L’ArteCheMiPiace – Pattern
L’INVOLUCRO SCENEGGIATO: L’OGGETTO SI CONFRONTA COL SUO DOPPIO
Mai l’opera d’arte è stata così inquietante! Sottogenere della satira e della comicità; rappresentativa dei dati ultimi dell’umanità e del singolo individuo. E ancora, struttura rovesciata ed eversiva del sentimento estetico-valoriale nel processo di universalizzazione dell’arte.
L’arte moderna è un grande carnevale – scriveva Mario Vargas Llosa, scrittore e drammaturgo peruviano.
Parole forti di un genio della letteratura e grande compositore di arte drammatica, ideologo, che evocano la bruttura della bruttezza. Ma siamo sicuri che l’orrendo, come lo descrive Vargas, e che si fa spaziale, quasi eterno, in una società mondiale in continua evoluzione, venga percepito soltanto come esibizione, teatralità scenica, involucro cartaceo o materico?
Ebbene, queste riflessioni, che guardano l’oggetto che si confronta col suo doppio, come “giocattolo oscurato” che diventa “giocattolo nascosto” o “giocattolo celato”, se il contesto scenico si riferisce al nascondere o rendere invisibile il giocattolo, rendono l’idea delle contraddizioni e della desertificazione espressiva e rappresentativa. Se invece si parla di oscurità fisica totalizzante, come una stanza buia, si potrebbe usare il termine “giocattolo nel buio” o “giocattolo al buio”.
Fuori dalla metafora si può ipotizzare che, la confusione
del “capitalismo artista”, come lo definiscono buona parte degli intellettuali,
critici e curatori, ha creato un cosmo trans/estetico. Una sorta di “totem
arabeggiante”, dove si mescola di tutto: arte, moda, avanguardie, teatro,
fotografia, sagre, talento, furbizia, creatori e mezzibusti. Tutto diventa arte
senza esclusione alcuna. Con un assalto spregiudicato, o come si marca oggi,
una folata di estetica fulminante, che con le sue “battute” riesce a rendere
canzonato il gesto pittorico. Una contaminazione ormai virale, che ha coinvolto
sia la cultura d’oriente che l’establishment del pensiero pensante d’occidente.
Questo, ha portato su scala internazionale, una sorta di concetto unico
globalizzato di matrice anglo-americana che ha contagiato tutta la geopolitica
e la governance dell’arte mondiale; una sorta di detention museoart la quale
lascia poco spazio alla ricerca delle immagini, come volano e scienza della
comunicazione estetizzante umana, servendo su un vassoio dorato quello di cui
il mercato desidera in questo momento.
In base a queste riconsiderazioni, si
denota che, l’approccio visivo ed emotivo di un’opera d’arte è diventato
secondario, quel che conta è la rivoluzione dinamica del corpo-artista, per
ottenere l’effetto scioccante nella comunicazione. Per cui la curiosità
dell’osservatore non è più l’oggetto rappresentato, ma si sposta sul terrore
demagogico di chi lo rappresenta o lo configura.
Del resto, oggi, chi osa
contrastare o raffrontare la legge dell’apparire, impregnata di populismo
enfatizzato e disinvolto, viene infamato, disonorato, etichettato come
inopportuno, ingenuo e fuori tempo.
Riesaminando così le varie figure e la loro evoluzione della pratica
artistica, ripercorrendo le traiettorie dell’arte otto-novecentesca, da cui ha
preso avvio la “caduta”, se di caduta si tratta, è bene che si faccia una
riflessione sulla storia dell’arte, a partire dalle nuove poetiche espressive,
come il progresso romantico, sino ad oggi. In sostanza, mescolando arte e
decadenza, l’artista si snatura, disintegra le proprie intenzioni per inseguire
a tutti i costi la contemporaneità, cercando spunti e analisi più profondi per
le sue creazioni. Ecco allora che, da una parte troviamo la ricchezza aura dell’arte,
come espressione umana, dall’altra il “già fatto” (Marcel Duchamp), il padre
della provocazione, che aveva capito come cucinare l’aria fritta e l’arte
precotta, e “il signore delle mosche” (Damien Hirst) che per un verso espone i
quadri con palline colorate, dall’altro lato la testa di mucca in una scatola
di vetro divorata da mosche e vermi.
Damien Hirst
Entrambe le idee estetizzanti, analizzano due visioni
differenti e controverse, la prima si immerge nel senso del mondo, indagando lo
spazio e la bellezza, la seconda, mediante alchimie raffigura un mondo al
contrario, naufragando nell’oceano del relativismo artistico, negando verità
assolute del mondo, superando i confini dell’altro tempo.
Ma volendo considerare le varie eccezioni,
l’apparato normativo che è tutta la storia fino a ora, la forza dell’arte
rimane quella di oltrepassare l’io il tu, il noi, ed entrare nell’epiruranio,
oltre i cieli, dove l’immagine, qualsiasi essa sia, occupa quel luogo che
consente l’accesso alla visione e all’immaginazione. E’ come una soglia tra un
di qua e un al di là, o dall’altra parte. Due confini che si nutrono della teoria
degli opposti, che si connettono e si coniugano nel descrivere l’arte nella
vita e la vita nell’arte.
Pertanto, gli
affondi rivolti alle opere di contemporanei come, Maurizio Cattelan, Marina
Abramovic, Jeff Koons, Charles Ray, Damien Hirst dalla critica mondiale,
acclara la loro indipendenza dalle convenzioni. Un processo di autonomia che
riflette i cambiamenti del pensiero in arte, svincolandosi dai limiti
tradizionali. Si tratta di banalità? Di appiattimento delle forme espressive?
Disartizzazione? Come la definisce, Theodor Adorno. Controverse e stimolanti
domande che convergono lungo uno spazio pittorico e vitale malleabile,
elastico, sintetico, scatolare, che sfidano le leggi della gravità
artistica. Ecco allora che si arriva
dove l’arte non può arrivare. Ovvero, la morfologia si arrende davanti al
concetto umano, inanimato, disintegrandosi.
E’ la modernità, l’artificio intelligente, che domina la
seconda parte del terzo millennio. Oggi esiste l’alter ego digitale. Una sorta
di avatar che si trasforma nell’immagine di un utente spesso creato in forma
bidimensionale o tridimensionale, che lo identifica in un ambiente virtuale.
Una sorta di divinità, assumendo forma umana. (La lettura)
Stiamo discutendo del nuovo progetto digitale
<<MAE>> (Marina Abramovic Element), che anticipiamo come prossimo
approfondimento sul Blog, dove la performer ancora una volta utilizza il corpo
come resistenza, strumento e soglia. Questa volta in forma immateriale,
fondendo web, intelligenza artificiale e mitologia personale. “Ma se la
performance è nata dall’esistenza della carne, chiede la giornalista,
intervistatrice di Marina Abramovic, può ancora dirsi arte, quando quella carne
è diventata codice digitale? Questa domanda che oltrepassa i confini logici,
interrogandosi sullo “statuto” metamorfico della produzione estetica, come pure
dai limiti e dalle condizioni che determinano e caratterizzano la materia
concreta, sprovvisti da un’entità materiale o sensibile, sarà oggetto di
riflessione al prossimo confronto.
PATTERN,
rubrica di approfondimento culturale, ritorna puntualmente, in questo
<<diario in rete>>, a settembre, ospitando vari contenuti inerenti
le arti visive, tra cui notizie e informazioni, o semplicemente pensieri
dell’autore.
Buona estate
Prof. Mimmo Legato
Esperto di Arti visive
24 Luglio 2025
Copyright • Tutti i diritti riservati. Vietata la
riproduzione
MIMMO LEGATO
Mimmo Legato, teorico, artista, esperto di arti visive, curatore, Docente, è uno dei protagonisti della ricerca artistica ed estetica italiana. La sua formazione Accademica insieme agli studi di settore, gli hanno consentito conoscenza e competenza nelle attività artistico-culturali. Ha realizzato numerose opere e progetti d’arte con il coinvolgimento di sapienti critici del settore: galleristi, Associazioni Culturali, aree museali, Enti pubblici e privati. Nonché eventi con la collaborazione del MIC, delle Sovrintendenze e delle biblioteche storiche. Ha operato in qualità di artista con l’Istituto Poligrafico e la Zecca dello Stato, Roma, per la diffusione del proprio lavoro. Ha svolto attività artistica ed espositiva in Italia e in Europa con numerose Case Editrici, gallerie, Associazioni Culturali, Residenze Storiche, fra le tante, Giorgio Mondadori, UTET, Italiarts, Editalia, Il Triangolo, Villa Farsetti (Venezia) Citè internationale de Paris, Event Venue Sello Library (Finlandia), Palazzo Corvaja (Taormina), Sovrintendenza Galleria Nazionale (Cosenza). Esperto del paesaggio storico architettonico e delle Città antiche, ha realizzato interventi pittorici e approfondimenti teorici sull’identità, inclusione, ambiente, conservazione, turismo culturale. Nel ruolo di Professore ordinario di Arti Visive, ha curato importanti mostre, diretto e organizzato simposi, seminari, congressi con l’intento di allargare gli orizzonti dell’arte classica, moderna e contemporanea, a confronto. Sempre in qualità di esperto e docente di Arte e Comunicazione Visiva, è stato invitato dalle Dirigenze Scolastiche a sovrintendere progetti sulle competenze trasversali, l’orientamento, la modernità estetica nella società contemporanea. Ha pubblicato una sequenza di testi monografici antologici, “Attraversando l’inconscio”, “Fuori e dentro lo spazio”, “L’unità dei contrari”, “Metà e fisicà”, “Forma luce” sino all’ultimo edito, “Profondità di superficie’’, che uscirà a breve. I volumi, che contestualizzano il suo lavoro, sono inseriti nelle collane d’arte italiane. Ha fatto parte di numerosi Comitati Scientifici nell’ambito museale e culturale. Ha espletato l’incarico di Presidente protempore del Rotary Club Rende. Anche nell’Associazionismo, come service per migliorare positivamente il territorio, tra tanto altro, ha introdotto il pensiero in arte in diverse attività, dall’ammodernamento estetico ed urbano della Città, alla bellezza dei luoghi con l’inserimento di manufatti artistici per il godimento visivo dei visitatori. I mezzi di informazione, sia televisivi che giornalistici sono stati continuamente attenti, al suo lavoro di artista contemporaneo. Invitato in numerose trasmissioni televisive e redazionali, mediante interviste e forum di riferimento, ha sempre portato avanti nei sui commenti, le idee e la creatività connesse con la storia all’interno delle società in continua evoluzione.
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