Tra Mitologia e Denuncia
Le Performance di “Pane di Pace”
di Redazione|15|Settembre|2025|
A Grimaldi, la XVIII edizione della mostra Tornare@Itaca, curata dalla critica d’arte Mimma Pasqua, celebra la pace attraverso il “Pane”. L’evento, intitolato Pane di Pace, si è svolto nel cortile di Casa Pasqua – Libera sede d’arte, dove il pane, simbolo di vita e condivisione, si è trasformato in un potente gesto di denuncia.
Gli artisti Giuseppe Aiello, Claudio Angione, Cali’, Francesca Campana, Liliana Condemi, Maria Rosaria Cozza, Luce Delhove, Emanuele De Stefano, Diego Ferrari, Gabriele Ferrari, Andrea Gallo, Domenica Gualtieri, Eleonora Giannetti, Alfredo Granata, Luigia Granata, Domenico Grosso, Rosy Imbrogno, Nicola Labate, Elda Longo, Lucia Paese, Sabrina Marotta, Massimo Melicchio, Assunta Mollo, Ilaria Montenegro, Raffaella Piane, Ivana Ruffolo, Antonio Scarpino, Ale Senso, Luigi Patitucci, Luciana Vita e Joseph Waweru Wache sono stati chiamati a creare opere commestibili da spezzare e condividere con i presenti, esprimendo una condanna profonda e una presa di posizione personale contro la carestia che colpisce la popolazione palestinese.
L’esibizione ha unito arte e attivismo, culminando nella significativa performance di Maria Rosaria Cozza. L’artista ha indossato due abiti creati da Veronica Martino, appartenente al duo artistico Soeve, che realizza abiti in carta e plastica. In quella serata, in qualche modo, era presente anche Sonia Quercia, compagna di percorso di Veronica Martino nel duo, recentemente scomparsa ma ancora viva nella memoria e nello spirito delle loro creazioni. Presidente dell’Associazione Ruskia, che promuove la storia e la cultura del territorio, l’artista ha realizzato per l’occasione due abiti ispirati ai miti greci.
| A ds l’ artista e Performer Maria Rosaria Cozza con l’artista Veronica Martino
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Nella prima performance, The Indifference of Death, si è sviluppata una potente allegoria visiva contro la guerra. Il vassoio, solitamente associato al servizio, diventa un palcoscenico su cui è “servita” la brutalità del conflitto. Le bandiere contrapposte e i soldati rappresentano le ideologie e gli schieramenti che alimentano la guerra, dimostrando che la vera battaglia si combatte tra simboli e non solo tra esseri umani. Al centro, i cumuli di macerie e di teschi simboleggiano la distruzione materiale e le innumerevoli vittime innocenti. I teschi, spogli di ogni identità, rappresentano un genocidio universale e rendono la morte anonima. Il loro uso esplicito cattura l’attenzione dello spettatore, trasformando l’immagine in una supplica disperata per un cessate il fuoco e un monito a non ignorare l’ingiustizia.
Con indosso l’Abito Elicona, ispirato al sacro monte delle Muse e ai suoi tramonti ramati, Cozza rappresenta l’apice della creatività e della bellezza, l’essenza stessa dell’arte. Questo abito si contrappone al vassoio che “serve” l’orrore della guerra: mentre l’abito celebra la vita e l’ispirazione con i suoi colori dorati, il vassoio espone teschi e macerie, simboli di distruzione. L’allegoria mette in luce la tragica dicotomia tra la bellezza che l’umanità può creare e la brutalità che può scatenare. L’Abito Elicona diventa così un monito su ciò che viene distrutto da una guerra ingiusta: non solo vite, ma anche ispirazione e spirito creativo.
In un secondo momento, con la performance In the Heart There Is No Diversity, Cozza combina la bellezza mitologica dell’Abito Galatea, che evoca la purezza del Mare Nostrum e il suo antico mito, con la tragica realtà contemporanea dei naufragi. Proprio come i moderni Ulisse, le persone in fuga dalla guerra cercano il loro ritorno a Itaca attraverso lo stesso mare che fu dimora della ninfa. Il vassoio con i cuori anatomici diventa simbolo centrale, ricordandoci che differenze superficiali come il colore della pelle sono irrilevanti. L’opera ci invita a guardare oltre le apparenze, riconoscendo la comune natura umana e la capacità di empatia e amore, nutrendo un senso di fratellanza di fronte alla tragedia.
La performance di Maria Rosaria Cozza ha lasciato un’impronta indelebile sull’intera manifestazione. Le due artiste coinvolte collaborano da tempo per realizzare performance molto originali, utilizzando abiti creati a mano. La loro ricerca spazia da un’attenta riproduzione storica fino alla creazione di vestiti con materiali di riciclo, dimostrando notevole versatilità e creatività.

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