V I V I A N M A I E R Una Fotografa Nascosta nel Tempo

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V I V I A N    M A I E R 

Una Fotografa Nascosta nel Tempo









di Giuseppina Irene Groccia |10|Dicembre|2023|



Quando Vivian Maier si spense in una casa di riposo, fu erroneamente considerata come una anonima donna anziana, ex-baby-sitter, apparentemente irrilevante. Nessuno immaginava che dietro questa facciata si celava una fotografa consumata che per quattro decenni aveva esplorato le strade di Chicago e documentato realtà distanti come Francia, India ed Egitto con la sua macchina fotografica. Nessuno avrebbe mai immaginato che le sue straordinarie fotografie sarebbero state esposte nei musei più prestigiosi del mondo, facendo tappa in decine di paesi. La sua riservatezza contribuì al mistero che avvolgeva la sua persona, e solo dopo la sua scomparsa fu scoperto il suo straordinario lavoro, attirando l'attenzione e il plauso della comunità fotografica globale.





L'affermazione postuma della celebrità di questa artista rappresenta un capitolo affascinante nel mondo dell'arte. La sua storia si intreccia con il fenomeno non raro della risonanza e dell'apprezzamento crescente dopo la morte di un artista. Tuttavia, nel caso di Vivian Maier, questa narrazione assume un carattere diverso, poiché è stata proprio lei a rifuggire la notorietà, mantenendo segreta la sua passione fotografica. Il suo lavoro avrebbe potuto rimanere per sempre nell'oscurità se il destino non avesse portato alla luce il suo straordinario talento.

L'opera di Vivian Maier, inizialmente confinata nell'ombra per sua stessa volontà, ha acquisito fama e riconoscimento solo dopo il suo passaggio a miglior vita nel 2009, grazie a una serie di eventi fortuiti.





Questa manifestazione tardiva, molto diffusa nel contesto artistico mette in luce la particolare complessità della percezione e dell’accoglienza dell’arte da parte del pubblico. La scoperta postuma del suo straordinario talento fotografico ha suscitato interesse e una rinnovata ammirazione, gettando una luce nuova su una narrazione artistica rimasta in sospeso durante la sua vita. Una scoperta che ha contribuito a conferire un impatto eterno all'eredità artistica di Vivian Maier, riscattando il suo lavoro dal relativo anonimato in cui era immerso. 

L'aura di mistero che avvolge la sua vita e la sua produzione artistica aggiunge un fascino ancora più accattivante, trasformando così il suo posto nella storia dell'arte in un racconto seducente e senza tempo.





La vasta eredità fotografica di Vivian Maier è stata scoperta solo due anni prima della sua morte, nel 2007, quando John Maloof, agente immobiliare e appassionato di garage sales, acquistò all’asta una misteriosa scatola, rinvenuta in un magazzino abbandonato a Chicago. Questa conteneva pellicole con infinite scene di strada artisticamente catturate, ma non forniva informazioni sul fotografo, tranne un piccolo foglietto con il nome Vivian Maier.  Maloof ha successivamente rintracciato le altre scatole nella stessa unità di stoccaggio, ma solo due anni dopo ha scoperto, grazie a un necrologio letto casualmente da lui stesso, che appartenevano a Vivian Maier, una donna di 83 anni che aveva lavorato come tata a Chicago per decenni.





La vicenda di Vivian Maier ha subito conquistato le pagine di giornali, riviste e blog, anche se probabilmente lei non avrebbe gradito questa sua postuma notorietà. È una favola da sogno, una sorta di "Mary Poppins", che alla fine è stata globalmente riconosciuta come un'artista capace di immortalare l'ethos urbano degli Stati Uniti nella seconda metà del XX secolo.

Oltre all'aneddoto della tata-fotografa, è opportuno esaminare gli scarsi dettagli biografici conservati su Vivian Maier. Questo rende ancora più significativo immergersi nel suo lavoro, che non solo fornisce indizi sulla sua personalità, ma attraverso un  attento studio e una giusta analisi porta al dovuto e riconosciuto apprezzamento.

Dalla morte di Maier nel 2009, il suo lavoro ha ricevuto notevole attenzione e consensi. Nonostante l'esposizione internazionale delle sue fotografie, i dettagli della sua vita rimangono però avvolti nel mistero. 





Vivian Dorothy Maier nacque, a New York nel 1926, da madre francese mentre suo padre statunitense era nato da una famiglia di emigranti austriaca. Durante l'infanzia, fece ritorno in Francia, trascorrendo gran parte di quegli anni nelle pittoresche Alpi francesi. Al rientro negli Stati Uniti, visse un periodo lavorativo in un laboratorio clandestino, per poi dedicarsi in seguito alla professione di tata nell'Upper West Side e nel Peter Cooper Village prima di trasferirsi a Chicago nel 1956. Qui, ha lavorato come tata, custode e governante per diverse famiglie fino agli anni '90. Chi la ricorda ne conserva l'immagine con una macchina fotografica, una Rolleiflex, che portava costantemente al collo come elemento costante della sua presenza insieme ai suoi distintivi cappotti o trench, ai suoi cappelli dalle ali cadenti, alle sue camicie maschili, alle gonne da suora in borghese e alle scarpe nere e sobrie con il tacco basso.

La sua intensa riservatezza emerge nel fatto che è morta quasi indigente, lasciando dietro di sé un archivio di quasi 150.000 immagini fotografiche, tra negativi, trasparenze, stampe e rotoli di pellicola non sviluppati, mantenuti segreti per tutta la vita.







Verso il 1949, durante il suo soggiorno in Francia, Vivian Maier cominciò a catturare immagini utilizzando una fotocamera Kodak Brownie. Nel 1952, già residente a New York, acquistò la sua amata Rolleiflex. Nel 1956 si trasferì nei sobborghi di North Shore, a Chicago, città che avrebbe chiamato casa per gran parte della sua esistenza. La fotografa lasciò Chicago solamente una volta, intraprendendo un viaggio in Asia, evidenziando così la sua affinità per l'esplorazione e la documentazione attraverso l'obiettivo della sua macchina fotografica.




Maier risiedeva nelle abitazioni delle famiglie che l'avevano assunta come tata. La sua macchina fotografica era sempre al seguito, sia quando accompagnava i bambini al parco che durante le sue passeggiate nei fine settimana.

Un’ombra di mistero avvolge il percorso attraverso il quale Vivian Maier ha acquisito l'arte della fotografia, poiché nulla è noto sulla sua formazione artistica. Nessun resoconto documentato o testimonianza fornisce chiarezza su come lei abbia affinato il suo occhio fotografico, aggiungendo quel riconosciuto fascino insondabile al suo straordinario talento.




Nel corso della sua vita, Vivian Maier ha prodotto oltre 100.000 negativi, ma a causa di limitate risorse economiche, solo poche di queste immagini sono state sviluppate in positivo.

Le sue opere dimostravano costante coerenza nei soggetti e nei motivi fotografici che sceglieva. La sua lente catturava donne elegantemente vestite, anziani cittadini, bambini e mendicanti, con particolare attenzione a coloro che presentavano disabilità. Tuttavia, forse il suo soggetto prediletto era proprio lei stessa.




Vivian Maier era affascinata dalla sua immagine riflessa, dedicandosi con fervore agli autoritratti che la ritraevano. Lei era solita catturare immagini nei riflessi di credenze, specchi e nei bicchieri posati strategicamente sulle ruote delle auto. La sua passione si estendeva anche al fascino di lasciare un'impronta personale, immortalando la propria ombra. Attraverso gli autoritratti di Vivian Maier, ci immergiamo in un viaggio introspettivo. Ogni immagine non solo svela il suo aspetto e l'attenzione ai dettagli nell'abbigliamento, ma introduce anche un paradosso affascinante: anziché rivelare apertamente la persona dietro l'obiettivo, ognuno di questi scatti sembra intensificare il mistero circostante la sua interiorità, aggiungendo strati di mistero e introspezione alla sua espressione artistica.




Con il passare del tempo, i bambini di cui si prendeva cura crescevano, lasciando Vivian senza lavoro e costretta a cambiare frequentemente residenza. Mentre si spostava da una famiglia all'altra, i suoi rullini non sviluppati o stampati cominciarono ad accumularsi. Senza una dimora stabile, Vivian Maier si vide costretta ad affittare uno spazio per conservare le sue preziose fotografie. In età pensionabile, le difficoltà economiche la resero incapace di sostenere l'affitto del deposito, portando un paio di anni prima della sua morte, alla messa all'asta di questo spazio e di tutto il suo contenuto. Fu così che un paio di anni prima della sua morte, a 83 anni, senza risorse finanziarie né famiglia, Vivian Maier si trovò privata di tutto, tranne che di un corpus di lavoro fotografico monumentale che non aveva mai mostrato a nessuno e che, alla fine, perse irreparabilmente.





Nel 2007, il giovane di 29 anni John Maloof stava collaborando con lo scrittore Daniel Pogorzelski per creare una storia illustrata sul quartiere di Portage Park a Chicago, destinata a un libro della serie Images of America. Con un investimento di meno di 400 dollari, Maloof acquisì una parte significativa del patrimonio fotografico di Vivian Maier, custodito nell'armadietto all’interno del deposito messo all’asta, e che la fotografa non poteva più permettersi. Questo segnò l'inizio della scoperta e della celebrazione del talento di Maier nel mondo della fotografia.




Quando John Maloof cominciò a sviluppare i negativi delle fotografie di Vivian Maier, il miracolo si trasformò in una vera e propria rivelazione: scene di vita urbana a New York e Chicago, permeate da una potenza visiva sorprendente, dipinsero interi decenni di esperienze urbane. Questi frammenti visivi si fusero armoniosamente, componendo una narrazione autentica e bilanciata sulla vita quotidiana. Affascinato dall'opera, Maloof tentò disperatamente di entrare in contatto con la fotografa, solo per scoprire poi dagli addetti alla vendita dei mobili che era una donna anziana malata. Nonostante i suoi sforzi incessanti, Maloof non riuscì a rintracciare Maier prima della sua morte, lasciando l'artista e la sua straordinaria eredità immortale intrise di un alone di mistero.




Nel freddo novembre del 2008, Vivian Maier inciampò sul ghiaccio di Howard Street, poco distante da casa sua, colpendo la testa. Trasportata all'ospedale St. Francis di Evanston in uno stato di incoscienza, al risveglio rifiutò di divulgare al personale del pronto soccorso i dettagli dell'incidente, insistendo per essere dimessa. Nei mesi successivi, Maier opponeva una resistenza persistente al cibo, mostrandosi appena sensibile agli eventi che si susseguivano attorno a lei. Troppo indebolita per ritornare al suo appartamento, verso la fine di gennaio 2009, venne trasferita in una casa di cura a Highland Park, assistendo impotente alla progressiva diminuzione della sua salute. La fotografa, purtroppo, si spense il 21 aprile 2009.




Successivamente, John Maloof intraprese la vendita dei negativi di Vivian Maier su eBay, con prezzi variabili tra i 5 e i 12 dollari. Per un fortuito caso, uno degli acquirenti si è rivelato essere Allan Sekula, un rinomato fotografo, critico e accademico. Sekula, conscio del valore della collezione, ha interpellato Maloof, esortandolo a cessare la vendita dei negativi per evitare la dispersione di questa preziosa raccolta fotografica. 

L'intervento di Allan Sekula ha svolto un ruolo cruciale nel preservare l'integrità e l'importanza di questo eccezionale corpus di opere di Vivian Maier. La sua partecipazione non solo ha aperto la strada alla comprensione di questa eredità fotografica, ma ha anche contribuito a garantire che l'eredità artistica di Maier fosse trattata con il rispetto e la considerazione che merita, consolidando così il suo impatto duraturo nel mondo della fotografia.




John Maloof ha contribuito notevolmente a diffondere il lavoro della fotografa Vivian Maier. Tuttavia, questa valorizzazione è stata costantemente offuscata dalla complessa situazione in cui si è trovato a trarre vantaggio finanziario dal lavoro dell'artista. La conseguente controversia legata a questa eredità ha aggiunto un intricato strato di questioni etiche e legali che ha, in parte, offuscato il riconoscimento e la celebrazione dell'eccezionale contributo artistico di Vivian Maier.


©Robert Frank


Il lavoro di Vivian Maier è stato accostato a figure di spicco come Robert Frank, Lee Friedlander e Weegee. Nelle sue fotografie, emergono chiare influenze di artisti come Walker Evans e Lisette Model, ma soprattutto si rivelano affinità con Helen Levitt, particolarmente evidenti nelle sue toccanti rappresentazioni di bambini attraverso le stampe fotografiche. Il suo lavoro, situato nella stessa generazione di artisti come Diane Arbus e Garry Winogrand, si distingue per la sua calma, chiarezza compositiva e una gentilezza priva di movimenti rapidi o emozioni estreme.

Vivian Maier incarna l'essenza della grande fotografia americana del XX secolo. si distingue anche per uno sguardo acuto e un'originalità sinuosa, resistendo a qualsiasi tentativo di classificazione, rendendo la sua opera un unicum nella vasta panoramica della fotografia del secolo scorso.



©Lisette Model 

Il ritrovamento di numerosi rullini non sviluppati svela la profonda concentrazione e l'interesse di Vivian Maier dell’atto stesso dello scatto, nell'abilità di catturare istanti, attimi e situazioni in modo fotografico. Ciò fa capire che per lei, l'esito tecnico o estetico delle fotografie era di minor rilevanza rispetto al processo stesso di catturare la realtà attraverso l'obiettivo della sua adorata Rolleiflex. Questo approccio, focalizzato  sull'atto fotografico, conferisce ulteriori gradi di intendimento alla sua singolare prospettiva  artistica.







Fra i numerosi libri a lei dedicati segnaliamo questo di Ann Marks

Descrizione al libro

Nella periferia di Los Angeles, il 17 luglio 1955, apriva per la prima volta i suoi cancelli Disneyland. Quasi trentamila persone si riversarono nei viali mai calpestati prima, un fiume in piena di bambini pronti a lasciarsi meravigliare. Lì, tra famiglie, figuranti e pupazzi, c'era Vivian Maier, una tata di origine francese da poco trasferitasi sulla West Coast in cerca di un nuovo incarico. La donna girovagava da sola tra la folla con una macchina fotografica in mano: dopo anni di scatti in bianco e nero, aveva deciso di passare al colore per immortalare gli attori travestiti da nativi americani e i castelli di cartapesta, per rendere giustizia a quell'atmosfera sognante e un po' finta. Ma conclusa la gita, quelle foto non furono viste da nessuno, come le altre decine di migliaia di immagini che Vivian Maier scattò e tenne nascoste agli occhi del mondo per decenni. La storia del loro ritrovamento è già leggendaria: montagne di rullini chiusi in scatole di cartone fino al 2007, quando per un caso fortunato John Maloof, il figlio di un rigattiere di Chicago, acquistò in blocco il contenuto di un box espropriato. All'interno trovò un archivio brulicante di autenticità e umanità, il patrimonio di una fotografa sconosciuta che in pochi anni sarebbe stata celebrata in tutto il mondo. Ma mentre le sue opere diventavano sempre più popolari, la sua biografia restava un segreto impenetrabile, perché Vivian aveva sepolto il suo talento con la stessa cura e riserbo con cui aveva protetto la sua vita. Adesso, grazie alla meticolosa ricerca investigativa di Ann Marks, che ha avuto accesso a documenti personali e fonti di primissima mano, quelle vicende personali finora oscure vengono sottratte all'oblio, al mistero e alla leggenda. "Vita di Vivian Maier" rivela in tutta la sua complessità la storia di una donna fuggita da una famiglia disfunzionale, fra illegittimità, abuso di sostanze, violenza e malattia mentale, per poter finalmente vivere alle sue condizioni. Nessuno, neanche le famiglie presso cui prestava servizio, aveva idea che quella bambinaia di provincia nascondesse uno dei maggiori talenti fotografici del periodo, in grado di ritrarre le disparità e le ingiustizie degli Stati Uniti del boom economico, le persone comuni, i bambini, la semplice vita urbana. In questo, che trabocca di foto (anche inedite), l'opera e la vita finalmente si intrecciano in un'unica storia: il ritratto che emerge è quello di una sopravvissuta, fiduciosa nel suo talento nonostante le sfide della malattia mentale, una donna socialmente consapevole, straordinariamente complessa e soprattutto libera.


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©L’ArteCheMiPiace - Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 






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Commenti

  1. Leggere di chi ha intriso di amore per la fotografia un pezzo della propria anima è semplicemente inebriante. Ciò mi rende estremamente felice. Grazie Giuseppina

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