close

Giuseppina Irene Groccia

Letteratura

La forza della parola e del sentimento… Marinella Scigliano

Marinella Scigliano, nata a Rossano il 3 marzo 1965, porta nel cuore la passione per la poesia, nata da un’esperienza dolorosa che ha saputo trasformare in luce e parola. Legatissima alla sua città, ricca di storia artistica e culturale, Marinella ha trovato nella scrittura un modo per dare voce alle emozioni più profonde.

Alla domanda “cos’è la poesia per me?”, ama rispondere: “In passato avrei detto che è il più bel viaggio introspettivo per guarire l’anima. Oggi rappresenta quel che sono… il divenire.”
Un pensiero che racchiude perfettamente la sua evoluzione interiore e artistica, segnata da una sensibilità autentica e da un profondo amore per la parola.

Seguo Marinella da molto tempo, ed è una presenza sempre vicina alle attività del mio blog. Ha partecipato, tempo fa, a una mia precedente pubblicazione che univa arte visiva e poesia, un momento che lei stessa ama ricordare come la sua prima occasione di condivisione pubblica. È quindi per me una grande gioia ritrovarla oggi, con la sua voce intensa e luminosa, nelle pagine del blog e nel prossimo numero del magazine *ContempoArte* in uscita a breve.

Sono inoltre felice di presentare in questo articolo una selezione di due sue bellissime poesie, che testimoniano ancora una volta la profondità e la grazia della sua ispirazione.

TEMPESTA

Mi abituerò

a calpestare germogli ed

il mare morire all’orizzonte

di una terra non più mia

nel muro a secco di un

abbraccio

al confine di un deserto

dove il vento non si posa…

a placare la solennità del

tempo il mio sguardo

in un batter di ciglia.

LETTERA AD UNA MADRE

Si piega sotto il peso

della neve il silenzio

dell’inverno.

La luce delle stelle morte

trasmigra da cielo a terra.

Non è più tempo che

la mia guancia scivoli sulla

tua per cercarti tra parole

perdute e se è pur facile

dimenticare tra un ululato e

il vento

non piango…

mi è dolce perdermi

quando a gran voce mi

chiami…

Leggi Ancora
Letteratura

Fondali di Corallo… Rossella Scaramuzza

Con Fondali di corallo (Bertoni Editore, aprile 2025), Rossella Scaramuzza consegna al lettore una raccolta poetica che si presenta come un approdo maturo e consapevole all’interno del panorama lirico contemporaneo. La sua voce, al tempo stesso limpida e vertiginosa, si muove tra le pieghe dell’anima con l’eleganza di chi sa che la poesia può rivelare e non solo descrivere. Nei suoi versi, il mare, da scenario simbolico, diventa materia viva, cangiante, che accoglie e restituisce l’essenza stessa dell’esistenza.

Il corallo, emblema di una bellezza che nasce dalla profondità e dal tempo, diviene metafora di una ricerca interiore costante: un tornare a sé dopo l’urto delle maree, un rinnovarsi attraverso la fragilità. Scaramuzza scava con mano sapiente nelle zone d’ombra dell’essere, traducendo il dolore in parola, la memoria in luce. La sua scrittura, densa e musicale, ricorda quella di certe poetiche novecentesche in cui la parola riusciva a farsi corpo, respiro, eco di una verità universale.

Definire Fondali di corallo una semplice silloge sarebbe riduttivo. L’opera si configura come un viaggio sensoriale e spirituale, una discesa nel cuore del lettore, dove ogni verso si trasforma in frammento di mare, in corallo che risplende nell’intimità di chi legge. Rossella Scaramuzza si afferma così come una voce autentica, capace di trasformare la vulnerabilità in arte e di restituire alla poesia la sua originaria funzione: quella di illuminare, con grazia e ardore, gli abissi del vivere.

COME LE SERE D’ESTATE

Me lo strapperei, sì,

uno strappo recisivo.

Poi lo sbatterei, come si fa con il polpo

le sere d’estate, quando

-bagnati di sale-

si lancia il proprio trofeo sulle pietre per stordirlo ed esibirlo

e insieme alla vittoria se ne assapora già il gusto. 

E farei così con il mio cuore:

me lo strapperei dal petto

e proverei a stordirlo sui sassi,   

sulla battigia di pietre

e sugli scogli appuntiti,   

fino a quando,

-bagnata di lacrime e sale-

completamente stordito

e rimesso al suo posto, 

potrei convincermi di non sentire più il suo dolore

e se si addormenta,

-finalmente liberata-

potrei abbandonarmi al mare

UNA VITA CON NESSUNO

Come me,
è Donna Polifemo!
La Fiducia è donna,
come lo Strazio di Polifemo
per aver abbassato i suoi scudi
ed averli consegnati all’affabulatore.
Una vita con Nessuno.
Oltre ogni orizzonte e confine,
oltre ogni mare e terra
vado gridando il mio dolore,
ferita e accecata da un profondo squarcio.

SPIAGGIATA

E te ne vai in giro,
con il mio scalpo tra le mani.
Mi hai spiaggiata…
Anche al dolore ci si arrocca, ci si abitua talmente!
Ma forse, non sai,
Vita
Che ti vivo così: fronte mare!
L’Orizzonte negli occhi
L’Infinito nello sguardo
Le Profondità nel cuore
Le Onde nei pensieri
E il Vento, il Vento che mi leviga,
mi scava, mi ammorbidisce ed è scudo,
maestro e m’invita a prendere il largo.
A volte spiaggiata, a volte arroccata,
a volte infranta,
a volte onda altissima
che si confonde al cielo.

IL LANCIO

Mi hai voluta
mi hai stretta al tuo petto
e poi, d’improvviso, non c’era più il riparo,
come se mi avessi presa dai capelli ed estirpata,
estratta, di colpo, di netto,
così, a crudo e incurante del lancio,
di dove potessi finire,
se sbattuta su una roccia,
o se ammarata negli abissi.
Incurante, così, d’improvviso,
mi hai sradicata con forza, ma incurante del lancio,
di dove potessi finire:
infranta in terra,
o tra le fiamme,
o affogata nel mio stesso sangue!
Non avevi più voglia: tutto qui!
Ma sotto le tue unghie c’è ancora un po’ di pelle,
ancora un po’ di sangue,
la Mia Pelle, il Mio Sangue…
E nelle tue mani c’è ancora un po’ di Me
e lo so, so che te le porti al cuore!

Clicca sulla copertina per richiedere il libro

Leggi Ancora
ArtistiUno Sguardo sull’Opera

Presenza e dissoluzione… l’alchimia del mordançage nell’opera di Eugenio Sinatra

Eugenio Sinatra, fotografo e sperimentatore, è un autore che da sempre indaga i confini più sensibili e poetici della fotografia analogica. La sua ricerca si muove tra tecnica e intuizione, tra rigore di laboratorio e abbandono emotivo, facendo della materia stessa dell’immagine – l’emulsione, la luce, il tempo di sviluppo – un linguaggio espressivo. In ognuno dei suoi lavori emerge chiaramente la sua passione per i processi artigianali e la propensione verso una fotografia che sia gesto creativo e trasformazione.

In questo lavoro, un nudo femminile di intensa eleganza, Eugenio Sinatra adotta la tecnica del mordançage, processo di camera oscura inventato da Jean-Pierre Sudre e reso celebre in epoca contemporanea da Elisabeth Opalenik, considerata la “regina” di questa pratica. Proprio la Opalenik, che ha guidato e ispirato Sinatra con preziosi consigli, descrive il mordançage come “a darkroom process where the silver emulsion is lifted from the photographic paper in the shadow areas, then removed or rearranged. The floating veils of silver emulsion are my contribution to this process. Each image is unique.”

Un procedimento in cui l’emulsione d’argento, sollevata e quasi “strappata” dalla carta fotografica, viene poi ricomposta, lasciando sospesi veli e lacerti di materia che trasformano l’immagine in un corpo vivo, vulnerabile e irripetibile.

In questo lavoro, il nudo si libera da ogni tentazione descrittiva per assumere una forma di presenza rarefatta. La pelle, da semplice superficie, diventa un vero e proprio campo di trasformazione: un luogo dove la materia fotografica si solleva, lasciando affiorare frammenti, incisioni e lembi di luce. È come se l’emulsione, sottoposta alla forza del mordançage, restituisse visivamente la memoria di un contatto, la vibrazione di un passaggio tra presenza e dissoluzione. La figura femminile si manifesta come impronta, come residuo di un’apparizione che non si concede del tutto, sospesa in una dimensione di fragile eternità.

Il risultato è un’immagine sospesa tra fotografia e scultura, tra gesto alchemico e rivelazione poetica — un’opera in cui la materia fotografica si fa pelle, e la pelle diventa linguaggio.

 

A testimonianza della sua rilevanza artistica, questo lavoro è stato scelto per la pubblicazione nel prossimo numero di ContempoArte Magazine, in uscita a novembre 2025.

Leggi Ancora
Segnalazione Eventi

A LECCO, L’ARTISTA E ARCHITETTO EMANUEL ACCIARITO SVELA “IL SEGRETO DI GERTRUDE” ALL’ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI ARTE CONTEMPORANEA “I PROMESSI SPOSI”.

 

A LECCO, L’ARTISTA E ARCHITETTO 

EMANUEL ACCIARITO 

SVELA “IL SEGRETO DI GERTRUDE” ALL’ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI ARTE CONTEMPORANEA 

“I PROMESSI SPOSI”.

 

 

 

 

 

di Giuseppina Irene Groccia |10|Ottobre|2025|

 

 

Nel suggestivo Monastero del Lavello di Calolziocorte a Lecco, il veliterno architetto-artista Emanuel Acciarito espone insieme a tanti altri artisti talentuosi alla Esposizione Internazionale di arte contemporanea “I Promessi Sposi” che è stata ideata e

allestita dal professore, storico e critico d’arte Giorgio Gregorio Grasso.

 

L’esposizione inaugurata il 04 ottobre 2025, resterà aperta al pubblico tutti i giorni fino al 16 ottobre.

 

 

 

L’opera “Il Segreto di Gertrude” di Emanuel Acciarito di dimensioni 60 x 120 cm è realizzata con tecnica mista su tavola, e raffigura Gertrude, l’iconica figura femminile del celebre romanzo “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, da un’angolazione creativa per niente scontata.

 



 

La Monaca di Monza è stata interpretata dall’artista nella sua intimità, assieme al suo segreto velato nel romanzo, della vera o presunta maternità.

L’opera di Acciarito aleggia tra le stanze del Monastero dei Padri Serviti, in tutta la sua nudità, con coperto solamente il capo e le spalle dal velo dell’ordine ecclesiastico dal quale si era opposta fino alla fine, ma poi ceduto per indossarlo a vita. Il velo che sa di imposizione, prigione e peso, per l’artista non privano Gertrude di poter esprimere nella sua quotidianità, la libertà di amare un uomo e in segreto, nuda dinanzi al solo Dio, custodirne senza nessuna veste di monaca, l’attesa di un figlio.

Quest’ultima opera dell’artista fa parte di un nuovissimo ciclo creativo realizzato a Vigevano tra il 2023 e il 2025, ma maturato nel tempo, attraverso un rigoroso ragionamento tecnico e creativo che ha potuto sperimentare nel 2014 con altrettanti lavori materici realizzati con la carta pesta, nel suo territorio natale e nei paesi limitrofi di Giulianello e Artena, Cori e Latina.

 



 

La scelta del colore bianco è una scelta vincolante a tutto questo percorso che pone dei paletti voluti dall’artista alla sua realizzazione, per permettere all’autore Emanuel Acciarito, di indagare fino in fondo tutte le sue simbologie che l’artista va

ricercando nella sua introspezione quotidiana.

La ricerca del bianco lo ha portato ad analizzare questa scelta in tutte le culture. E nella ricerca delle diverse culture si è ritrovato ad accettare il simbolo del bianco nell’associazione della purezza, dell’innocenza e della spiritualità, che in questo caso è enunciato dalla bellezza del corpo della donna con la sola eccezione del colore nero del velo del copri capo e quello del copri spalle, che in questo caso l’artista ha voluto rimarcare per enfatizzarne maggiormente il forte significato di appartenenza religiosa.

 



 

Al bianco nelle diverse culture analizzate si attribuisce l’alto valore del sacro e ad esso si associano tanti significati simbolici, e ad essi Emanuel Acciarito cerca ogni volta di attingere nel suo percorso creativo.

Nella cultura occidentale il bianco viene associato alla purezza e all’innocenza, tanto è che viene utilizzato per rappresentare matrimoni e battesimi, poiché simboleggia l’inizio della nuova vita. Nella cultura orientale il bianco viene associato alla spiritualità e alla pace interiore. I monaci buddisti indossano abiti bianchi per rappresentare la loro rinuncia al mondo materiale offrendo la loro dedizione alla sola ricerca spirituale. Nella cultura africana il colore bianco viene associato alla purezza divina e alla spiritualità. Il bianco viene quindi considerato un colore sacro perché simboleggia la connessione con gli spiriti e il divino.

Nella cultura indiana il bianco viene associato alla purezza e alla morte. “Emanuel Acciarito – ha scritto il curatore della mostra de “I Promessi Sposi” – porta in scena una Gertrude intima, materna e libera di amare. E lo fa con la sua tecnica

e il suo stile riconoscibile”.

 

Nel 2023 ha esposto i lavori di questo nuovo ciclo nella galleria di Milano Arcadia Art Gallery, nel 2024 ha partecipato alla prima edizione della “Biennale d’arte di Vigevano” allestita nelle stanze del Castello Sforzesco di Vigevano e alla rassegna d’arte “Donne in Trasformazione” che si è tenuta nell’antico palazzo “Malvinni Malvezzi” a Matera, dove ha ricevuto assieme ad altri artisti presenti, anche il Premio Modart Exhibition.

A gennaio di questo anno ha esposto alla esposizione d’arte “Lo stato dell’arte ai tempi della 60° Biennale di Venezia” che è stata allestita presso il Palazzo Pisani – Revedin a Venezia.

“L’esposizione di un mio lavoro – ha dichiarato Emanuel Acciarito – è sempre una importante prova per me, perché mi permette da un lato di guardare il processo creativo maturato durante la sua realizzazione da spettatore, e dall’altro, di continuare a farlo da artista tra la gente, mentre penso al mio prossimo lavoro”

 

 

 

 

 

 

 

Emanuel Acciarito

Atelier Creativo Acciarito

Studio di architettura

Emanuelacciarito@gmail.com

www.acciarito.com

 

 

 

 

 

 

 

 

Emanuel Acciarito, architetto e artista originario di Velletri, si è laureato in Architettura presso l’Università di Roma “La Sapienza”. La sua attività creativa si esprime attraverso diverse forme d’arte, dalla pittura alla scultura materica, accomunate da una profonda ricerca simbolica e spirituale.

Nel suo percorso artistico, Acciarito esplora temi universali come la libertà, la purezza e l’introspezione, con una particolare attenzione al valore del bianco, colore che per lui rappresenta la soglia tra il visibile e l’invisibile, la materia e lo spirito.

Negli ultimi anni ha presentato le sue opere in importanti rassegne nazionali e internazionali, tra cui Arcadia Art Gallery di Milano (2023), la Biennale d’Arte di Vigevano (2024) al Castello Sforzesco e la mostra “Donne in Trasformazione”a Matera, dove ha ricevuto il Premio Modart Exhibition. Nel 2025 ha partecipato all’esposizione “Lo stato dell’arte ai tempi della 60ª Biennale di Venezia” presso Palazzo Pisani-Revedin.

Alla Esposizione Internazionale di Arte Contemporanea “I Promessi Sposi” di Lecco, Acciarito presenta Il segreto di Gertrude, un’opera intensa che indaga la dimensione intima e spirituale della Monaca di Monza.

 
©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 

 

 

 

 

 

 

 

 

La nostra sezione Segnalazione Eventi propone notizie e aggiornamenti su mostre, iniziative culturali, appuntamenti artistici e progetti creativi.
Siamo lieti di valutare segnalazioni da parte di enti, artisti, curatori e operatori del settore.
È possibile inviare comunicati stampa o proposte all’indirizzo: gigroart23@gmail.com.
Tutti i contenuti vengono selezionati a discrezione della redazione, in base alla coerenza con la linea editoriale del blog.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

        

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 
L’autrice declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

I testi critici scritti dall’autrice e inseriti nel blog non possono essere utilizzati o riprodotti online o altrove senza una richiesta e un consenso preventivo. La riproduzione di articoli e materiale presente nel blog dovrà essere sempre accompagnata dalla menzione dell’autore e della fonte di provenienza.

 

Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 

 

L’autrice del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.

 

Leggi Ancora
Segnalazione Eventi

A LECCO, L’ARTISTA E ARCHITETTO EMANUEL ACCIARITO SVELA “IL SEGRETO DI GERTRUDE” ALL’ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI ARTE CONTEMPORANEA “I PROMESSI SPOSI”.

 

A LECCO, L’ARTISTA E ARCHITETTO 

EMANUEL ACCIARITO 

SVELA “IL SEGRETO DI GERTRUDE” ALL’ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI ARTE CONTEMPORANEA 

“I PROMESSI SPOSI”.

 

 

 

 

 

di Giuseppina Irene Groccia |10|Ottobre|2025|

 

 

Nel suggestivo Monastero del Lavello di Calolziocorte a Lecco, il veliterno architetto-artista Emanuel Acciarito espone insieme a tanti altri artisti talentuosi alla Esposizione Internazionale di arte contemporanea “I Promessi Sposi” che è stata ideata e

allestita dal professore, storico e critico d’arte Giorgio Gregorio Grasso.

 

L’esposizione inaugurata il 04 ottobre 2025, resterà aperta al pubblico tutti i giorni fino al 16 ottobre.

 

 

 

L’opera “Il Segreto di Gertrude” di Emanuel Acciarito di dimensioni 60 x 120 cm è realizzata con tecnica mista su tavola, e raffigura Gertrude, l’iconica figura femminile del celebre romanzo “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, da un’angolazione creativa per niente scontata.

 



 

La Monaca di Monza è stata interpretata dall’artista nella sua intimità, assieme al suo segreto velato nel romanzo, della vera o presunta maternità.

L’opera di Acciarito aleggia tra le stanze del Monastero dei Padri Serviti, in tutta la sua nudità, con coperto solamente il capo e le spalle dal velo dell’ordine ecclesiastico dal quale si era opposta fino alla fine, ma poi ceduto per indossarlo a vita. Il velo che sa di imposizione, prigione e peso, per l’artista non privano Gertrude di poter esprimere nella sua quotidianità, la libertà di amare un uomo e in segreto, nuda dinanzi al solo Dio, custodirne senza nessuna veste di monaca, l’attesa di un figlio.

Quest’ultima opera dell’artista fa parte di un nuovissimo ciclo creativo realizzato a Vigevano tra il 2023 e il 2025, ma maturato nel tempo, attraverso un rigoroso ragionamento tecnico e creativo che ha potuto sperimentare nel 2014 con altrettanti lavori materici realizzati con la carta pesta, nel suo territorio natale e nei paesi limitrofi di Giulianello e Artena, Cori e Latina.

 



 

La scelta del colore bianco è una scelta vincolante a tutto questo percorso che pone dei paletti voluti dall’artista alla sua realizzazione, per permettere all’autore Emanuel Acciarito, di indagare fino in fondo tutte le sue simbologie che l’artista va

ricercando nella sua introspezione quotidiana.

La ricerca del bianco lo ha portato ad analizzare questa scelta in tutte le culture. E nella ricerca delle diverse culture si è ritrovato ad accettare il simbolo del bianco nell’associazione della purezza, dell’innocenza e della spiritualità, che in questo caso è enunciato dalla bellezza del corpo della donna con la sola eccezione del colore nero del velo del copri capo e quello del copri spalle, che in questo caso l’artista ha voluto rimarcare per enfatizzarne maggiormente il forte significato di appartenenza religiosa.

 



 

Al bianco nelle diverse culture analizzate si attribuisce l’alto valore del sacro e ad esso si associano tanti significati simbolici, e ad essi Emanuel Acciarito cerca ogni volta di attingere nel suo percorso creativo.

Nella cultura occidentale il bianco viene associato alla purezza e all’innocenza, tanto è che viene utilizzato per rappresentare matrimoni e battesimi, poiché simboleggia l’inizio della nuova vita. Nella cultura orientale il bianco viene associato alla spiritualità e alla pace interiore. I monaci buddisti indossano abiti bianchi per rappresentare la loro rinuncia al mondo materiale offrendo la loro dedizione alla sola ricerca spirituale. Nella cultura africana il colore bianco viene associato alla purezza divina e alla spiritualità. Il bianco viene quindi considerato un colore sacro perché simboleggia la connessione con gli spiriti e il divino.

Nella cultura indiana il bianco viene associato alla purezza e alla morte. “Emanuel Acciarito – ha scritto il curatore della mostra de “I Promessi Sposi” – porta in scena una Gertrude intima, materna e libera di amare. E lo fa con la sua tecnica

e il suo stile riconoscibile”.

 

Nel 2023 ha esposto i lavori di questo nuovo ciclo nella galleria di Milano Arcadia Art Gallery, nel 2024 ha partecipato alla prima edizione della “Biennale d’arte di Vigevano” allestita nelle stanze del Castello Sforzesco di Vigevano e alla rassegna d’arte “Donne in Trasformazione” che si è tenuta nell’antico palazzo “Malvinni Malvezzi” a Matera, dove ha ricevuto assieme ad altri artisti presenti, anche il Premio Modart Exhibition.

A gennaio di questo anno ha esposto alla esposizione d’arte “Lo stato dell’arte ai tempi della 60° Biennale di Venezia” che è stata allestita presso il Palazzo Pisani – Revedin a Venezia.

“L’esposizione di un mio lavoro – ha dichiarato Emanuel Acciarito – è sempre una importante prova per me, perché mi permette da un lato di guardare il processo creativo maturato durante la sua realizzazione da spettatore, e dall’altro, di continuare a farlo da artista tra la gente, mentre penso al mio prossimo lavoro”

 

 

 

 

 

 

 

Emanuel Acciarito

Atelier Creativo Acciarito

Studio di architettura

Emanuelacciarito@gmail.com

www.acciarito.com

 

 

 

 

 

 

 

 

Emanuel Acciarito, architetto e artista originario di Velletri, si è laureato in Architettura presso l’Università di Roma “La Sapienza”. La sua attività creativa si esprime attraverso diverse forme d’arte, dalla pittura alla scultura materica, accomunate da una profonda ricerca simbolica e spirituale.

Nel suo percorso artistico, Acciarito esplora temi universali come la libertà, la purezza e l’introspezione, con una particolare attenzione al valore del bianco, colore che per lui rappresenta la soglia tra il visibile e l’invisibile, la materia e lo spirito.

Negli ultimi anni ha presentato le sue opere in importanti rassegne nazionali e internazionali, tra cui Arcadia Art Gallery di Milano (2023), la Biennale d’Arte di Vigevano (2024) al Castello Sforzesco e la mostra “Donne in Trasformazione”a Matera, dove ha ricevuto il Premio Modart Exhibition. Nel 2025 ha partecipato all’esposizione “Lo stato dell’arte ai tempi della 60ª Biennale di Venezia” presso Palazzo Pisani-Revedin.

Alla Esposizione Internazionale di Arte Contemporanea “I Promessi Sposi” di Lecco, Acciarito presenta Il segreto di Gertrude, un’opera intensa che indaga la dimensione intima e spirituale della Monaca di Monza.

 
©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 

 

 

 

 

 

 

 

 

La nostra sezione Segnalazione Eventi propone notizie e aggiornamenti su mostre, iniziative culturali, appuntamenti artistici e progetti creativi.
Siamo lieti di valutare segnalazioni da parte di enti, artisti, curatori e operatori del settore.
È possibile inviare comunicati stampa o proposte all’indirizzo: gigroart23@gmail.com.
Tutti i contenuti vengono selezionati a discrezione della redazione, in base alla coerenza con la linea editoriale del blog.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

        

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 
L’autrice declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

I testi critici scritti dall’autrice e inseriti nel blog non possono essere utilizzati o riprodotti online o altrove senza una richiesta e un consenso preventivo. La riproduzione di articoli e materiale presente nel blog dovrà essere sempre accompagnata dalla menzione dell’autore e della fonte di provenienza.

 

Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 

 

L’autrice del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.

 

Leggi Ancora
Artisti

Liliana Condemi, artista di talento di Condofuri, protagonista dei recenti eventi con le opere “Pane di Vita” e “Sogno Liminale”

 

Entrare nel mondo pittorico di Liliana Condemi significa attraversare una soglia dove la pittura si fa insieme esperienza sensoriale e viaggio interiore. Nulla è puramente descrittivo: tutto, nei suoi lavori, tende
all’evocazione, al ricordo, al respiro di ciò che resta invisibile ma sempre vivo.
Il colore diventa pensiero, la forma si trasforma in memoria, e ogni segno
racconta un tempo che continua ad abitare anche il presente.

Le sue opere si muovono tra sogno e ricordo, tra la dolcezza delle origini e lo scorrere del tempo, nei cui cromatismi vive una luce che tenta la riconciliazione, un varco di quiete dove la materia stessa si apre alla poesia e l’immagine diventa luogo di pace interiore.

Nata a Condofuri nel 1949 e formatasi all’Istituto Statale d’Arte e all’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, la pittrice calabrese prosegue da decenni una ricerca ininterrotta che unisce il linguaggio del colore alla riflessione sull’esistenza, sull’interiorità e sulla memoria collettiva.

Nel settembre e ottobre 2025, due suoi recenti interventi espositivi ne hanno ribadito la profondità poetica e la coerenza di visione.

 

Il primo, “Pane di Vita”, presentato a Grimaldi (CS) per Tornare@Itaca 2025 – Pane di Pace (a cura di Mimma Pasqua), nasce da un gesto semplice e universale: impastare il pane, simbolo di nutrimento e condivisione, per ricordare i bambini di Gaza. Liliana ha scelto di “dividere il passato dalle macerie” e di trasformare la materia in segno di rinascita. 

 

Liliana Condemi-Artista-Eventi recenti-Pane di Vita-Tornare a Itaca-

 

 


Il suo pane, da semplice sostanza, diviene memoria custodita, prezioso elemento di vita
, che come scriveva Paul Klee, “rende visibile l’invisibile”, perché in esso la materia si fa simbolo, trasformando il gesto concreto in segno di speranza e rinascita. Nei suoi colori si percepisce l’intensità di una speranza che non ignora il dolore, ma lo trasforma in luce.

 

A distanza di pochi giorni, al Museo del Presente di Rende (CS), l’artista ha presentato “Sogno liminale” nell’ambito della collettiva Geni Comuni, ideata e diretta da Luigi Le Piane, con la curatela di Roberto Sottile e Mariateresa Buccieri. Qui il linguaggio si fa più rarefatto, sospeso tra ricordo e percezione. In un gioco di blu e verdi emergono echi di esperienze intime, i centrini della nonna, il riflesso del laghetto delle
ninfee a Gambarie, tutto si intreccia in una dimensione sospesa tra realtà e immaginazione. L’opera si apre come una soglia, un passaggio tra ciò che è stato e ciò che ancora può essere, tra il gesto antico e il respiro della natura.

 

Liliana Condemi-Artista-Eventi recenti-Geni Comuni-

 

 

Nella pittura di questa abile artista, il colore scivola sulle tele come un’anima viva. È un atto vitale, una musica silenziosa che si
espande sulla tela come “una serie di accordi musicali”, per citare le parole di un critico che le sono state dedicate. In lei si rinnova quella sapienza del colore che, come diceva Kandinsky, “è un potere che influenza direttamente l’anima”.

Liliana Condemi intesse e porta avanti il suo universo
pittorico come un diario spirituale, dove la memoria si fa speranza e la bellezza diventa un gesto consolidato di pace.

 

 

 

 

Per ulteriori informazioni sul percorso artistico e sulle opere di Liliana Condemi, si invita a consultare il suo sito ufficiale.

 

Clicca sulla sua firma per accedere al suo Sito web

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
Leggi Ancora
Segnalazione Eventi

“15 – La fotografia oltre l’umano” – Un vernissage che diventa dialogo

“15 – La fotografia oltre l’umano”

 

Un vernissage che diventa dialogo

 

 

 

 

 

 

 

di Giuseppina Irene Groccia |04|Ottobre|2025|

 

 

Non una semplice inaugurazione, ma un intreccio di sguardi,
relazioni e spazi vitali. Così si è presentato sabato 27 settembre il
vernissage della mostra “15 – La fotografia oltre l’umano” presso la CathartGallery di Varese, trasformando l’apertura ufficiale in un’esperienza
condivisa.

 

La città, con la sua vocazione artistica, ha accolto un
evento che ha superato la dimensione della pura esposizione per diventare
un’occasione di incontro. Determinante è stato il ruolo dello spazio: la
galleria di Carla Pugliano, che con magnifica accoglienza e grande
professionalità ha saputo gestire l’allestimento e la stampa, si è rivelata una
cornice capace di amplificare il linguaggio delle opere senza mai sovrastarlo,
restituendo al pubblico la giusta intimità e una luce museale indispensabile
per la fotografia.

 

 

 

Alla guida del progetto, l’ideazione e la cura di Ilaria Pisciottani, che ha saputo intrecciare visioni e sensibilità differenti, dando
alla mostra una coerenza narrativa e un respiro critico che hanno reso l’evento
più di una semplice esposizione, e cioè un percorso pensato come esperienza
collettiva.

 

L’artista e curatrice Ilaria Pisciottani e il critico Roberto Mutti

 

 

L’atmosfera respirata durante il vernissage non si è
misurata in numeri o applausi, ma in quella sottile armonia che ha legato
immagini, ambiente e persone. Ogni fotografia ha trovato il proprio posto,
instaurando un dialogo con lo spazio e con chi lo abitava in quel momento.

 

Un ruolo centrale lo hanno avuto le collaboratrici
coinvolte: professioniste serie, preparate, ma anche amiche di lunga data, tra
cui proprio Carla Pugliano e Giuseppina Irene Groccia. La loro collaborazione
non si è limitata alla semplice coesistenza, ma ha dato vita a un intreccio di
sensibilità che, grazie alla visione curatoriale di Ilaria Pisciottani, si è
tradotto in un progetto corale e autentico. “Il successo si ha perché succede
qualcosa
” – ha ricordato appunto la curatrice durante l’evento, e sabato quella
sintonia di pensiero si è concretizzata in un percorso comune.

 

L’artista e gallerista ospitante Carla Pugliano con il critico
Roberto Mutti

 

 

Il vernissage ha visto anche il contributo di autori di
rilievo, le cui ricerche fotografiche sono state accolte con grande interesse.
Esporre le loro opere ha significato riconoscere il valore di una ricerca che
merita di essere diffusa, ma anche dare un segno di stima verso chi continua a
interrogare la fotografia come linguaggio critico e poetico. 
I 14 fotografi selezionati – Matteo Abbondanza, Fabrizio Ceci, Michele Coccioli, Monica Cossu, Giuseppina Irene Groccia, Matteo Groppi, Sonia Loren, Alessio Marzola, Maria Cristina Pasotti, Ilaria Pisciottani, Alessandro Rovelli, Christine Selzer, Louis Selzer, Pier Paolo Tralli 

 

 

 

Il progetto non si esaurisce però nello spazio della
galleria: le opere proseguiranno il loro cammino verso la Sicilia, entrando a
far parte del museo a cielo aperto del Borgo di Cannistrà, grazie all’impegno e
all’amicizia di Tonino Privitera. Un viaggio che testimonia come la fotografia
possa abitare luoghi diversi e continuare a generare senso oltre l’evento.

 

 

Determinante è stato anche il lavoro redazionale: la cura
del catalogo e della rassegna stampa, affidata a Giuseppina Irene Groccia
definita affettuosamente “la nostra Vasari” – ha garantito coerenza e qualità,
offrendo all’iniziativa una cornice critica solida e professionale.

 

 

Il momento forse più intenso è stato l’intervento del
critico Roberto Mutti, tra le voci più autorevoli nel panorama fotografico
italiano. Con aneddoti sulle origini della fotografia e sui pionieri che ne
hanno tracciato la strada, Mutti ha saputo affascinare il pubblico, offrendo
nuove prospettive di lettura e consolidando il valore dell’esperienza.

 

 

 

Il pubblico stesso, numeroso e partecipe, ha giocato un
ruolo chiave: colto, attento, entusiasta, ha trasformato la serata in un
dialogo vivo tra chi espone e chi osserva. Tra i presenti spiccava una figura
storica del fotogiornalismo italiano: Giorgio Lotti. Con una carriera lunga
sessant’anni
, oltre 400.000 scatti all’attivo e una vita trascorsa a
documentare i protagonisti e gli eventi del Novecento – da Yasser Arafat a
Brigitte Bardot, da Andy Warhol a Eugenio Montale, fino allo sbarco sulla Luna
accanto a Giuseppe Ungaretti – Lotti ha portato con sé la testimonianza viva di
un’epoca. Emblematico il record della sua fotografia ufficiale del premier
cinese Zhou Enlai, stampata in oltre 100 milioni di copie, la più venduta al
mondo.

 

Il vernissage è stato, in definitiva, un momento di
gratitudine: verso chi ha proposto le proprie idee creative, verso lo spazio
che ha accolto le opere, verso chi ha reso possibile il catalogo e la stampa di
qualità, verso il critico che ha offerto uno sguardo illuminante, e soprattutto
verso il pubblico, che ha dato calore e senso a ogni immagine. Ma soprattutto
un ringraziamento va alla curatrice Ilaria Pisciottani, la cui visione ha reso
possibile questo intreccio di energie, idee e relazioni.

 


 

Tra i ringraziamenti finali, non sono mancate le artiste
Carlotta Baldazzi, Chiara Galliano e Luisa Montagna per la loro presenza, così
come Maria Cristina Pasotti e Pier Paolo Tralli, che hanno immortalato con le
loro fotografie i momenti salienti della serata.

 

“15 – La fotografia oltre l’umano” si è così rivelata molto
più di una mostra: un passaggio che ricorda come l’arte sia sempre costruita su
incontri, relazioni e luoghi capaci di restituire significato alle immagini.

 
©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 

 

 

 

 

 

 

 

 

La nostra sezione Segnalazione Eventi propone notizie e aggiornamenti su mostre, iniziative culturali, appuntamenti artistici e progetti creativi.
Siamo lieti di valutare segnalazioni da parte di enti, artisti, curatori e operatori del settore.
È possibile inviare comunicati stampa o proposte all’indirizzo: gigroart23@gmail.com.
Tutti i contenuti vengono selezionati a discrezione della redazione, in base alla coerenza con la linea editoriale del blog.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

        

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 
L’autrice declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

I testi critici scritti dall’autrice e inseriti nel blog non possono essere utilizzati o riprodotti online o altrove senza una richiesta e un consenso preventivo. La riproduzione di articoli e materiale presente nel blog dovrà essere sempre accompagnata dalla menzione dell’autore e della fonte di provenienza.

 

Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 

 

L’autrice del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.

 

 
Leggi Ancora
My Favourites

Rouen e il suo Musée des Beaux-Arts – Un viaggio tra capolavori

 

 

Rouen e il suo Musée des Beaux-Arts

 

Un viaggio tra capolavori

 
 
 
 
 
di Giuseppina Irene Groccia |04|Ottobre|2025|
 
 

Il Musée des Beaux-Arts di Rouen è senza dubbio una delle tappe culturali imprescindibili della Normandia. Fondato per volontà di Napoleone Bonaparte nel 1801, testimonia la lungimiranza del grande condottiero che, con un decreto, rese la città normanna custode di un patrimonio artistico di livello internazionale. L’attuale edificio, progettato dall’architetto Louis Sauvageot e completato nel 1888, domina oggi l’Esplanade Marcel Duchamp, ed è stato rinnovato nel 1994 per accogliere al meglio visitatori e collezioni.

Il museo conserva una delle più ricche raccolte pubbliche di provincia in Francia, con opere che spaziano dal XV al XX secolo. Pittura, scultura, arti decorative e disegni convivono in un percorso che attraversa Rinascimento, Barocco, Romanticismo, Impressionismo e arte moderna.

 

 

 

Tra i nomi che impreziosiscono le sale figurano giganti della storia dell’arte: Caravaggio, Rubens, Velázquez, Veronese, Poussin, Fragonard, David, Ingres, Géricault, Delacroix, Degas, Monet, Sisley, Renoir, Modigliani, i fratelli Duchamp, fino a Dubuffet e Dufy. L’elenco è talmente impressionante da sembrare quasi una parata in carne e ossa di maestri che hanno segnato la storia dell’arte europea. Non mancano capolavori meno noti ma straordinari, come La Vergine tra le vergini di Gerard David o le delicate raffigurazioni di François Clouet.

 

Una menzione speciale spetta all’Impressionismo, di cui il museo custodisce una delle più grandi collezioni francesi, resa possibile grazie alla donazione del collezionista François Depeaux nel 1909. Monet, con la sua celebre Serie della Cattedrale di Rouen, ma anche Sisley, Renoir, Pissarro e Caillebotte, sono i protagonisti di una stagione artistica che proprio in Normandia trovò la sua culla naturale.

Oltre alla pittura, il museo ospita una ricca collezione di sculture, dalle opere barocche di Pierre Puget ai moderni lavori di Jacques Lipchitz e Raymond Duchamp-Villon. A completare il percorso, preziosi disegni, una raccolta di icone russe e splendidi esempi di arti decorative.

 

L’esperienza di visita è resa ancora più piacevole dalla presenza del Giardino delle Sculture, un bellissimo spazio all’aperto ma al contempo protetto, dove il verde dialoga con opere tridimensionali esposte en plein air. È un luogo di pausa e di contemplazione, che consente di vivere l’arte in continuità con la natura. Qui si trova anche il ristorante del museo, ideale per concludere la visita con un momento di relax.

 

Entrare al Musée des Beaux-Arts di Rouen significa dunque intraprendere un vero viaggio tra maestri immortali, sorprese nascoste e spazi che respirano cultura. Eppure, nonostante la sua grandiosità, il museo riesce a trasmettere un senso di accoglienza, quasi domestico. Lo dimostra la vivacità dei laboratori e delle attività dedicate ai più piccoli, che imparano a leggere i segreti delle tele con entusiasmo e curiosità.

 

 

Passeggiando tra le sue sale luminose, il visitatore percepisce subito la ricchezza e la varietà del patrimonio custodito.
Ma c’è una stanza che cattura ogni sguardo, un luogo in cui il tempo sembra fermarsi, ed è quella che ospita La Flagellazione di Cristo di Caravaggio. Davanti a questo capolavoro non si può restare indifferenti. La forza drammatica della scena, il contrasto tra luce e ombra, l’intensità dei corpi e dei volti, tutto parla con la potenza unica dell’arte italiana, vero orgoglio e vanto del nostro Paese.
 
 
Caravaggio, più di chiunque altro, emerge come un gigante, non c’è paragone, non c’è rivale che tenga. Il suo linguaggio diretto e struggente ti afferra con forza e ti trascina oltre la tela, dentro la carne viva della scena. È in quel preciso istante che si avverte il rischio di cadere nella cosiddetta sindrome di Stendhal, non più intesa come semplice smarrimento, ma come autentica vertigine estetica. Un cortocircuito tra percezione sensibile e coscienza critica, in cui la bellezza si manifesta in modo tanto assoluto da risultare quasi insostenibile.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 

La sezione Favourites del Blog riunisce i miei articoli più personali, diversi dai temi generali: riflessioni e racconti più intimi, nati da ciò che mi colpisce profondamente nel mio dialogo con l’arte.

Se l’articolo ti è piaciuto, ti invitiamo ad interagire attraverso la sezione commenti di seguito al post, arricchendo così il blog con le tue impressioni. 

E se trovi interessanti gli argomenti trattati nel Blog allora iscriviti alla newsletter e seguici anche sui canali social di L’ArteCheMiPiace.

In questo modo sarai aggiornato su tutte le novità in uscita.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

 

 

        

 
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato periodicamente, ma senza una cadenza predefinita. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001 stante  la carenza del carattere QUALIFICANTE della periodicità. [TAR Lazio,sent n° 9841/2017] 
L’autore declina ogni responsabilità per quanto pubblicato dai lettori nei commenti ad ogni post che saranno cancellati se ritenuti offensivi o lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di terzi, di genere spam, razzisti o che contengano dati personali non conformi al rispetto delle norme sulla Privacy.

Alcuni testi o immagini inseriti in questo blog potrebbero essere tratti da fonti online e quindi considerati di dominio pubblico: qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate segnalarlo via email per la rimozione immediata. 

L’autore del blog declina ogni responsabilità per i siti collegati tramite link, considerando che il loro contenuto potrebbe subire variazioni nel tempo.

 

 

Leggi Ancora
ArteArtisti

Custodire la presenza dell’arte – Mario Stefano e la sua visione, perché questo artista non mostra più le opere terminate su internet

 

Custodire la presenza dell’arte

Mario Stefano e la sua visione, perché questo artista non mostra più le opere terminate su internet

 

 

 

Ci sono artisti che scelgono di rincorrere la visibilità, affidando alle piattaforme digitali il compito di moltiplicare le immagini delle loro opere. E poi ci sono scelte opposte, radicali, che riportano l’arte alla sua essenza.

 

Mario Stefano, artista con cui ho avuto modo di collaborare e di sostenere nel percorso di divulgazione, ha deciso di compiere un passo coraggioso: rimuovere le proprie opere dalla rete e bandire la pubblicazione integrale dei suoi quadri.
Un gesto che può sembrare controcorrente in un’epoca di sovraesposizione, e che rappresenta una scelta personale dell’artista, non necessariamente condivisa da tutti, ma sicuramente degna di rispetto perché guidata dall’intento di restituire all’arte la sua natura viva, intima e irripetibile.

 

A spiegare le ragioni di questa scelta è lo stesso artista, con parole che diventano manifesto di una nuova idea di presenza artistica.


Mario Stefano - Artista -
L’artista Mario Stefano

 

Perché ho deciso di non pubblicare le mie opere intere, ma soltanto dei dettagli? Perché credo che l’opera d’arte debba essere incontrata da vicino, nella sua interezza. Non attraverso uno schermo, ma dal vivo, dove lo sguardo possa spostarsi liberamente da un punto all’altro del quadro, lasciandosi guidare dalla contemplazione. Vedere un’opera è un’esperienza immersiva: richiede tempo, silenzio, attenzione.

Ho scelto i dettagli non per proteggere me stesso, ma per proteggere l’opera. La pittura ha bisogno di spazio, di un ritmo lento, di uno sguardo che non scivoli via in tre secondi. Quando un’opera si compie, essa chiede di essere guardata con presenza, di essere colta nella sua essenza.

Non mostro i miei lavori finiti perché non sono semplici immagini, ma presenze. L’arte, quella autentica, non cerca visibilità: cerca verità. Non vuole esposizione, ma incontro. In un tempo che mostra tutto, io sento il bisogno di custodire.

Viviamo in un’epoca che produce immagini sintetiche: io, con la pittura, cerco di generare presenze. Le mie opere non appartengono ai feed dei social, non si lasciano catturare da uno screenshot, non nascono per la velocità. Sono fatte di stratificazioni, di errori, di gesti ripetuti e intuizioni cercate. Sono fatte di mani, di testa, di cuore. E anche di spirito.

Ogni quadro è un corpo, un evento: ha peso, respiro, silenzio. E come ogni corpo vivo merita distanza, attenzione, intimità.

Per questo non pubblico le mie opere finite. Perché pubblicarle significherebbe snaturarle, ridurle a immagini quando invece sono presenze, trasformarle in contenuti quando in realtà sono contenitori di senso. In un tempo che chiama tutto “visibilità”, io scelgo la visione.”


 

 

 

 

La scelta di Mario Stefano è senza dubbio forte e radicale. È una visione personale che non tutti gli artisti condividono, perché ognuno trova il proprio modo di mettere in relazione l’opera con il pubblico. Ciò che conta, però, è la coerenza e il coraggio con cui un artista decide di custodire la propria arte.
 

 

Presto avremo modo di ospitarlo per un’intervista, in cui potrà approfondire meglio questo approccio e raccontarci da vicino cosa significhi, oggi, restituire all’arte la sua dimensione più autentica.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leggi Ancora
Interviste

Luigi Le Piane – Un regista silenzioso della cultura

 

Luigi Le Piane

 

Un regista silenzioso della cultura

 

 

 

A pensarci bene, Luigi Le Piane non è un artista nel senso tradizionale del termine, eppure il suo operato ha qualcosa di autenticamente creativo. La sua abilità non si misura in tele o sculture, ma nel modo in cui riesce a trasformare un’idea in un’esperienza condivisa, unendo persone, energie e linguaggi diversi. È come se avesse scelto la regia invisibile, quella che non appare mai in scena, ma senza la quale la scena stessa non avrebbe vita.

Cosenza lo conosce bene come PR, capace di animare la città con serate, eventi musicali e momenti di intrattenimento. Ma il cuore del suo impegno rimane Geni Comuni, il progetto che ha dato respiro nazionale alla sua visione culturale. Non un semplice evento, ma un laboratorio di possibilità, un ponte tra professionisti affermati e nuove generazioni, tra territorio e mondo, tra arte e comunità.

In fondo, la cifra più vera di Luigi sta in questo: non accontentarsi di organizzare, ma cercare il senso di ciò che propone. Nei suoi progetti c’è sempre l’idea che la cultura non debba essere un lusso, ma un bene comune, capace di avvicinare chi solitamente resta ai margini. È un modo di fare che richiede passione, ma anche coraggio e coerenza.

Si potrebbe dire che il suo lavoro non costruisce soltanto eventi, ma possibilità. Egli apre spazi, crea dialoghi, rende accessibile ciò che spesso sembra distante. E in questo c’è la sua vera arte. Una forma silenziosa ma essenziale di creatività, che non si misura con gli applausi, ma con la traccia che lascia nelle persone e nel territorio.

 

 

 

Da queste riflessioni nasce l’intervista che segue, un dialogo capace di restituire non solo il percorso professionale, ma soprattutto la visione e la passione che guidano ogni suo progetto

 

 

 

 

Luigi, tu sei un organizzatore culturale molto attivo e riconosciuto, ma non sei un artista in senso stretto. Da dove nasce la tua passione per l’arte?
 

 

È vero, non sono un artista. La mia passione per l’arte è nata lavorando per tanti anni all’interno del Museo del Presente. Vivendo quotidianamente quel luogo e quell’atmosfera, era inevitabile che qualcosa scattasse.

 

Ricordi un episodio o un incontro che ti ha fatto capire che l’arte sarebbe diventata parte centrale della tua vita?
 

 

Sì, ricordo bene. Anni fa, molti artisti mi chiedevano: “Come faccio a esporre in questa bellissima struttura? Cosa devo fare?”. Da lì è nata l’idea di creare un format che desse spazio sia ad artisti professionisti sia a talenti emergenti, anche a chi non aveva ancora un curriculum importante ma meritava una possibilità di entrare in un museo e confrontarsi con un contesto di qualità.

 

 

Quanto la tua formazione e il tuo vissuto a Cosenza e in Calabria hanno influenzato il tuo modo di vedere e proporre cultura?
 

 

Moltissimo. I miei studi letterari, uniti alla passione per gli eventi, mi hanno portato fin da giovane a organizzare attività culturali e non solo. È stato un percorso naturale che mi ha sempre accompagnato.

 

Organizzare eventi di successo non è solo questione di logistica. Quali sono, secondo te, gli elementi chiave per creare un evento culturale che lasci il segno?
 

 

L’elemento principale è la passione. Se pensi di creare un evento soltanto per un tornaconto economico, hai già fallito. Poi, certo, servono attitudine, capacità, esperienza e serietà: tutti fattori che fanno da cornice.

 

Nel tuo lavoro riesci a coniugare estetica, contenuto e innovazione. Come orienti le tue scelte, ad esempio nella selezione degli artisti o degli ospiti?
 

 

Credo sia fondamentale saper leggere il tempo presente. Un evento deve stimolare la curiosità dei visitatori, proporre idee innovative, parlare ai giovani che rappresentano la contemporaneità. Bisogna quindi adeguarsi ai tempi e, allo stesso tempo, creare occasioni che lascino un segno.

 

 

Cosa significa per te “contemporaneità” in un contesto artistico, e come cerchi di tradurla nei tuoi progetti?
 

 

Per me la contemporaneità è proprio questa capacità di parlare al presente e alle nuove generazioni, senza dimenticare la qualità. Ogni progetto deve essere uno stimolo e un’occasione di confronto.

 

Siamo ormai alla dodicesima edizione di Geni Comuni. Ci racconti com’è nato questo progetto e come si è evoluto nel tempo?
 

 

Come dicevo, è nato per offrire anche agli appassionati e agli artisti emergenti la possibilità di entrare in un museo e confrontarsi con professionisti. L’idea di mettere insieme generazioni e linguaggi diversi è stata vincente. La cosa più bella è che, se togli le didascalie dalle opere esposte, spesso non riesci a distinguere chi è il giovane e chi è il professionista, perché la qualità selezionata è sempre molto alta.

 

Geni Comuni è noto per la sua inclusività, mette insieme artisti emergenti e affermati, diversi linguaggi, esperienze e visioni. È una scelta estetica, etica o entrambe?
 

 

Direi entrambe. È una scelta che dà valore sia al progetto culturale sia al messaggio che trasmette: tutti meritano una possibilità e il confronto arricchisce tutti.

 

 

In merito a Geni Comuni, sin dalle prime edizioni collabori in modo continuativo con due figure fondamentali, il critico d’arte Roberto Sottile e la curatrice Mariateresa Buccieri. Che tipo di dialogo creativo si è instaurato tra voi tre, e in che modo questa sinergia contribuisce alla visione e allo sviluppo del progetto?
 

 

Con Mariateresa e Roberto il dialogo è ottimo. Pur essendo un evento nato da una mia idea, lascio a entrambi la libertà di proporre visioni e intuizioni. Questo arricchisce il progetto ogni anno. Io credo molto nel lavoro di squadra: da soli non si va lontano.

 

 

L’edizione autunnale 2025 di Geni Comuni è attualmente in corso. Puoi raccontarci qualcosa della sezione speciale della XIII edizione e delle novità che stai portando per il prossimo anno?
 

 

Posso solo dire che sto già lavorando a una sezione speciale della XIII edizione, cercando di portare sempre qualcosa di internazionale, come è stato nelle edizioni passate, e di creare nuove sinergie.

 

Qual è il contributo che Geni Comuni vuole offrire oggi al pubblico calabrese e non solo? Pensi che stia crescendo anche a livello nazionale?
 

 

È già cresciuto molto, sia a livello nazionale sia oltre. Ogni anno riceviamo richieste da tutta Italia e anche dall’estero, e sono felice di ospitare gratuitamente gli artisti, perché arricchiscono non solo l’evento ma anche il territorio. La mostra dura un mese e registra oltre 2000 visitatori: numeri che, in una città non turistica come la nostra, sono un motivo di orgoglio.

 

 

Cosa sogni per il futuro della scena culturale calabrese? E cosa vorresti continuare a fare tu, personalmente, per coltivarla?
 

 

Sogno che cambi l’idea che i musei siano luoghi statici. Sarebbe bello renderli più accoglienti, accessibili, soprattutto per chi non si sente “preparato” culturalmente. Bisogna coinvolgere i giovani, che spesso si tengono lontani dai luoghi di cultura. C’è tanto lavoro da fare, ma i risultati, come quelli di Geni Comuni, dimostrano che è possibile.

 

Hai altri progetti in cantiere oltre a Geni Comuni?
 

 

Certo. Da oltre vent’anni organizzo eventi di vario genere: spettacoli, concerti, teatro, locali. Geni Comuni è un progetto importante, ma non è l’unico.

 

 

Se dovessi dare un consiglio a un giovane che sogna di lavorare nel mondo dell’organizzazione culturale, cosa gli diresti?
 

 

Gli direi di partire dalla passione, senza scorciatoie. Serve impegno, serietà, capacità di ascolto e di collaborazione. Se mancano queste cose, difficilmente si arriva lontano.
Contatti
Email llpeventi@gmail.com
𝐋𝐮𝐢𝐠𝐢 𝐋𝐞 𝐏𝐢𝐚𝐧𝐞, laureato in Lettere e Filosofia, lavora presso il Museo del Presente di Rende ed è organizzatore di eventi.
Da oltre vent’anni è impegnato nell’ideazione e nella realizzazione di manifestazioni non solo culturali, ma a 360 gradi: eventi musicali, teatrali, festival e molto altro, ottenendo numerosi successi a livello regionale.
La sua attività è animata dalla passione per il lavoro e dal desiderio di valorizzare il territorio. Il suo punto di forza è la capacità di creare sinergie e fare rete con associazioni, enti locali, collaboratori, sponsor e altri partner.
La collaborazione, infatti, rappresenta per lui un valore fondamentale e il segreto per la perfetta riuscita di ogni evento.

 

 
 
©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 

 

 

 

La sezione Interviste del nostro blog ospita periodicamente artisti, galleristi, critici d’arte, letterati e autorevoli operatori culturali, selezionati per la loro capacità di offrire contributi significativi alla valorizzazione e diffusione di temi rilevanti nel panorama artistico contemporaneo. 

 

 

 

 

Leggi Ancora
1 2 3 9
Page 1 of 9