Con Fondali di corallo (Bertoni Editore, aprile 2025), Rossella Scaramuzza consegna al lettore una raccolta poetica che si presenta come un approdo maturo e consapevole all’interno del panorama lirico contemporaneo. La sua voce, al tempo stesso limpida e vertiginosa, si muove tra le pieghe dell’anima con l’eleganza di chi sa che la poesia può rivelare e non solo descrivere. Nei suoi versi, il mare, da scenario simbolico, diventa materia viva, cangiante, che accoglie e restituisce l’essenza stessa dell’esistenza.
Il corallo, emblema di una bellezza che nasce dalla profondità e dal tempo, diviene metafora di una ricerca interiore costante: un tornare a sé dopo l’urto delle maree, un rinnovarsi attraverso la fragilità. Scaramuzza scava con mano sapiente nelle zone d’ombra dell’essere, traducendo il dolore in parola, la memoria in luce. La sua scrittura, densa e musicale, ricorda quella di certe poetiche novecentesche in cui la parola riusciva a farsi corpo, respiro, eco di una verità universale.
Definire Fondali di corallo una semplice silloge sarebbe riduttivo. L’opera si configura come un viaggio sensoriale e spirituale, una discesa nel cuore del lettore, dove ogni verso si trasforma in frammento di mare, in corallo che risplende nell’intimità di chi legge. Rossella Scaramuzza si afferma così come una voce autentica, capace di trasformare la vulnerabilità in arte e di restituire alla poesia la sua originaria funzione: quella di illuminare, con grazia e ardore, gli abissi del vivere.
COME LE SERE D’ESTATE
Me lo strapperei, sì,
uno strappo recisivo.
Poi lo sbatterei, come si fa con il polpo
le sere d’estate, quando
-bagnati di sale-
si lancia il proprio trofeo sulle pietre per stordirlo ed esibirlo
e insieme alla vittoria se ne assapora già il gusto.
E farei così con il mio cuore:
me lo strapperei dal petto
e proverei a stordirlo sui sassi,
sulla battigia di pietre
e sugli scogli appuntiti,
fino a quando,
-bagnata di lacrime e sale-
completamente stordito
e rimesso al suo posto,
potrei convincermi di non sentire più il suo dolore
e se si addormenta,
-finalmente liberata-
potrei abbandonarmi al mare
UNA VITA CON NESSUNO
Come me,
è Donna Polifemo!
La Fiducia è donna,
come lo Strazio di Polifemo
per aver abbassato i suoi scudi
ed averli consegnati all’affabulatore.
Una vita con Nessuno.
Oltre ogni orizzonte e confine,
oltre ogni mare e terra
vado gridando il mio dolore,
ferita e accecata da un profondo squarcio.
SPIAGGIATA
E te ne vai in giro,
con il mio scalpo tra le mani.
Mi hai spiaggiata…
Anche al dolore ci si arrocca, ci si abitua talmente!
Ma forse, non sai,
Vita
Che ti vivo così: fronte mare!
L’Orizzonte negli occhi
L’Infinito nello sguardo
Le Profondità nel cuore
Le Onde nei pensieri
E il Vento, il Vento che mi leviga,
mi scava, mi ammorbidisce ed è scudo,
maestro e m’invita a prendere il largo.
A volte spiaggiata, a volte arroccata,
a volte infranta,
a volte onda altissima
che si confonde al cielo.
IL LANCIO
Mi hai voluta
mi hai stretta al tuo petto
e poi, d’improvviso, non c’era più il riparo,
come se mi avessi presa dai capelli ed estirpata,
estratta, di colpo, di netto,
così, a crudo e incurante del lancio,
di dove potessi finire,
se sbattuta su una roccia,
o se ammarata negli abissi.
Incurante, così, d’improvviso,
mi hai sradicata con forza, ma incurante del lancio,
di dove potessi finire:
infranta in terra,
o tra le fiamme,
o affogata nel mio stesso sangue!
Non avevi più voglia: tutto qui!
Ma sotto le tue unghie c’è ancora un po’ di pelle,
ancora un po’ di sangue,
la Mia Pelle, il Mio Sangue…
E nelle tue mani c’è ancora un po’ di Me
e lo so, so che te le porti al cuore!





