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Letteratura

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La forza della parola e del sentimento… Marinella Scigliano

Marinella Scigliano, nata a Rossano il 3 marzo 1965, porta nel cuore la passione per la poesia, nata da un’esperienza dolorosa che ha saputo trasformare in luce e parola. Legatissima alla sua città, ricca di storia artistica e culturale, Marinella ha trovato nella scrittura un modo per dare voce alle emozioni più profonde.

Alla domanda “cos’è la poesia per me?”, ama rispondere: “In passato avrei detto che è il più bel viaggio introspettivo per guarire l’anima. Oggi rappresenta quel che sono… il divenire.”
Un pensiero che racchiude perfettamente la sua evoluzione interiore e artistica, segnata da una sensibilità autentica e da un profondo amore per la parola.

Seguo Marinella da molto tempo, ed è una presenza sempre vicina alle attività del mio blog. Ha partecipato, tempo fa, a una mia precedente pubblicazione che univa arte visiva e poesia, un momento che lei stessa ama ricordare come la sua prima occasione di condivisione pubblica. È quindi per me una grande gioia ritrovarla oggi, con la sua voce intensa e luminosa, nelle pagine del blog e nel prossimo numero del magazine *ContempoArte* in uscita a breve.

Sono inoltre felice di presentare in questo articolo una selezione di due sue bellissime poesie, che testimoniano ancora una volta la profondità e la grazia della sua ispirazione.

TEMPESTA

Mi abituerò

a calpestare germogli ed

il mare morire all’orizzonte

di una terra non più mia

nel muro a secco di un

abbraccio

al confine di un deserto

dove il vento non si posa…

a placare la solennità del

tempo il mio sguardo

in un batter di ciglia.

LETTERA AD UNA MADRE

Si piega sotto il peso

della neve il silenzio

dell’inverno.

La luce delle stelle morte

trasmigra da cielo a terra.

Non è più tempo che

la mia guancia scivoli sulla

tua per cercarti tra parole

perdute e se è pur facile

dimenticare tra un ululato e

il vento

non piango…

mi è dolce perdermi

quando a gran voce mi

chiami…

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Fondali di Corallo… Rossella Scaramuzza

Con Fondali di corallo (Bertoni Editore, aprile 2025), Rossella Scaramuzza consegna al lettore una raccolta poetica che si presenta come un approdo maturo e consapevole all’interno del panorama lirico contemporaneo. La sua voce, al tempo stesso limpida e vertiginosa, si muove tra le pieghe dell’anima con l’eleganza di chi sa che la poesia può rivelare e non solo descrivere. Nei suoi versi, il mare, da scenario simbolico, diventa materia viva, cangiante, che accoglie e restituisce l’essenza stessa dell’esistenza.

Il corallo, emblema di una bellezza che nasce dalla profondità e dal tempo, diviene metafora di una ricerca interiore costante: un tornare a sé dopo l’urto delle maree, un rinnovarsi attraverso la fragilità. Scaramuzza scava con mano sapiente nelle zone d’ombra dell’essere, traducendo il dolore in parola, la memoria in luce. La sua scrittura, densa e musicale, ricorda quella di certe poetiche novecentesche in cui la parola riusciva a farsi corpo, respiro, eco di una verità universale.

Definire Fondali di corallo una semplice silloge sarebbe riduttivo. L’opera si configura come un viaggio sensoriale e spirituale, una discesa nel cuore del lettore, dove ogni verso si trasforma in frammento di mare, in corallo che risplende nell’intimità di chi legge. Rossella Scaramuzza si afferma così come una voce autentica, capace di trasformare la vulnerabilità in arte e di restituire alla poesia la sua originaria funzione: quella di illuminare, con grazia e ardore, gli abissi del vivere.

COME LE SERE D’ESTATE

Me lo strapperei, sì,

uno strappo recisivo.

Poi lo sbatterei, come si fa con il polpo

le sere d’estate, quando

-bagnati di sale-

si lancia il proprio trofeo sulle pietre per stordirlo ed esibirlo

e insieme alla vittoria se ne assapora già il gusto. 

E farei così con il mio cuore:

me lo strapperei dal petto

e proverei a stordirlo sui sassi,   

sulla battigia di pietre

e sugli scogli appuntiti,   

fino a quando,

-bagnata di lacrime e sale-

completamente stordito

e rimesso al suo posto, 

potrei convincermi di non sentire più il suo dolore

e se si addormenta,

-finalmente liberata-

potrei abbandonarmi al mare

UNA VITA CON NESSUNO

Come me,
è Donna Polifemo!
La Fiducia è donna,
come lo Strazio di Polifemo
per aver abbassato i suoi scudi
ed averli consegnati all’affabulatore.
Una vita con Nessuno.
Oltre ogni orizzonte e confine,
oltre ogni mare e terra
vado gridando il mio dolore,
ferita e accecata da un profondo squarcio.

SPIAGGIATA

E te ne vai in giro,
con il mio scalpo tra le mani.
Mi hai spiaggiata…
Anche al dolore ci si arrocca, ci si abitua talmente!
Ma forse, non sai,
Vita
Che ti vivo così: fronte mare!
L’Orizzonte negli occhi
L’Infinito nello sguardo
Le Profondità nel cuore
Le Onde nei pensieri
E il Vento, il Vento che mi leviga,
mi scava, mi ammorbidisce ed è scudo,
maestro e m’invita a prendere il largo.
A volte spiaggiata, a volte arroccata,
a volte infranta,
a volte onda altissima
che si confonde al cielo.

IL LANCIO

Mi hai voluta
mi hai stretta al tuo petto
e poi, d’improvviso, non c’era più il riparo,
come se mi avessi presa dai capelli ed estirpata,
estratta, di colpo, di netto,
così, a crudo e incurante del lancio,
di dove potessi finire,
se sbattuta su una roccia,
o se ammarata negli abissi.
Incurante, così, d’improvviso,
mi hai sradicata con forza, ma incurante del lancio,
di dove potessi finire:
infranta in terra,
o tra le fiamme,
o affogata nel mio stesso sangue!
Non avevi più voglia: tutto qui!
Ma sotto le tue unghie c’è ancora un po’ di pelle,
ancora un po’ di sangue,
la Mia Pelle, il Mio Sangue…
E nelle tue mani c’è ancora un po’ di Me
e lo so, so che te le porti al cuore!

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Presentazione del libro “La voce che non si dimentica” di Simone Longo

Presentazione del libro “La voce che non si dimentica” di Simone Longo

 
 
 
 

Venerdì 24 ottobre, alle ore 18:00, presso la sede dell’Università Popolare nel Palazzo San Bernardino di Corigliano-Rossano, si terrà la presentazione del libro La voce che non si dimentica di Simone Longo.

L’evento sarà introdotto e coordinato da Gennaro Mercogliano, direttore dell’Università Popolare Rossanese, e si aprirà con i saluti istituzionali di Giovanni Pistoia, Vice Sindaco.

Interverranno, inoltre, Giuseppe De RosisLoredana Muraca e Maurizio Traversari

 

Durante l’incontro sono previsti momenti musicali a cura di Pino Salerno e letture tratte dal testo.

 

Sarà presente l’autore, Simone Longo, per dialogare con il pubblico e rispondere alle domande.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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Il Dizionario Etimologico del Dialetto Mandatoriccese di Franco Emilio Carlino

Ha visto la luce
un’opera unica per la comunità mandatoriccese della quale deve andare fiera




 

Il Dizionario
Etimologico del Dialetto Mandatoriccese

(Raccolta di parole perse, con proverbi, modi di dire,
soprannomi e note storiche di Mandatoriccio)

 

“La lingua di una Comunità è la riflessione del suo
stesso pensiero, la testimonianza del suo costume, la sua storia, un bene
culturale da riscoprire e da tutelare, un patrimonio da difendere per non
assistere sempre più al dissolversi delle tradizioni, della lingua dei nostri
nonni e dei genitori, delle nostre origini, della nostra identità.

In essa sono contenute le tracce delle influenze dovute
alla presenza sul territorio di altri popoli. Il dialetto, con i suoi vocaboli
cataloga e certifica le espressioni, i modi di dire, la vita di tutti i giorni,
il nostro modo di agire, i rapporti sociali, tutto ciò che appartiene e
coinvolge la comunità.

Sulla lingua, inoltre, incidono molti fattori tra cui,
inesorabilmente, il tempo che la trasforma e spesso,

a lungo andare, la rimuove senza concedergli la
possibilità di rinnovarsi e diffondersi. Pertanto, preservarla vuol dire
custodire quelli che sono le qualità umane ed etiche della stessa comunità.

Riscoprirne le radici dialettali, significa quindi
garantirne il suo valore culturale.

Sulla base di quanto si è fatto cenno, poiché fortemente
eroso dalla odierna quotidianità, ho inteso in qualche modo recuperare il
nostro dialetto, le nostre parole perse o desuete per ridargli la giusta dignità,
quale patrimonio della comunità mandatoriccese”.

Con
queste parole estrapolate dalla Introduzione del Dizionario l’Autore
mandatoriccese – rossanese, Socio della prestigiosa Accademia Cosentina, Socio
della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e Componente del Comitato Scientifico
dell’Università Popolare introduce il suo interessante e vasto lavoro raccolto
nel suo Dizionario.

     “Del resto, il
tempo e la modernità – continua Carlino – ci hanno abituati a veder scomparire alcune
consuetudini ritenute demodé, usi, credenze popolari e antichi mestieri ormai
passati nel dimenticatoio. La ragione, molto spesso, ci riconduce alla nostra
incuria e alla incapacità di mantenere ciò che di prezioso abbiamo. Col tempo,
ci siamo lasciati attrarre da una diffusa omologazione al globale che ha
investito la società nella quale viviamo, ormai distante dal pacato ritmo di un
tempo, contrassegnato, invece, da una forma di frenesia che, ahimè, ci
costringe, di conseguenza, a privilegiare un lessico povero, spesso costruito
con frasi scontate e fatte da concetti siglati da messaggini inviati e diffusi
attraverso canali come (Messenger, WhatsApp, ecc.) una pratica che ha relegato
ai margini la nostra cultura e la nostra tradizione. Comportamenti che, se non corretti,
a lungo andare ci porteranno alla inequivocabile perdita e cancellazione della
nostra memoria e dei nostri ricordi. A quanto detto va associata altresì la
capacità di comprendere quale sia stata realmente l’influenza subita dal nostro
lessico nelle diverse forme come ad esempio la provenienza, la derivazione o la
vicinanza del termine ad altri simili presenti in altre zone o paesi limitrofi”.

Nel
comunicato stampa della prestigiosa Casa Editrice L. Pellegrini di Cosenza alla
quale il Dizionario è stato affidato per la dovuta stesura e pubblicazione si
scrive:  “In un dizionario etimologico
ricco di parole perse, proverbi e modi di dire Franco Emilio Carlino offre un
notevole contributo alla valorizzazione dell’identità culturale, sociale e
civile di Mandatoriccio

 






Questi
siamo e dobbiamo rimanere

 

Un
patrimonio di lemmi, termini, modi di parlare e di esprimersi, molti dei quali
andati perduti, che affondano le radici nella più antica storia popolare del
luogo. Una ricchezza di suoni, intercalari, vocaboli, che hanno attraversato i
secoli e che oggi, grazie ad una certosina e capillare ricognizione sul
territorio, lo storico Franco Emilio Carlino affida ad uno studio poderoso,
frutto di decenni di impegno e duro lavoro interpretativo: il Dizionario
etimologico del dialetto mandatoriccese
edito da Luigi Pellegrini.

Un’opera
encomiabile, come viene sottolineato nella prefazione al volume, firmata dal
professor Pierpaolo Cetera, “uno di quei lasciti – motivati da una passione
intensa e da un’attitudine intangibile – che fa dello studioso un agente di
preservazione di un mondo, dei suoi affetti e dell’identità di una comunità”.

“Il
luogo dell’anima”, potrebbe aggiungersi, a proposito di Mandatoriccio e del
profondo legame che Franco Emilio Carlino mostra di avere nei confronti del
paese natìo, al quale dedica quest’ultima fatica che lo conferma tra i maggiori
studiosi di storia locale della Calabria. Un omaggio al comune, ma anche alle
sue nuove generazioni, alle quali Carlino si rivolge in una toccante dedica
“perché non si disperda il Nostro idioma dialettale e vadano fieri della
propria lingua e delle proprie origini”.

Il
Dizionario etimologico del dialetto mandatoriccese, dunque, rappresenta
un altro significativo passo in avanti nella costante ricerca storico-culturale
che vede Carlino impegnato a dare voce, peso e valore alle comunità dell’Alto
Jonio Cosentino, a partire, appunto, da Mandatoriccio, cui ha dedicato già
altre opere che ne indagano anche le peculiarità dialettali.  Il risultato è, in effetti, di notevole
portata, viste le ben 10.551 voci che compongono il nuovo Dizionario
etimologico
, forse il punto più alto (anche se con Franco Emilio Carlino
bisogna essere cauti, perché si rischia di essere sconfessati il giorno dopo)
della universale perlustrazione del mondo in cui l’autore dell’opera mostra di
trovarsi a suo agio, offrendo esemplari contributi di conoscenza e di
approfondimento. “Questo ulteriore volume dedicato a Mandatoriccio”, afferma Carlino,
“che raccoglie l’elenco alfabetico delle parole perdute, alcune locuzioni ed
altri elementi linguistici fornendone il significato etimologico e la
traduzione in italiano, mi offre, quindi, ancora una volta l’opportunità di
fare comunione ed entrare in sintonia con la mia terra, interpretando il
sentimento della mia gente ed interagendo con essa per affrontare insieme una
sfida importante, che è quella della riscoperta e dalla valorizzazione della
nostra cultura attraverso le nostre tradizioni, la nostra storia, la nostra
lingua, da implementare, rendere fruibile e tramandare a quanti verranno dopo
di noi, convinto che solo attraverso l’uso quotidiano del nostro dialetto
riusciremo a rimanere decisamente più autentici”. Difficile trovare parole
migliori per cogliere appieno lo “spirito” di quest’ultima fatica letteraria di
Franco Emilio Carlino, destinata per tante ragioni a lasciare il segno”.




3
ottobre 2025                                                                       

Ufficio stampa Luigi Pellegrini












































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Franco Emilio Carlino premiato a Forlì – Riflessioni di una voce autorevole tra memoria, cultura e impegno civile

 

Franco Emilio Carlino premiato a Forlì

 

Riflessioni di una voce autorevole tra memoria, cultura e impegno civile

 

 

 

Franco Emilio Carlino, già nostro gradito ospite in una interessante intervista e presto protagonista anche sulle pagine del prossimo numero di ContempoArte, continua a confermarsi figura di rilievo nel panorama culturale italiano. 

Lo scorso 20 settembre, a Forlì, presso il Circolo Aurora in Corso Garibaldi 80, nell’ambito del Festival Forlivese della Libertà, Carlino è stato premiato per il concorso nazionale Idee e proposte per la cultura italiana, promosso da Historica Edizioni

Il suo contributo è confluito, insieme a quelli di altri autori selezionati, nell’antologia pubblicata per l’occasione, suggellando un nuovo riconoscimento al suo lungo e instancabile impegno intellettuale.

Personalità eminente della Calabria culturale, Carlino incarna da decenni un modello di impegno civile e pedagogico che intreccia ricerca, scrittura, testimonianza e passione educativa. Docente di lunga esperienza, animatore degli Organi Collegiali della scuola pubblica, presidente del Distretto Scolastico n. 26 di Rossano e componente del Consiglio Scolastico Provinciale di Cosenza, ha sempre interpretato l’educazione come responsabilità collettiva. La sua azione si è tradotta in pubblicazioni, progetti e iniziative capaci di far dialogare istituzioni, territorio e memoria storica, restituendo centralità alla cultura come strumento di partecipazione e inclusione.

Studioso delle genealogie nobiliari, della storia locale e delle radici identitarie calabresi, ma anche instancabile promotore di iniziative culturali e associative, Carlino ha saputo coniugare rigore accademico e sensibilità narrativa. Nella sua opera emerge un filo rosso: la convinzione che memoria e conoscenza non siano solo esercizi intellettuali, ma atti profondamente civili, capaci di rafforzare i legami comunitari e di stimolare un dialogo intergenerazionale autentico.

Con la premiazione di Forlì, la sua voce ha trovato una nuova risonanza a livello nazionale, riconoscendo la forza di un pensiero che nasce dal territorio ma parla a un pubblico più ampio, attento al valore della cultura come bene condiviso.

 

 

 

 

 

In continuità con questo percorso di impegno e riflessione, proponiamo ai nostri lettori il contributo selezionato al concorso, autentica sintesi del pensiero e della visione civile di Franco Emilio Carlino.

 

 

 

 

 

Cultura e Condivisione la giusta “relazione” per dare senso all’eccellenza  nella nuova Città di Corigliano-Rossano come forma di integrazione sociale  

 

di Franco Emilio Carlino, Socio Corrispondente dell’Accademia Cosentina, Socio della Deputazione di Storia Patria della Calabria e Componente Comitato Scientifico Università Popolare di Rossano.

 

Cauto e dubbioso, a tratti esitante, mi guardo intorno prima di dare una risposta, innanzitutto a me stesso, in modo da fugare ogni dubbio, circa la mancanza di cultura nella nostra nuova Città. Poi, fiducioso e determinato, ma anche soddisfatto, per quanto negli anni realizzato, ripenso che non è la cultura che manca alla nostra Città, poiché quella esistente oltre ad essere millenaria è anche prestigiosa viste le antiche radici greco-bizantine. E quindi mi domando ancora cosa ci manca per migliorare la qualità della vita? La risposta viene da sé, manca qualcosa, che possa farci fare il salto di qualità, in modo che la cultura fruibile venga fuori nel suo smisurato valore al servizio della nuova comunità, anche come forma di integrazione sociale. Del resto è noto, la nuova Città è sì ricca di molte Associazioni culturali ed il tessuto sociale è intriso di cultura, ma il nuovo Centro Urbano derivante dalla recente fusione, non è ancora completamente omogeneo circa il profilo culturale, molti sono i gap da superare, ragione per la quale la cultura esistente risulta spesso individualista, non accessibile a tutti, incapace e inadeguata ad armonizzare una vera integrazione del suo stesso contesto sociale. Quindi, visti alcuni segnali non proprio incoraggianti, credo, si rende necessario e improcrastinabile trovare gli strumenti necessari per attivare nuove proposte per una vera cultura integrante. 

     L’articolazione di questa breve premessa mi riporta col pensiero a una mia recente e corposa intervista nella quale il concetto di cultura entra impetuosamente nell’articolato della discussione all’interno della quale, però, un altro termine viene continuamente da me richiamato come elemento imprescindibile per una giusta “relazione” capace di dare senso e valore all’eccellenza, per cercare di migliorare la qualità della vita della nuova Città di Corigliano Rossano e valorizzare così il territorio nel suo complesso, tenendo sempre uno sguardo fermo alla salvaguardia della cultura locale. Questo secondo termine si chiama condivisione. Non vi può essere cultura senza condivisione, pertanto, sono convinto siano necessari suggerimenti, idee e linee guida volte a migliorare o promuovere la cultura attraverso azioni concrete in ambito sociale utilizzando anche la tecnologia. Le due vecchie Città, al di là della loro unione fisica devono trovare terreni comuni da arare eliminando le scorie e la conflittualità del loro passato. Fino a quando non si troveranno vere forme di condivisione sui piccoli come sui grandi progetti, la Città sarà pure la terza della Calabria ma perderà la sfida decisiva sulla vera integrazione della sua comunità.

     La cultura odierna, per la sua vivacità e la perseverante trasformazione cui è sottoposta, condizionata peraltro da una molteplicità di elementi, potremmo precisarla come l’insieme di tante altre culture, quali quelle che fanno riferimento alle nostre padronanze, ai nostri valori, ai nostri costumi e alle norme che regolano  i nostri comportamenti e le relazioni, per non dire ancora, allargando l’orizzonte, a tutte le nostre conoscenze, ma anche alle tradizioni, al folklore e perché no anche alle credenze popolari. All’interno di queste culture, oggi si è inserita prepotentemente, occupando spazi enormi, come si accennava, la tecnologia della comunicazione che influenza e caratterizza moltissimo la nostra società e della quale bisogna tenere conto.  

     Il tema del presente intervento invita a soffermarmi sulle numerose ed anche eccellenti proposte culturali che nella nostra Città continuano a realizzarsi, in primis il fiorire di pubblicazioni editoriali, con tanti volumi riguardanti anche la microstoria, ma che quasi sempre registrano una breve durata, e sempre circoscritta al momento della loro presentazione, senza poi avere una efficace ricaduta in particolare nella scuola, l’anello più importante per il futuro della stessa comunità. Questo rappresenta un evidente punto di criticità. Al riguardo, sarebbe perciò utile che le case editrici pensassero anche a delle forme di collaborazione con le scuole per orientare gli alunni alla conoscenza della storia locale proponendone lo studio, facendone conoscere gli autori, con l’organizzazione di appositi incontri o tavole rotonde su temi individuati e condivisi. La stessa cosa si può dire delle biblioteche, a parte qualche sporadico episodio di buona volontà indirizzato ad incrementare la lettura, ma ancora insufficiente per conseguire i livelli culturali auspicati. Per migliorare la cultura della nostra Città questo non basta. Dobbiamo spingerci oltre e verso una ricaduta positiva della proposta effettuata. Ecco perché credo sia utile lavorare insieme per trovare le giuste strategie. Per esempio, una cosa importante potrebbe essere dedicarsi alla conoscenza della propria lingua, a maggior ragione oggi che la Città unica si compone di due grandi città una di provenienza greco bizantina, con un suo dialetto e l’altra di provenienza ausonica, quindi non greca, con un altro dialetto. Stessa cosa dicasi per la storia, l’arte e le usanze dei due luoghi.  Il confronto su questi temi deve essere serrato, coinvolgendo le scuole ai diversi livelli con esperienze e progetti mirati se si vuole raggiungere una vera integrazione culturale senza tuttavia né demonizzare e né mortificare le diverse peculiarità di origine.   

     Alcune esperienze, mi portano a considerare che potrebbe essere utile, ad esempio, introdurre lo studio e le conoscenze del dialetto facendo notare le differenze tra i due dialetti anche attraverso la provenienza etimologica dei termini oppure attraverso la lettura di opere di storia locale, la proiezione di documentari e film riguardanti il territorio di pertinenza, la visita ai musei della Città e ai siti archeologici del territorio, la partecipazione a eventi culturali. Queste alcune delle cose che, condivise, aiuterebbero a migliorare non solo le conoscenze ma anche l’apprezzamento, il rispetto e l’orgoglio per la propria cultura.

     Accennavo prima alla storia locale o più precisamente alla microstoria, che deve essere considerata una questione importante alla quale dare la giusta attenzione se si vuole veramente comprendere la nostra cultura come possibile chiave di integrazione. Guardando alla mia esperienza supportata anche da alcune pubblicazioni rivolte alla partecipazione delle giovani generazioni, perché queste si avvicinino il più possibile alla propria storia e alla riscoperta della propria identità culturale del territorio facendo tesoro di quanto la stessa storia, in termini di vicende, tradizioni, folklore, religione, esperienze, monumentalità, arte, beni culturali, archeologia, economia, agricoltura e altro ancora, ci ha tramandato, elementi fondamentali per la costruzione di quella solida identità collettiva, specie nei piccoli centri, mi permetto di sostenere con certezza che può essere la via maestra per maturare anche quel senso di appartenenza che forse si sta perdendo. La  storia locale, ancora oggi non trova nella scuola adeguato spazio. Si preferisce il suo insegnamento tradizionale, secondo i programmi ministeriali, continuando a parlare di Fenici e Sumeri, popolazioni a noi lontane, che si fa fatica a farle comprendere a ragazzi di 11 anni, quando invece dietro l’uscio di casa, aprendo la porta, e spalancando gli occhi ci rendiamo conto che abbiamo un mondo vastissimo da esplorare. Basti pensare a popolazioni come gli Enotri, i Greci e i Bruzi, ai nostri territori ricchi di opere d’arte, ai tanti siti archeologici a portata di mano, un territorio racchiuso tra le due grandi Città della Magna Grecia come Sibari e Crotone, alla ricchezza ambientale di circa 850 km di spiaggia, ai diversi parchi naturali del Pollino, della Sila, dell’Aspromonte e delle Serre. Questo dovrebbe, per quanto mi riguarda, far cogliere a tutti gli enormi vantaggi che se ne possono ricavare in termini culturali. Penso che la storia si debba studiare partendo dal vicino, con la microstoria, per arrivare al lontano allargando via via l’orizzonte e preparando la mente dei ragazzi a recepire discorsi più complessi. Questo eviterebbe il facile disorientamento e la crescita di un maggiore amore per lo studio della storia e il possibile recupero dell’identità nei piccoli centri. 

     Al riguardo, una idea per allargare il ventaglio della proposta culturale sarebbe quella di far funzionare delle navette permanenti tra la grande Città di Corigliano Rossano e il suo Hinterland in modo da consentire ai turisti, ma anche ai residenti,  di visitare anche il vasto territorio della Sila Greca ricco di paesaggi affascinanti e splendidi borghi considerevoli per cultura, vicende storiche, opere d’arte e tradizioni.    

     Le iniziative per raggiungere uno scopo devono essere regolarmente accompagnate e indirizzate alla costante promozione della cultura. Non a caso parlavo prima di condivisione. Inoltre, se tutte le forze culturali della Città si muovono insieme condividendo un progetto per la Città ricco di straordinarie iniziative nel campo della formazione, dell’ambiente, dello sport, della musica, incontri su temi sociali e pedagogici dimostrando al contempo forte intesa e collaborazione i risultati non possono mancare. 

     Fortunatamente la nuova Città dispone di tantissimi punti di aggregazione. Luoghi come cinema, teatro, il mondo dell’arte, scuole di musica e musei non mancano e sono il cuore pulsante delle diverse e articolate proposte culturali attraverso la promozione anche di ottime iniziative, fruibili però molto spesso da parte di chi ne avrebbe meno bisogno. È necessario trovare soluzioni per progetti aperti a tutta la Città coinvolgendo le scuole se si vuole in qualche modo aprirsi ad una cultura aggregante. Le istituzioni locali, le scuole, il mondo associativo devono mettere in campo tutte le loro energie e risorse aprendosi alla elaborazione di progetti comuni e condivisi nei diversi campi della cultura, avendo come obiettivo primario quello di raggiungere le diverse fasce sociali per promuovere la cultura di integrazione della quale oggi c’è tanto bisogno. Fare e promuovere cultura per il bene della propria Città non può essere qualcosa di astratto, ma richiama tutti al senso della responsabilità e dell’appartenenza ad una comunità. 

     Ho sempre considerato la positività della condivisione, come pure la promozione del suo valore, ma ho anche pensato che qualunque esperienza fatta, in qualunque campo, assume maggiore valore se questa viene partecipata rendendola utile e fruibile agli altri. Come arrivarci e affinché tutto possa accadere non è semplice, ma bisogna osare se si vogliono conoscere la propria cultura, le proprie origini, da dove proveniamo, i nostri antenati, come pure le testimonianze, il viaggio che abbiamo fatto, chi ci ha preceduto e dove siamo arrivati, oppure quali sono stati i personaggi principali della nostra storia ed ancora chi erano coloro che ci hanno organizzato come comunità e cosa facevano, quanto hanno condizionato e segnato la nostra personalità, ed infine le vicende e le influenze storiche che ci hanno riguardato, sapendo delle tante dominazioni che ci hanno attraversato. La voglia di apprendere, che fondamentalmente è e rimane la sostanza della nostra ragione, non ci deve mai abbandonare, anzi va sostenuta e alimentata continuamente allo scopo di fare memoria comune del nostro passato per immaginare positivamente il nostro futuro. Questo può essere una via o una strategia per tutelare e ampliare la nostra cultura oltre che a farla diventare integrante. Solo così per le nuove generazioni, oggi sempre più percepite come generazioni prive di radici in un’epoca priva di veri modelli di riferimento, la cultura può risultare un prezioso insegnamento, come pure per questo nostro mondo sradicato e smemorato.

     In conclusione, mi piace sottolineare come memoria, cultura e tecnologia sono fondamentali nello sviluppo e nell’integrazione della nostra Città. Le prime due richiedano un continuo nutrimento per preservare l’identità futura della nostra comunità, dove la promozione culturale svolge un aiuto cruciale. Infine, la tecnologia che in questo contesto di resistenza culturale, richiama tutti ad una visione nuova della sua applicazione per favorire non solo la conservazione della nostra memoria, ma farci sempre più scoprire com’eravamo, con uno sguardo al futuro della nostra amata terra. È implicito che quanto proposto per la mia Città è estensibile a ogni singolo luogo del nostro Paese.

Corigliano Rossano 21 luglio 2025

                                                                                                       Franco Emilio Carlino

 

 

 

 

Alla luce di quanto emerso dal suo scritto, appare chiaro che il contributo di Carlino non sia soltanto un saggio di rara lucidità, ma anche una tessera preziosa di una raccolta che intreccia riflessioni e visioni sul futuro della cultura italiana. Un mosaico vivo che ci invita a pensare la cultura come orizzonte di senso, strumento di comunità e promessa di rinnovamento.

 

L’antologia, edita da Historica Edizioni, è disponibile sul sito della casa editrice e nei principali store online

 

 

Clicca sulla copertina del libro 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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LetteraturaSegnalazione Eventi

Grande successo per la presentazione di “Cercarsi dentro” di Norella Pujia

 

 

Grande successo per la presentazione di Cercarsi dentro di Norella Pujia

 

 

 

 

Un tributo sentito e partecipato a una donna che ha lasciato il segno nella scuola, nel volontariato, nella cultura e nella vita di chi le è stato vicino.
 
 
 
 
 
di Redazione  |07|08|2025|
 
 
 

Si è svolta con straordinario successo di pubblico la presentazione del libro Cercarsi dentro di Norella Pujia, a cura del Circolo Culturale Rossanese e con il patrocinio del Comune di Corigliano Rossano

L’evento, tenutosi nel suggestivo Chiostro del Palazzo San Bernardino nel centro storico di Rossano a Corigliano Rossano (CS), ha rappresentato non solo un appuntamento letterario di rilievo, ma anche un intenso momento di memoria condivisa, affetto e riconoscenza.

 

La grande partecipazione di pubblico è stata il segno tangibile del profondo legame che Norella Pujia ha saputo costruire nel tempo con la comunità, grazie alla sua attività di insegnante, al suo generoso impegno nel volontariato e alla sua presenza appassionata nel mondo artistico-letterario, in cui era molto attiva. Socia del Circolo Culturale Rossanese, partecipava con entusiasmo a numerosi gruppi poetici, lasciando ovunque una traccia luminosa di sé.

 

 

 

Determinante per la riuscita della serata è stata l’ottima organizzazione a cura del presidente del Circolo, Antonio Guarasci, che ha coordinato con competenza gli interventi e introdotto i vari relatori in un programma ricco e articolato: interventi critici, letture poetiche tratte dal libro, testimonianze emozionanti, proiezioni video e delicati accompagnamenti musicali, curati da Cesare Sisca, hanno scandito il ritmo di un evento rifinito nei dettagli.

 

I saluti istituzionali sono stati affidati al Sindaco Flavio Stasi e all’ex Consigliere comunale Liliana Zangaro, la quale ha lasciato intendere che il Comune intende avviare un’iniziativa dedicata alla memoria di Norella Pujia, a conferma dell’impronta importante che ha saputo lasciare nella vita culturale e sociale della città.

 

Tra gli ospiti, Salvatore Bugliaro, prefatore del libro, ha offerto un excursus puntuale e approfondito sull’opera, soffermandosi sia sulla struttura che sul contenuto critico, restituendo con grande chiarezza la visione poetica dell’autrice.

 

 

Nicola Candiano, nipote di Norella, ha proposto un intervento intimo e personale, mettendo in luce la figura umana dell’autrice, la sua sensibilità e la sua dedizione agli altri.

 

 

 

Francesco Filareto ha invece delineato un interessante parallelismo tra la scrittura poetica di Norella Pujia e la filosofia, interpretata come percorso di consapevolezza e ascolto interiore, offrendo una lettura riflessiva della sua voce poetica.

 

 

Molto toccante anche la poesia letta da Margherita Belgrado, cara amica dell’autrice, che ha voluto omaggiare un legame profondo, lungo oltre quarant’anni e interrotto all’improvviso, lasciando una ferita carica di nostalgia e affetto.

 

 

Giuseppina Irene Groccia, editrice del libro per L’ArteCheMiPiace, ha espresso con commozione il rammarico di non aver potuto vivere insieme all’autrice il finale di un progetto che avevano immaginato e iniziato a costruire insieme, sottolineando con gratitudine il gesto d’amore del marito e delle figlie di Norella, che hanno voluto fortemente vedere realizzato il suo sogno.

 

La lettura di una delle poesie centrali del libro da parte di Giacomo Lauricella ha offerto un momento sentito e partecipato. Insieme a lui, anche le lettrici Angela Campana, con una poesia espressiva e toccante, e Rosalba Converso che hanno contribuito a dare voce viva ai versi dell’autrice. 

 

In chiusura, è intervenuto anche un commosso Saro Polimeni, presidente dell’associazione di volontariato Insieme, realtà nella quale Norella Pujia ha offerto il suo contributo con dedizione e generosità, distinguendosi per la profonda umanità e lo spirito di servizio che la caratterizzavano.

 

Le proiezioni video, accompagnate da immagini che ripercorrevano i momenti salienti della vita di Norella, hanno ulteriormente commosso i presenti, restituendo quasi la sensazione che lei fosse lì, tra il pubblico, a condividere ogni istante della serata.

 

A concludere la serata, i saluti di Valeria, figlia dell’autrice, che ha espresso con voce commossa la profonda gratitudine della famiglia, ringraziando tutti i presenti senza tralasciare nessuno. Insieme al padre Gianfranco Federico e alla sorella Fabrizia, ha assistito con visibile emozione a un omaggio che ha restituito pienamente l’affetto e la stima che Norella ha saputo seminare nella sua vita.

 

 

 

 

Le fotografie  presenti nell’articolo sono a cura di Ercolino Ferraina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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LetteraturaPubblicazioniSegnalazione Eventi

Presentazione del libro “Cercarsi dentro” di Norella Pujia

 

 
 
 
Presentazione del libro 
 
Cercarsi dentro 
di Norella Pujia
 
 
 
 

 

Mercoledì 6 agosto 2025 – Ore 19:30

 

Chiostro Palazzo San Bernardino 
Corigliano Rossano (CS)
 

 

Il Circolo Culturale Rossanese, con il patrocinio del Comune di Corigliano Rossano (CS), è lieto di invitare la cittadinanza alla presentazione del libro Cercarsi dentro, opera prima di Norella Pujia, pubblicata da L’ArteCheMiPiace.

Un libro nato da un intenso bisogno di espressione interiore, frutto di un percorso personale che Norella stava portando avanti con dedizione e passione. Cercarsi dentro è il segno concreto di un sogno a lungo coltivato e quasi giunto a compimento. 

Con affetto e rispetto, i suoi familiari hanno voluto accompagnare alla pubblicazione questo progetto così intimamente suo, rendendolo oggi un dono condiviso con tutti.

Per L’ArteCheMiPiace, questa pubblicazione non ha rappresentato un semplice atto editoriale, ma un percorso vissuto con delicatezza e rispetto, in un’intimità poetica che ha unito l’autrice, anche nella sua assenza, a chi ne ha accolto la voce. Un’esperienza intensa, sentita, a tratti commovente, che ha trasformato ogni pagina in un gesto d’amore e di cura.

 

L’evento si aprirà con i saluti istituzionali del Sindaco Flavio Stasi e del Consigliere Comunale Liliana Zangaro.
 

 

A introdurre e coordinare la serata sarà il Presidente del Circolo Culturale Rossanese Antonio Guarasci, mentre la presentazione critica sarà affidata a Salvatore Bugliaro, curatore della prefazione.
 
Interverranno inoltre Nicola Candiano e Francesco Filareto, con contributi personali e riflessioni sull’autrice e sul significato dell’opera. Accanto a loro, voci amiche si alterneranno in un intreccio di pensieri, ricordi e omaggi poetici. Un tributo corale alla figura luminosa di Norella Pujia, raccontata da chi ne ha condiviso il passo, l’anima e il sogno.

 

Cercarsi dentro va oltre le pagine di un libro. È un atto d’amore che si prolunga oltre ogni parola scritta.

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
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LetteraturaSegnalazione Eventi

La terza tappa del Festival delle LETTeratTURE Storia, identità e memoria collettiva

 

 
 
 
 

La terza tappa del Festival delle LETTeratTURE

 

Storia, identità e memoria collettiva

 

 

 

 

Il Festival delle LETTeratURE  prosegue il suo cammino culturale sul lungomare di Mirto Crosia (CS) con un nuovo appuntamento in programma per venerdì 25 luglio alle ore 21, che vedrà protagonisti studiosi e autori impegnati in una tavola rotonda dedicata alla storia locale e al rapporto tra memoria dei luoghi e identità delle comunità.

Sarà un’occasione di confronto aperto su alcune domande centrali per la comprensione del territorio: quali elementi hanno definito nel tempo la struttura economica, sociale e demografica di Crosia? Qual è l’eredità storica della presenza arbëreshe nella Calabria ionica? In che modo i monaci orientali hanno lasciato traccia nel tessuto culturale e spirituale dell’area nel corso del Medioevo? Quale fu il ruolo dell’Ordine cistercense nella costruzione dei luoghi sacri tra il XII e il XIII secolo?

A riflettere su questi temi saranno Salvatore Bugliaro, autore di studi sull’Arberia e sulle dinamiche storiche locali, Flaviano Garritano, esperto dell’Ordine cistercense, Francesco Fabbricatore, docente e scrittore con interessi rivolti in particolare alla storia contemporanea, e Maurizio Traversari, autore di saggi divulgativi e docente attivo nella promozione della cultura storica.

A moderare il dialogo sarà Pier Paolo Cetera, direttore del Festival, che guiderà gli interventi con l’intento di stimolare una riflessione sullo stato attuale della ricerca storica nel contesto locale e sull’importanza della memoria come strumento di lettura delle trasformazioni culturali nelle comunità della fascia ionico-silana, dell’Arberia e della Valle del Crati.

La sessione di luglio del festival si concluderà con l’appuntamento di domenica 27 luglio, sempre sul lungomare di Mirto, quando sarà ospite il prof. Domenico Talia, docente di Ingegneria Informatica all’Università della Calabria. Al centro della serata il suo saggio “Giornalisti robot? L’IA generativa e il futuro dell’informazione” (Guerrini e Associati Editore), dedicato all’impatto dell’intelligenza artificiale sul mondo del giornalismo e dell’informazione contemporanea.

Due serate, due linguaggi, quello della storia e quello della tecnologia, per continuare a costruire un festival che mette al centro il sapere, la memoria e l’evoluzione dei linguaggi culturali.

 

 

Il Festival delle LETTeratTURE è supportato dalla media partnership di L’ArteCheMiPiace e ContempoArte Magazine, realtà da sempre attente alla promozione culturale e alla valorizzazione dei linguaggi dell’arte e della scrittura.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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IntervisteLetteratura

FRANCO EMILIO CARLINO – UNA CONVERSAZIONE CON UN CUSTODE DEL TEMPO

 

FRANCO EMILIO CARLINO


UNA CONVERSAZIONE CON UN CUSTODE DEL TEMPO

 

 

 

 

 

 

di Giuseppina Irene Groccia |08|Luglio|2025|

 

Ci sono personalità che, nel silenzio operoso di una vita spesa tra l’insegnamento, la scrittura e la memoria storica, riescono a restituire interi frammenti d’identità collettiva a territori spesso dimenticati. Franco Emilio Carlino è una di queste figure rare. Docente appassionato, studioso scrupoloso, narratore della Calabria più autentica, ha dedicato decenni alla valorizzazione della cultura locale, muovendosi con scrupolosa attenzione tra documenti d’archivio, genealogie nobiliari, tradizioni popolari e pagine scolastiche.

Nel suo lavoro, ogni borgo diventa racconto, ogni nome di famiglia traccia un albero di memorie, ogni fotografia restituisce dignità al tempo passato. Da Mandatoriccio, suo paese natale, fino a Rossano, sua città d’adozione, Carlino ha intrecciato saperi, emozioni e dedizione in una produzione culturale che oggi rappresenta un patrimonio vivo, utile non solo alla conoscenza, ma anche alla coscienza del presente.

 

 

 

In questa intervista, abbiamo voluto raccogliere la testimonianza del suo percorso, insieme a una riflessione più ampia sulla responsabilità di tramandare, l’importanza di educare e la necessità, mai come oggi, di raccontare per resistere all’oblio.

 



 

 

Lei ha sempre sostenuto l’importanza di valorizzare le esperienze
per renderle fruibili agli altri. In che modo questa filosofia ha guidato le
sue scelte professionali e culturali, e quali trasformazioni ha osservato in
chi ha potuto beneficiarne?

 

Provo a rispondere a questa prima
domanda, che mi richiama al valore dell’esperienza condivisa cercando di essere
il più esaustivo possibile. Ho sempre pensato, sin dall’inizio della mia
carriera professionale, che le esperienze fatte in qualunque campo, andassero partecipate
rendendole utili e accessibili agli altri. Come arrivarci e affinché tutto ciò
accadesse non è stato semplice. La prima occasione concreta, a incanalarmi su
tale filosofia, fu la mia esperienza ultradecennale alla guida Distretto
Scolastico N. 26 di Rossano, massimo Organo Collegiale della Scuola sul
Territorio di pertinenza, nella veste di Vice Presidente e Presidente.
Terminata questa positiva avventura ritenni giusto lasciare traccia e memoria
di quanto fatto, perché nulla andasse perduto. Decisi, pertanto, di raccogliere
l’esperienza, come testimonianza documentata, in un volume dal titolo: Il
Distretto Scolastico N. 26 di Rossano. Organi Collegiali e Partecipazione
. Il
progetto si rivelò una filosofia vincente in grado di valorizzare quanto prodotto e
realizzato sul campo rendendolo fruibile al personale della Scuola di ogni
Ordine e Grado. Una cronistoria di cui si forniscono le tante attività realizzate tra il 1988 e il 1997,
che mettono in risalto l’importanza e il ruolo degli Organi Collegiali e la partecipazione della
Comunità scolastica. Questo tipo di approccio, influenzò fortemente le mie
scelte culturali e professionali divenendo apripista per le esperienze future
confluite sempre in apposite pubblicazioni. Basti ricordare i successivi due
volumi: Dimensione Orientamento – Itinerario Teorico Pratico di ricerca e di
documentazione per la prassi dell’Orientamento nella Scuola
e Note di
Politica Scolastica nella Provincia di Cosenza (1997-2001)
.

Il primo raccoglie scritti e documenti sull’orientamento
formativo nella scuola italiana e setaccia la natura del tema, inteso come
consapevolezza di sé e capacità di scelta in ambito scolastico e professionale,
ma anche esistenziale. Al suo interno si possono trovare riferimenti normativi
significativi oltre che esperienze pratiche, insieme all’uso di diari personali
per gli studenti e l’analisi del mercato del lavoro. L’opera dibatte il ruolo
fondamentale degli insegnanti e dei distretti scolastici, sottolineando la
necessità di un orientamento continuo e integrato al curriculum, diretto a
sviluppare le competenze necessarie per affrontare i cambiamenti del mondo del
lavoro e della società complessa, proponendo strumenti e metodologie per la conoscenza
di sé, dei percorsi formativi, e delle professioni. Un lavoro realizzato
insieme al Centro di Orientamento scolastico e professionale di Cosenza in
tutte le Scuole Medie del Distretto Scolastico n. 26 di Rossano, diretto dal
Dott. Mario Pedranghelu. Il secondo volume, invece, presenta una compilazione
di documenti e articoli relativi alla politica scolastica nella provincia di
Cosenza tra il 1997 e il 2001 e documenta la mia esperienza nel massimo Organo
Collegiale della Scuola a livello provinciale, come componente della Giunta Esecutiva.

Relativamente alla seconda parte
della domanda, circa i cambiamenti
osservati
 in coloro che hanno beneficiato di questo
approccio, a distanza di anni posso dire che sono notevoli. Ancora oggi
quell’approccio di esperienza condivisa e quel lavoro di gruppo riescono in
molti casi, per la loro impostazione, a promuovere certamente il valore della
condivisione attraverso le esperienze attuate rimaste positivamente nella
storia della scuola distrettuale di Rossano per i numerosi valori promossi.   

 

Nel corso della sua lunga carriera nella scuola e negli Organi
Collegiali ha vissuto una fase cruciale della trasformazione dell’istruzione
pubblica. Cosa rimpiange di quel modello di partecipazione e cosa, invece,
crede possa essere ancora attualizzato oggi?

 

Questa seconda domanda mi invita ad una profonda riflessione sull’evoluzione
della scuola pubblica, da me vissuta in oltre 37 anni di carriera,
richiamandomi in modo particolare alla mia esperienza di partecipazione attiva ai cambiamenti del
sistema educativo attraverso la partecipazione agli Organi Collegiali. Come già
accennavo, la risposta sta nel primo volume dove sono raccolte e illustrate le
numerose e straordinarie iniziative e
progetti
 promossi dal Distretto, come corsi di formazione,
concorsi ambientali, attività sportive e seminari su temi sociali e pedagogici,
evidenziando la forte intesa e collaborazione
con enti locali del tempo e le associazioni
 per il
miglioramento dei servizi scolastici e il sostegno agli studenti. Iniziative
dalle quali emerge forte l’impegno del Distretto nel promuovere la partecipazione democratica e
come questo affrontò le sfide educative e sociali del territorio.

Per rispondere anche in questo caso
al suo secondo punto di domanda le dico che non posso nascondere che io stesso
rileggendo quel volume, ancora oggi vengo sollecitato dall’interrogativo se
quanto fatto in quegli anni, sostenuto da molti come una pagina scolastica
unica di grande valenza e interesse per tutta la scuola e la Comunità del
nostro territorio, possa ancora oggi, la stessa, essere ritenuta valida e come
punto di riferimento per la scuola di oggi, la risposta è decisamente sì. La riflessione
mi invita a rispondere che per molti versi, guardando l’evoluzione della scuola
di oggi, molti sono i rimpianti
relativi ai modelli di partecipazione passati, probabilmente
non sufficientemente valorizzati dalla stessa politica scolastica che ha
cercato a tutti costi di scardinare un settore che stava diventando un fiore
all’occhiello della scuola italiana e che via via si è perso per mancanza di
risorse ed anche perché alcuni spazi riservati alla scuola sono stati occupati
impropriamente dalla politica, entrata a gamba tesa nella Scuola anche
attraverso un processo di autonomia non propriamente condiviso dalle diverse
componenti scolastiche. Il mio pensiero vola al
clima di scontro sul tema della razionalizzazione della rete
scolastica e del dimensionamento instauratosi tra le rappresentanze della scuola
e il Consiglio Provinciale di Cosenza dove quest’ultimo fece prevalere la
logica dei numeri, attraverso le indicazioni che arrivavano dal Governo di Roma,
a discapito delle esigenze e le identità delle singole scuole sul territorio. In
quel periodo, se non ricordo male io stesso scrissi un articolo che descriveva
molto bene il nostro sentimento di malcontento, raccontando il senso di
smarrimento, di perdita di identità a causa di una fusione, che allora, ricordo,
riguardò la Scuola Media di Piragineti-Amica, e che ebbe un’amara conclusione
in quanto la logica dei numeri prevalse sulle persone.

 

 



 

Il suo impegno nell’UCIIM dimostra un legame profondo tra
educazione e valori. Come si può coniugare oggi, nella scuola laica, una
formazione che non rinunci all’etica, alla responsabilità e alla dimensione
spirituale del docente?

 

L’esperienza ultratrentennale nell’UCIIM,
mi ha portato a rivestire ruoli di fondamentale importanza come la presidenza
della Sezione di Mirto Rossano e la presidenza Provinciale nel territorio
cosentino. Sono stati anni densi di significato e di attività che hanno messo
in luce un modo nuovo di operare, forse non sempre adeguatamente apprezzato e
condiviso, ma che per quanto mi riguarda, portò a notevoli risultati. Molte
cose sono state fatte ed in particolare un allargamento della presenza
uciimina, su un territorio fino ad allora arido e non sufficientemente arato, che
portò alla fondazione di tre nuove sezioni: Cassano allo Jonio, San Marco
Argentano e Lungro. Un progetto ispirato da una filosofia di collaborazione
vera e non subalterna, che riuscì a legare significativamente il mondo
scolastico provinciale e l’associazionismo cattolico attraverso un costante
dialogo con la Chiesa e Vescovi dei territori coinvolti. Una scuola di laici
cattolici che chiedeva il supporto ai propri vescovi per condividerne il
progetto. Da questa interessante esperienza che diede  i suoi frutti in termini di numeri e di
qualità di servizio, venne come le precedenti, documentata in alcuni volumi: (Profilo
di una Sezione – 25 anni al servizio di una comunità scolastica (1978-2003) –
La memoria per progettare il futuro
, Grafosud, Rossano 2004; Percorsi –
Le attività della sezione giorno dopo giorno (2002-2007) – Bilancio e cronaca
di un sessennio
, Grafosud, Rossano 2007; Tutti i Soci della Sezione
(1978 -2008) – Attività di ricerca e documentazione,
Ferrari Editore,
Rossano 2009, altri volumi inediti e numerosissimi articoli) dai quali affiora
in maniera vincente l’importanza di essere
riusciti ad integrare etica,
responsabilità e spiritualità
 pilastri della formazione
del docente cattolico via via, per quanto possibile, trasferite nell’educazione
contemporanea. Inoltre, da laico, rispettoso dei valori dello Stato e contemporaneamente
cattolico, mi sono sempre interrogato su come la scuola laica potesse carezzare queste
dimensioni, essenziali per la formazione dei docenti. Devo dire che l’impegno dell’UCIIM,
nel nostro territorio è stato molto importante per la formazione di intere
generazioni di docenti ed è stato un esempio concreto di esperienza sul campo
che ha saputo unire educazione e
valori
. La questione centrale ora rimane come mantenere questo
positivo connubio venutosi a creare. Questo coinvolge la
formazione dei nuovi docenti cattolici
che devono, senza rinunciare all’etica, alla responsabilità e alla loro dimensione
spirituale, coniugare anche una loro

crescita personale e morale secondo
un nuovo modo di fare formazione in un contesto educativo centenario, che a me sembra, in questo momento, alquanto
problematico e inadeguato alla luce anche delle nuove sfide imposte
dall’intelligenza artificiale.

 

Negli ultimi anni la sua attività di ricerca ha fatto luce su
angoli poco esplorati della storia calabrese. Secondo lei, quale valore ha oggi
la microstoria e perché è fondamentale per la costruzione di un’identità
collettiva forte, specie nei piccoli centri?

 

La ringrazio per questa domanda,
perché mi offre l’occasione di affrontare concretamente la questione e
l’importanza della microstoria o come comunemente viene detta ‘storia locale’.
Entrando nel merito della domanda, anche in questo caso, devo dire che la
filosofia che mi ha spinto a fare ricerca su angoli poco esplorati della storia
calabrese poggia su due pilastri. Il primo è l’idea di un v
iaggio nella Storia, con finestre che si dischiudono
sui territori di pertinenza cercando di coglierne ogni minimo particolare. Spaccati
storici che descrivono e portano all’attenzione del lettore un enorme parte del
territorio calabrese comprendente le provincie, di Cosenza, Catanzaro e Crotone
nelle quali si riscontrano molti fili conduttori comuni, compreso l’idioma
dialettale. Il secondo pilastro sono le ragioni che mi hanno spinto a fare
ricerca seguendo alcune finalità principali.
La prima finalità riguarda il fine pedagogico essendo stato docente di
scuola media per circa 40 anni questa è influenzata e contaminata dalla
deformazione professionale. Infatti, le mie pubblicazioni privilegiano lo scopo
didattico narrativo e sono tutte finalizzate al coinvolgimento delle giovani
generazioni perché queste si avvicinino il più possibile alla propria storia e
alla riscoperta della propria identità culturale del territorio facendo tesoro
di quanto la stessa storia, in termini di avvenimenti, tradizioni, folklore,
religione, esperienze, monumentalità, arte, beni culturali, archeologia,
economia, agricoltura e altro ancora, ci ha tramandato, elementi fondamentali per la costruzione di quella
solida identità collettiva, specie nei piccoli centri, alla quale la sua
domanda mi richiama. In questo settore, come in quelli precedenti trattati,
numerose sono le pubblicazioni, che invito, per motivi di spazio di consultare
sul mio sito
www.francoemiliocarlino.it

Molte sono dedicate
al mio paese di origine, riguardanti la sua storia, le sue tradizioni, il suo
dialetto;  tante altre a Rossano ed altre
ancora al territorio della Sila Greca e del Reventino Savuto. 

La  seconda
finalità è quella di poter recuperare un spazio adeguato  alla storia locale che non trova nella scuola
di oggi nonostante sia consigliata. I docenti di storia continuano a preferire
l’insegnamento della storia tradizionale secondo i programmi ministeriali.
Spesso si continua a parlare di Fenici e Sumeri, popolazioni a noi lontane, che
si fa fatica a farle comprendere a ragazzi di 11 anni, quando invece dietro
l’uscio di casa nostra, aprendo la porta, abbiamo un mondo vastissimo da
esplorare. Basti pensare a popolazioni come i Greci e i Bruzi, ai nostri
territori ricchi di opere d’arte, di tanti siti archeologici a portata di mano.
Insomma per quanto mi riguarda penso si debba fare storia partendo da vicino
con la microstoria per arrivare lontano allargando via via l’orizzonte e preparando
la mente dei ragazzi a recepire discorsi più complessi. Questo eviterebbe il facile
disorientamento e la crescita di un maggiore amore per lo studio della storia e
il possibile recupero dell’identità nei piccoli centri.

 

 

Dalla storia locale alla genealogia delle famiglie nobili, lei
ricompone storie individuali in un mosaico più ampio. Che cosa può insegnare
oggi la riscoperta delle proprie origini a una generazione che sembra sempre
più sradicata?

 

La risposta a questa domanda è legata
fortemente a quanto sostenevo prima e la
ragione
non riguarda solo la mia persona ma quanti hanno il desiderio di conoscere le
proprie origini. Io credo sia desiderio di chiunque conoscere a fondo da dove
proveniamo, i nostri antenati, come pure le testimonianze, il viaggio che
abbiamo fatto, per mezzo di chi ci ha anticipato e dove siamo arrivati, oppure
quali sono stati i personaggi principali della nostra storia ed ancora chi
erano coloro che ci hanno organizzato come comunità e cosa facevano, quanto
hanno condizionato e segnato la nostra personalità, ed infine le vicende e le
influenze storiche che ci hanno riguardato. La voglia di apprendere, che
fondamentalmente è e rimane la sostanza della nostra ragione, non ci deve mai
abbandonare, anzi va sostenuta e alimentata continuamente allo scopo di fare
memoria comune del nostro passato per immaginare positivamente il nostro
futuro.

Detto ciò viene
da se che il passo dalla storia locale alla genealogia delle famiglie diventi passaggio
obbligato per lo studio e la ricerca poiché il tema della riscoperta delle origini personali e
il suo significato nel mondo contemporaneo assume un valore forte per tutti
singolarmente e per una comunità in generale. Sono passato dalla storia locale
alla storia biografica individuale e dalla storia locale alla genealogia
nobiliare in maniera naturale. In questo settore numerose sono state le mie
pubblicazioni, che ovviamente in questa sede non posso citare tutte, ma la loro
realizzazione mi ha permesso di ricostruire un mosaico molto ampio della nostra storia.
Si tratta di Biografia
e storia di alcuni Rossanesi illustri
, Consenso Iure Loquitur, Rossano 2020
e Vita e Opere di Autorevoli Figure Rossanesi, conSenso publishing,
Rossano 2023. Ricerche documentali finalizzate a fare luce sulla vita e le
opere di autorevoli figure rossanesi che nel tempo con le loro imprese, le
opere, l’eroismo, il talento, la testimonianza si sono distinti per merito e
credito, nelle armi, nelle scienze, nella medicina, nella letteratura, nella
religione, nella musica, nella politica, dando prestigio a Rossano, ragione per
la quale mi è sembrato doveroso continuarne a fare memoria. Un’opera dedicata
alle nuove generazioni della Città perché facciano tesoro e memoria
dell’insegnamento di questi grandi uomini, che hanno scritto molte pagine della
storia rossanese oltre che italiana. Relativamente alla genealogia interessanti
sono risultati i lavori di ricerca: La nobile famiglia Montalti di Rossano –
Storia e genealogia
, Grafosud in coedizione con la casa editrice Consenso
Publishing Edizione a tiratura limitata, Rossano 2019 e I Toscano Patrizi
Rossanesi – Storia, genealogia e feudalità
, Luigi Pellegrini Editore,
Cosenza 2020. Opere ovviamente importanti che nel corso della ricerca mi hanno interrogato continuamente sull’importanza di questa
riscoperta sempre finalizzata alla sollecitazione delle nuove generazioni, oggi sempre più percepite come generazioni
prive di radici
. Il passaggio conclusivo mi ha suggerito
che in quest’epoca così priva di veri modelli di riferimento far comprendere le
proprie radici possa risultare un prezioso insegnamento per il nostro mondo sradicato e smemorato.

 

Tra scrittura, fotografia e documentazione lei ha creato un
archivio vivo del suo territorio. Quali criteri segue nel selezionare cosa
merita di essere tramandato, e in che modo riesce a trasformare il passato in
racconto coinvolgente?

 

Interessante la sua domanda. Spero di
essere altrettanto esauriente con la risposta.
La discussione in oggetto  riguarda la modalità di aver attrezzato un voluminoso
e consistente archivio dinamico che
riesce a combinare tre elementi di trasmissione informativa: la scrittura, la fotografia
e la documentazione. Come dicevo nella precedente risposta è possibile trovare
tutto sul mio sito personale
www.francoemiliocarlino.it che tutti  possono consultare e nel quale è presente
tutta la mia vita professionale. In questo è possibile navigare nelle mie quasi
sessanta pubblicazioni, una rubrica nella quale sono catalogati e disponibili
per la lettura circa 500 articoli dal 1988 al 2025, i numerosi eventi
realizzati nel Distretto Scolastico, nel Consiglio Provinciale, nell’UCIIM, una
interessante rassegna fotografica, le diverse escursioni  fatte, alcune pagine
dedicate alla mia Mandatoriccio, altre a Rossano tutte le locandine degli
eventi realizzati che dimostrano lo straordinario impiego di energie durante la
vita professionale e culturale. Un sito costruito artigianalmente ma funzionale
a una semplice consultazione a disposizione di tutti allo scopo di preservare
la storia e la memoria
territoriale
. In quanto catalogato non ci sono criteri
particolari di selezione, ma quanto realmente realizzato con i commenti e la
rassegna stampa relativa ad ogni evento. Tutto, per quanto mi riguarda, merita
di essere tramandato e questo è opportunità di crescita per quanti vorranno
avvicinarsi alla ricerca e allo studio della storia locale, comprenderne la
metodologia adoperata in modo da poter trasformare, come ho cercato di fare io,
il passato in una narrazione
avvincente
. Spero di non essere frainteso, ma ritengo di aver
costruito negli anni, rendendolo accessibile a tutti, un archivio vivente della memoria
locale dove è possibile spaziare dalla scuola, alla cultura, dalla formazione
alla informazione, dall’evento alla fotografia, dal giornalismo alla
pubblicazione ed all’interno del quale storia e memoria territoriale
rappresentano un felice connubio e un’opera da sfogliare, sulla quale
riflettere per andare avanti.

 

Lei parla spesso di “riappropriarsi del com’eravamo”.
Ritiene che la cultura e la memoria siano oggi strumenti di resistenza contro
la perdita di identità? Come possono le nuove tecnologie supportare, o
ostacolare, questo processo?

 

La sua domanda mi sollecita a
ribadire, ancora una volta, la mia idea di recupero della nostra memoria culturale. Un qualcosa che è sempre
presente nelle mie pubblicazioni e punto di riferimento costante dei miei
interventi. Non vi può essere futuro senza memoria. Il suo recupero rappresenta
per me uno
stile, una forma di resistenza contro la perdita della
nostra identità. Il “riappropriarsi del com’eravamo” è quanto già sostengo in
un altro precedente interrogativo, ossia la
ragione
di chiunque abbia il desiderio di conoscere le proprie origini. Da dove
proveniamo, il viaggio che abbiamo fatto e quanto ha riguardato e segnato la
nostra personalità e quindi la nostra formazione. La nostra vita deve essere un
continuo interrogarsi su come la cultura e i nostri ricordi possano adoperarsi o
possono essere strumenti per preservare il senso di sé e rafforzare il senso della
nostra appartenenza ad una comunità viva, insomma strumenti per non perdere la
nostra identità. E vengo, infine, alla seconda parte della sua domanda, cioè quale
ruolo rivestono le nuove
tecnologie
in questo processo di conservazione identitaria, se
sono in grado di sostenerlo, supportarlo oppure ostacolarlo, se lo possono
facilitare oppure addirittura impedirlo. La mia riflessione, a questo punto,
per darle una risposta, non può che concentrarsi quindi sull’intersecarsi dei
diversi elementi che sono artefici di questo processo sempre e comunque in
evoluzione come la memoria, la cultura e appunto l’innovazione tecnologica. Le
prime due, memoria e cultura, per quanto abbiamo detto prima, è scontato che
devono continuamente essere alimentate, nel mio caso le diverse pubblicazioni
sulla microstoria, i costumi, le tradizioni, l’idioma dialettale, la
genealogia, le biografie, né sono un esempio evidente, chi fa cultura fa anche
memoria, fare memoria e preservarla significa salvaguardare il futuro, la nostra
identità. Il terzo elemento, in questo contesto di resistenza culturale,
richiama tutti ad una visione nuova quale può essere l’uso delle nuove
tecnologie, o l’applicazione dell’intelligenza artificiale che se correttamente
applicate non possono che favorire tale processo e quindi la conservazione
della nostra memoria e il com’eravamo. Per quanto mi riguarda, il mio archivio
vivo, come lei lo chiama, è un esempio di come tutto può essere conservato per
trasmetterlo agli altri. Un domani chi avrà modo di consultarlo credo avrà
molto da ricordare e da elaborare. È come un guardarsi allo specchio, per
continuare a camminare, facendo memoria con l’aiuto della tecnologia allo scopo
di creare una sorta di resistenza culturale.

 

Ha scritto numerosi saggi storici, genealogici e narrativi. C’è
un’opera tra tutte che considera un punto di svolta nel suo percorso autoriale,
un lavoro in cui sente di aver condensato più profondamente la sua identità di
scrittore e studioso?

 

Cerco di dare una risposta a caldo
alla sua domanda di avvio dicendo che tutte le opere di un autore, saggi storici, genealogici e narrativi,
sono importanti ed ognuna presenta le proprie peculiarità. Tuttavia, per venire
incontro alla sua richiesta specifica le rispondo che tra le tante, l’opera che considero un punto di svolta nella mia strada
di autore è il saggio sui Toscano Patrizi Rossanesi. Tra Storia, Genealogia
e Feudalità
, in quanto riassume tutto un lavoro di ricerca fatto in
precedenza e presente, attraverso aspetti diversi presi in considerazione, in
tutti i saggi pubblicati in passato. Inoltre, la suddetta opera si è rivelata  il punto di svolta della mia ricerca futura in
quanto è stata di suggerimento per l’interesse di un lavoro che va ad
incastonare più di ogni altra opera, profondamente la mia identità di scrittore e
studioso, in sintesi l’opera che mi definisce. Inoltre, gli aspetti storici,
genealogici e narrativi si intrecciano a tal punto da far risultare il suddetto
saggio come punto di svolta del mio percorso autoriale poiché in essa vi è la
sintesi che lega la mia attività di autore riflettendone appieno la sua essenza.
Aggiungo anche che fu l’opera per la quale in qualche modo mi sono ritrovato a
far parte, come Socio Corrispondente, della prestigiosa Accademia Cosentina di
Aulo Giano Parrasio, di Bernardino Telesio e di Sertorio Quattromani.   

 

La sua scrittura si basa su una documentazione meticolosa, unita a
una narrazione accessibile. Può raccontarci qual è il suo metodo di ricerca e
quali sono le maggiori difficoltà incontrate nell’accedere a fonti attendibili
per i suoi libri?

 

Rispondendo alla sua domanda sarò
molto sincero. La mia ricerca risulta quasi sempre molto meticolosa e
puntigliosa. Cerco il più possibile di essere rispettoso del lavoro altrui
avendo in questo campo, proprio per la mia accuratezza e precisione in quello
che faccio trovato molte cose fuori posto nelle ricerche altrui. Mi piace
citare quanti vengono coinvolti nella ricerca, evitando però, come fanno in
tanti di inserire nella bibliografia per compiacere testi che con lo studio in
elaborazione non hanno nulla a che fare. Mi piace anche mettere a confronto i
numerosi autori citati anche quando riportano la medesima notizia senza citare
la fonte, proprio per far comprendere come in precedenza tutto era possibile.
Su tale aspetto le faccio un esempio. Fino all’avvento di Internet alcuni
autori o pseudo autori hanno potuto dire di tutto e di più, senza citare le
fonti, e il vasto pubblico dei lettori non avendo la possibilità di fare gli
opportuni riscontri spesso li fece passare come dei grandi storici. Con
Internet questo non è più possibile tanto è vero che molti autori, sbugiardati
nelle loro stesse ricerche, si arrampicano sugli specchi. Ovviamente non manca
ancora chi anche di fronte all’evidenza non si arrende dimostrando una
resistenza fuori luogo. Ma bisogna mettere in conto anche questo, l’apertura
mentale dei singoli soggetti nel campo della ricerca storica produce anche
questi effetti. Fatta questa premessa torno alla sua domanda dicendo che per
quanto mi riguarda una volta tracciato il progetto e come questo va realizzato,
nella sua impostazione e soprattutto nella sua struttura, cerco di raccogliere
le fonti necessarie documentali attraverso i numerosi canali via via
scandagliati, dove ogni notizia viene messa a confronto per comprenderne il più
possibile la sua attendibilità. Le fonti attendibili maggiormente usate che
aiutano il mio metodo di ricerca e le sfide che tutto ciò comporta sono le diverse
biblioteche nazionali o universitarie, i libri di altri autori, gli archivi
storici di Stato e gli archivi privati, quando questo è possibile, gli archivi
di libri antichi, Internet e wikipedia, questi ultimi però con molta attenzione
essendo canali che vanno verificati con attenzione. Le difficoltà incontrate
riguardano i costi della ricerca. Oggi richiedere anche piccole informazioni
alle biblioteche mediante digitalizzazione ha un costo, poi vi sono molte
difficoltà dovute alla consultazione degli archivi, soprattutto quelli privati,
non tutti, infatti, sono propensi a raccontarsi mettendo a disposizione il
materiale in loro possesso. E questa è una nota dolente per la ricerca
riguardante la storia locale, la genealogia e la biografia.  Riguardo alla narrazione accessibile della mia
scrittura, che lei mi conferma nella domanda, ne sono contento, ma non so cosa rispondere,
se non che cerco sempre di prestare attenzione a quanto scrivo e a quello che
scrivo ed anche qui la mia deformazione professionale è evidente. Infatti da ex
docente quando scrivo qualcosa penso sempre di avere davanti i miei alunni, come
quando ero a scuola, il lato debole della catena che deve essere compreso e
aiutato e proprio per questo cerco di essere il più chiaro possibile per mettere
il lettore a proprio agio. Nulla va detto per caso, il metodo scientifico, la
ricerca di supporto e la verifica di ogni cosa sono essenziali in ogni progetto,
lo dico da ex docente di Educazione Tecnica, e quindi anche nella scrittura e
nella scelta delle fonti. La storia non può essere manipolata. Le informazioni
devono essere pulite. Altra cosa è la critica storica dove è possibile
esprimere il proprio pensiero e confrontarlo con quello degli altri. Tutto ciò
forse rende la mia scrittura storica,
basata su una documentazione
meticolosa,
 una narrazione accessibile.

 

Essendo membro di prestigiosi enti culturali come l’Accademia
Cosentina e la Deputazione di Storia Patria, come valuta oggi il ruolo delle
istituzioni culturali locali nel promuovere davvero la conoscenza e
l’inclusione delle comunità?

 

Essere membro di questi prestigiosi
Istituti è un onore. Aggiungerei ai due prestigiosi Istituti citati nella
domanda anche il terzo di cui faccio parte: l’Università Popolare Rossanese.
Queste istituzioni culturali hanno un’importanza notevole sul territorio di
pertinenza e svolgono un ruolo fondamentale a livello culturale nella
promozione della conoscenza e nell’inclusione delle singole Comunità. Il tema
nodale e l’interrogativo centrale a mio parere verte sul ruolo di queste istituzioni e come
queste riescono a promuovere
efficacemente la conoscenza e l’inclusione
 all’interno
delle comunità trasformando la cultura in una vera inclusione sociale,
soprattutto oggi dove sul territorio sono presenti tantissime associazioni che
nelle intenzioni hanno lo scopo di fare cultura, ma non sempre questa riesce a
lasciare traccia, perdendosi per strada.

Come membro delle tre prestigiose
istituzioni citate, si può dire che è tutta un’altra musica poiché quanto si
realizza viene poi tramutato in opportune pubblicazioni scientifiche che
incidono notevolmente sul tessuto sociale e culturale delle Comunità. Basti
dare un’occhiata alle tante pubblicazioni dell’Accademia Cosentina e alle
pubblicazioni annuali dell’Istituto di Storia Patria per la Calabria, oltre
alle numerose manifestazioni culturali per rendersi conto che parliamo di un
livello molto alto di come si fa cultura. Non di meno è il ruolo che riveste
l’Università Popolare Rossanese, del quale oggi rivesto anche il ruolo di
Segretario, che nonostante le numerose difficoltà oggettive alle quali per
tanti motivi ha dovuto far fronte ultimamente, come la mancanza 
di una sede adeguata, l’arrivo del
Covid e la carenza di risorse economiche, è riuscita comunque a dare il senso
della sua continuità ultra quarantennale nel campo della proposta culturale,
con una serie di iniziative che hanno coinvolto e interessato la numerosa Comunità
della nuova città di Corigliano Rossano. Anche per questo Istituto vale la
scientificità degli atti proposti da parte del Comitato Scientifico. Numerose,
infatti sono state negli anni le pubblicazioni realizzate, comprese le due mie
pubblicazioni:
L’Università Popolare di Rossano – Le Opere e i Giorni
(1979-2014)
nella quale sono raccolte tutte le attività dei primi
trentacinque anni di attività e
L’Università Popolare di Rossano –
Cronologia degli argomenti trattati
(1981-2016)
nella quale sono adunate le attività del successivo
biennio insieme ad altre attività realizzate ma non inserite nella prima
pubblicazione. Un’attività che certamente avrà un suo seguito con una ulteriore
pubblicazione per raccogliere quanto fatto negli ultimi dieci anni di attività.

 

Nel campo della narrativa ha esplorato temi più personali e
intimi. Che cosa le consente la scrittura letteraria che la ricerca storica non
le permette? Quale libertà narrativa sente più autentica quando passa dalla
storia alla fiction?

 

I miei approcci con la narrativa, come lei dice, mi hanno
permesso di esplorare temi più personali. Tre brevi saggi
Il profumo dell’erica…, Alcuni giorni al mare… e Aspettando il
Natale
…, sui quali mi sono concentrato liberando la mia fantasia che hanno
trovato spazio in tre distinte antologie di narrativa di AA.VV., mi hanno offerto una maggiore libertà espressiva, un
aspetto, meno accessibile avuto nella storia. La scrittura letteraria, rispetto
a quella storica, mi ha certamente permesso una maggiore libertà, consentendomi
un maggiore spazio nell’uso della narrazione cosa che invece la scrittura
storica non consente in quanto basata sulla ricerca delle fonti che hanno
bisogno di essere visionate, analizzate e convalidate. Tuttavia questo
passaggio, per i miei studi lo definirei esplorativo poiché mi ha concesso di evidenziare
un cambiamento significativo nel modo di operare  consentendomi di mettere in luce un passaggio
tra ii diversi generi letterari e le differenti possibilità nell’affrontare le diverse
tematiche.

 

Ha dedicato una vita a valorizzare la memoria, l’educazione e la
cultura del territorio. Guardando ai giovani oggi, che tipo di eredità desidera
lasciare e quale prospettiva culturale considera la più urgente per il futuro
della Calabria?

 

Ho dedicato tutto me stesso, spesso
sacrificando anche gli affetti personali, alla promozione dell’insegnamento, dell’educazione, della
formazione dei docenti, della scuola nella sua globalità, come dicevo
all’inizio, anche attraverso la mia attiva partecipazione negli Organi
Collegiali della Scuola, e soprattutto negli ultimi trent’anni, riservando gran
parte del mio tempo all’affermazione della cultura locale e alla ricerca della
memoria delle nostre Comunità e allo studio del territorio della Sila Greca,
del Cosentino e della Calabria dedicando numerosi volumi alle nuove
generazioni  sollecitandoli ad andare
fieri
delle loro tradizioni, della loro cultura, della loro lingua e delle loro
origini. Spero, intanto, che il mio percorso educativo e di formazione sia per
loro un esempio. L’eredità che desidero venisse in qualche modo raccolta è
quella che le nuove generazioni trovino alternative giuste, forse quelle che
non siamo riusciti a trovare noi,  per
dare una prospettiva culturale più pressante al futuro della
Calabria e del nostro territorio
. L’impronta culturale presente nelle mie pubblicazioni di
per se è già un messaggio forte e può quindi essere un richiamo per le priorità
di domani, sfide personali che personalmente percorro ancora tutti i giorni per
dare una continuità culturale e un futuro alla nostra amata terra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura eminente nel panorama culturale calabrese, Franco Emilio Carlino incarna da decenni un modello di impegno civile e pedagogico fondato sulla valorizzazione della memoria, della partecipazione e del sapere condiviso. Docente di lunga esperienza, animatore instancabile degli Organi Collegiali della scuola pubblica e protagonista di rilievo nei movimenti per l’orientamento scolastico e la formazione democratica, Carlino ha saputo intrecciare il rigore dell’analisi istituzionale con una sincera dedizione al territorio e alla sua storia. Presidente del Distretto Scolastico n. 26 di Rossano e componente del Consiglio Scolastico Provinciale di Cosenza, ha sempre concepito l’impegno educativo come responsabilità collettiva, promuovendo, attraverso studi, pubblicazioni e progetti concreti, una scuola capace di ascoltare, includere e trasformare. Studioso attento della storia locale e della genealogia nobiliare, accademico e uomo di associazionismo culturale (tra cui l’UCIIM e l’Università Popolare di Rossano), Carlino ha saputo costruire un ponte fra la riflessione storiografica e la testimonianza attiva, dando voce a una visione pedagogica fondata sulla consapevolezza identitaria e sul dialogo intergenerazionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 

 

 

 

 

 

 

 

La sezione Interviste del nostro blog ospita periodicamente artisti, galleristi, critici d’arte, letterati e autorevoli operatori culturali, selezionati per la loro capacità di offrire contributi significativi alla valorizzazione e diffusione di temi rilevanti nel panorama artistico contemporaneo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Versi che illuminano il tempo – A Maurizio Martena e Jeton Kelmendi il Premio Internazionale Roberto Farina 2025

 

Versi che illuminano il tempo

 

A Maurizio Martena e Jeton Kelmendi il Premio Internazionale Roberto Farina 2025

 

 

 

 

 

 

 

Il primo giugno, presso l’Auditorium della Fornace di Trebisacce, in provincia di Cosenza, si è tenuta la ventesima edizione del Premio Internazionale di Poesia “Roberto Farina”, alla presenza di un pubblico numeroso e partecipe.

A trionfare in questa edizione è stato il poeta Maurizio Martena, con il libro Versi di vita.

 

Il Premio alla Carriera è stato invece conferito al poeta e scrittore kosovaro Jeton Kelmendi, in riconoscimento della sua ricca e articolata attività letteraria.

 

 

Nella sala l’emozione è stata visibile; si respirava un’atmosfera di quelle che  accadono quando ci si aspetta che possano verificarsi degli eventi straordinari che, in questo caso, è stato l’aver posto l’accento sulla svolta che poesia, in tutto il mondo, ha finalmente scaricato le avanguardie tutte tese al linguaggio e non al contenuto e alla bellezza dei versi, per ritornare a una poesia possente di immagini, di liricità, di visionarietà e di verità inseguite sul filo di una immersione nelle grandi verità della vita.

La lettura dei versi ha confermato al svolta e ha sancito una vittoria piena, perché il sentimento non può, né deve mancare mai   quando un poeta rincorre il senso e lo ridona con la forza del suo sentire.

 



 

Il Presidente della Giuria, Dante Maffia, nella introduzione ha focalizzato con eleganza le varie problematiche attuali sul mondo della poesia e ci sono state letture dei versi, sia di Martena e sia di Kelmendi, in italiano, albanese e rumeno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maurizio Martena è nato a Roma il 13 maggio 1965. Vive tra Roma, Latina e la Calabria.

E’ uno degli imprenditori più attivi nel settore agroalimentare; professionista instancabile a livello internazionale, ricco di continue iniziative importanti che non dimenticano mai che è l’umanità che conta e non solo il profitto e che la vita è fatta anche di anima e di sogni.

Un uomo dai grandi ideali che respira l’aria di una fede pura e sincera e fa di lui un uomo del futuro.

Ama naturalmente la poesia e, nel tempo libero, si dedica alla scrittura di versi nei quali raccoglie e sintetizza emozioni e pensieri con una lucidità espressiva di grande rilievo e con calore che conferisce grande potere evocativo, frutto di echi che nascono da lontano, dalla lezione dei classici.

Alcune sue composizioni sono state tradotte in giapponese e rumeno e albanese.

Questo volume sta per uscire anche in lingua inglese.

 

 



  

 

 

Jeton Kelmendi,  nato nel 1978 a Peja, in Kosovo.

Precursore ed esponente rappresentativo della poesia albanese moderna, è scrittore, saggista e giornalista per vari giornali albanesi ed esteri.

Laureatosi all’Università di Bruxelles, ha conseguito master e Dottorato in diplomazia e politica internazionale.

È professore alla AAB University e membro attivo dell’Accademia Europea di Scienze, e Arti di Salisburgo. Le sue raccolte approfondiscono la lirica dell’amore, del conflitto nel quale ha combattuto durante la guerra in Kosovo e la realtà dei nostri tempi; le sue poesie sono state tradotte in trenta lingue.

Jeton Kelmendi ha pubblicato 4 libri in italiano:

“Quando dormono i risvegli”,  Dicembre 2023

“Nella casa dell’anima”,  Settembre 2021

“L’età mitica”, I Quaderni del Bardo Edizioni,  2019

“Tra realtà e sogno”, Quorum edizioni, 2019

Alla bellezza della sua poesia che sa coniugare cultura e umanità, sentimento e saggezza con ammirevole abilità linguistica toccando tematiche diverse ma sempre

dense di umori palpitanti, di scatti lirici colti a volo e addomesticati a una forma di racconto di cui in Italia il maggiore e sponente è stato Cesare Pavese. 

 

 

 

 

 

 

 

 

Naturalmente dentro una realtà nuova e diversa e fortemente radicata in ragioni etiche ed estetiche di respiro universale comunque partendo dalle radici della sua terra.

I versi di Kelmendi sono il frutto di esperienze e di visioni che s’intrecciano in un amalgama perfetto per raggiungere un dettato poetico di rara freschezza e di raffinatezza e lasciano nel lettore un’eco vasta e solenne, uno strascico di vita che palpita nella parola e porta nella divinità del sogno.

 

Per questi motivi, la Giuria del Premio Roberto Farina, composta da Dante Maffia, Presidente, e da Anila Dahriu, Simona Stancu, Franco Maurella e Marco Onofrio, all’unanimità assegna a Jeton Kelmendi il Premio Roberto Farina alla carriera con l’augurio che il poeta raggiunga sempre maggiori approdi e importanti riconoscimenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 

 

 

 

 

 

 

 

 

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