorio Nazionale sul Writing, e rimase sorpreso dall’inusuale collezione, ne parlò con una giornalista de ‘Il Mattino’, che s’innamorò della storia, e, inaspettatamente, mi ritrovai pubblicato in un articolo tutta pagina a cinque colonne intitolato ‘Il Cacciatore di Graffiti’.
Subito dopo iniziò una collaborazione con lo street artist Iabo e la successiva pubblicazione del video ‘Iabo cattura il Cacciatore di Graffiti’: ideato come performance ironica di risposta dei writer.
Avendo poi accumulato un bel po’ di materiale tra foto e video, con cui avevo documentato le mie azioni, pubblicai tutto in Internet su varie pagine, siti e blog e pensai di dare un seguito a questa operazione per valorizzare la Street Art, portandola, proprio attraverso il web, nella casa di tutti, incuriosendo la gente che, vedendomi su di uno scaletto in strada mentre staccavo graffiti, rimaneva colpita e imparava a riconoscere questa forma d'arte.
L’operazione diventava quindi popolare.
Dopo alcune critiche iniziali moltissimi furono i writer e gli street artist che mi spinsero a continuare per divulgare la Street Art tramite internet.
Anche perché, proprio in quel periodo, lo Stato contrastava questi artisti con pesanti pene per chi “imbrattava" i muri e la mia performance diventò allora l’unica risposta alle istituzioni.
Insomma, diventai il “paladino” degli street artist e ancora oggi molto mi chiamano il cacciatore di graffiti.
Per quanto riguarda i pezzi presi in strada, ho sempre sottolineato che sono a disposizione di qualsiasi ente pubblico o privato in grado di assicurare e garantire la loro conservazione e custodia.




Progetti per il futuro?

Sicuramente continuerò a parlare di fotografia in qualche stage o workshop in giro per l'Italia e poi sto lavorando per raggruppare i ritratti che ho realizzato in circa 44 anni di carriera, a cui aggiungerò anche altri che farò, ho una lunga lista, per pubblicare un libro fotografico. Questo è da molto tempo un mio desiderio nel cassetto che spero di realizzare al più presto.




CITAZIONI DELL’ AUTORE:

  • Ho sempre avuto dentro di me il germe dell'uomo madre; la creatività mi ha sempre accompagnato… Ho cercato sempre di esprimermi con uno stile ben preciso ma attraverso tutti i materiali e i formati. Desidero scoprire come la mia creatività si manifesta nelle diverse circostanze.
  • La geometria mi serve come grammatica del linguaggio espressivo nell'immagine. Lo scheletro strutturale, la composizione e il taglio geometrico servono a dare una chiave di lettura all'immagine.
  • La grande fotografia è realizzata al momento giusto, ma ha bisogno anche di un taglio giusto che valorizza quell'attimo... La fotografia deve vivere di contenuto e di forma, quella che vive solo dell'uno o dell'altro non rimane... Io ho molte anime, che vengono fuori a mesi o anni alterni. Sono fotografo, performer, avvocato, collezionista, musicista. Tutto questo fa parte di me, io non elimino niente, semplicemente permetto alle mie diverse anime di alternarsi... Se fotografi per gli altri, non verrà mai fuori la tua essenza, finirai per fare cose che hanno fatto tutti, solo perché sai che piacciono… Attraverso le mie foto vengono fuori le mie idee, le mie passioni, i miei mostri, chi sono e cosa penso.
  • La luce evidenzia ma, con l'ombra, elimina dando all'immagine valori di profondità, di terza estensione e possibilità sottrattive… Credo che l'impegno e la tecnica si possono raggiungere con la volontà e lo studio mentre l'inventiva e la passione costituiscono qualcosa in più in quanto elementi innati e inesorabilmente speciali
  • Mi sento navigatore, o meglio, esploratore dell'immenso universo dell'arte. L'artista è uno scopritore, cerca le chiavi per aprire la porta delle emozioni e delle sensazioni. L' arte è il luogo dove razionalità, fantasia, verità e finzione si sposano creando una miscela esplosiva.
  • Ogni mia foto è filtrata dall'EMOZIONE, dal rapporto che si crea tra me ed il luogo da ritrarre. Quando vedo qualcosa che mi attrae, comincio a girarci intorno per trovare la MIA inquadratura. È un lavoro su di me e sulla città al tempo stesso.
















Augusto De Luca, (Napoli, 1 luglio 1955) è un fotografo e performer. Ha ritratto molti personaggi celebri.
Studi classici, laureato in giurisprudenza. E' diventato fotografo professionista nella metà degli anni '70. Si è dedicato alla fotografia tradizionale e alla sperimentazione utilizzando diversi materiali fotografici . Il suo stile è caratterizzato da un'attenzione particolare per le inquadrature e per le minime unità espressive dell'oggetto inquadrato. Immagini di netto realismo sono affiancate da altre nelle quali forme e segni correlandosi ricordano la lezione della metafisica. E' conosciuto a livello internazionale, ha esposto in molte gallerie italiane ed estere. Le sue fotografie compaiono in collezioni pubbliche e private come quelle della International Polaroid Collection (USA), della Biblioteca Nazionale di Parigi, dell'Archivio Fotografico Comunale di Roma, della Galleria Nazionale delle Arti Estetiche della Cina (Pechino), del Museo de la Photographie di Charleroi (Belgio).




Contatti 


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