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Arte

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Guillaume Apollinaire e i Calligrammi – Quando la Poesia si Trasforma in Arte

Guillaume Apollinaire e i Calligrammi

 

Quando la Poesia si Trasforma in Arte

 

 

 

 

 

di Giuseppina Irene Groccia |21|Marzo|2025|

 

Immagina di sfogliare un libro di poesie e, invece di trovare righe ordinate di versi, ti ritrovi davanti a una Torre Eiffel fatta di parole, una pioggia di lettere che scende sulla pagina, una colomba che prende il volo in un intreccio di sillabe. No, non è un esperimento grafico contemporaneo, ma il frutto della mente di Guillaume Apollinaire, uno dei poeti più visionari del XX secolo.

Apollinaire non si limitava a scrivere: disegnava con le parole. Le sue poesie non erano solo suoni, ma immagini, forme, esperienze visive che rompevano gli schemi della scrittura tradizionale. Li chiamava Calligrammi, e con essi ha trasformato la poesia in una forma d’arte visiva, anticipando tutto quello che oggi vediamo nei poster tipografici, nelle grafiche pubblicitarie e persino nei post sui social media.

 

 

Apollinaire era un poeta, certo. Ma era anche un ribelle, un innovatore, uno che non aveva paura di mescolare i linguaggi. Frequentava Picasso, Braque, Matisse, viveva immerso nelle sperimentazioni cubiste e futuriste, e voleva portare lo stesso spirito nella poesia.

Perché la scrittura doveva rimanere prigioniera della riga dritta? Perché i versi non potevano seguire il movimento del pensiero, proprio come accadeva nella pittura cubista?

Così nacquero i Calligrammi, poesie che non si leggono solo con gli occhi, ma anche con lo sguardo. Le parole si dispongono sulla pagina in modo da evocare il loro stesso significato. La forma non è più un semplice contenitore, ma diventa essa stessa parte del messaggio.

 

 

 

 “Il pleut” (Piove) – La Pioggia di Parole

Immagina una finestra bagnata dalla pioggia. Ora immagina che quelle gocce siano parole, frasi sospese nel vuoto. “Il pleut” è una poesia dove i versi scivolano lungo la pagina in righe inclinate, proprio come gocce d’acqua. È malinconia pura, è un paesaggio visto attraverso un vetro appannato.

 

 

 

 

 “La Tour Eiffel” – La Poesia del Futuro

Una delle sue poesie più celebri prende la forma della Torre Eiffel. Parigi, la modernità, il progresso: tutto concentrato in una silhouette fatta di parole. È un omaggio alla città che amava, ma anche un modo per trasformare un’icona architettonica in un monumento letterario.

 

 

 

 

 

 

 “La Colombe et le Jet d’eau” (La Colomba e il Getto d’Acqua)

Qui le parole si intrecciano per dare vita a una colomba in volo e a un getto d’acqua. Un simbolo di leggerezza e fluidità, che racconta il movimento stesso del linguaggio.

 

 

 

 

“Lettre-Océan” – Onde di Parole

Un mare in tempesta, un caos di lettere che si dispongono come un flusso inarrestabile. In questa poesia Apollinaire sperimenta ancora di più, rompendo le linee, spezzando le frasi, giocando con gli spazi bianchi.

 

 

Pensaci un attimo: oggi siamo circondati da parole che diventano immagini. Dai font artistici che vediamo nei loghi, ai testi che prendono forme grafiche nelle pubblicità, fino ai post di Instagram che giocano con la tipografia. Apollinaire l’aveva già capito un secolo fa.

I Calligrammi non sono solo un esercizio di stile, ma un modo rivoluzionario di comunicare. Sono poesia che non si limita a essere letta, ma vuole essere vista e vissuta.

E forse, in fondo, il messaggio più grande di Apollinaire è proprio questo: le parole non devono mai stare ferme. Possono danzare, scivolare, esplodere, prendere forma. Basta avere il coraggio di lasciarle libere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 

 

 

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Arte

Le Muse nell’Arte Tra Ispirazione e Metamorfosi

 

Le Muse nell’Arte

 

Tra Ispirazione e Metamorfosi

 

 

 

 

di Giuseppina Irene Groccia |08|Marzo|2025|

 

Ci sono giorni in cui è più opportuno riflettere su ciò che il ruolo della donna ha significato e continua a significare nel mondo dell’arte. L’8 marzo, giornata simbolo della lotta per i diritti delle donne, offre l’occasione di esplorare come la figura della musa, storicamente associata all’ispirazione passiva e all’idealizzazione del femminile, abbia evoluto il suo significato. Da oggetto di bellezza a soggetto di trasformazione, la musa diventa oggi una rappresentazione complessa e potente, dove la donna non è solo fonte di ispirazione, ma protagonista di una rivoluzione culturale che ridefinisce i confini tra arte, identità e potere.

Le muse, eteree e magnetiche, occupano da secoli un posto centrale nella storia dell’arte, incarnando una dialettica complessa che oscilla tra ispirazione e sottomissione, tra la musa ideale e il soggetto vissuto. La loro figura si mescola con il mistero, come apparizioni che attraversano il pensiero e il corpo degli artisti, sfumando tra realtà e immaginazione, in una danza incessante tra il visibile e l’invisibile.

Nel corso della storia, le muse sono state protagoniste di una rappresentazione ambigua, non solo nel ruolo di stimoli creativi, ma anche come icone di una bellezza sublime e al contempo tragica. Esse non sono mai state semplici figure passive; al contrario, in un gioco di forze sotterranee, sono sempre riuscite a sfuggire dalle maglie della sola idealizzazione, trasformandosi in protagoniste di un dialogo incessante con l’artista, nel quale la presenza e l’assenza si fondono, dando vita a un racconto che è sia personale che universale.

 

 

 

Nel Rinascimento, le muse si presentano come visioni angeliche, ma non prive di un certo “peso”, che le rende emblemi di un desiderio senza fine. Nella pittura di Botticelli, ad esempio, la musa è l’oggetto di una tensione che non si risolve mai completamente: idealizzata, ma pur sempre incompleta, come nell’opera Venere dove l’iconografia si intreccia con l’emozione del soggetto. Un’apparizione che, pur nella sua perfezione, lascia sempre aperta una domanda: che cosa è realmente la musa?



 

Nelle epoche successive, il ruolo della musa assume connotazioni ancora più sfumate e contraddittorie. Camille Claudel, scultrice e amante di Rodin, non è solo musa ma interprete di una lotta interiore, un corpo vivo che affronta con coraggio l’arte stessa, con una forza creativa che non può essere ridotta a semplice materia d’ispirazione. Le sue opere, come La Valse, trasfigurano il corpo umano in un movimento perpetuo, dove il dramma dell’esistenza si fa forma e materia, in un’eco di tensioni che sconvolge ogni concezione di bellezza.



 

Nel XX secolo, le muse divengono testimoni e protagoniste di una rottura profonda, nel momento in cui l’artista smette di essere solo creatore per diventare parte di un dialogo in cui la figura della musa non è più solo ispirazione, ma riflessione critica, rivelazione e auto-narrazione. Frida Kahlo, ad esempio, riappropria sé stessa come musa e oggetto del suo stesso pensiero artistico. Nei suoi autoritratti, il corpo diventa una mappa dolorosa, una cartografia della sofferenza fisica e psicologica, ma anche un affermarsi in una sovversione radicale delle convenzioni estetiche e sociali.



 

Allo stesso modo, Cindy Sherman compie un atto di trasformazione radicale dell’idea stessa di musa, smembrando il concetto di identità e maschera in una serie di immagini in cui si reinventa, in un gioco continuo di rappresentazione e decostruzione, mettendo in scena quella stessa complessità che definisce il corpo e la femminilità come continui spazi di manipolazione e autorappresentazione.

In questo continuo flusso di riflessioni, le muse sono corpi e menti che interagiscono con l’arte, ma che allo stesso tempo ne diventano i protagonisti più inquietanti e ambigui. La loro presenza visiva diventa il luogo dove l’artista e l’osservatore si confrontano, cercando di dare forma a una verità che non si lascia mai afferrare completamente. La musa, oggi, non è più il semplice oggetto che stimola l’atto creativo, ma un concetto in continuo divenire, una metafora complessa di liberazione e contenimento, di sogno e realtà.

 

 

In quest’epoca contemporanea, la musa è diventata un soggetto che intreccia e riscrive le regole dell’arte, invitando l’artista a confrontarsi con una realtà che non è mai fissa, ma in continua trasformazione. La museificazione della donna non è più un atto di sottomissione, ma un movimento che parla di potere, di libertà, di autocoscienza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
©L’ArteCheMiPiace – Blog Arte e Cultura di Giuseppina Irene Groccia 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ArteIntervisteSegnalazione Eventi

Intervista a Alessandro Giansanti di Agarte – Fucina delle Arti e a Alessio Musella, Editore EXITURBANMAGAZINE

 L’ArteCheMiPiace – Interviste

 

 

Intervista a Alessandro giansanti di Agarte – Fucina delle Arti E A ALESSIO MUSELLA, EDITORE EXITURBANMAGAZINE 

Un Viaggio nella Passione e Innovazione Artistica di due Curatori d’eccellenza 

 

 

 

 

di Giuseppina Irene Groccia |20|Giugno|2024|

 

 

Nel cuore dei Castelli Romani, un giovane gallerista ama rivoluzionare il mondo dell’arte contemporanea. 

Alessandro Giansanti, fondatore di Agarte – Fucina delle Arti, ha avviato il suo progetto all’età di 25 anni, nel pieno della pandemia, dimostrando che la passione e la determinazione possono trasformare le sfide in opportunità. 

Oggi, Agarte è un punto di riferimento per molti artisti emergenti, grazie anche alle collaborazioni con realtà influenti come Art&Investments ed ExitUrbanMagazine di Alessio Musella

 

 

 

Da sn Alessandro Giansanti, Gallerista e Titolare Agarte-Fucina delle Arti. A ds Alessio Musella, Curatore artistico, editor e Founder Art&Investments e ExitUrbanMagazine 

 

Alessio Musella è un editore, curatore e collettore di arte contemporanea con una passione profonda per il dialogo tra marketing, design e arte. Con una conoscenza approfondita della comunicazione online, compresi i social media, Alessio sa come utilizzare la potenza della diffusione di un messaggio per promuovere l’arte e gli artisti. Sviluppando un format comunicativo innovativo e sempre aggiornato ha da sempre avuto successo nell’unire le sue passioni per l’arte e la comunicazione per creare esperienze di successo.

 

In questa intervista, Alessandro e Alessio si confronteranno con i lettori per raccontare la storia della loro collaborazione, che ha portato all’organizzazione di un evento molto originale e innovativo. Questo incontro sarà un’avventura stimolante e coinvolgente, che unirà audacia e entusiasmo in un percorso di idee innovative e strategie avanzate che rinnoveranno sicuramente il mondo dell’arte contemporanea. 

In particolare, ci soffermeremo sul nuovo evento in programma in questi giorni, “NOT ONLY URBAN“, che mira a presentare artisti emergenti e di tendenza, sottolineando l’importanza di stili e movimenti contemporanei.

 



 

Ciao Alessandro, presentati ai nostri lettori e illustraci
cosa 
rappresenta Agarte – Fucina delle Arti e come la tua
passione per l’arte 
si è trasformata in un progetto concreto che ti ha portato a
diventare 
uno dei più giovani e apprezzati galleristi in Italia?
Inoltre, ci racconti 
un po’ della tua scelta di collaborazione con
Art&Investments ed 
ExitUrbanMagazine di Alessio Musella?

 

Aprii il progetto di Agarte insieme alla mia famiglia nel
2020 all’età di 25 anni annoverandomi a 
tutti gli effetti tra i più giovani galleristi d’Italia e
d’Europa. Aprimmo il progetto per una necessità 
di ripartire con l’arte e la cultura scegliendo una zona
periferica, quella dei Castelli Romani, subito 
dopo la pandemia da Covid-19 principiando dunque il percorso
durante un periodo complicato, ma 
puntando sin da subito sugli emergenti capitolini (vista
l’esplosiva scena artistica romana)! 
Attualmente mi reputo un gallerista emergente che ha molto
da apprendere e in questi 48 mesi ho 
avuto modo di crescere molto, finendo per realizzare 36 tra
mostre collettive e personali, sul suolo 
nazionale ed internazionale.. Non penso di essere parte di
quel gruppo dei galleristi più conosciuti 
ed apprezzati, almeno non ancora, ma sicuramente vengo preso
come riferimento per molte delle 
scelte inconsuete che applico al mio lavoro, nella costante
ricerca e nello spingermi sempre oltre il 
ruolo di gallerista.

Con Ale è stata collaborazione sin da subito, ci siamo
trovati bene e abbiamo iniziato scambiandoci 
consigli e suggerimenti, Alessio ha una grande esperienza in
campo della comunicazione e ho avuto 
modo di poter prendere spunto su più fattori, tenendo sempre
un occhio di riguardo dapprima per il 
progetto Art & Investments e poi Exiturban. Quest’ultimo
anno è stato incentrato sulla creazione di 
progetti condivisi, prima con la mostra “Dis-Comfort” a
Palazzo Rospigliosi di Zagarolo (RM) con 
le mie colleghe Roberta Cristofari, Giusy Longo ed Eleonora
Turli, poi con “Sapori: Arte 
nutrimento per l’anima” a Frascati in collaborazione con
Divulgarti Group di Loredana Trestin.. Da 
quest’ultimo lavoro abbiamo deciso di riprendere la vecchia
collaborazione con Alessio Musella 
scegliendo di curare una rassegna insieme!

 

Ciao Alessio, il tuo nome è ben noto nel campo artistico per la tua dedizione alla curatela artistica e al supporto ai giovani artisti emergenti. Hai iniziato la tua carriera artistica tanti anni fa venendo dal mondo del design e dell’architettura. Attraverso l’esperienza accumulata e la tua grande passione per l’arte  hai consolidato il tuo successo con la creazione della piattaforma online Art&Investments e della rivista mensile ExitUrbanMagazine. Ci racconti un po’  della tua scelta di collaborazione con Agarte Fucina delle Arti di Alessandro Giansanti?

 

Alessandro è un gallerista giovane, dinamico e molto preparato, tre caratteristiche non scontate da trovare quando parliamo di arte. 

La quarta caratteristica che apprezzo molto è l’ambizione, ma non quella fine a se stessa, ha programmato come e dove vuole arrivare, e sarà un piacere affiancarlo nel suo percorso.

Non ultimo Agarte Fucina della arti è tra le poche gallerie che tratta la ceramica, forma d’arte che da sempre mi affascina e che ho messo tra le priorità nel voler far comprendere al grande pubblico quanta tecnica e tradizione sono avvolte nel lavorare l’argilla, terra fuoco aria e acqua vengono sapientemente miscelati per creare splendide opere d’arte…

 

 

 

Come è nata la vostra conoscenza e di riflesso la vostra
intesa 
professionale?

 

Alessandro: La nostra conoscenza è nata ancora prima dello sviluppo
della galleria “Agarte – Fucina delle Arti”, 
nel periodo del 2018-19. Durante quegli anni collaboravo con
una rivista per il quale Alessio aveva 
scritto un articolo e mentre vagliavamo la possibilità di
aprire uno spazio fisico, la figura di Alessio 
ci sembrava sempre più interessante in termini di
connessioni e sinergie. 
Il primo periodo ci siamo occupati maggiormente dello
scambio di contatti ed artisti, solamente nel 
2023 abbiamo cominciato a collaborare direttamente con la
scelta di alcuni artisti da inserire nel 
nostro showroom e con la partecipazione in eventi
organizzati con la collaborazione di Art & 
Investments ed Exit.. Ad oggi “Not-Only Urban” è la prima ed
ufficiale rassegna collettiva di arte 
contemporanea che vede un lavoro a quattro mani realizzato,
organizzato e promosso direttamente 
da entrambi!

 

AlessioCollaborare per me è sinonimo di stima, e ho potuto constatare da subito, come già detto, l’approccio  innovativo e dinamico che Alessandro, se pur giovane, ha saputo mettere in campo, e l’arte ha bisogno di trovare nuovi modi per comunicare e ampliare il pubblico di riferimento.

 

 

Qual è stata l’ispirazione dietro la scelta di Frascati come
sede della 
mostra?

 

Alessandro: Frascati è la sede della nostra associazione e galleria,
conosciamo bene il territorio, siamo avvezzi 
alle sue dinamiche e sono anni che oramai organizziamo
mostre sul suo territorio. Ultimamente 
stiamo collaborando con vari comuni dell’hinterland romano,
stiamo uscendo fuori dalla regione ma 
anche fuori dallo stivale. Il ruolo informale e più diretto
di Frascati ci sembrava il più appropriato 
per una rassegna di volti nuovi da presentare al pubblico! NOT-ONLY URBAN, un titolo che lascia spazio a precise
riflessioni 
sull’arte contemporanea e il suo ruolo nel mondo globale.
Quali sono 
state le motivazioni che avete considerato nella scelta del
tema per 
questa mostra? Inizialmente volevamo chiamare la rassegna “Urban
Selection”, ma effettivamente suonava 
riduttivo.. L’idea è quella di focalizzasi su alcune delle
tendenze più contemporanee che si possano 
sposare con l’idea di una tipologia d’arte più diretta. Il
nome vuole avvicinarsi alla rivista di Alessio 
“Exiturban magazine”, ma anche approcciarsi a quella che è
la location industriale di riferimento: il 
mercato coperto; il polo di 450mq che ospita la rassegna è
una struttura priva di quel fascino 
elegante tipico dei musei e delle gallerie, ma è una tela
bianca che può trasformarsi in base 
all’utilizzo che se ne fa! Il palazzetto difatti, ex mercato
ortofrutticolo della città posto nel centro 
della vita economica di Frascati, è una location che a lungo
è stata abbandonata a se stessa.. siamo 
stati tra i primi ad intervenire utilizzando la struttura
come polo culturale, non sono mancate certo le 
critiche, ma quando si ha una visione, poco importa di
quelle!

 

AlessioFrascati ha un fascino tutto suo, a tratti sembra di essere a Parigi, la piazzetta di fronte al mercato coperto è davvero splendida, quando Alessandro mi ha proposto la location, avendo avuto modo di visionarla qualche mese fa insieme durante una sua collettiva, ho subito risposto affermativamente.. Non dimentichiamoci che Frascati è il comune dei Castelli dove i Romani amano passare il weekend, e questo non guasta di certo quando prepari una mostra.

 

 

NOT-ONLY URBAN, un titolo che lascia spazio a precise riflessioni sull’arte contemporanea e il suo ruolo nel mondo globale. Quali sono state le motivazioni che avete considerato nella scelta del tema per questa mostra?

 

AlessandroInizialmente volevamo chiamare la rassegna “Urban Selection”, ma effettivamente suonava riduttivo. L’idea è quella di focalizzasi su alcune delle tendenze più contemporanee che si possano sposare con l’idea di una tipologia d’arte più diretta. Il nome vuole avvicinarsi alla rivista di Alessio “Exiturbanmagazine”, ma anche approcciarsi a quella che è la location industriale di riferimento: il mercato coperto; il polo di 450mq che ospita la rassegna è una struttura priva di quel fascino elegante tipico dei musei e delle gallerie, ma è una tela bianca che può trasformarsi in base all’utilizzo che se ne fa! Il palazzetto difatti, ex mercato ortofrutticolo della città posto nel centro della vita economica di Frascati, è una location che a lungo è stata abbandonata a se stessa… siamo stati tra i primi ad intervenire utilizzando la struttura come polo culturale, non sono mancate certo le critiche, ma quando si ha una visione, poco importa di quelle!

 

 

Alessio: Io mi sono limitato a concordare con Alessandro Not only davanti a Urban, perché abbiamo scelto di inserire diverse creatività, e artisti che sono diventati urban creando collaborazioni tra di loro, un esempio su tutti la scultrice Elisabeth Longhi ha creato due opere raffiguranti Cat woman e Wonder man in stile “Boteriano”, opere che sono state poi personalizzate dagli artisti Marco Host e Mariella Rinaldi seguendo il loro stile, il connubio ha dato risultati molto interessanti, “sperimentare” per noi, diventa spesso una parola d’ordine….

 

 

 

Quali sono stati i parametri principali che avete utilizzato
per la 
selezione delle opere e degli artisti durante la
pianificazione di questo 
evento?

Alessandro: Principalmente la rassegna vuole essere un compendio di
artisti emergenti italiani che si avvicinano 
alle seguenti categorie artistiche: arte del riciclo e trash
art, arte naïf, art brut, graffitismo, pop e 
neo-pop, street art, arte urbana e writing, digital art..
come si evince la forbice è larga, ma sono tutti 
generi purtroppo ancora troppo poco considerati in Italia e
che necessiterebbero di esser 
rappresentati maggiormente.

AlessioLe collettive a mio avviso hanno in primis il compito di avvicinare un nuovo pubblico all’arte, non sai mai chi entrerà dalla porta, e far trovare diversi stili artistici aiuta il fruitore a ritrovare la sua comfort zone, fondamentale per iniziare un dialogo…

 

 

 

Perché avete scelto di rimanere nei generi rappresentati
dalle ultime 
tendenze stilistiche dell’arte contemporanea, come Urban,
Street Art, 
Pop e Neo-Pop, Art brut, Naïf e Graffitismo per citarne
alcune?
 Spiegateci i motivi di questa precisa scelta e preferenza stilistica.

 

AlessandroIl motivo è presto detto: si conoscono i nomi degli stili e
dei movimenti, ma non si sa identificare 
effettivamente cosa appartiene a queste categorie e cosa
no… ciò è dovuto da una confusione dettata 
da un’approssimazione nella descrizione dei generi e delle
tecniche impiegate. La nostra idea era 
quella di fare maggiormente chiarezza e di posizionare la
nostra rassegna come mezzo conoscitivo 
di quegli artisti che hanno scelto di seguire queste
tendenze ed inserirsi in quei contesti specifici. 
L’interazione con l’arte in contesti non tradizionali spesso
contribuisce 
ad una esperienza artistica molto positiva per i visitatori. 

 

Alessio: Non è un caso che tu abbia citato nella domanda stili che poco hanno a che fare con l’accademico, oggi l’arte prescinde dalla tecnica e va diretta al significato che vuole esprime e comunicare. Se vuoi ampliare il pubblico di riferimento devi iniziare, a mio avviso, non dalla perfetta esecuzione, ma spiegare che fare arte è molto altro… e questi stili, essendo più di facile comprensione per il neo utente, sono un buon punto di partenza per iniziare un dialogo.

 

 

L’interazione con l’arte in contesti non tradizionali spesso contribuisce ad una esperienza artistica molto positiva per i visitatori. Come siete arrivati a scegliere la location industrial del mercato
coperto in Piazza del Mercato a Frascati come spazio per la mostra? Quali
fattori hanno giocato un ruolo importante nella vostra scelta e come vi è
sembrata essere adatta alla tematica delle opere che volevate
proporre?

 

Alessandro: La scelta nasce in parte in maniera casuale, proprio come le
migliori intuizioni. Abbiamo sin da 
subito compreso che il futuro dell’arte, quantomeno in
Italia, è in un approccio divulgativo-
promozionale ibrido e fluido, da questa comprensione parte
la scelta che ci ha accompagnati per 
tutti e 4 gli anni iniziali della nostra attività, ovvero
quella di fare uso di luoghi inconsueti. “Se la 
montagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna”, con
questo voglio dire che 
lamentiamo spesso un calo delle visite nei musei e nelle
gallerie, ma non facciamo nulla per 
avvicinarci a quelle che potrebbero essere le soluzioni per
avvicinarci alla gente, ovvero fare uscire 
le opere dai musei e dalle gallerie. Ospedali, strade
commerciali, ristoranti, hotel, mercati, abbiamo 
sempre prediletto ambienti di questo genere ottenendo sempre
notevoli risultati, portando l’arte nei 
luoghi dove meno ci si aspettava di trovarne! Questo nostro
atteggiamento si ricollega ad una frase 
detta, un po’ per invidia, un po’ per noia esistenziale, da
una persona poco lungimirante che 
criticando il nostro operato disse “adesso manca solamente
l’arte messa al mercato con la frutta” la 
frase mi ha fatto riflettere.. le più grandi rivoluzioni
nella storia dell’arte partono da provocazioni ed 
insulti (come il termine “impressionismo”) quindi mi son
detto, perché non partire da questa banale 
affermazione? Effettivamente l’arte contemporanea soffre
ancora di quella concezione ancorata ad 
un’idea inverosimile ed ingiustificata dell’arte, ovvero
quella che essa debba stare solamente nei 
luoghi aulici e di “alto valore”. Noi preferiamo avere un
approccio concreto e reale, e dunque, 
qualora lo ritenessimo consono, potremmo portare l’arte
anche nei mercati della frutta.

 

AlessioCome dice Alessandro non è facile oggi capire i vari stili come vanno inseriti nelle correnti artistiche, e una collettiva, se ben curata, può aiutare a comprendere meglio anche l’uso di certi termini. Ad ogni modo non siate mai frettolosi nel commentare un’opera…cercate sempre di andare oltre le apparenze…. Artista non è colui che padroneggia una tecnica, ma colui che ha e vuole esprimere un pensiero attraverso l’arte e farlo arrivare a chi osserva.

 

 

 

Quali sono le tendenze attuali nel mondo dell’arte che
ritenete più 
interessanti o significative?

 

Alessandro: Ritenere interessante solamente una tendenza sarebbe
riduttivo, più di quello credo si debba 
guardare a determinati modus operandi degli artisti.. Trovo
sempre di più artisti che grazie alle 
conoscenze maturate negli ultimi anni cominciano a
comprendere effettivamente cosa voglia dire 
investire sul proprio talento e lavorare con raziocinio e in
maniera ordinata e sistematica. Spesso 
sono proprio quelli gli artisti che riescono ad accrescere
il proprio nome nel corso del tempo. La 
storia è piena di creativi caotici di cui purtroppo si è
persa traccia negli anni, se non sei tu la prima 
persona ad avere cura del tuo talento, perché dovrebbero
farlo gli altri?

 

AlessioMi sto sempre più appassionando alla ceramica, che credo tornerà ad avere un ruolo importante nel contemporaneo, ritrovando le sue radici  e ricordando i grandi del 900 che hanno saputo creare un dialogo con l’osservatore, detto questo,  “Contaminazione” (street art, figurativo, astrattismo) sarà insieme a Sperimentazione la base della rinascita di questa antica e splendida arte, perché sono convinto che proprio attraverso la collaborazione e l’interessenza di diverse creatività e tra artisti apparentemente distanti fra loro  la ceramica troverà il suo ruolo.

 

 

Qual è il ruolo dell’arte nel contesto sociale e culturale
attuale, 
secondo voi?

 

Alessandro: Il ruolo rimane sempre lo stesso, come lo rimarrà anche nel
futuro: testimoniare, ricercare, indagare 
e sperimentare. Ci sembra di capire che questo evento potrebbe essere la
prima 
edizione di altre a venire. Ciò vi induce a pensare ai
possibili sviluppi 
futuri? Cosa potete anticiparci a riguardo di queste
eventuali future 
interazioni? Se tutto si muove in maniera fluida, se gli artisti sono
contenti, se il pubblico si trova bene e se noi 
continuiamo a lavorare in maniera professionale come abbiamo
sempre fatto, la rassegna può 
certamente divenire un appuntamento annuale.. Il progetto iniziale
è quello di trasformare “Not-
Only Urban” in un punto d’incontro per chi vuole investire e
collezionare un certo tipo di arte.

Alessio: Raccontare il contemporaneo 

 

 

 

Ci sembra di capire che questo evento potrebbe essere la prima edizione di altre a venire. Ciò vi induce a pensare ai possibili sviluppi futuri? Cosa potete anticiparci a riguardo di queste eventuali future interazioni?

 

 

Alessandro: Se tutto si muove in maniera fluida, se gli artisti sono contenti, se il pubblico si trova bene e se noi continuiamo a lavorare in maniera professionale come abbiamo sempre fatto, la rassegna può certamente divenire un appuntamento annuale… Il progetto iniziale è quello di trasformare “Not- Only Urban” in un punto d’incontro per chi vuole investire e collezionare un certo tipo di arte.

 

 

AlessioQuando l’intento è comunicare un concetto, non può fermarsi ad una singola kermesse,  diventerà un appuntamento annuale, come ha detto Alessandro, ma tutto in crescita esponenziale…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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RAIN ROOM – Quando acqua, arte e tecnologia si incontrano

  • Rain Room 

Fusione tra Arte e Tecnologia

 

di Giuseppina Irene Groccia |28|Dicembre|2020|

 

 

Il momento della “fruizione” di un’opera d’arte sembra raggiungere l’apoteosi nelle installazioni artistiche.

L’opera è viva, in movimento, la si attraversa, e si lascia fruire da noi stessi con infiniti sensi, quali vista, udito, olfatto e tatto, oltre che con il cuore e con la memoria di ciò che quell’opera ci farà sentire e sperimentare.

 

Oggi vorrei parlarvi di una delle mie preferite, presentata per la prima volta nel 2012, conquistando in seguito un enorme successo nell’ambito delle opere site specific.

 

Camminare sotto la pioggia senza bagnarsi?! Qualcuno l’ha reso possibile.

 

Si tratta del progetto “Rain Room” di Random International, collettivo di design con sede a Chelsea, fondato da Stuart Wood, Florian Ortkrass e Hannes Koch al Royal College of Art.

 

Un’imponente installazione consente ai visitatori di camminare direttamente attraverso una tempesta di pioggia simulata, senza bagnarsi.

 

Il progetto utilizza strumenti altamente tecnologici capace di interagire con le persone, quali piastrelle stampate a iniezione, elettrovalvole, regolatori di pressione e telecamere di tracciamento 3D per rilevare la posizione delle persone, attivando o disattivando di conseguenza ciascuno dei suoi singoli flussi di pioggia. Coprendo un’area di oltre 100 metri quadrati, utilizza quasi 220 litri d’acqua ogni minuto, con un meccanismo rapido di filtraggio e rimessa in circolo.

 

Guarda il video del progetto “Rain Room”

 

L’esperienza ha un fascino surreale e teatrale. Entrando nello spazio espositivo ci si trova immersi nell’oscurità, con una sola luce all’estremità della stanza. Questo conferisce una qualità magica ed argentea al campo di pioggia, che si riversa su una piattaforma rialzata.. un palcoscenico per l’esperienza dello spettatore. 

 

L’interazione del pubblico diventa parte cruciale dell’installazione, poiché la pioggia risponde alle loro reazioni attraverso specchi motorizzati, e in questo modo il pubblico diventa il soggetto dell’opera d’arte.

 

 

 

 

 

 

 

Quando i visitatori si avviano sul palco, queste identiche linee verticali di pioggia battente iniziano a essere respinte, come se ogni corpo emettesse una sorta di campo magnetico invisibile. Man mano che entrono, la pioggia si chiude intorno ad essi, avvolgendo ogni figura che si staglia in un perfetto vuoto cilindrico. Il visitatore si ritrova circondato dal rumore della pioggia e dalle particelle d’acqua in sospensione ma completamente asciutto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’installazione Rain Room vede la luce per la prima volta nel 2012 presso il Barbican Centre di Londra. Successivamente l’opera è stata riproposta più volte, prima al MoMA di New York nel 2013, poi al Yuz Museum di Shangai nel 2015, infine al LACMA di Los Angeles nello stesso anno. 

Attualmente è ospitata all’interno del Jackalope Pavilion a St Kilda a Melbourne, e successivamente sarà trasferito nel nuovo Jackalope Hotel a Flinders Lane.

 

Durante l’esposizione di debutto del 2012 al Barbican Centre, la compagnia di danza di Wayne McGregor si è esibita sulle note del compositore contemporaneo Max Richter, interagendo con l’installazione e con i normali spettatori. Acqua, corpo e tecnologia riescono così a creare un’installazione unica, capace di rendere possibile il paradosso di danzare sotto la pioggia rimanendo completamente asciutti.

 

Guarda il video dell’esibizione 

 

 

Il collettivo Random International tratta ogni progetto come parte di un processo continuo di ricerca, sulla relazione tra le persone e le nuove tecnologie intelligenti, ed ha lavorato inoltre con lo scienziato cognitivo Philip Barnard per analizzare il comportamento delle persone.

 

 

 

 

 

RANDOM INTERNATIONAL sono:

 

Florian Ortkrass nato nel 1975 a Rheda-Wiedenbrück, Germania. Laureato alla Brunel University nel 2002 e al Royal College of Art nel 2005.

 

Hannes Koch nato nel 1975 ad Amburgo in Germania. Laureato alla Brunel University nel 2002 e al Royal College of Art nel 2004.

 

 

 

 

 

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