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Jago Il Rinascimento Contemporaneo

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Jago
 
Il Rinascimento Contemporaneo 
 
 
 
 
 
di Giuseppina Irene Groccia  |22|Agosto|2024|
 

 

Jago!
Un nome altisonante nel contesto dell’arte contemporanea. Un artista capace di attraversare
i confini della tradizione e della modernità in un abbraccio che utilizza il
marmo e i digitali mitologici della nostra era come mai prima! Che cosa dire di
lui? Egli incarna una sintesi espressiva potente, osmosi di passato e futuro.
Alla stregua di un fantomatico Michelangelo che, grazie alla macchina del tempo,
rivive in un’epoca in cui il pubblico non si accontenta più della
contemplazione silenziosa, ma cerca un’interazione diretta e «corporale» con
l’artista.

Jago nasce a Frosinone
nel 1987. Egli incarna una nuova generazione di artisti che non disdegnano i
valori delle tecniche tradizionali, riuscendo a rielaborarle in virtù di un
adeguamento al quotidiano reale nel contesto sociale contemporaneo. Egli
dimostra quanto il marmo e la sua
«unicità» nel panorama dei
materiali nella storia dell’arte, sia in grado di instaurare un dialogo attivo
nella rappresentazione delle problematiche contemporanee.

Il suo background
formativo presso l’Accademia di Belle Arti può essere intravisto come quel seme
che gli ha consentito l’ispirazione di opere di straordinaria intensità. Già nelle
sue prime esposizioni come quella iconica al Palazzo Venezia durante la
Biennale di Venezia nel 2009, si avverte l’aspirazione a superare i confini
convenzionali della scultura, trasformando il marmo in un autentico mezzo di
analisi approfondite. Ad esempio la scultura di Papa Benedetto XVI, premiata
con la Medaglia Pontificia, è un manifesto della sua capacità di coniugare
tradizione e innovazione.

 

Il Guardian lo ha definito
come “il nuovo Michelangelo”: un artista che ha saputo dare un ruolo che
appariva smarrito, alla scultura del ventunesimo secolo. Le opere di Jago pur
rimanendo ancorate alle raffinate tecniche del Rinascimento italiano vogliono
stabilire un dialogo autentico con la quotidianità contemporanea. La scultura è
disciplina nobile ma troppo spesso percepita come un linguaggio superato e
inaridito, finalmente trova in lui una rinascita sorprendente. Al marmo considerato
un materiale
«imperturbabile», egli riesce a
conferire vita e movimento, consentendo all’opera di riacquistare una vitalità ben
immersa nel presente. Questo atto creativo trascende il tempo e fa dialogare la
solidità della pietra con i profondi stati d’animo e le poetiche attuali. È il
merito della sua visione innovativa e del talento straordinario che questa
forma d’arte ha trovato una nuova linfa vitale e un rinnovato
significato. 

 

Jago – “David” 2021

Attraverso l’uso di
tecniche tradizionali fuse con un approccio contemporaneo Jago riesce a
reinterpretare e riconsiderare la scultura, ponendo attenzione non solo
all’aspetto estetico, ma anche a quello interattivo. Ogni sua opera
diventa un invito per lo spettatore a riflettere e a immergersi in un universo
in cui il passato convive armoniosamente con il presente, dove il marmo si
trasforma in un veicolo narrativo capace di raccontare storie di umanità e sensibilità,
rendendo la scultura una affascinante esperienza esistenziale. Il suo sguardo
attento e magnetico si dedica a un’analisi meticolosa dei dettagli, dando vita
a sculture che palpitano di una profonda vita interiore, di autentiche ellissi
di umanità. In questo modo egli ricolloca l’anatomia umana – volti, mani, corpi
– al centro di una narrazione che mescola sapientemente il sacro e il profano.

 

Jago – “Narciso” 2023

Jago concepisce ogni
sua creazione come un ponte comunicativo che collega l’artista con il pubblico.
Le sue opere diventano veri e propri dialoghi tra culture, generazioni e
storie, invitando tutti a una condivisione di esperienze e significati che
vanno oltre il tempo e lo spazio. Ogni scultura diventa un canale attraverso il
quale trasmettere idee e riflessioni.

 

Jago Museum by Tommaso Zijno

In questo processo, l’artista
sfrutta il vasto spazio multimediale e del web. Non a caso è universalmente
noto come “The Social Artist” per le innate capacità comunicative e il grande
successo che riscuote sui social. Nel contesto attuale caratterizzato dalla
rapidità e dalla superficialità dei mezzi di comunicazione, l’artista ha saputo
trasformare i social network in un’estensione del suo studio, condividendo il
processo creativo e instaurando un dialogo diretto con il pubblico. Un pubblico
che lo ama e lo ricompensa con una vincente interazione da fare invidia alle
rockstar più acclamate.

 

Jago – “Apparato circolatorio” 2017

Ed è in questa cornice che
il dibattito si infittisce. La critica è radicalmente divisa: da un lato c’è
chi riconosce in Jago un talento sensibile dal rinnovato virtuosismo;
dall’altro quelli che si distinguono per il loro snobismo accademico,
liquidando il suo impegno come mera operazione di marketing e tacciandolo come un
fenomeno social che al contrario non vuole rendersi conto di quello che sta
accadendo: il suo è un logico percorso di un’evoluzione naturale
dell’arte! Se Michelangelo avesse avuto accesso a strumenti simili, non li
avrebbe utilizzati per amplificare la propria visione artistica? Se
Michelangelo avesse avuto i social media sarebbero diventati uno strumento
naturale nelle sue mani, amplificando la sua voce e la sua creatività in modi
che oggi possiamo solo immaginare! 

 

 

Jago – “Pietà” 2021

A partire dal maggio
2023, la Chiesa seicentesca di Sant’Aspreno ai Crociferi situata nel cuore del
rione Sanità di Napoli ha intrapreso una nuova vita, grazie allo spazio
prestato come museo permanente dedicato alle maestose sculture di Jacopo
Cardillo, in arte Jago. Il giovane scultore vanta un curriculum
prestigioso per le sue partecipazioni alla Biennale d’arte di Venezia fino alle
installazioni esposte in città come Roma e New York. Attualmente, l’artista sta
vivendo un periodo particolarmente proficuo: tra le sue opere più celebri si
annoverano Il Figlio VelatoLa PietàHabemus
Hominem
 (che presenta un busto di Papa Benedetto XVI spogliato) e
opere come DavidVenere e Aiace &
Cassandra
.

Il suo operato
artistico è un’affermazione di grande impatto in grado di stimolare riflessioni
critiche su temi contemporanei. Ogni sua creazione è intrisa di significati,
una fusione tra abilità tecnica con un forte messaggio simbolico. In una delle
sue opere più provocatorie, Monumento al Libero Pensiero,
realizzata nel 2016 e conservata nel Castello di Poppi, Jago ha scelto la
ghigliottina come simbolo del potere oppressivo in riferimento alla figura del
poeta Tommaso Baldassarre Crudeli, il quale ha pagato un prezzo altissimo per
le sue idee. La ghigliottina materiale in legno, marmo e acciaio diventa così
un monito decisivo in merito alla questione fondamentale della libertà di
espressione: proprio la sua distruzione ha ulteriormente reiterato il dibattito
sulla vulnerabilità dell’arte rispetto ai contesti socio-culturali e alle
reazioni pubbliche.

 

 

 

Jago – “Muscolo minerale” 2017

Al contrario, Muscolo Minerale, attualmente esposto
nello Jago Museum, si distingue per una accortezza poetica diversa. In questo
caso Jago esplora il concetto di vulnerabilità e resistenza attraverso il marmo
e il sasso di fiume, creando un cuore scavato che sembra pulsare dentro la
durezza del materiale. Questa riflessione sull’anima umana intrappolata in una
corazza di pietra è un invito a contemplare la delicatezza della vita, rendendo
l’arte un rifugio di forte commozione.

 

 

Jago – “Donald” 2018

Con Donald,
esposta per la prima volta al The Armory Show di New York nel 2018, Jago si lancia
nel campo della critica sociale attraverso un soggetto controverso: un bambino
con l’iconica pettinatura di Donald Trump. L’opera solleva interrogativi sul
potere e sull’innocenza, suggerendo una connessione tra l’infanzia e la
politicizzazione precoce della società contemporanea. La scelta del soggetto permette
a Jago di affrontare il tema della manipolazione dell’identità fin dalla
giovane età.

 

 

Jago – “Venere” 2018

Un altro aspetto
cruciale del lavoro di Jago è il suo approccio innovativo riguardo alla
creazione e alla
«condivisione» dell’arte. Nella
realizzazione della “Venere”, presentata al Museo Carlo Bilotti e
successivamente a New York, egli ha portato il suo pubblico all’interno del
processo creativo, mostrando in diretta e attraverso i social media, i
progressi della scultura: egli rispondendo ai commenti e invitando i suoi
follower a diventare parte dell’esperienza artistica ha dimostrato la
flessibilità comunicativa del gesto artistico. Questa apertura al pubblico
tramite la tecnologia ridefinisce il ruolo di Jago come scultore
«veramente»
contemporaneo,
trasformandolo in un narratore interattivo.

 

Jago – “Venere” (Dettaglio) 2018

La “Venere”
di Jago rappresenta una potente reinterpretazione del concetto classico di
bellezza, capovolgendo le tradizionali aspettative estetiche legate alla
perfezione e giovinezza. In questa scultura sfida apertamente gli stereotipi
convenzionali, incarnando una bellezza che risiede non nella superficie liscia
e impeccabile di un corpo ideale, ma nella profondità e autenticità dell’anima.
La sua Venere è una donna anziana, i cui segni del tempo non sono mascherati,
ma anzi esposti con orgoglio: rughe, pieghe della pelle e imperfezioni
diventano qui testimonianze della vita vissuta, di un corpo che porta con sé la
memoria del passato. L’opera perde la semplice rappresentazione fisica,
divenendo un racconto scolpito in marmo. Le membra che si mostrano affaticate
dal tempo non sono simbolo di declino, ma di resistenza, di una grazia che
persiste proprio perché radicata nella realtà di ciò che è stato. Egli riesce a
catturare l’energia emotiva del tempo che passa, rendendo la decadenza un
simbolo di una bellezza più profonda, fatta di ricordi, esperienze e vita
vissuta. Un dettaglio particolarmente significativo è lo sguardo della Venere.
Gli occhi della scultura sembrano seguire lo spettatore, invitandolo a un
dialogo silenzioso ma intenso. Questo elemento crea un’interazione intima e
magnetica, in cui la scultura non è solo osservata, ma diventa un interlocutore
che racconta una storia, stimolando riflessioni su temi universali come la
mortalità, il trascorrere del tempo e l’essenza della bellezza. Gli occhi della
Venere carichi di vita sono il gesto più eloquente nel trasmettere
vulnerabilità e forza contrapposte.

 

Jago – “Venere” (Dettaglio) 2018

Realizzata con il
prezioso marmo Bianco Lasa/Covelano “Vena Oro”, proveniente dalle Alpi della
Val Venosta, la Venere di Jago beneficia di un materiale che ne amplifica
l’espressività. Questo marmo, noto per la sua grana fine e il colore bianco
traslucido, conferisce alla scultura una luminosità calda e raffinata. Le sue
venature dorate presenti nella variante “Vena Oro” aggiungono un ulteriore
livello di preziosità e suggeriscono una qualità quasi mistica al corpo
scolpito. Il marmo diventa non solo un supporto fisico, ma anche un elemento
narrativo che dialoga con la forma, contribuendo a esaltare il contrasto tra la
durezza del materiale e la delicatezza emotiva che l’opera trasmette.

 

Jago – “Habemus Hominemm” Spoliazione 2009/2016

Habemus Hominemm
è l’opera che ha lanciato la carriera di Jago e ha lasciato un segno nel
panorama artistico contemporaneo. Attraverso il busto di Papa Benedetto XVI
l’artista ha unito reverenza e provocazione, culminando in una performance di
“spoliazione” che rispecchia il tema della vulnerabilità dell’autorità: egli
crea un dialogo sull’ideale religioso messo a confronto con la realtà
contemporanea. L’opera iniziata nel 2009 come un ritratto di Papa Benedetto XVI
ispirato alle celebri opere di Adolfo Wildt si è caratterizzata per forza
evocativa in seguito all’abdicazione del Papa nel 2013. Il giovane scultore si
è spinto al di là delle venerate sembianze papali: in realtà si celava un uomo
da liberare nella sua potente immagine iconica. Questa metamorfosi da Habemus
Papam
 a Habemus Hominem non è semplicemente un cambio
di titolo, ma di prospettiva. Jago invita il pubblico a una riflessione più
profonda sul significato dell’umanità, incarnata in chi detiene il potere. Il
marmo, materiale
«stabile
e all’immortale
»
,
diventa la prigione di una figura che, nonostante la sua imponenza, è intrisa
di vulnerabilità.

 

Jago – “Habemus Hominemm” Spoliazione 2009/2016

L’importanza dell’opera
è stata riconosciuta fin dalle prime esposizioni, in particolare con la
presentazione alla Biennale di Venezia, dove Jago ha esposto alla presenza dell’autorevole
figura di Vittorio Sgarbi. Questo importante evento ha rappresentato una
vetrina fondamentale per l’artista, che ha rivendicato con vigore la sua
presenza sulla scena artistica internazionale, consacrandosi come uno dei
principali protagonisti della scultura contemporanea. Il valore dell’opera è
stato ulteriormente convalidato dal riconoscimento del Papa, il quale ha
conferito a Jago la Medaglia del Pontificato. Un attestato di valore artistico
che evidenzia il dialogo tra arte e spiritualità, un elemento valoriale
artistico che continua a caratterizzare il lavoro dell’artista.

 

Jago – “Il Figlio Velato” 2019

La scultura Figlio
velato
 di Jago rappresenta una potente riflessione sulla morte degli
innocenti nel nostro tempo, incapsulando un messaggio di profonda attualità
all’interno di un’opera dallo straordinario impatto visivo. Scolpita da un
unico blocco di marmo l’immagine del fanciullo coperto da un velo evoca
immediatamente il celebre Cristo Velato di Giuseppe
Sammartino, ma la reinterpretazione di Jago porta il dialogo artistico in una
direzione decisamente al passo con i nostri tempi. Invece di celebrare il
sacrificio di un individuo per la collettività, Figlio velato ci
invita a riflettere sulla fragilità dei più innocenti e sul dolore che spesso
ignoriamo. La scelta di fissare nel marmo una rappresentazione così carica di
significato sociale costringe lo spettatore a confrontarsi con una realtà che,
seppur presente nei dibattiti contemporanei, tende tuttavia a insabbiarsi
nell’indifferenza collettiva.

 

Jago – “Il Figlio Velato” (Dettaglio) 2019

Il lungo processo
creativo che ha condotto Jago lavorare tra New York e Long Island testimonia la
rilevanza della collocazione di tale opera nel contesto del rione Sanità. Si
tratta di una impegnata opera d’arte che lancia un monito, una chiamata al
risveglio delle coscienze e a non voltarsi dall’altra parte di fronte alle
ingiustizie del nostro tempo. Con la sua intensità egli riesce a trasformare il
marmo in un invito al confronto sul proprio ruolo nella società. L’opera Look
Down
concepita durante il lockdown rappresenta simbolicamente l’innocenza
perduta e la fragilità umana in un momento di crisi globale. 

 

Jago – “Look Down” 2020

Si tratta di un’idea
che si configura come un potente grido d’allarme di fronte a una delle realtà
più strazianti della nostra società: la presenza dei senzatetto. Ispirata da
una sua personale esperienza durante una visita a New York nel 2018, l’artista
ha creato una scultura che comunica con immediata incisività l’innocenza e la debolezza
del bambino addormentato, una figura che emerge in contrasto drammatico con la
durezza della vita di strada. L’artista italiano ha recentemente presentato la
sua scultura “Look Down” al Thomas Paine Park di New York, un evento
che ha suscitato grande interesse sia per il valore artistico dell’opera, che
per la presenza di una personalità di rilievo: Caryn Elaine Johnson meglio
conosciuta come Whoopi Goldberg. 

 

 

 

 

In anteprima mondiale al Tribeca Film Festival 2024 “Jago Into the White”

La celebre attrice, doppiatrice e produttrice
cinematografica ha presentato in quell’occasione anche il primo film
documentario, JAGO: Into the White, durante il prestigioso Tribeca
Film Festival di New York. L’opera ha riscosso unanimi consensi.
Successivamente il docufilm è stato proiettato in Italia in due date uniche,
nel mese di giugno in sale cinematografiche selezionate. La partecipazione dell’attrice
e conduttrice televisiva ha aggiunto un elemento di prestigio all’evento,
enfatizzando il potere trasversale dell’arte nel connettere persone di origini
e background professionali differenti.

 

Jago e Whoopi Goldberg inaugurano “Look Down” a New York

Il 17 luglio 2024 infatti in
un clima di grande partecipazione collettiva si è svolta la cerimonia di
inaugurazione, alla quale hanno preso parte numerosi rappresentanti delle
istituzioni locali, artisti, e appassionati d’arte. In questa cornice Jago ha
avuto modo di raccontare il percorso che ha portato alla creazione di
“Look Down”, un’opera che sollecita una riflessione su temi di
giustizia sociale. L’opera in armonioso dialogo con il contesto urbano colpisce
per il suo impatto visivo, e si distingue come invito all’introspezione: vuole
suscitare nel pubblico una risposta che trascende la semplice osservazione
estetica e trasformarla in un’esperienza immersiva toccante. L’opera resterà
esposta fino a ottobre 2024 e offre ai visitatori l’opportunità di riflettere
sul suo profondo messaggio, che vuole essere un richiamo alla responsabilità
collettiva e alla compassione verso chi vive ai margini della società.

 

Jago – “Pietà” 2021

La “Pietà” di
Jago si impone invece come un’opera monumentale e capace di sprigionare una
forza visiva che tocca profondamente l’animo dello spettatore. La scultura,
lucida e finemente dettagliata come un capolavoro rinascimentale ritrae un
padre desolato che sostiene il corpo senza vita del suo giovane figlio. La
smorfia di dolore che traspare dal suo volto è straziante e capace di catturare
la pietà di ogni essere umano. Pur richiamando alla mente la celebre Pietà di
Michelangelo l’opera di Jago la rielabora attraverso le lenti di una realtà
contemporanea, evocando l’eco di un trauma moderno simile a quello di una
fotografia scattata in zona di guerra. Questo dolore universale sembra essere
pietrificato, ma al contempo emana una luminosità che contrasta con la tragedia:
si riflette sull’epidermide dei corpi e nella drammaticità del movimento dei
capelli del giovane morituro.

 

Jago – “Pietà” (Dettaglio) 2021

Jago è un artista che
sa esattamente quale messaggio intende comunicare: non si limita a rendere
omaggio all’eredità del passato, né accetta di osservarla da una distanza
museale. Al contrario la riattualizza, la arricchisce di nuovi significati che si
rivolgono e accendono la sensibilità contemporanea. La sua visione si configura
come una reinvenzione del barocco, nel tentativo di offrire un’opera intrisa da
un potente canto funebre che invita alla riflessione e all’empatia. Con
“La Pietà” Jago non offre solo una rappresentazione artistica del
dolore, ma presenta una meditazione sul valore della vita e sull’inevitabilità
della perdita, unendo la bellezza e la tragedia in un’unica, straordinaria
esperienza. Questo linguaggio artistico attraversa le barriere generazionali,
giungendo sia ai più dotti che alle nuove generazioni, grazie alla scelta
consapevole di rimanere vicino al suo pubblico, piuttosto che relegarsi negli
spazi asettici delle istituzioni museali. Lui non impone la sua arte, la
propone come una conversazione aperta, un’interazione che stimola domande e
suscita risposte.

 

La sua voce artistica
si distingue come imprescindibile in un mondo dove il dialogo tra arte e
società è più che mai essenziale. In un’epoca dominata dalla frenesia e dalla
superficialità, la sua opera invita a una riflessione profonda Rinnova e
arricchisce il patrimonio culturale con una freschezza che comunica in un
linguaggio universale. La sua arte è costantemente aperta alle leggi
dell’equilibrio e della forma che, nel loro insieme, configurano un progetto di
trasformazione della realtà: egli è finalmente divulgatore di principi etici
oltre che estetici.

 

 

 

 

 

 

 

Sito Web JAGO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
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